Parla padre Mounir di Damasco. «Ghouta non è un quartiere di vittime perseguitate dal regime. È l’esatto contrario. »

Si pubblica la testimonianza, rilasciata alla alla testata Tempi.it, di Padre Mounir Hanachi , sacerdote salesiano nato ad Aleppo, da qualche anno parroco a Damasco e direttore del centro salesiano della parrocchia di San Giovanni Bosco, un oratorio che ospita oltre 1200 giovani dalla seconda elementare all’università, “per concedere loro qualche ora al giorno di serenità, di servizi essenziali come l’acqua e l’elettricità che in casa non hanno. Ecco perché ci siamo chiamati Oasi di pace”, come afferma Padre Mounir. L’oratorio è stato momentaneamente chiuso per ragioni di sicurezza.

 

Siria. «Su Ghouta voi europei raccontate una verità parziale. Quelli sono terroristi»

Parla padre Mounir di Damasco. «Ghouta non è un quartiere di vittime perseguitate dal regime. È l’esatto contrario. Sono anni che sparano missili sulla capitale, uccidono innocenti, poveri civili»

«Lo so cosa scrivono i media da voi in Italia e in tutto l’Occidente sulla guerra che si sta combattendo a Ghouta. Raccontano solo una faccia della medaglia, nessuno si preoccupa del nostro dramma». Si confida così a tempi.it padre Mounir, 34 anni, originario di Aleppo ma residente a Damasco, dove si occupa di un oratorio con oltre 1.200 giovani. Il salesiano fa riferimento ai durissimi scontri di questi giorni tra l’esercito del governo di Bashar al-Assad e le formazioni terroristiche che difendono Ghouta orientale, nella periferia della capitale. Secondo l’Osservatorio per i diritti umani, organizzazione vicina agli estremisti, negli ultimi giorni sarebbero morte quasi 300 persone nel sobborgo.

«Nessuno però parla dei civili, tanti bambini, uccisi qui dai colpi di mortaio, anzi, dai missili che vengono sparati da Ghouta», continua il sacerdote. Molte scuole nei quartieri di Damasco più colpiti dall’artiglieria ribelle sono state chiuse per sicurezza, al pari di molti negozi. I colpi di mortaio, infatti, cadevano spesso vicini agli istituti e nelle ore di uscita dei ragazzi. Da settimane anche i salesiani hanno dovuto chiudere il loro centro: «Era troppo pericoloso. Noi abbiamo degli autobus che girano per la città e raccolgono i ragazzi per portarli al centro, dove giochiamo, studiamo, facciamo catechismo ma ora per prudenza li lasciamo a casa, perché per strada potrebbero essere colpiti dai missili».

Il bombardamento di Ghouta si è intensificato nell’ultima settimana, perché il governo prepara l’assalto finale per riprendere il quartiere. «Tutto il giorno si sentono gli aerei dell’esercito che sorvolano la capitale. Spero che l’attacco cominci presto e che la zona venga finalmente liberata, come è stata liberata Aleppo», continua padre Mounir, ricordando che «Ghouta non è un quartiere di vittime perseguitate dal regime, come raccontate voi. È l’esatto contrario. Sono anni che sparano missili sulla capitale, uccidono innocenti, poveri civili. Quanti sono i bambini morti qui di cui nessuno parla? Questi non sono l’opposizione, sono terroristi, vengono da ogni parte del mondo, e l’esercito siriano ha il diritto di difendere la dignità dei siriani e il paese».

Il prossimo mese la Siria entrerà nel suo ottavo anno di guerra e padre Mounir non si fida più delle trattative di pace condotte dalla comunità internazionale: «Non stanno risolvendo niente, parlano ma non fanno nulla». Il sacerdote è stato ordinato cinque anni fa a Torino, ma ha scelto di lasciare l’Italia e tornare a Damasco per «servire il mio popolo in difficoltà». In questi giorni, però, le sue attività sono limitate al minimo perché «il governo ha consigliato a tutti di non muoversi di casa, se non per attività strettamente necessarie, perché molte zone della capitale sono sotto tiro. Nonostante questo cerchiamo di stare vicini ai nostri ragazzi e alle nostre famiglie».

Pare Mounir ha vissuto in Italia, ma ora non riesce più a leggere i giornali nostrani: «Ho visto come date le informazioni: sempre parziali, sempre nascondendo una parte della verità, addirittura truccando le foto», continua. «Voi di Tempi siete tra i pochi che avete il coraggio di raccontare tutta la verità. Io lo so che il governo siriano non è costituito da santi né da angeli, c’è la corruzione come in tanti altri paesi. Però dovete capire che la maggioranza della popolazione siriana, che soffre come e più degli altri, si fida di questo governo, nonostante i suoi sbagli. Voi europei invece appoggiate i terroristi che colpiscono la gente innocente. Questo è inaccettabile e qualcuno deve dirlo».

(fonte: Tempi.it)

Si segnala, qui di seguito, anche il video di Missioni don Bosco che, 4 anni fa, ha realizzato un’intervista con Padre Hanachi Mounir, raccontando la sua esperienza in Siria, terra di missione travagliata da una guerra che non accenna a fermarsi.

 

Inoltre, si pubblica qui di seguito l’articolo apparso su ANS relativo alla dichiarazione di G. Pettenon sulla chiusura dell’oratorio di don Mounir a Damasco:

“Come dimenticare…?”
Il ricordo indelebile della martoriata Siria nelle parole del sig. Pettenon

Mi si è gelato il sangue nelle vene”. In questo modo il Presidente di “Missioni Don Bosco”, sig. Giampietro Pettenon, SDB, commenta la notizia della sospensione delle attività presso l’oratorio salesiano di Damasco, ben sapendo che, per arrivare ad una simile decisione, la realtà nella capitale siriana deve essere arrivata a livelli di gravità inauditi. Il sig. Pettenon aveva visitato la Siria con una troupe di Missioni Don Bosco nello scorso autunno e per questo ha scritto questa commovente lettera, che qui riportiamo:

 

Cari amici,

ieri leggendo le notizie delle agenzie di stampa mi si è gelato il sangue nelle vene, notando che veniva comunicata l’interruzione dell’attività dei Salesiani a Damasco, a causa della situazione drammatica che sta vivendo la capitale siriana in questi giorni di intensi combattimenti. Solo quattro mesi fa eravamo a Damasco, loro ospiti. Rivedo i volti dei giovani che abbiamo conosciuto, dei Salesiani della comunità locale, degli adulti che gravitano attorno all’oratorio per i servizi di cucina, pulizia, manutenzione. Ad ottobre erano tutti pieni di speranza per la fragile tregua che c’era in quel periodo e tutti si auguravano che il peggio fosse passato. Purtroppo così non è stato.

Se il direttore – don Munir – e i confratelli dell’oratorio hanno deciso di chiudere la struttura per evitare ulteriori rischi per la vita dei giovani che lo frequentano, significa che la situazione è davvero drammatica. Come dimenticare le lacrime che sgorgavano abbondanti quando ci raccontavano della paura avuta durante i precedenti bombardamenti? Come dimenticare i nomi dei loro familiari che ci venivano da loro descritti prima che una granata o un colpo di mortaio ne facesse scempio? Come dimenticare la grandissima dignità e la fede autentica di queste persone, vittime innocenti, che non si fermavano a piangere sui drammi vissuti, ma erano pronti a raccontarti i sogni e le speranza per il futuro? Come dimenticare?

In pochi giorni sono tornati al terrore dei vetri infranti per lo scoppio di ordigni, alla mancanza di corrente elettrica per buona parte della giornata, alla carenza di cibo perché andare a fare la spesa è un rischio, e poi, dove comprare qualcosa? I mercati e i negozi faticano ad approvvigionare le derrate da vendere perché i trasporti sono quasi del tutto interrotti; le strade sono i luoghi più pericolosi…. Senza contare la forte pressione psicologica che la paura alimenta in tutti, compresi i Salesiani che non aprono le porte dei cortili ai ragazzi, ma continuano ad accogliere padri e madri di famiglia che vengono a bussare discretamente alla porta per chiedere un aiuto per poter mangiare qualcosa…

(Articolo tratto da ANS – Agenzia Info Salesiana)

«Perché soffrono i bambini? Non c’è una risposta umana». Ecco le risposte di Papa Francesco alle domande di un gruppo di orfani

Diffusi i contenuti del dialogo del 4 gennaio tra il Papa e un gruppo di orfani romeni aiutati dalla Ong “FDP protagonisti nell’educazione”. «Perché soffrono i bambini? Non c’è una risposta umana». «Neanche di Giuda possiamo dire che non sia andato in Cielo»

Di seguito, la trascrizione delle risposte del Papa alle domande dei ragazzi:

Udienza ai ragazzi romeni aiutati dalla ONG
“FDP protagonisti nell’educazione”

Papa Francesco: Cari ragazzi, cari fratelli e sorelle, vi ringrazio per questo incontro, e per la confidenza con cui mi avete rivolto le vostre domande, in cui si sente la realtà della vostra vita. Ho qui le vostre domande, che avevo già letto. Ma prima di rispondervi vorrei ringraziare con voi il Signore perché siete qui, perché Lui, con la collaborazione di tanti amici, vi ha aiutato ad andare avanti e a crescere. E insieme ricordiamo tanti bambini e ragazzi che sono andati in cielo: preghiamo per loro; e preghiamo per quelli che vivono in situazioni di grande difficoltà, in Romania e in altri Paesi del mondo. Affidiamo a Dio e alla Vergine Madre tutti i bambini e le bambine, i ragazzi e le ragazze che soffrono per le malattie, le guerre e le schiavitù di oggi.

E ora vorrei rispondere alle vostre domande. Lo farò come posso, perché mai si può rispondere del tutto a una domanda che viene dal cuore. In queste domande la parola che voi usate di più è “perché?”: ci sono molti “perché?”. Ad alcuni di questi “perché?” posso dare una risposta, ad altri no, solo Dio può darla. Nella vita ci sono tanti “perché?” ai quali non possiamo rispondere. Possiamo soltanto guardare, sentire, soffrire e piangere.

Prima domanda:

Perché la vita è così difficile e
tra noi amici litighiamo spesso?

E ci imbrogliamo? Voi preti ci dite di andare in Chiesa,
ma immediatamente quando usciamo sbagliamo
e commettiamo peccati.
Allora perché sono entrato in Chiesa?
Se io considero che Dio è nel mio animo,
perché è importante andare in Chiesa?

Papa Francesco: I tuoi “perché?” hanno una risposta: è il peccato, l’egoismo umano: per questo – come dici tu – “litighiamo spesso”, “ci facciamo del male, ci imbrogliamo”. Tu stesso lo hai riconosciuto, che anche se andiamo in Chiesa, poi sbagliamo ancora, rimaniamo sempre peccatori. E allora giustamente tu ti domandi: a cosa serve andare in chiesa? Serve a metterci davanti a Dio cosi come siamo, senza “truccarci”, cosi come siamo davanti a Dio, senza trucco. A dire: “Eccomi, signore, sono peccatore e ti chiedo perdono. Abbi pietà di me”. Se io vado in chiesa per far finta di essere una buona persona questo non serve. Se vado in chiesa perché mi piace sentire la musica o anche perché mi sento bene non serve. Serve se all’inizio, quando io entro in chiesa, posso dire: “Eccomi Signore. Tu mi ami e io sono peccatore. Abbi pietà di noi. Gesù ci dice che se facciamo così, torniamo a casa perdonati. Accarezzati da Lui, più amati da Lui sentendo questa carezza, questo amore. Così piano piano Dio trasforma il nostro cuore con la sua misericordia, e trasforma anche la nostra vita. Non restiamo sempre uguali, ma veniamo “lavorati”. Dio ci lavora il cuore, è Lui, e noi siamo lavorati come l’argilla nelle mani del vasaio; e l’amore di Dio prende il posto del nostro egoismo. Ecco perché credo che è importante andare in chiesa: non solo guardare Dio, lasciarsi guardare da Lui. Questo penso. Grazie.

Seconda domanda:

Perché ci sono dei genitori che amano i bambini sani
e invece quelli malati o con problemi no?

Papa Francesco: La tua domanda riguarda i genitori, il loro atteggiamento davanti ai bambini sani e a quelli malati. Ti direi questo: di fronte alle fragilità degli altri, come le malattie, ci sono alcuni adulti che sono più deboli, non hanno la forza sufficiente per sopportare le fragilità. E questo perché loro stessi son fragili. Se io ho una grossa pietra, non posso appoggiarla sopra una scatola di cartone, perché la pietra schiaccia il cartone. Ci sono genitori che sono fragili. Non abbiate paura di dire questo, di pensare questo. Ci sono genitori che sono fragili, perché sono sempre uomini e donne con i loro limiti, i loro peccati e le fragilità che si portano dentro, e magari non hanno avuto la fortuna di essere aiutati quando loro erano piccoli. E così con quelle fragilità vanno avanti nella vita perché non sono stati aiutati, non hanno avuto l’opportunità che abbiamo avuto noi di trovare una persona amica che ci prenda per mano e ci insegni a crescere e a farci forti per vincere quella fragilità. E’ difficile ricevere aiuto dai genitori fragili e a volte siamo noi che dobbiamo aiutarli. Invece di rimproverare la vita perché mi ha dato genitori fragili e io non sono tanto fragile, perché non cambiare la cosa e dire grazie a Dio, grazie alla vita perché io posso aiutare la fragilità del genitore così che la pietra non schiacci la scatola di cartone. Sei d’accordo? Grazie.

Terza domanda:

L’anno scorso è morto uno dei nostri amici che sono rimasti in orfanotrofio.
È morto nella Settimana santa, il Giovedì santo.
Un prete ortodosso ci ha detto che è morto peccatore
e per questo non andrà in Paradiso. Io non credo che sia così.

Papa Francesco: Forse quel prete non sapeva quello che diceva, forse quel giorno quel prete non stava bene, aveva qualcosa nel cuore che l’ha fatto rispondere cosi. Nessuno di noi può dire che una persona non è andata in cielo. Ti dico una cosa che forse ti stupisce: neppure di Giuda possiamo dirlo. Tu hai ricordato il vostro amico che è morto. E hai ricordato che è morto il Giovedì santo. Mi sembra molto strano quello che hai sentito dire da quel sacerdote, bisognerebbe capire meglio, forse non è stato capito bene… Comunque io ti dico che Dio vuole portarci tutti in paradiso, nessuno escluso, e che nella Settimana santa noi celebriamo proprio questo: la Passione di Gesù, che come Buon Pastore ha dato la sua vita per noi, che siamo le sue pecorelle. E se una pecorella è smarrita, Lui la va a cercare finché non la ritrova. E’ così. Dio non se ne sta seduto, Lui va, come ci fa vedere il Vangelo: Lui è sempre in cammino per trovare quella pecorella, e non si spaventa quando ci trova, anche se siamo in uno stato di grande fragilità, se siamo sporchi di peccati, se siamo abbandonati da tutto e dalla vita, Lui ci abbraccia e ci bacia. Poteva non venire ma è venuto per noi il Buon Pastore. E se una pecorella è smarrita, quando la trova se la mette sulle spalle e pieno di gioia la riporta a casa. Io posso dirti una cosa: sono sicuro, conoscendo Gesù, sono sicuro che questo è ciò che in quella Settimana santa il Signore ha fatto con il vostro amico.

Quarta domanda:

Perché noi abbiamo avuto questa sorte?
Perché? Che senso ha?

Papa Francesco: Sai, ci sono “perché?” che non hanno risposta. Per esempio: perché soffrono i bambini? Chi può rispondere a questo? Nessuno. Il tuo “perché?” è uno di quelli che non hanno una risposta umana, ma solo divina. Non so dirti perché tu hai avuto “questa sorte”. Non sappiamo il “perché” nel senso del motivo. Cosa ho fatto di male per avere questa sorte? Non lo sappiamo. Ma sappiamo il “perché” nel senso del fine che Dio vuole dare alla tua sorte, e il fine è la guarigione – il Signore guarisce sempre – la guarigione e la vita. Lo dice Gesù nel Vangelo quando incontra un uomo cieco dalla nascita. E questo si domandava sicuramente: “Ma perché io sono nato cieco?”. I discepoli chiedono a Gesù: “Perché è così? Per colpa sua o dei suoi genitori?”. E Gesù risponde: “No, non è colpa sua né dei suoi genitori, ma è così perché si manifestino il lui le opere di Dio” (cfr Gv 9,1-3). Vuol dire che Dio, davanti a tante situazioni brutte in cui noi possiamo trovarci fin da piccoli, vuole guarirle, risanarle, vuole portare vita dove c’è morte. Questo fa Gesù, e questo fanno anche i cristiani che sono veramente uniti a Gesù. Voi lo avete sperimentato. Il “perché” è un incontro che guarisce dal dolore, dalla malattia, dalla sofferenza, e dà l’abbraccio della guarigione.  Ma è un “perché” per il dopo, all’inizio non si può sapere. Io non so il “perché”, non posso neppure pensarlo; so che quei “perché?” non hanno risposta. Ma se voi avete sperimentato l’incontro con il Signore, con Gesù che guarisce, che guarisce con un abbraccio, con le carezze, con l’amore, allora, dopo tutto il male che potete aver vissuto, alla fine avete trovato questo. Ecco “perché”.

Quinta domanda:

Succede che mi sento sola
e non so che senso abbia la mia vita.
La mia bambina è in affido e
alcune persone mi giudicano che
non sono una buona mamma.
Invece io credo che mia figlia stia bene e
che ho deciso correttamente anche
perché ci vediamo spesso.

Papa Francesco: Sono d’accordo con te che l’affido può essere un aiuto in certe situazioni difficili. L’importante è che tutto sia fatto con amore, con cura per le persone, con grande rispetto. Capisco che spesso ti senti sola. Ti consiglio di non chiuderti, di cercare la compagnia della comunità cristiana: Gesù è venuto a formare una nuova famiglia, la sua famiglia, dove nessuno è solo e siamo tutti fratelli e sorelle, figli del nostro Padre del cielo e della Madre che Gesù ci ha dato, la Vergine Maria. E nella famiglia della Chiesa possiamo ritrovarci tutti, guarendo le nostre ferite e superando i vuoti d’amore che spesso ci sono nelle nostre famiglie umane. Tu stessa hai detto che credi che tua figlia stia bene nella Casa-famiglia anche perché tu sai che lì ci tengono alla bambina e anche a te. E poi hai detto: “Ci vediamo spesso”. A volte la comunità dei fratelli e delle sorelle cristiani ci aiuta così. Affidarsi l’uno all’altro. Non solo i bambini.  Quando uno sente qualcosa al cuore si affida all’amica, all’amico e fa uscire dal cuore quel dolore. Affidarsi fraternamente gli uni agli altri, questo è bellissimo e questo lo ha insegnato Gesù. Grazie.

Sesta domanda:

Quando avevo due mesi di vita
mia mamma mi ha abbandonato in un orfanotrofio.
A 21 anni ho cercato mia madre e
sono rimasto con lei 2 settimane ma
non si comportava bene con me e quindi
me ne sono andato. Mio papà è morto. Che
colpa ho io se lei non mi vuole? Perché lei non mi accetta?

Papa Francesco: Questa domanda l’ho capita bene perché l’hai detta in italiano. Voglio essere sincero con te. Quando ho letto la tua domanda, prima di dare le istruzioni per fare il discorso, ho pianto. Ti sono stato vicino con un paio di lacrime. Perché non so, mi hai dato tanto; gli altri pure, ma tu mi hai preso forse con le difese basse. Quando si parla della mamma sempre c’è qualcosa… e in quel momento mi hai fatto piangere. Il tuo “perché?” assomiglia alla seconda domanda, sui genitori. Non è questione di colpa, è questione di grandi fragilità degli adulti, dovute nel vostro caso a tanta miseria, a tante ingiustizie sociali che schiacciano i piccoli e i poveri, e anche a tanta povertà spirituale. Sì, la povertà spirituale indurisce i cuori e provoca quello che sembra impossibile, che una madre abbandoni il proprio figlio: questo è il frutto della miseria materiale e spirituale, frutto di un sistema sociale sbagliato, disumano, che indurisce i cuori, che fa sbagliare, fa sì che noi non troviamo la strada giusta. Ma sai, questo richiederà tempo: tu hai cercato una cosa più profonda del suo cuore. Tua mamma ti ama ma non sa come farlo, non sa come esprimerlo. Non può perché la vita è dura, è ingiusta. E quell’amore che è chiuso in lei non sa come dirlo e come accarezzarti. Ti prometto di pregare perché un giorno possa farti vedere quell’amore. Non essere scettico, abbi speranza.

Simona Carobene (responsabile dell’iniziativa):
A me ha colpito tantissimo il messaggio in occasione della giornata dei poveri.
Mi ha fatto sobbalzare perché mi sono chiesta “io come guardo i miei ragazzi?”
Alle volte mi accorgo che sono presa dal fare 
e dimentico
perché Gesù ci ha messi insieme.
Occorre che io faccia ancora un cammino di conversione,
e questo cammino è continuo e non può mai essere dato per scontato.
Per questo continuo a seguire i miei ragazzi, perché sono “i miei santi”.
E rimango incollata a Santa Madre Chiesa attraverso il carisma di don Giussani
che è la modalità concreta che mi ha fatto amare Gesù.
Allo stesso tempo però il richiamo del Suo messaggio era molto concreto.
Si parlava di condivisione vera. Ho iniziato a chiedermi se forse
non sia arrivato il momento di fare ancora un passo in più nella mia vita,
di accoglienza e condivisione. È un desiderio del cuore che mi sta nascendo
e che vorrei verificare nel prossimo periodo.
Quali sono i segni da guardare per capire quale è il disegno per me?
Cosa vuol dire vivere la vocazione della povertà fino in fondo?

Papa Francesco: Simona, grazie della tua testimonianza. Sì, la nostra vita è sempre un cammino, un cammino dietro al Signore Gesù, che con amore paziente e fedele non finisce mai di educarci, di farci crescere secondo il suo disegno. E a volte ci fa delle
sorprese, per rompere i nostri schemi. Il tuo desiderio di crescere nella condivisione e nella povertà evangelica viene dallo Spirito Santo: questo non si può comprare, affittare, soltanto lo Spirito è capace di far questo e Lui ti aiuterà ad andare avanti in questa strada nella quale tu e gli amici avete fatto tanto bene. Avete aiutato il Signore a compiere le sue opere per questi ragazzi.

Grazie ancora a tutti voi. Incontrarvi mi ha fatto tanto bene. Vi porto nelle mie preghiere. E mi raccomando, anche voi pregate per me perché ne ho bisogno. Grazie!

Don Giovanni D’Andrea nominato al Consiglio Nazionale del Terzo settore

Si riporta integralmente il testo del comunicato stampa di Salesiani per il sociale – Federazione SCS/CNOS che annuncia l’imminente nomina del proprio presidente, don Giovanni d’Andrea, come membro supplente tra i rappresentanti delle reti associative del Consiglio Nazionale del Terzo Settore, organo previsto dal nuovo Codice del Terzo Settore e dal decreto legislativo n. 112 del 3 luglio 2017.

 

DON GIOVANNI D’ANDREA NOMINATO MEMBRO DEL CONSIGLIO NAZIONALE TERZO SETTORE

 

(Roma, 21 febbraio 2018) – Il prossimo 22 febbraio si riunirà la seduta di insediamento del Consiglio Nazionale del Terzo Settore, organo previsto dal nuovo Codice del Terzo Settore e dal decreto legislativo n. 112 del 3 luglio 2017.

Don Giovanni D’Andrea, presidente di Salesiani per il sociale, è stato nominato membro supplente tra i rappresentanti delle reti associative.

La presenza salesiana all’interno di questo organo è arricchita anche da suor Alessandra Smerilli, Figlia di Maria Ausiliatrice, inserita nella commissione degli esperti.

 

 

Un cammino di Quaresima verso la Pasqua

Un cammino di Quaresima con le novità della Elledici:

VIA CRUCIS – Risorgere ogni giorno
di Valerio Bocci con tavole di Ugo Nespolo

Questo testo è un cammino di preghiera rivolto a tutti i credenti che vogliono meditare sull’amore di Gesù per noi, fortificato a ogni stazione della Via Crucis. Nel libretto troviamo: un commento dell’autore su un verbo inerente a ogni tappa del Salvatore verso la sua sorte, una citazione di qualche personaggio significativo e una riflessione sull’attualità.

 

RITORNATE A ME CON TUTTO IL VOSTRO CUORE – Cammino di Quaresima
di Salvatore Esposito

Il volumetto offre un percorso di Quaresima “in pillole”, composto da brevi schemi di preghiera e proposte di riflessione e azione. Un cammino verso la Pasqua fatto di gesti quotidiani, con l’obiettivo di ricavare un momento di preghiera nelle ore di pausa dal lavoro, in treno, a casa, con gli amici e in parrocchia.

 

IL MISTERO DELLA TOMBA VUOTA – Un’indagine pasquale
di Giorgio Agagliati

Una proposta d’animazione per un incontro di preghiera e catechesi sulle tracce di un’esperienza affascinante: una tomba vuota, tante domande, pochi indizi. Un lavoro per investigatori volonterosi alle prime armi.

 

VERSO LA LUCE DI PASQUA – Itinerario dei bambini e dei ragazzi
per vivere la Quaresima e la Pasqua
di Gabriele Mecca

Trovare il tempo per pregare in famiglia, con tutti gli impegni della giornata, può essere difficile. Questo volumetto propone un percorso di Quaresima da “ritagliarsi” dopo colazione, nel cuore del pomeriggio, a cena o prima di dormire, per ritrovare insieme la gioia di avvicinarsi alla Pasqua.

 

PASSIO – Letture dialogate della Passione per la DOMENICA DELLA PALME
Anno A – B – C e il VENERDI’ SANTO

Il fascicolo contiene i testi della Passione di Gesù: secondo i quattro evangelisti, così: come vengono proclamati nei riti della Domenica delle Palme (anni liturgici A, B e C) e del Venerdì Santo, con tutte le indicazioni per la lettura a più voci e i testi delle “forme brevi” proposti dopo quelle complete. Una pratica pubblicazione “da leggio”, a caratteri grandi e particolarmente leggibili, pensata per l’uso direttamente nelle celebrazioni.

 

40 GIORNI A PASQUA In compagnia del Vangelo
Collana “Dossier Catechista”

Una grande immagine insieme seria e sorridente, adatta ai ragazzi di oggi e, sul retro, testi evangelici, riflessioni e attività per ogni domenica di Quaresima. Pensato per i gruppi di catechismo (in particolare degli ultimi anni delle elementari), questo poster è lo strumento ideale per accompagnare gli incontri verso la Pasqua, ma anche per “sostenere” le iniziative quaresimali, prima o dopo la messa domenicale, oppure nel momento della stessa omelia.

 

 

In libreria: Un’indagine pasquale di Giorgio Agagliati

Si segnala la pubblicazione di Elledici del nuovo libro di Giorgio Agagliati, diacono permanente nonché giornalista  e professionista della comunicazione d’impresa, dal titolo “Il mistero della tomba vuota. Un’indagine pasquale”, un originale sussidio in preparazione alla Pasqua che utilizza la tecnica dell’investigazione. Una proposta d’animazione per un incontro di preghiera e catechesi sulle tracce di un’esperienza affascinante: una tomba vuota, tante domande, pochi indizi. Un lavoro per investigatori volonterosi alle prime armi.

La scheda di presentazione, qui di seguito:

Da un diacono, giornalista e professionista della comunicazione d’impresa, un originale sussidio in preparazione alla Pasqua che utilizza la tecnica dell’investigazione

IL MISTERO DELLA TOMBA VUOTA – Un’indagine pasquale
di Giorgio Agagliati

L’autore di questo libro, Giorgio Agagliati, è diacono permanente, oltre che giornalista e professionista della comunicazione d’impresa.

In questo suo nuovo sussidio, intitolato Il mistero della tomba vuota. Un’indagine pasquale, c’è una traccia per la preparazione di un’attività di gruppo, con schede staccabili per animatori e partecipanti.

La traccia è un racconto, dove si narra di Walter Inverness e Roger Stigman, che si conoscono fin dai tempi del college e insieme hanno aperto la Inv&Stig, l’agenzia di indagini private più rinomata di Londra.

È da poco passata la Pasqua, e mentre tutta la città non fa che parlare di un caso che mette in difficoltà persino Scotland Yard, i due detective decidono di indagare su uno dei misteri più antichi della storia: una tomba vuota, pochi indizi e tante, troppe domande.

Per risolvere il mistero, stavolta, non basterà una buona deduzione logica. Saranno necessari anche un pizzico di fede e dei validi aiutanti.

 

 

 

 

Argomenti: Pasqua, Ritiri spirituali
Scaffali: Quaresima e Pasqua, Animazione, Novità, Novità Home Page
Collana: Sussidi per il Natale e la Pas qua
Destinatari: Ragazzi, Giovani, Famiglie e genitori, Catechisti
Pagine: 48
Dimensioni: 150x210x0 mm
Data di Pubblicazione: 12/02/2018
Codice Prodotto: 06414
Codice EAN: 9788801064148
Lingua: Italian
Peso: 104 g

 

 

 

Siete afflitti dal dilagare dell’iniquità nel mondo? Il messaggio per la Quaresima di Papa Francesco

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
PER LA QUARESIMA 2018

«Per il dilagare dell’iniquità, si raffredderà l’amore di molti» (Mt 24,12)

Cari fratelli e sorelle,

ancora una volta ci viene incontro la Pasqua del Signore! Per prepararci ad essa la Provvidenza di Dio ci offre ogni anno la Quaresima, «segno sacramentale della nostra conversione»,[1] che annuncia e realizza la possibilità di tornare al Signore con tutto il cuore e con tutta la vita.

Anche quest’anno, con il presente messaggio, desidero aiutare tutta la Chiesa a vivere con gioia e verità in questo tempo di grazia; e lo faccio lasciandomi ispirare da un’espressione di Gesù nel Vangelo di Matteo: «Per il dilagare dell’iniquità l’amore di molti si raffredderà» (24,12).

Questa frase si trova nel discorso che riguarda la fine dei tempi e che è ambientato a Gerusalemme, sul Monte degli Ulivi, proprio dove avrà inizio la passione del Signore. Rispondendo a una domanda dei discepoli, Gesù annuncia una grande tribolazione e descrive la situazione in cui potrebbe trovarsi la comunità dei credenti: di fronte ad eventi dolorosi, alcuni falsi profeti inganneranno molti, tanto da minacciare di spegnere nei cuori la carità che è il centro di tutto il Vangelo.

I falsi profeti

Ascoltiamo questo brano e chiediamoci: quali forme assumono i falsi profeti?

Essi sono come “incantatori di serpenti”, ossia approfittano delle emozioni umane per rendere schiave le persone e portarle dove vogliono loro. Quanti figli di Dio sono suggestionati dalle lusinghe del piacere di pochi istanti, che viene scambiato per felicità! Quanti uomini e donne vivono come incantati dall’illusione del denaro, che li rende in realtà schiavi del profitto o di interessi meschini! Quanti vivono pensando di bastare a sé stessi e cadono preda della solitudine!

Altri falsi profeti sono quei “ciarlatani” che offrono soluzioni semplici e immediate alle sofferenze, rimedi che si rivelano però completamente inefficaci: a quanti giovani è offerto il falso rimedio della droga, di relazioni “usa e getta”, di guadagni facili ma disonesti! Quanti ancora sono irretiti in una vita completamente virtuale, in cui i rapporti sembrano più semplici e veloci per rivelarsi poi drammaticamente privi di senso! Questi truffatori, che offrono cose senza valore, tolgono invece ciò che è più prezioso come la dignità, la libertà e la capacità di amare. E’ l’inganno della vanità, che ci porta a fare la figura dei pavoni… per cadere poi nel ridicolo; e dal ridicolo non si torna indietro. Non fa meraviglia: da sempre il demonio, che è «menzognero e padre della menzogna» (Gv 8,44), presenta il male come bene e il falso come vero, per confondere il cuore dell’uomo. Ognuno di noi, perciò, è chiamato a discernere nel suo cuore ed esaminare se è minacciato dalle menzogne di questi falsi profeti. Occorre imparare a non fermarsi a livello immediato, superficiale, ma riconoscere ciò che lascia dentro di noi un’impronta buona e più duratura, perché viene da Dio e vale veramente per il nostro bene.

Un cuore freddo

Dante Alighieri, nella sua descrizione dell’inferno, immagina il diavolo seduto su un trono di ghiaccio;[2] egli abita nel gelo dell’amore soffocato. Chiediamoci allora: come si raffredda in noi la carità? Quali sono i segnali che ci indicano che in noi l’amore rischia di spegnersi?

Ciò che spegne la carità è anzitutto l’avidità per il denaro, «radice di tutti i mali» (1 Tm 6,10); ad essa segue il rifiuto di Dio e dunque di trovare consolazione in Lui, preferendo la nostra desolazione al conforto della sua Parola e dei Sacramenti.[3] Tutto ciò si tramuta in violenza che si volge contro coloro che sono ritenuti una minaccia alle nostre “certezze”: il bambino non ancora nato, l’anziano malato, l’ospite di passaggio, lo straniero, ma anche il prossimo che non corrisponde alle nostre attese.

Anche il creato è testimone silenzioso di questo raffreddamento della carità: la terra è avvelenata da rifiuti gettati per incuria e interesse; i mari, anch’essi inquinati, devono purtroppo ricoprire i resti di tanti naufraghi delle migrazioni forzate; i cieli – che nel disegno di Dio cantano la sua gloria – sono solcati da macchine che fanno piovere strumenti di morte.

L’amore si raffredda anche nelle nostre comunità: nell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium ho cercato di descrivere i segni più evidenti di questa mancanza di amore. Essi sono: l’accidia egoista, il pessimismo sterile, la tentazione di isolarsi e di impegnarsi in continue guerre fratricide, la mentalità mondana che induce ad occuparsi solo di ciò che è apparente, riducendo in tal modo l’ardore missionario.[4]

Cosa fare?

Se vediamo nel nostro intimo e attorno a noi i segnali appena descritti, ecco che la Chiesa, nostra madre e maestra, assieme alla medicina, a volte amara, della verità, ci offre in questo tempo di Quaresima il dolce rimedio della preghiera, dell’elemosina e del digiuno.

Dedicando più tempo alla preghiera, permettiamo al nostro cuore di scoprire le menzogne segrete con le quali inganniamo noi stessi,[5] per cercare finalmente la consolazione in Dio. Egli è nostro Padre e vuole per noi la vita.

L’esercizio dell’elemosina ci libera dall’avidità e ci aiuta a scoprire che l’altro è mio fratello: ciò che ho non è mai solo mio. Come vorrei che l’elemosina si tramutasse per tutti in un vero e proprio stile di vita! Come vorrei che, in quanto cristiani, seguissimo l’esempio degli Apostoli e vedessimo nella possibilità di condividere con gli altri i nostri beni una testimonianza concreta della comunione che viviamo nella Chiesa. A questo proposito faccio mia l’esortazione di san Paolo, quando invitava i Corinti alla colletta per la comunità di Gerusalemme: «Si tratta di cosa vantaggiosa per voi» (2 Cor 8,10). Questo vale in modo speciale nella Quaresima, durante la quale molti organismi raccolgono collette a favore di Chiese e popolazioni in difficoltà. Ma come vorrei che anche nei nostri rapporti quotidiani, davanti a ogni fratello che ci chiede un aiuto, noi pensassimo che lì c’è un appello della divina Provvidenza: ogni elemosina è un’occasione per prendere parte alla Provvidenza di Dio verso i suoi figli; e se Egli oggi si serve di me per aiutare un fratello, come domani non provvederà anche alle mie necessità, Lui che non si lascia vincere in generosità?[6]

Il digiuno, infine, toglie forza alla nostra violenza, ci disarma, e costituisce un’importante occasione di crescita. Da una parte, ci permette di sperimentare ciò che provano quanti mancano anche dello stretto necessario e conoscono i morsi quotidiani dalla fame; dall’altra, esprime la condizione del nostro spirito, affamato di bontà e assetato della vita di Dio. Il digiuno ci sveglia, ci fa più attenti a Dio e al prossimo, ridesta la volontà di obbedire a Dio che, solo, sazia la nostra fame.

Vorrei che la mia voce giungesse al di là dei confini della Chiesa Cattolica, per raggiungere tutti voi, uomini e donne di buona volontà, aperti all’ascolto di Dio. Se come noi siete afflitti dal dilagare dell’iniquità nel mondo, se vi preoccupa il gelo che paralizza i cuori e le azioni, se vedete venire meno il senso di comune umanità, unitevi a noi per invocare insieme Dio, per digiunare insieme e insieme a noi donare quanto potete per aiutare i fratelli!

Il fuoco della Pasqua

Invito soprattutto i membri della Chiesa a intraprendere con zelo il cammino della Quaresima, sorretti dall’elemosina, dal digiuno e dalla preghiera. Se a volte la carità sembra spegnersi in tanti cuori, essa non lo è nel cuore di Dio! Egli ci dona sempre nuove occasioni affinché possiamo ricominciare ad amare.

Una occasione propizia sarà anche quest’anno l’iniziativa “24 ore per il Signore”, che invita a celebrare il Sacramento della Riconciliazione in un contesto di adorazione eucaristica. Nel 2018 essa si svolgerà venerdì 9 e sabato 10 marzo, ispirandosi alle parole del Salmo 130,4: «Presso di te è il perdono». In ogni diocesi, almeno una chiesa rimarrà aperta per 24 ore consecutive, offrendo la possibilità della preghiera di adorazione e della Confessione sacramentale.

Nella notte di Pasqua rivivremo il suggestivo rito dell’accensione del cero pasquale: attinta dal “fuoco nuovo”, la luce a poco a poco scaccerà il buio e rischiarerà l’assemblea liturgica. «La luce del Cristo che risorge glorioso disperda le tenebre del cuore e dello spirito»,[7] affinché tutti possiamo rivivere l’esperienza dei discepoli di Emmaus: ascoltare la parola del Signore e nutrirci del Pane eucaristico consentirà al nostro cuore di tornare ad ardere di fede, speranza e carità.

Vi benedico di cuore e prego per voi. Non dimenticatevi di pregare per me.

Dal Vaticano, 1 novembre 2017

Solennità di Tutti i Santi


[1] Messale Romano, I Dom. di Quaresima, Orazione Colletta.

[2] «Lo ’mperador del doloroso regno / da mezzo ’l petto uscia fuor de la ghiaccia» (Inferno XXXIV, 28-29).

[3] «E’ curioso, ma tante volte abbiamo paura della consolazione, di essere consolati. Anzi, ci sentiamo più sicuri nella tristezza e nella desolazione. Sapete perché? Perché nella tristezza ci sentiamo quasi protagonisti. Invece nella consolazione è lo Spirito Santo il protagonista» (Angelus, 7 dicembre 2014).

[4] Nn. 76-109.

[5] Cfr Benedetto XVI, Lett. Enc. Spe salvi, 33.

[6] Cfr Pio XII, Lett. Enc. Fidei donum, III.

[7] Messale Romano, Veglia Pasquale, Lucernario.

#giovaniesceltedivita: a Roma un Congresso internazionale sulle «prospettive educative»

L’Università Pontificia Salesiana e la Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione Auxilium organizzano un Congresso Internazionale, in prossimità del Sinodo dei Vescovi su “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale” per offrire un contributo allo studio del mondo giovanile in rapporto alle scelte di vita a partire dallo specifico punto di vista che qualifica la ricerca universitaria nell’ambito delle scienze dell’educazione e nella prospettiva più generale dell’umanesimo pedagogico cristiano che sta a fondamento del sistema formativo di San Giovanni Bosco. Il Congresso, che si svolgerà presso l’Università Pontificia Salesiana a Roma dal 20 al 23 Settembre, vedrà riuniti studiosi, educatori, formatori e giovani da ogni parte del mondo, per condividere ricerche, riflessioni, esperienze e buone pratiche.

Si segnala, qui di seguito, l’articolo apparso nella sezione di Vatican Insider de “La Stampa” in relazione al congresso internazionale dal titolo «Giovani e scelte di vita: prospettive educative»:

 

Università Pontificia Salesiana e Facoltà Auxilium: insieme per i #giovaniesceltedivita

In attesa del Sinodo dei vescovi sui ragazzi gli Atenei organizzano un Congresso internazionale sulle «prospettive educative»

L’Università Pontificia Salesiana annuncia il congresso internazionale «Giovani e scelte di vita: prospettive educative» (sito web: www.giovaniesceltedivita.org).

Nei giorni vicini alla festa di San Giovanni Bosco (31 gennaio), invitano a condividere su Twitter l’hashtag #giovaniesceltedivita e a visitare la pagina Facebook Giovani e scelte di vita.

In prossimità della celebrazione del Sinodo dei vescovi su «I giovani, la fede e il discernimento vocazionale», l’Università Pontificia Salesiana e la Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione Auxilium organizzano dunque dal 20 al 23 settembre 2018 il congresso internazionale che si svilupperà secondo quattro sessioni: ascolto dei molteplici e plurali mondi giovanili, per cogliere nei giovani sfide e opportunità per formarli alle scelte intese come «esercizio di autentica libertà umana e di responsabilità»; approfondimento del rapporto giovani – scelte di vita, per accompagnare i giovani nel passaggio alla vita adulta e per la costruzione della propria identità; offerta di alcune prospettive di intervento educativo e pastorale a partire dal contributo originale del carisma educativo salesiano che si esprime nel criterio preventivo; presentazione di alcune buone pratiche di percorsi, per educare i giovani alle scelte nei diversi ambiti di vita.

Il Congresso intende offrire un contributo allo studio del mondo giovanile in rapporto alle scelte di vita a partire dallo specifico punto di vista che qualifica la ricerca universitaria nell’ambito delle scienze dell’educazione e nella prospettiva più generale dell’umanesimo pedagogico cristiano che sta a fondamento del «Sistema preventivo» di san Giovanni Bosco.

Pubblicazione delle “Lettere” del Venerabile Francesco Convertini, salesiano missionario

Tratto da ANS – Agenzia Info Salesiana 

Il 20 gennaio 2017 Papa Francesco riconosceva la vita virtuosa di don Francesco Convertini, SDB, dichiarandolo Venerabile e indicandolo come modello di vita salesiana missionaria, esempio di vera inculturazione del Vangelo, maestro di vita interiore e di eccezionale abnegazione in chiave pastorale, che fece della propria vita un’avventura nello Spirito con il cuore apostolico di Don Bosco. A distanza di un anno, e in prossimità della memoria del suo dies natalis (11 febbraio), la pubblicazione delle sue “Lettere” (1927-1976) rappresenta un ulteriore contributo per conoscere la ricchezza umana e spirituale di questo salesiano pugliese, che spese la sua vita per i ragazzi e i poveri del Bengala.

Grazie all’impegno dell’“Associazione Pro-Marinelli”, del lavoro qualificato e generoso di suor Grazia Loparco, Figlia di Maria Ausiliatrice (nativa di Locorotondo, come don Convertini), del contributo appassionato di don Dino Petruzzi, SDB, abbiamo tra le mani un vero dono che conferma come don Convertini abbia incarnato la spiritualità dei piccoli e degli umili a cui Dio rivela i suoi misteri e li rende strumenti efficaci della sua Grazia e della sua misericordia.

Le Lettere sono tra i pochi documenti rimasti del Venerabile Francesco Convertini e da esse traspaiono quella saggezza contadina e quel sano realismo di vita che ne fecero un evangelizzatore instancabile. Spese tutta la sua vita a questo scopo, sino agli ultimi istanti quando, ormai prossimo alla morte, trovava la forza di raccomandare questa o quella persona.

Le sue Lettere sono tutte pervase da quest’ansia. Si sente quasi ossessionato dal dovere di portare la lieta novella, parlare di Gesù, battezzare, aprire le porte del Paradiso ai moribondi. Non si riesce ad immaginare don Convertini fermo a un tavolino. La sua vita di missionario è stata un continuo viaggiare: in bicicletta, a cavallo e il più delle volte a piedi. Questo suo camminare a piedi è forse l’atteggiamento che meglio ritrae l’instancabile missionario.

L’ardore che infiamma il suo cuore di apostolo del Vangelo risuona anche sulle sue labbra: “Una volta missionario, sempre missionario!”; “Guai se non evangelizziamo!”; “Per loro tutto me stesso, anche le mie ossa!”; “Gesù ti ama, ecco perché ti amo!”; “Siete più preziosi di tutto il mondo!”; “In tutti regni Gesù!”; “Venga il Tuo Regno!”; “Gloria a Cristo, Jay Jisu!”.

Dalla presentazione di don Pierluigi Cameroni, SDB, Postulatore Generale delle Cause dei Santi della Famiglia Salesiana.

Eretta la nuova comunità “San Giuseppe” della Sede Centrale Salesiana di Roma

Con Decreto 568/SG/2017, il Rettor Maggiore, Don Ángel Fernández Artime, ha eretto canonicamente la comunità salesiana “San Giuseppe”, con sede a Roma, Via Marsala 42, che ha come scopo lo svolgimento dei servizi della Sede Centrale Salesiana.

Tale comunità ha richiesto una erezione canonica, perché ha cambiato diocesi; essa ora appartiene alla Diocesi di Roma. L’erezione della nuova comunità, che ottempera alle norme e le condizioni del Codice di Diritto Canonico, delle Costituzioni e dei Regolamenti Salesiani, è avvenuta con il consenso del Vicario del Papa per la diocesi di Roma e del Consiglio Generale della Congregazione.

La nuova comunità è posta alle dirette dipendenze del Rettor Maggiore, il quale delega al suo Vicario le facoltà di animazione e governo della comunità di cui all’articolo 161 delle Costituzioni che si riferisce alle facoltà dell’ispettore. Egli opera con un Consiglio costituito dall’Economo Generale altri due membri del Consiglio Generale, nominati per un triennio.

Nel decreto viene istituita anche l’Assemblea straordinaria rappresentativa dei Salesiani delle comunità dipendenti dal Rettor Maggiore, che opera secondo un proprio regolamento ed è convocata in preparazione del Capitolo Generale.

La nuova comunità conta attualmente 38 Salesiani ascritti come “soci”.

Non poteva esserci scelta migliore per l’elezione del patrono della comunità: come ben rappresentato nel grande quadro posto sul transetto della basilica del Sacro Cuore a Roma, attualmente adiacente alle strutture della nuova comunità, Maria, Gesù e l’intera Chiesa sono poste sotto la paterna cura di San Giuseppe e, non a caso, sopra la scena è riportato: “Ite ad Joseph” (Andate da Giuseppe).

da ANS – Agenzia Info Salesiana

Miei cari giovani, il mondo con voi ha un bel regalo e avrà un futuro pieno di speranza

Il Rettor Maggiore ha inviato un messaggio in occasione della festa di San Giovanni Bosco a tutti i giovani del mondo, credenti o non credenti o di altre religioni. Quest’anno, da Dili, Timor Est, ha manifestato con la forza la sua parola e ha ricordato: miei cari giovani “il mondo con voi ha un bel regalo e avrà un futuro pieno di speranza”.

Miei cari giovani,
ricevete il mio saluto pieno di affetto e la promessa della mia preghiera per tutti voi.

Anche quest’anno, come l’anno scorso, in questo giorno della Festa di San Giovanni Bosco, 31 gennaio, mi trovo in un’altra parte del mondo. Questa volta in Asia, Timor Est. Da qui desidero rendermi presente nei più diversi luoghi del mondo dove ci sono giovani che sperimentano la gioia di sentire che il Signore ha regalato loro Don Bosco come Padre e Maestro della Gioventù.

È ancora vivo in me il ricordo dell’incontro di Papa Francesco con i giovani del Cile e del Perù, avvenuto alcuni giorni fa. D’altra parte, vi è ovunque un grande movimento per la preparazione del Sinodo dei Vescovi, convocato sul tema: “Giovani, Fede e Discernimento vocazionale”. Lo stesso Papa Francesco vuole incontrarsi, durante la settimana che precede la Domenica delle Palme, con delegazioni di giovani di tutto il mondo, perché desidera avere «un incontro in cui voi sarete protagonisti: giovani di tutto il mondo, giovani cattolici e giovani non cattolici; giovani cristiani e di altre religioni; e giovani che non sanno se credono o non credono: tutti. Per ascoltarli, per ascoltarci, direttamente, perché è importante che voi parliate, che non vi lasciate mettere a tacere».

Tutto questo suscita in me una immensa gioia.
Posso farvi una confidenza? Quando percorro il “mondo salesiano”, nelle nazioni più diverse, e mi incontro con voi giovani, vedo i vostri volti, il vostro sorriso, il vostro sguardo sincero, pulito, autentico, e mi dico: il mondo, la Chiesa, la nostra Famiglia Salesiana e il Movimento Giovanile Salesiano in tutto il mondo, hanno un grande presente e un promettente futuro.

L’anno scorso vi ho scritto (vi ricordate?), dicendovi, tra l’altro, che noi crediamo in voi. Oggi confermo la mia totale fiducia, e dico ancor di più. Miei cari giovani, non rinunciate ai vostri sogni e ai vostri ideali, anche se qualche volta questo può sembrarvi difficile. Continuate a cercare appassionatamente la vostra felicità, ma quella felicità profonda e autentica, che vi farà sentire contenti e realizzati. Una felicità che è molto lontana da tutto quello che è superficiale e vuoto; lontana da tutto ciò che è “usare e gettare” le cose, e, ve lo dico con grande dolore, a volte anche, “usare e gettare-scartare” le persone.

Pensando a voi mi piace ricordare quello che in una occasione vi disse e vi scrisse l’allora Papa Benedetto XVI: «Cari giovani, la felicità che cercate, la felicità che avete diritto di gustare ha un nome, un volto: quello di Gesù di Nazareth».
Qualcuno mi chiederà se questo messaggio è valido anche per i giovani non cristiani. La mia risposta è, senza alcun dubbio: sì. Il messaggio vale per tutti voi, miei cari giovani.
Ascoltate, vi racconto una esperienza che ho fatto qualche settimana fa. Stavo visitando l’Ispettoria Salesiana di Guwahati, in Assam, nell’Est dell’India, e durante un incontro in una presenza salesiana con giovani universitari di varie religioni (cattolici, indù, musulmani) sono rimasto profondamente impressionato al vedere che loro stessi proponevano di recitare insieme il “Padre Nostro”. Mi sono commosso. E mi sono congratulato con loro per il significato della loro proposta. Perché quei giovani, capaci di chiamare Dio “Padre!”, l’Unico Dio, saranno capaci di costruire un mondo di Pace, di vera Giustizia, di Fraternità Universale.
È la stessa cosa che ha affermato Papa Francesco durante la sua visita nel Bangladesh: «Sono contento – egli ha detto – che, insieme ai cattolici, ci siano con noi molti giovani amici musulmani e di altre religioni. Col trovarvi insieme qui oggi mostrate la vostra determinazione nel promuovere un clima di armonia, dove si tende la mano agli altri, malgrado le vostre differenze religiose».
Ed è per questa ragione che mi permetto di suggerirvi, più ancora di chiedere a voi, giovani del “mondo salesiano” e di qualsiasi altra realtà, di aprire il vostro cuore a Dio e di lasciarvi sorprendere da Lui. Lasciate che entri nel più profondo delle vostre vite. Non vi deluderà mai. Fate l’esperienza dell’incontro con Lui, e per quanto vi è possibile, pregate, entrate in dialogo con Lui.

Può il Rettor Maggiore chiedere questo ai giovani del mondo? Certamente. E lo faccio a nome di Don Bosco che, nella comunione con Dio, vi ama profondamente. E ve lo chiedo perché sono profondamente convinto. Che non ci capiti quello che racconta Edith Stein (filosofa del secolo XX e oggi Santa), la quale, parlando di se stessa nella sua adolescenza, affermava che «aveva perso in modo consapevole e deliberato l’abitudine di pregare». Vi invito, miei cari giovani, a coltivare e a intensificare quell’esperienza vibrante che è la preghiera come dialogo con Dio. E poi, continuate ad essere generosi nella vostra vita, continuate ad offrire il vostro tempo e le vostre qualità ad altre persone, continuate a cercare il modo di crescere nella vita interiore; lasciatevi aiutare e accompagnare da chi, avendolo prima vissuto, può regalarvi quel dono che è l’apertura all’ascolto, con il cuore preparato e pronto ad accogliere quello che Dio, attraverso lo Spirito, vi sussurra nel profondo del vostro cuore.

Abbiate fiducia in Maria, la Madre del Signore, Madre Ausiliatrice. La Madonna vi accompagnerà in ogni momento della vita: nei crocevia del cammino e anche nei momenti di difficoltà. Coraggio! Non perdetevi d’animo perché, come ha detto Papa Francesco: «la vita vale la pena di essere vissuta a fronte alta».

Con tutto l’affetto del vostro sempre padre, fratello e amico in Don Bosco,

Roma, 31 gennaio 2018
Ángel Fernández Artime, sdb Reitor-Mor