La Voce e il Tempo: didattica a distanza – Salesiani, «la vera innovazione resta l’attenzione ad ogni ragazzo»

La Voce e il Tempo di domenica 7 giugno, nella sezione Territorio, dedica un articolo alla didattica a distanza e in particolare alle metodologie sperimentate negli istituti salesiani di Valdocco e dell’Agnelli. Si riporta di seguito l’articolo a cura di Federico Biggio.

DIDATTICA A DISTANZA – LE NUOVE METODOLOGIE SPERIMENTATE NEGLI ISTITUTI VALDOCCO E AGNELLI
Salesiani, «la vera innovazione resta l’attenzione ad ogni ragazzo»

«Project work» e «flipped classroom»: si tratta di due termini inglesi che indicano due modalità di formazione scolastica che si sono rivelate particolarmente efficaci nella «didattica a distanza», sperimentate in particolare da diversi istituti torinesi. Il primo permette agli allievi dei centri di formazione professionale di approcciarsi al mondo del lavoro, come previsto dal piano di insegnamento, e di acquisire competenze grazie alla presenza di professionisti che si affiancano ai tutor.

Il secondo inverte il tradizionale ciclo di apprendimento fatto di lezione frontale e studio individuale, chiedendo agli studenti di prepararsi su un argomento per mezzo sia dei libri di testo che di materiale integrativo, per poi, successivamente, esercitarsi collettivamente in classe con il supporto dell’insegnante. La modalità del project work è da tempo integrata nel piano formativo del Cnos-fap di Valdocco, il centro di formazione professionale fondato da don Bosco, e permette agli allievi di mettersi alla prova realizzando un progetto concreto, in accordo con le aziende.

«Questa modalità ha sostituito lo stage in questa fase emergenziale», spiega il direttore generale Lucio Reghellin, «ed è centrale nella formazione del 4° anno, in cui gli allievi si avvicinano al mondo del lavoro; purtroppo non avendo più la possibilità di fare uno stage, questa modalità è andata a integrare anche i piani didattici degli anni inferiori».

Quella della flipped classroom invece è una modalità che, all’Istituto Edoardo Agnelli di Torino era già stata sperimentata prima della pandemia:

«è un tipo di didattica innovativa perché integra e non sostituisce», spiega Giorgio Giambuzzi, insegnante di fisica nel Liceo scientifico e di elettrotecnica presso l’Istituto tecnico, «per questo la didattica a distanza non può essere considerata ‘innovativa’. Questa modalità ha permesso agli insegnanti di offrire agli studenti un mosaico di video-lezioni, pillole e interventi di esperti da seguire per conto proprio prima di discuterne in collegamento con il resto della classe».

I due istituti scolastici, tuttavia, entrambi contraddistinti dal carisma salesiano, sanno bene che questa situazione non può rimanere ordinaria e auspicano un ritorno a scuola ‘in presenza’ il prima possibile, continuando a mettere in atto l’innovazione in cui, da sempre, sono specializzati, quella sociale.

«Uno degli aspetti che abbiamo considerato centrale in questo periodo è stato quello della vicinanza alle famiglie», spiega Nino Gentile, direttore dell’Ufficio comunicazione Cnos-Fap, «a tutte è stato inviato un questionario per mappare i bisogni e le possibilità di connessione alla rete, tenendo conto delle criticità economiche del momento, ma anche delle opinioni sul tipo di formazione più opportuna da mettere in atto, poiché è solo attraverso l’attenzione ad ogni ragazzo e la solidarietà che possiamo ‘innovare’ in senso salesiano per non lasciare indietro nessuno».

 

Salesiani Agnelli: allievi all’opera tra Decameron e escape room – la Repubblica

Il quotidiano la Repubblica di domenica 31 maggio, nella sezione Torino Cronaca, dedica un articolo alla didattica a distanza dal titolo “Più forte del lockdown così la scuola si rinnova” (a cura di Cristina Palazzo e Carlotta Rocci) presentando alcune attività messe in campo dalle realtà scolastiche presenti sul territorio. Tra queste, la testimonianza dell’Istituto Salesiano Agnelli di Torino. Si riporta di seguito l’articolo dell’Agnelli.

Allievi all’opera tra Decameron e escape room

La didattica ha distanza ha costretto la scuola a reinventarsi. Mantenere l’attenzione per ore davanti al pc non è semplice, anzi è impossibile.

Così all’Istituto Agnelli di Torino — dove la didattica sulle piattaforme digitali esiste da almeno due anni — se ne sono inventate di tutti i colori.

«È stata un’esperienza molto positiva», commenta il professore di lettere Alessandro Antonioli. «Fin da settembre abbiamo attivato una piattaforma Google Suite for education e ogni studente ha un suo account. Da marzo abbiamo provato a trasformare l’emergenza in opportunità per sperimentare una didattica».

Così anche il Decameron è diventato un’esperienza digitale. Il gruppo di giovani che si rifugia in campagna per sfuggire alla peste raccontato da Boccaccio è diventato la classe di terza liceo dell’Agnelli: ognuno si è cimentato nel racconto di una storia vera, inventata o reinterpretata per creare un personalissimo Decameron 2020 in pieno lockdown.

I ragazzi di seconda liceo, invece, si sono cimentati nella creazione di un’escape room digitale da proporre agli studenti di terza media: un gioco didattico sulla storia, dalla preistoria al medioevo.

Per non perdere il contatto umano, direttore e prof hanno scandito le settimane con un video messaggio spedito tutti i lunedì. Tra media, liceo scientifico e istituto tecnico, negli ultimi tre mesi sono state spedite 692.017 mail e sono stati organizzati 15.859 incontri sulle piattaforme digitali, condividendo — tra docenti, studenti e genitori — 196.814 file. — c.roc.

La risposta del direttore di “Avvenire” alla lettera della prof.ssa della Scuola Salesiana di Bra

In merito alla realtà che stanno vivendo le scuole paritarie, si riporta di seguito la risposta di Marco Tarquinio, direttore del quotidiano “Avvenire”, alla lettera delle prof.ssa Lorenza Fissore, docente di matematica e scienze e vicepreside della Scuola media salesiana di Bra.

Caro direttore,
#NONSIAMOINVISIBILI: questo slogan è stato condiviso da molti docenti della scuola pubblica paritaria in questi giorni, per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla libertà di ogni lavoratore nella scelta del luogo di lavoro. Come le famiglie dovrebbero avere pari opportunità di scelta per la scuola dei propri figli, così noi docenti dovremmo avere gli stessi diritti dei colleghi delle scuole statali. I motivi di disparità sono in primo luogo ideologici. È diffusa l’opinione che un insegnante lavora nella scuola paritaria perché non ha avuto altre opportunità nella scuola statale; dunque il suo impiego è temporaneo, in attesa del famigerato “ruolo”. Ma non è così!
Se per qualcuno può essere solo un impiego di passaggio, per molti docenti della scuola paritaria, nel mio caso salesiana, il lavoro diventa una missione di vita.

Ritengo offensivo il pensiero che si rimanga a lavorare in un istituto paritario solo perché non ci sia posto in uno statale. Posso testimoniare che in molti anni di attività ho ricevuto tante convocazioni annuali e ho sempre esercitato il mio diritto di scelta nel rimanere all’interno della famiglia salesiana.

Un altro nodo importante è la mancanza di sicurezza per il futuro, che spinge molti docenti ad accettare, magari a metà della propria carriera lavorativa, un posto statale, perché temono che la loro scuola paritaria possa chiudere e quindi si troverebbero senza un lavoro. Devono così effettuare una scelta difficile, che non vorrebbero fare, ma che diventa necessaria per la loro stabilità futura. Senza contare che anche lo stipendio, purtroppo, non è lo stesso, perché spesso è sensibilmente minore e, oggi come ieri, l’aspetto economico non va sottovalutato.

Quello che auspichiamo è una parità di trattamento per tutti i docenti della “scuola pubblica”, sia essa statale o paritaria, che tenga in considerazione il lavoro di qualità portato avanti da molti istituti e la passione educativa dimostrata da molti docenti.

Lorenza Fissore
Bra (Cn)

La sua lettera è davvero bella e incalzante, cara professoressa Fissore. La ringrazio. E le dico, per quel che vale, che ne condivido totalmente senso e speranza. Credo che lei riesca a interpretare con efficacia i sentimenti di tantissimi insegnanti che lavorano – altro che «invisibili»! – nella scuola paritaria, e specialmente nella scuola paritaria cattolica. E lo fanno con dedizione e convinzione piene e quasi sempre, come lei ricorda, con ulteriore sacrificio rispetto ai colleghi delle scuole statali (quante volte ho scritto che va ricostruita anche la “reputazione” e la concreta condizione retributiva di coloro che lavorano nel più importante laboratorio di futuro di un Paese!).

Il vostro è un lavoro integralmente al servizio di ragazze e ragazzi in carne e ossa, e ispirato a una solida idea di istruzione come “bene pubblico”, alla quale dà anima laica e cristiana il lascito di straordinarie figure di educatori come san Giovanni Bosco. È un’idea che dà senso e forza a tutta la migliore scuola italiana che, purtroppo – come sappiamo bene e come la sfida della pandemia sottolinea –, conta più su una generosa rete di persone di qualità che su strutture ovunque e sempre all’altezza. Eppure qualcuno si ostina ancora a non capire che l’idea della “scuola di tutti” è profondamente cara ai cattolici, che negli anni della loro centralità politica – quando esisteva la Dc ed era il partito perno del nostro sistema democratico – l’hanno progettata, costruita e consolidata.

Eravamo ancora nella stagione che poi abbiamo chiamato della Prima Repubblica, e bisogna essere grati alle visioni riformatrici e alle capacità realizzative di personalità come Guido Gonella, Luigi Gui e Franca Falcucci. Il paradosso è che, nella complicata stagione successiva, quella della cosiddetta Seconda Repubblica, c’è voluto un laico di altrettanto grande intelligenza e determinazione come Luigi Berlinguer per finalmente introdurre per legge, all’alba del XXI secolo, l’idea di un sistema scolastico nazionale in cui questo essenziale servizio pubblico fosse garantito da scuole statali e scuole non statali paritarie. Una concezione, purtroppo, ancora lontana dall’essere attuata. E che rischia di sbriciolarsi sotto i colpi di maglio del Covid-19. Nonostante il primo soccorso d’emergenza da 150 milioni infine garantito dal governo Conte, molti istituti paritari rischiano di non di sopravvivere a questa durissima prova. Servono risposte tempestive.

Potrei ancora una volta citare eloquentissimi numeri, cifre, dati che dimostrano il valore pubblico della scuola paritaria accanto e insieme alla scuola statale.

L’abbiamo fatto un’infinità di volte. Preferisco invitare a rileggere le sue parole, cara professoressa, e la lezione di dignità, di professionalità e di «salesiana» passione civile che contengono. E che mi permetto di sintetizzare così: una limpida e libera volontà di insegnare nella scuola paritaria per far migliore la “scuola pubblica”. È la strada che la legge della Repubblica indica ormai da vent’anni. E lo hanno ben chiaro non solo le associazioni di settore e sindacati tradizionalmente consapevoli e attenti, ma anche uomini e donne di scuola liberi da pregiudizi.

Per questo è utile riflettere sull’intervista di Enrico Lenzi al leader della Flc-Cgil, Francesco Sinopoli (https://tinyurl.com/paritariecgil). La sorte degli istituti paritari e degli insegnanti che ci lavorano non è un affare privato, è un problema comune. E decide il presente e il futuro della “scuola di tutti”.

(Marco Tarquinio, Direttore di Avvenire – Sabato 30 maggio 2020)

CFP del Piemonte e di Bra con la didattica a distanza – Gazzetta d’Alba

La Gazzetta d’Alba di ieri, martedì 2 giugno, nella sezione L’inchiesta / ISTRUZIONE, dedica un articolo ai Centri di Formazione Professionale del Piemonte e in particolare dei Salesiani di Bra, in merito alla didattica a distanza. Si riporta di seguito l’articolo pubblicato a cura di v.m.

I centri di formazione professionale dei Salesiani di Bra e del Piemonte hanno comunque proseguito le lezioni attraverso la didattica a distanza

«Resta a casa, vengo io da te!»

Con questa campagna, lanciata in piena pandemia da tutti gli operatori di Cnos-Fap (Centro nazionale opere salesianeFormazione e aggiornamento professionale) del Piemonte, si è garantita la formazione e l’accompagnamento adeguato a tutti gli allievi, costretti a non frequentare il loro centro di formazione professionale.

Tutti gli oltre tremila allievi, da Serravalle Scrivia, Alessandria, Vercelli, Novara e Vigliano, da Bra, Fossano, Saluzzo e Savigliano, da San Benigno, Torino Rebaudengo, Agnelli e Valdocco, hanno avuto la possibilità di sperimentare l’animazione e la didattica digitale, continuando la formazione, che viene loro trasmessa con gli strumenti oggi sempre più in uso dai ragazzi, che finalmente sono invitati a utilizzare il loro cellulare “a manetta”.

Gli strumenti attivati sono tra i più diversi: da Google Classroom – la piattaforma con la quale ciascun formatore, simulando il gruppo classe virtuale, porta avanti le attività formative con dispense, esercitazioni, filmati e questionari per l’apprendimento – a Google Meet – per brevi ma intensi momenti di videoconferenza, in cui l’incontro avviene in diretta, per dirla in termini sportivi, in modalità sincrona per usare un termine tecnico della Fad (formazione a distanza). E ancora: la posta elettronica per inviare le dispense e farsi restituire i compiti svolti da quegli utenti che hanno qualche difficoltà nella connessione a Internet, senza dimenticare WhatsApp e i vecchi materiali cartacei o i file caricati su chiavetta Usb, per quegli allievi che vivono in zone del territorio dove ancora il segnale per accedere a Internet è scarso o addirittura assente. E poi, in casi estremi, c’è il telefono, lo strumento più antico per potersi connettere a distanza.

Commentano alcuni formatori del Cfp braidese:

«Ci siamo dovuti inventare un modo nuovo di proporre le nostre lezioni a giovani certamente digitali, ma meno portati per una didattica molto teorica: eppure hanno veramente risposto in modo positivo, anche se tutti lamentano, ancora oggi, la difficoltà di lavorare da remoto, senza poter vedere fisicamente i propri compagni di classe».

E concludono:

«Noi ci siamo attivati rapidamente con competenza, per non lasciare nessuno da solo e perché questo periodo possa far sentire tutti connessi, in attesa che passi la tempesta virale e i nostri ampi cortili tornino a riempirsi».

v.m.

Salesiani Novara: la prima puntata del Telefilm “Dr. Frankhouse” su La Stampa

Il quotidiano La Stampa di oggi, mercoledì 27 maggio, nella sezione di Novara, dedica un articolo all’iniziativa lanciata dall’Istituto Salesiano San Lorenzo di Novara con il telefilm “Dr. Frankhouse“. Si riporta di seguito l’articolo pubblicato.

I professori dell’istituto salesiano San Lorenzo si improvvisano attori e danno vita al telefilm “Dr. Frankhouse”

Per mantenere un legame con i loro studenti, a casa dai primi di marzo, l’istituto Salesiano San Lorenzo di Novara ha realizzato un simpatico telefilm ad uso interno, con i personaggi interpretati dagli stessi professori, direttore, preside. Ed ecco che ogni venerdì i ragazzi si sono ritrovati davanti al pc per seguire le puntate del “Dottor Frankhouse”.
(Video Paolo Migliavacca)

Asti, il Don Bosco Calcio compie 100 anni e prepara la festa!

Si riporta la notizia proveniente da “SportAsti”, La voce dello sport astigiano, riguardo i cento anni di storia calcistica che, quest’anno, il don Bosco Asti compirà.

Quest’anno il Don Bosco Calcio compie cento anni di storia. Nato nel 1920, è la prima Società sportiva di Asti a tagliare un così importante traguardo ed è tra le più longeve società calcistiche piemontesi. Un appuntamento unico per il mondo sportivo astigiano e salesiano, ma soprattutto per l’intera Città, che nel tempo, è stata sempre attenta e sensibile al cammino, non solo sportivo, del sodalizio.

Per celebrare al meglio questo storico traguardo è stato costituito un gruppo di lavoro che ha già visto l’adesione di diverse persone, figure storiche come Alfredo Brenchio, don Roberto, Beppe Morena, legate al mondo sportivo e alla Casa Salesiana, Ivo Anselmo per la parte organizzativa che, coordinate da Piero Baino, Ex Allievo Don Bosco e figura di riferimento per il calcio locale in quanto per anni consigliere federale, hanno pensato ad una serie di iniziative finalizzate a celebrare nei migliori dei modi questo importante appuntamento: tornei di calcio, il libro con il racconto dei cento anni di attività, una mostra fotografica, una partita esibizione con l’attuale squadra che milita nel campionato di Prima Categoria ed infine, non appena le condizioni sociali lo permetteranno, all’interno dell’Oratorio, la grande Festa del Centenario “DON BOSCO ASTI, 100 ANNI DI CALCIO E DI SPORT”, con la partecipazione dei protagonisti di questo secolo di sport, dall’inizio sino ai giorni nostri, dai giocatori agli allenatori, ai presidenti, naturalmente coinvolgendo tutta la nostra città con Istituzioni e sportivi.

In questo momento particolare che stiamo vivendo, diventa difficile fare esatte programmazioni, pertanto abbiamo pensato di iniziare da ciò che si può realizzare adesso: il libro “DON BOSCO ASTI, 100 ANNI DI CALCIO” contenente la storia della Società Don Bosco Asti dal 1920 ad oggi, con aggiunta, nei rispettivi anni di riferimento, della Pallavolo, del Tennis e dello Sci. Abbiamo pertanto necessità di informazioni, dati, curiosità, fotografie e materiale da pubblicare che in un secondo tempo, verrà esposta alla mostra, sempre nei locali dell’Oratorio, “DON BOSCO GALLERY”.

Tutti coloro che in qualche modo “SONO STATI NEL DON BOSCO ” si sentano invitati sin da ora a presenziare a quella festa, perché tutti saranno chiamati nominativamente sul palco, premiati e presentati al pubblico. Tutti sono pregati sin da ora di comunicare il proprio nominativo e ruolo avuto in seno alla Società telefonando al 335 8384090 – 347 0199235 o scrivendo mail: 100donboscoasti@gmail.com – ivoanselmo.pubblicita@tin.it o sulla pagina Facebook Don Bosco Asti, affinché il Comitato Organizzatore possa definire i premiati e il programma.

Inoltre, chi fosse in possesso di foto, cimeli, giornali, maglie, abbigliamento o altro, di qualsiasi periodo dal 1920 ad oggi, sia della prima squadra che del giovanile, è pregato di segnalarlo con urgenza, affinché si possa ricostruire il cammino giallo blu il più fedele possibile e realizzare il libro.

Ringraziamo anticipatamente per ciò che farete e, in attesa di conoscere tutti i protagonisti, porgiamo i nostri più cordiali saluti.

A.S.D. Don Bosco Calcio Asti

#COMMUNITY: reti di prossimità educativa ai Salesiani di Vigliano

La Fondazione Cassa di Risparmio Biella e Banca Simetica hanno istituito un bando straordinario “#COMMUNITY – CFP” del valore di 200mila euro destinato alle associazioni del Terzo Settore impegnate nell’ aiuto e nell’ assistenza delle persone in difficoltà. All’interno del progetto, troviamo l’Istituto Salesiano San Cassiano di Vigliano. Si riporta di seguito l’articolo dedicato.

#COMMUNITY. Reti di prossimità educativa dell’ Istituto San Cassiano di Vigliano

Per affrontare la crisi causata dal coronavirus, la Fondazione Cassa di Risparmio di Biella e Banca Simetica hanno istituito un bando straordinario del valore di 200mila euro destinato alle associazioni del Terzo Settore impegnate nell’ aiuto e nell’ assistenza delle persone in difficoltà.

Il bando è denominato ” Comunità fragile“. Come ” La Nuova Provincia” mettiamo a disposizione i nostri spazi per l’illustrazione dei progetti.

In questo numero l’Istituto San Cassiano di Vigliano e la Lega italiana contro la lotta ai tumori.

ISTITUTO SAN CASSIANO, VIGLIANO BIELLESE

L’Istituto San Cassiano è un ente ecclesiastico salesiano che vede al suo interno un centro di formazione professionale, l’oratorio-centro giovanile e una scuola materna paritaria.

Secondo una tipica esperienza pastorale di don Bosco l’Istituto ha come sua missione l’essere casa che accoglie, parrocchia che evangelizza, scuola che avvia alla vita, cortile per incontrarsi da amici e vivere in allegria. Raggiungiamo così, con le attività più svariate, circa seicento giovani, dai più piccoli ai più grandi ed altrettante famiglie con un picco superiore con i centri estivi.

Nel Centro di Formazione Professionale in accordo con la Regione Piemonte si erogano quattro corsi triennali: uno in ambito meccanico, uno in ambito elettrico, uno in ambito termoidraulico ed uno nel settore acconciatura; un corso biennale per saldo carpentieri, un quarto anno di specializzazione per il conseguimento del diploma di operatore di macchine e sistemi automatici. L’Oratorio salesiano offre parecchi servizi ai giovani: una palestra con campo da calcio, basket e pallavolo con relativi spogliatoi; campi polivalenti all’aperto, un bar con calciobalilla e ping pong e un parco giochi per i più piccoli. Le attività proposte sono molteplici: dal centro diurno e il dopo scuola al centro estivo e i ritiri mensili. Per i più grandi l’oratorio apre anche alla sera del venerdì e del sabato.

Il progetto #COMMUNITY

Reti di prossimità educativa Il progetto #Community.

Reti di prossimità educativa nasce dalla ricognizione rispetto al lavoro fatto in queste settimane da parte degli educatori, docenti, formatori dell’Istituto.

L’Istituto, fin dall’inizio dell’ emergenza Covid-19, ha fatto il possibile per mantenere attivi il sostegno e la relazione educativa in tutti i suoi ambiti di azione abituali: la scuola e il centro di formazione professionale hanno avviato modalità di didattica a distanza e si pongono come punto di riferimento per gli alunni e le famiglie anche con modalità nuove (Social network, chat, video lezioni, ecc.); le varie attività dell’ Oratorio, come i gruppi formativi e il doposcuola, continuano laddove possibile, con modalità di incontro virtuale a tenere i contatti con i ragazzi e i giovani. I bisogni che abbiamo incontrato nei ragazzi sono molteplici e riguardano, in primo luogo, la sfera del sostegno alle famiglie e ai minori in situazione di vulnerabilità, laddove, con l’ attuale emergenza, le fragilità pre esistenti si sono acutizzate o ulteriormente aggravate a causa delle precarie risorse economiche e sociali a disposizione. Il mondo digitale è entrato in modo preponderante nelle case di tutti e il processo di adattamento non è purtroppo facile o immediato e non tutti sono in grado di permettersi la tecnologia che li connetta virtualmente al mondo scuola e al modo delle ” relazioni umane a distanza”. Tutto questo rischia di aggravare le situazioni povertà educativa in cui versano i minori, oltre che l’ inclusione sociale delle loro famiglie. Il progetto si prefigge di attivare attività straordinarie di supporto a minori e famiglie in situazioni di vulnerabilità sociale, economica e psicologica per fare fronte alla fase emergenziale.

Intendiamo garantire ai giovani le dotazioni tecnologiche (pc, tablet, connessioni internet) necessarie al pieno accesso alle opportunità di didattica e formazione a distanza a loro
precluse e avviare un servizio psicologico che si rivolgerà ad adolescenti, giovani e famiglie che affrontano con fatica la nuova quotidianità e si configurerà come uno spazio dedicato in cui riflessioni, dubbi, timori, aspettative possano trovare ascolto e contenimento.

DICHIARAZIONE DEL DIRETTORE

Don Genesio Tarasco

Probabilmente la ” fase 2″ è già iniziata, lasciandoci in eredità ciò che di bello e positivo, in mezzo a tanto dolore e tanto disagio, la pandemia del covid19 ci ha portato. Un modo nuovo di relazionarci, un’ attenzione puntuale a chi è più in difficoltà, metodi innovativi e generativi per una formazione a distanza e per i nostri ragazzi il superamento di una fruizione del modo virtuale quasi esclusivamente a scopo ludico o per riempire in maniera effimera, un tempo che diversamente sarebbe attraversato da solitudine e noia. Grazie alla sensibilità ed alla prontezza di intervento, alla capacità di fare rete della Fondazione Cassa di Risparmio di Biella e Banca Simetica nella persona dei rispettivi presidenti Franco Ferraris e Pier Luigi Barbera, con l’ assegnazione del bando ” Comunità fragile” all’ Istituto San Cassiano di Vigliano, alcuni dei nostri allievi che vivono in povertà o rischiano di essere emarginati proprio per motivi economici, potranno accedere a questo nuovo mondo che si prospetta loro ormai esclusivo ed imperioso. Potranno avere anche loro gratuitamente gli strumenti ed i supporti necessari per entrare in collegamento con la scuola e con i propri compagni ampliando conoscenze e relazioni essenziali per la loro crescita integrale. Sono gesti questi che indicano un cambio di passo ed un’ attenzione puntuale ai bisogni della nostra gente e soprattutto dei ragazzi del nostro territorio che racconteranno certamente il tempo della pandemia, della loro forzata clausura, ma diranno anche l’ attenzione delle istituzioni e soprattutto l’impegno di tanti formatori ed insegnanti che si stanno spendendo in maniera egregia perché non manchi loro quel supporto necessario affinché “l’intelligenza delle mani” trovi terreno fertile per dare quei frutti che tutti si attendono.

COSTO TOTALE del progetto: 9.993 € Contributo: 7.500 €

Colle don Bosco, il direttore don Rolandi: “Eremo surreale per il periodo pasquale”

Pubblichiamo l’intervista uscita su La Stampa – a firma di Marina Rissone – a don Giovanni Rolandi, direttore del Colle don Bosco, nella quale racconta l’esperienza durante il periodo pasquale della vita della basilica.

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I mesi del lockdown hanno lasciato ai salesiani del Colle Don Bosco molte riflessioni, tra fede e speranza nel futuro. Frazione Morialdo di Castelnuovo è stata orfana di migliaia di pellegrini che ogni giorno affollano i luoghi natali del santo sociale dei giovani per trovare momenti di preghiera. Il direttore don Giovanni Rolandi parla di alcuni aspetti dell’emergenza sanitaria dal punto di vista religioso e storico.

Come avete vissuto l’isolamento al Colle?
«Le chiese sono rimaste sempre aperte ai fedeli, senza celebrazioni. Il Colle è  diventato una specie di eremo: per giornate abbiamo vissuto in solitudine. L’unica compagna è stata la preghiera in una cappella privata per la comunità religiosa salesiana. Una atmosfera surreale soprattutto nel periodo pasquale».

E’ stato lasciato un segno sul modo di pregare?
«Noi cristiani siamo privilegiati: possiamo pregare ovunque. A differenza del Giudaismo, per noi il luogo di culto non è fondamentale, come per loro era il Tempio di Gerusalemme. La preghiera comunitaria è importante. Papa Francesco ha detto di fare attenzione a non “viralizzare” (da “virus”) la liturgia: c’è una differenza abissale tra una liturgia seguita da casa sui media (che va bene quando non si può fare altro) e una vissuta di persona con la comunità».

Come avrebbe reagito San Giovanni Bosco alla pandemia e alla perdita di molte certezze scontate?
«Don Bosco si trovò nel bel mezzo di un’epidemia di colera a Torino dall’agosto al novembre 1854 con epicentro Borgo Dora e Valdocco. Invitò i ragazzi dell’oratorio a non aver paura e fece una promessa “pazza” a nome di Dio. Disse: “Se farete quanto vi dico, sarete salvi. Se vi metterete in grazia di Dio e non commetterete alcun peccato mortale, vi assicuro che nessuno di voi sarà  toccato. Ma se qualcuno rimanesse ostinato nemico di Dio e osasse offenderlo gravemente, io non potrei più essere garante né di lui, né per qualunque altro”. Li invitò a portare al collo una medaglia della Madonna e recitare ogni giorno un Pater, Ave, Gloria. Trenta ragazzi si offrirono volontari per prestare soccorso ai malati di colera della zona. Usavano una bottiglietta di aceto per sanificare spesso le mani. Don Bosco usò ogni precauzione: fece ripulire i locali dell’oratorio, aggiunse camere, diminuì il numero dei letti in dormitorio, migliorò il vitto sobbarcandosi molte spese. E, in preghiera, si offrì lui stesso come vittima al Signore, al posto dei ragazzi. Nessuno si ammalò in oratorio, seppur nell’epicentro del contagio. Don Bosco inviterebbe a non aver paura, a rimboccarsi le maniche, a prendere giuste precauzioni e a conservare l’amicizia con Gesù».

Un suo pensiero personale ai lettori.
«Non mi ero mai trovato in una situazione simile. Neppure in Kenya dove ho vissuto per anni. L’epidemia di ebola laggiù ci ha sfiorato due volte, ma non ha mai assunto le proporzioni di questa pandemia. Credo che siamo sempre e solo nelle mani di Dio. Se lui è con noi, davvero nulla può essere contro di noi (parafrasando San Paolo, in Romani 8, 31). Pratichiamo un po’ d’igiene mentale, ascoltando meno notizie da “breaking news” e attenendoci alle comunicazioni ufficiali delle autorità . E’ necessario camminare verso un delicato equilibrio. Sono perplesso sulla posizione delle agenzie governative e che siano state revocate, dall’oggi al domani, alcune libertà  fondamentali del cittadino in nome della salute». 

CFP Bra: stage in smart working – Il Nuovo Braidese

Il giornale Il Nuovo Braidese di domani, sabato 16 maggio, dedica un articolo allo Stage in smart working che sta mettendo in campo il Centro di Formazione Professionale di Bra e l’esperienza di Francesca Bordino (in foto) con la quale è stato attivato un percorso di stage in smart working presso la Tesi Squere. Di seguito l’articolo a cura di Franco Burdese.

FORMAZIONE PROFESSIONALE A DISTANZA AL CNOSFAP
Stage in smart working: cosa cambia

La Formazione professionale Regionale prosegue a distanza con il percorso di Formazione Tecnica Speriore IFTS Tecnico Trasfertista gestito da Cnosfap Bra. Il gruppo di venti allievi sta in maniera variegata proseguendo il loro percorso. Sono 8 gli apprendisti che dal 14 febbraio sono tornati in azienda per l’apprendistato formativo mentre per Francesca Bordino (in foto) è stato attivato un percorso di stage in smart working presso la Tesi Squere che la ospita in stage. Proprio su questo argomento dello stage a distanza abbiamo voluto approfondire l’approccio impostato tra Associazione Cnosfap dei Salesiani di Bra e la ditta Tesisquere.

Francesca puoi descrivere cosa significa l’esperienza di stage IFTS in smart working?

L’esperienza di stage in smart working rappresenta per me una sfida alle tradizionali dinamiche di coinvolgimento nel mondo del lavoro e alla rapida evoluzione della tecnologia nelle modalità di interazione e apprendimento. Il continuo coinvolgimento dell’azienda su progetti prima analizzati in ufficio, ha consentito la prosecuzione del mio stage a distanza senza interruzioni, sebbene con modalità diverse.

Quali sono state le esperienze che hai vissuto in stage smart working con Tesisquere?

Tesisquare ha predisposto una serie di coinvolgimenti in web conference su progetti attivi differenti: in questo modo ho potuto partecipare da un lato a pianificazioni d’attività, incontri di analisi e presentazione di progetti ai clienti Tesi, nonché sessioni di formazione individuali con i colleghi per continuare ad essere allineata sugli sviluppi dei relativi argomenti.

Come può cambiare l’esperienza in smart working rispetto a quella che hai fatto in presenza nella prima parte del tuo stage?

Sebbene in prima battuta venga a mancare il contatto umano, aspetto importante in un percorso di inserimento perché permette di conoscere le persone con cui si dovrà collaborare, credo che l’approccio e gli strumenti schierati dall’azienda abbiano comunque consentito la possibilità di continuare a confrontarsi, rendendo così l’operatività nei fatti del tutto paragonabile a quella precedente all’emergenza. Una messa in atto di azioni vincenti che, a mio avviso, potranno diventare la futura normalità.

Come valuti il tuo apprendimento ed il coinvolgimento in questa esperienza?

Laddove il percorso in aula e in azienda nel suo complesso mi abbia permesso di implementare numerose conoscenze, lo stage in smart working mi ha invece consentito di sviluppare skills e accortezze nuove per riuscire a lavorare con i colleghi, seppur trovandomi a casa da sola e priva di esperienza nel campo dell’Information Technology. In merito al mio coinvolgimento, le mie aspettative non sono state disattese: il periodo d’emergenza sanitaria, pur ostacolando il normale svolgersi del percorso, non ha impedito all’azienda di continuare a formarmi e a farmi crescere professionalmente. A Michelle Crosetti , HR Talent Acquisition, ed Elio Becchis,Business e Solution manager SR, di Tesi Squere, abbiamo chiesto di analizzare questa esperienza.

Come valuta Tesi l’esperienza di smart working specifica con l’IFTS?

L’esperienza di smart working specifica con l’IFTS è stata sicuramente una sfida, che però siamo riusciti ad affrontare in modo ottimale. L’esperienza di smart working è nuova nell’azienda, non solo per quanto riguarda questo stage nello specifico, ma per tutti i colleghi che si sono ritrovati a dover svolgere il lavoro da casa e sono riusciti ad organizzarsi al meglio. Nel caso specifico di Francesca, l’organizzazione mirate delle attività da parte del suo responsabile ha reso possibile un risultato winwin.

Come cambiano le modalità di coinvolgimento di uno stage in smart working?

Sicuramente la risorsa deve imparare ad acquisire autonomia più velocemente ad organizzarsi in modo ottimale il tempo a disposizione, le richieste e i dubbi vengono “accumulati” per poi essere risolti tramite un unico meet o chiamata, ma sicuramente si ha la possibilità di testare in autonomia le proprie capacità. Per quanto riguarda le modalità di coinvolgimento sicuramente c’è un passaggio dalla comunicazione faccia a faccia ad una comunicazione digitale, anche il training del tirocinante stesso viene affrontato tramite webinar e videoconferenze.

Quali le potenzialità metodologiche dello smart working?

Il progresso e l’evoluzione tecnologica hanno modificato in modo radicale il nostro approccio, non solo alla vita quotidiana, ma anche a quella lavorativa. L’interesse e le potenzialità dello smart working riprendono aspetti legati al tempo, il risparmio dello stesso e la miglior organizzazione che permette un bilanciamento della vita privata con quella lavorativa (work life balance), la mobilità, quante persone devono affrontare ore di viaggio per raggiungere i posti di lavoro? Lo smart working permette di gestire, non solo il proprio tempo, ma anche le attività e i task lavorativi, la non possibilità di confrontarsi con i propri colleghi nell’istante stesso in cui c’è la necessità (come avviene negli uffici) permette di ragionare maggiormente sul proprio operato, di concludere le proprie attività nel miglior modo possibile e alla fine di cercare un confronto: costruttivo e soprattutto non sbrigativo.

Quali saranno le nuove figure ricercate da Tesi in questo nuovo mercato del lavoro e come possono essere formate con una esperienza IFTS?

Al di là della congettura esterna che stiamo affrontando in questo periodo, le figure di maggior interesse per il nostro settore, e nel particolar modo per Tesi, sono gli analisti di Supply Chain (gestione della catena di distribuzione ndr ). Queste figure devono, oltre a conoscere i processi di Supply Chain, saper dialogare con il cliente per raccogliere i requisiti di quest’ultimo, trasformarli in analisi funzionale e riportare questa allo sviluppatore che procederà con le implementazioni richieste. L’analista è quindi una figura cross tra la parte funzionale e quella tecnica, è il “ponte” tra ciò che il cliente richiede e ciò che viene sviluppato successivamente. È sicuramente una figura importante che richiede flessibilità, adattamento e proattività. Siamo molto soddisfatti, ha commentato Valter Manzone Direttore del CFP di Bra, della capacità di allievi, aziende e della nostra struttura nell’ aver saputo rispondere con prontezza a questa situazione straordinaria. Nuove sfide, nuove opportunità che certamente tutte le componenti sapranno cogliere al meglio.

Franco Burdese

Il progetto Bella Presenza: con gli oratori la Scuola arriverà nelle strade – La Voce e il Tempo

La Voce e il Tempo di oggi dedica un articolo al progetto nazionale “Bella Presenza” in cui è impegnata l’Educativa di Strada dell’Oratorio Salesiano del San Luigi di Don Bosco San Salvario. Di seguito l’articolo, a cura di Stefano Di Lullo.

A Torino con gli Oratori la Scuola arriverà nelle strade

Contro la dispersione scolastica – Con il progetto nazionale “Bella Presenza” gli insegnanti di alcune scuole torinesi attingono all’esperienza dell’Educativa di strada per non perdere i giovani nel disagio più colpiti dall’epidemia: «per loro la didattica a distanza non è sufficiente»

A Torino alcune scuole usciranno dai propri cancelli fisici e tecnologici e approderanno, grazie alla sinergia con gli oratori e la collaudata esperienza dell’Educativa di strada, nelle vie e nelle piazze per raggiungere i ragazzi che fanno più fatica «a stare dentro» ai percorsi scolastici, soprattutto in questo tempo di pandemia che ha generato disorientamento in particolare in chi è più fragile.

È uno dei frutti del progetto nazionale «Bella Presenza», selezionato dall’impresa sociale «Con i bambini» nell’ambito del Fondo per il contrasto alla povertà educativa minorile, che è stato portato avanti dal 2018 in Piemonte, Campania e Toscana raggiungendo oltre 3.330 minori e quasi mille nuclei familiari, con il coinvolgimento di 700 insegnanti ed educatori.

Il punto sul piano, della durata di 4 anni, è stato fatto martedì 12 maggio nel corso di un seminario on line sul tema «Sconfinamenti. Per una scuola fuori dall’emergenza da costruire insieme».

In Piemonte, a Torino, Cuneo e Racconigi, una rete di associazioni, coordinata dalla cooperativa sociale «Labins», che ha sede in via Maria Vittoria a Torino, negli anni scolastici 2018-2019 e 2019-2020 ha messo in campo azioni, in sinergia con gli istituti scolastici coinvolti e diversi enti del Terzo settore, per riattivare una comunità educante in grado di prendersi carico e accompagnare tutti gli studenti, in particolare chi è più fragile, prevenendo l’insorgere del disagio nelle aule scolastiche che sempre più spesso porta gli adolescenti a smettere di studiare, a vivere alla giornata senza alcun progetto per il proprio futuro.

Le scuole coinvolte a Torino, nelle Circoscrizioni 1, 7 e 8, sono il liceo scientifico Gobetti, il Convitto statale Umberto I e gli istituti Giulio, Pertini, Giolitti e Gozzi Olivetti, a cui si è aggiunta una sperimentazione sull’Istituto comprensivo Gabelli nel quartiere Barriera di Milano.

«La pandemia», sottolinea Patrizia Gugliotti, presidente di Labins e coordinatrice di «Bella Presenza» per il Piemonte, «ha portato ancora di più allo scoperto diseguaglianze e povertà in ambito educativo. Ed ecco l’importanza di una rete che pone al centro il ragazzo. Non è più possibile pensare a percorsi educativi per minori a compartimenti stagni: ovvero da un lato la scuola, dall’altro l’educativa di strada, i servizi sociali, le associazioni, ma è opportuno un lavoro di squadra che accompagni gli studenti in difficoltà partire dalle proprie potenzialità. La distanza fisica dalla scuola apre uno ‘spazio del possibile’, ovvero la possibilità concreta di ripensare l’agire educativo in modo nuovo, aperto ed  inclusivo. Se già nella società prima del Covid-19 il progetto ‘Bella Presenza’ nasceva dalla necessità di mescolare saperi e competenze di insegnanti ed educatori, tempo vissuto dentro e fuori la scuola, ragazzi e territori diversi, quelli fragili insieme a quelli più forti, oggi si ritiene che ‘sconfinare’ debba diventare la regola per costruire interventi educativi e non solo didattici, reticoli di prossimità, educazione porta a porta, metodi creativi e inclusivi che non lascino davvero indietro nessun bambino o bambina, nessun ragazzo o ragazza».

Il progetto in primo luogo punta sull’orientamento a partire dalla scuola media portato avanti con numerose associazioni del territorio attraverso il coinvolgimento attivo delle famiglie e del Terzo settore. Si lavora poi a prevenire il disagio prima che insorga.

L’esperienza dell’educativa di strada portata avanti dagli oratori ha offerto un contributo essenziale, per evitare che in questo tempo di epidemia i ragazzi si perdessero.

«Abbiamo attivato», spiega Marta Romano, educatrice dell’Oratorio salesiano San Luigi di San Salvario, «un’attività di monitoraggio costante con le scuole per capire come i ragazzi stessero vivendo il lockdown, chi si connettesse e chi no con la didattica a distanza. Ed ecco che attraverso i contatti personali, instaurando una relazione, abbiamo supportato la scuola e le famiglie dei ragazzi più in difficoltà proponendo delle attività di laboratorio a partire dalle competenze e dai desideri di ciascuno».

Centrale l’attività realizzata in piazza Galimberti nell’ambito del progetto «Bella Presenza» su iniziativa dell’Istituto comprensivo Pertini nella zona delle palazzine dell’ex villaggio olimpico Moi.

«Lo scorso anno», evidenzia la dirigente scolastica Elena Cappai, «ho segnalato all’educativa di strada la presenza di nostri studenti in piazza Galimberti durante o al di fuori dell’orario scolastico. Ed ecco che gli educatori del San Luigi che animavano attività presso la postazione Spazio Anch’io al Parco del Valentino hanno iniziato a frequentare la zona e intercettare gli adolescenti».

«Lo scopo», continua l’educatrice Romano, «è intraprendere un percorso educativo a partire dalle competenze che gli adolescenti già posseggono. Siamo quindi partiti da laboratori come quello di lettering, che ci hanno permesso di stringere un legame. Abbiamo anche offerto percorsi alternativi alla sospensione scolastica. In questo momento stiamo strutturando delle proposte per l’estate, quando potremo riprendere le attività in strada, in modo da continuare a stare accanto ai ragazzi».

«Data l’efficacia del progetto», prosegue la preside Cappai, «ho proposto  dal prossimo anno di intraprendere attività didattiche in luoghi fuori dalla scuola o alternativi alla didattica a distanza, quindi anche nelle piazze: un piano certamente da strutturare in sinergia con i diversi attori del progetto fra cui l’educativa di strada. La pandemia spinge, infatti, il mondo scolastico a trasformare e ripensare i metodi didattici  tradizionali: è l’unico modo per non perdere nessuno studente soprattutto in questo periodo in cui il rischio della dispersione è aumentato in modo esponenziale».