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Quel cortile dietro le sbarre – Don Domenico Ricca racconta il carcere minorile Ferrante Aporti di Torino

Venerdì 18 gennaio alle ore 20.45 all’Auditorium dell’Istituto Sacro Cuore in Piazza Giovanni XXIII, 4 di Vercelli verrà presentato il libro-intervista: “Il cortile dietro le sbarre: il mio oratorio al Ferrante Aporti” alla presenza della giornalista Marina Lomunno in dialogo con Don Domenico Ricca, salesiano, da 35 anni cappellano al carcere minorile di Torino.

In questo libro-intervista racconta la vita quotidiana dei giovani detenuti con i loro drammi e delusioni. Anche dietro le sbarre può rinascere la speranza e respirare libertà.

I diritti d’autore saranno devoluti per progetti di studio e di lavoro dei ragazzi del Ferrante Aporti. Possibilità del posteggio interno.

Torino, il Sinodo entra in carcere

Riportato qui di seguito l’articolo a cura di Marina Lomunno – giornalista, coordinatore redazionale – La Voce e il Tempo, settimanale della diocesi di Torino – di giovedi 3 gennaio, inerente alla visita guidata dall’arcivescovo Nosiglia, di un gruppo di 80 ragazzi, provenienti dalle diocesi di Rivoli, Moncalieri e Collegno, che ha visitato l’istituto per minori “Ferrante Aporti“. Buona lettura!

Il Sinodo sui giovani nelle intenzioni del Papa doveva coinvolgere tutte le realtà giovanili, in particolare quelle più fragili: ecco perché è molto significativo che un gruppo di adolescenti delle nostre comunità cristiane abbia proposto ai loro animatori di conoscere durante il Sinodo i loro coetanei che vivono la realtà della detenzione.

Un bel segnale di accoglienza e fratellanza.

Don Domenico Ricca

 

 

Natale al Ferrante Aporti – Istituto Penale per minorenni, Torino

Si è svolta in data domenica 23 Dicembre 2018, la festa di Natale all’Istituto penale per minorenni di torino, il Ferrante Aporti. E’ stata celebrata una Santa messa per poter vivere l’Eucarestia, presente anche l’Arcivescovo di Torino, Mons. Cesare Nosiglia.

E seguendo le orme di don Bosco, che ha sempre cercato di essere presente nella casa Generalizia, cosi anche si è cercato di fare alla sede del Ferrante.
Ecco la sintesi della giornata a cura di don Domenica Ricca:

 

Una bella festa, più di 80 persone tra animatori dei canti, musicisti, autorità – il già giudice Tomaselli con la signora, la garante dell’infanzia del Comune di Torino, dott.ssa Rita Turino, ovviamente la Direttrice e il commissario Comandante. Alcune preti concelebranti – don Claudio, Direttore dei Salesiani dell’Agnelli e don Filippo, viceparroco a Rivoli, – il diacono, suore e amici di lunga data.

La dott.ssa Marina Lomunno, volontaria nonché giornalista, mi ha fatto avere una sintesi dell’intervento di Mons. Cesare Nosiglia, Arcivescovo di Torino, nella sua omelia.

“Anche Gesù bambino – come forse la società pensa che siano i reclusi – è stato uno scarto della società. Nato in una stalla perché scartato dalle locande di Betlemme (non c’era posto per lui) profugo in Egitto, condannato ingiustamente…in tutto anche nelle condizioni peggiori, ha condiviso la nostra umanità. Per questo dovete sentire  Gesù vicino in ogni momento della vostra vita anche nei momenti più difficili. Questa vicinanza con lui è il vero senso del Natale. E poi riscoprite il valore dell’amicizia: gli amici veri sono quelli disinteressati, che ti sono vicini nei momenti difficili, non sono quelli che  conducono su strade pericolose o sbagliate. Coltivate anche qui in carcere delle amicizie sincere, condividete difficoltà e speranze: ogni giorno sarà più sopportabile”.

Abbiamo chiuso con il saluto personale dell’Arcivescovo ai ragazzi e lo scambio di auguri in fraternità con cioccolata calda (preparata da Pasquale) e pasticcini offerti da Suor Alina del Ciofs del Virginia Agnelli.

Colgo l’occasione per ringraziare gli Agenti di Polizia Penitenziaria, per la loro presenza vigile e discreta, Loredana del Centro Giustizia Minorile, collaboratrice operosa e Barbara responsabile dei volontari del coro.

E se qualcuno l’ho dimenticato è solo dovuto…agli anni…miei!!!!!!! Grazie di cuore a tutti.

Auguri di buon Natale nella pace di Betlemme.

Don Domenico Ricca

Articolo pubblicato anche su “La Voce e il Tempo” a cura di Marina Lomunno:

 

La Voce E Il Tempo: arriva la nuova rubrica che dà voce ai penitenziari torinesi

Il prossimo numero de “La Voce e il Tempo” del 24 Giugno 2018 sarà arricchito da una nuova rubrica, a cura di Marina Lomunno, che darà spazio e “voce” a chi quotidianamente vive, a diverso titolo, dietro le sbarre.

Ecco l’articolo di presentazione:

 

NUMERO, NELLA FESTA LITURGICA DI SAN CAFASSO PATRONO DEI DETENUTI,
IL NOSTRO GIORNALE DÀ VOCE AI PENITENZIARI TORINESI

CARCERE
Giulia di Barolo torna dietro le sbarre

«Il Cafasso raccomandava ai volontari ‘di dimostrare stima ai detenuti, di trattarli bene, da galantuomini, con dolcezza e carità, senza offendersi se maltrattati, e soprattutto senza mai denunciarli ai custodi per comportamenti scorretti’». Giuseppe Tuninetti, San Giuseppe Cafasso, Elledici, Biografie, Torino 2010) .
Il giornale inaugura questa settimana la rubrica «La Voce dentro» perché il 23 giugno la Chiesa ricorda, nella liturgia, san Giuseppe Cafasso, «il prete della forca», come ricorda il monumento a lui dedicato al «rondò» di corso Regina, crocicchio delle opere dei santi sociali torinesi (don Bosco, Cottolengo, Murialdo, Giulia e Tancredi di Barolo…). Con queste pagine il nostro giornale desidera entrare «dentro» le carceri torinesi («Lorusso e Cutugno» e «Ferrante Aporti») e dare «Voce» a chi vive dietro le sbarre a diverso titolo.

I detenuti innanzi tutto, ma anche gli agenti penitenziari, i volontari, gli educatori, i diversi operatori, i cappellani, l’amministrazione, la direzione: insomma tutto l’ambiente carcerario che più volte il nostro Arcivescovo e i suoi predecessori hanno indicato come «uno spicchio della nostra comunità diocesana» e, come tale, parte integrante delle nostre attenzioni pastorali. La nostra rubrica sarà aperta ai contributi di tutti coloro che hanno a cuore il reinserimento nella società dei ristretti – e, se credenti, il dettato evangelico «ero carcerato e siete venuti a trovarmi».

Vogliamo sottolineare questo collegamento con san Giuseppe Cafasso perché egli non fu soltanto un «cappellano dei carcerati» ma anche un maestro del clero, ispiratore di quelle idee e di quelle intuizioni a cui tutti i santi sociali, a cominciare da don Bosco, diedero attuazione.

«Prete della forca» perché accompagnava al patibolo i condannati a morte confortandoli col messaggio di speranza del Vangelo; prete dei più disperati, i detenuti delle prigioni senatorie torinesi, con cui il Cafasso teologo «prete colto» e formatore di sacerdoti trascorreva gran parte delle sue giornate a confortare e, come scrivono i biografi , «trattenendosi fino a tarda notte a confessarli o ad asciugare le loro lacrime». Per questo il 9 aprile 1948 papa Pio XII proclamò Giuseppe Cafasso patrono dei carcerati.

Dicevamo dell’influenza che san Cafasso ebbe nell’ispirare i santi sociali torinesi: fu lui che invitò don Bosco a frequentare «La Generala», oggi il carcere minorile «Ferrante Aporti» dove il santo dei giovani maturò l’idea del «sistema preventivo». E fu proprio il Cafasso il confessore della marchesa Giulia Falletti di Barolo che, insieme al marito Tancredi, poi sindaco di Torino, fece del loro Palazzo un centro di accoglienza e riscatto per «gli scarti della città». Alla marchesa in particolare stavano a cuore i carcerati: narrano i biografi che era tormentata dalle urla delle prigioniere delle carceri senatorie, quelle frequentate dal Cafasso. Giulia si fa nominare Sovrintendente delle carceri delle Forzate, dove riunisce solo le donne, riuscendo a conquistare la loro fiducia, operando per il loro recupero. E di lì la sua opera a favore della dignità dei detenuti che versavano in condizioni penose non si fermò facendo diventare il Palazzo un punto di riferimento per il reinserimento delle recluse nella società.

E proprio in questi giorni, dopo 150 anni, nello spirito di Giulia, l’Opera Barolo è rientrata in carcere: martedì 29 maggio. L’Arcivescovo, attuale presidente dell’Opera (che sulle orme dei marchesi continua ad operare per la promozione delle fasce più deboli della città), ha convocato per la prima volta nella sua storia il Consiglio di amministrazione presso la Casa Circondariale «Lorusso e Cutugno». «Il nostro progetto, fortemente voluto da mons. Nosiglia, è quello di collaborare con le istituzioni per accelerare i processi di reinserimento dei detenuti» spiega Tiziana Ciampolini, delegata del Distretto sociale dell’Opera Barolo (la «cittadella» fondata dai marchesi nel 1829 e che oggi opera in collaborazione con agenzie del Terzo Settore e con gli Enti locali) «per gli interventi nei penitenziari cittadini nella convinzione – come detta la Costituzione che il carcere, extrema ratio, deve essere luogo dove la pena ha funzione riabilitativa. Per questo abbiamo chiamato i nostri interventi ‘Progetto di giustizia di Comunità’ dove la comunità si attiva tra carità e giustizia. In sinergia con l’Uepe (Ufficio esecuzione penale esterna) sperimenteremo collaborazioni con la rete del mondo del sociale di reinserimento lavorativo, aggregativo per far sentire i detenuti e le detenute una risorsa e non un peso».

«Sono lieto che l’Opera Barolo si sia attivata in questo campo così caro a Giulia che ha sorpreso i suoi amici e concittadini del suo tempo in quanto lei nobile e ricca frequentava le carceri soprattutto femminili subendo anche tante umiliazioni da quelle poverette che vivevano in un ambiente disumano» precisa mons. Nosiglia. «Il suo obiettivo, che è anche oggi il nostro impegno, è salvaguardare e promuovere la dignità della persona che, certo, ha sbagliato, ma ha il diritto di potersi riscattare, per ritrovare vie dicambiamento a servizio della comunità. L’impegno dell’Opera Barolo insieme alla Città, alla Caritas, ai cappellani del carcere e all’amministrazione penitenziaria sarà dunque quello di attivare misure alternative per l’esecuzione penale, con un proficuo accompagnamento dei detenuti per un reinserimento sociale, mediante disponibilità di alloggi e di lavoro. Ci auguriamo che le comunità cristiane e civili della città siano solidali con questo progetto accogliendo le persone con rispetto amore».

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Violenza Giovanile: speciale a cura de La Voce e il Tempo

Sono ormai mesi in cui radio, TV e giornali registrano, in numero crescente, episodi di violenza riconducibili a gruppi di minorenni. La redazione de La Voce e Il Tempo ha realizzato un interessante focus sul tema della violenza giovanile attraverso le voci e le vite che animano gli oratori salesiani, le Pgs, la Cooperativa E.T., tutte realtà che cercano quotidianamente di risollevare le sorti di moltissimi ragazzi.

Ecco, ringraziando per la gentile concessione, la prima pagina del giornale La Voce e Il Tempo in edicola Domenica 28 Gennaio 2018.

Don Montanelli e i ragazzi di Falchera, don Tonino Borio e la parrocchia Stimmate di San Francesco in via Livorno e don Mauro Mergola e la comunità di Minori Stranieri Non Accompagnati in San Salvario.

A seguire, un approfondimento su violenza e minori con l’intervento del Procuratore dei Minori, Anna Maria Baldelli, don Domenico Ricca, cappellano del “Ferrante Aporti” e la garante regionale dell’infanzia, Rita Turina. 

 A cura di Marina LOMUNNO e Stefano DI LULLO.

IN CAMPO NELLE PERIFERIE – DA FALCHERA AL PARCO DORA A SAN SALVARIO È IMPONENTE L’IMPEGNO DEI CENTRI GIOVANILI ORATORIANI CONTRO IL DISAGIO E L’ABBANDONO SCOLASTICO CHE INTERESSANO SEMPRE PIÙ «NEET» ADOLESCENTI

Non chiamatele BABY GANG

In un anno trenta ragazzi di Falchera che avevano abbandonato la scuola, grazie all’accompagnamento dell’oratorio, si sono iscritti all’Istituto salesiano Rebaudengo. La rete di sacerdoti ed educatori, in sinergia con le famiglie e la scuola, segue passo passo il loro percorso formativo…Continua a leggere.

 

 

Sport e solidarietà possono essere gli antidoti contro bullismo e fragilità? In questa pagina una risposta dalle mondo delle Pgs e delle cooperative.

A cura di Marina Lomunno e Guido LAGUZZI

 

POLISPORTIVE SALESIANE – MASSIMILIANO MEZZO (A. MONTEROSA): IN CAMPO CON DON BOSCO
Il presidente Pgs: «in 50 anni di sport l’antidoto ai bulli»”

STRANIERI– BOOM DI VOLONTARI
“Minori soli in Piemonte oltre 500 tutori”

ANNIVERSARIO – LA COOPERATIVA SOCIALE NATA NEL MONDO SALESIANO COMPIE 30 ANNI DI ATTIVITÀ EDUCATIVE ACCANTO AI GIOVANI PIÙ FRAGILI
“E.T. con i ragazzi alla ricerca di senso”

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La voce del Vescovo a chi non ha voce

Si pubblica, di seguito, il servizio giornalistico realizzato nel periodo natalizio da M. Lomunno della redazione de “La Voce e Il Tempo”, in particolare si segnala il racconto della vigilia di natale nel carcere minorile torinese «Ferrante Aporti».

GLI APPELLI DI NATALE

La voce del Vescovo a chi non ha voce

«La nostra città vive in un’apnea che sembra non avere sbocchi positivi di superamento, per cui predomina la rassegnazione, che si traduce in stagnazione sotto tanti punti di vista e tarpa le ali della speranza di una ripresa che stenta a decollare». Sono parole dell’Arcivescovo mons. Cesare Nosiglia, pronunciate al crepuscolo di San Silvestro presso il santuario della Consolata, durante il tradizionale canto del Te Deum a conclusione dell’anno.

Torino, città in apnea. Parole troppo forti? Troppo pessimiste? Dipende dai punti di vista.
Il punto di osservazione di mons. Nosiglia e della comunità cristiana torinese non può che essere quello degli ultimi, più che quello di chi si sta preparando per il cenone di fine anno nella seconda casa in montagna. Il punto di vista del nostro Arcivescovo è quello di chi non ha né prime né seconde case, di chi non ha denaro per pagare affitto e bollette perché ha perso il lavoro, è quello delle migliaia di giovani che non trovano lavoro e che per questo se ne vogliono andare via da Torino al più presto, è quello dei Neets, i ragazzi che un’occupazione non la cercano neppure. Già
in altre occasioni l’Arcivescovo aveva denunciato il rischio di «due città» che non si parlano e nemmeno si guardano – una che sta fuori dalla crisi, e non vuol sentire parlare di difficoltà economiche, disoccupazione, mancanza di casa e di lavoro; e un’altra, sempre più numerosa, che invece nella crisi sta affondando, così come affonda nel silenzio
e nell’indifferenza.
Ecco allora il senso della Corona d’Avvento che mons. Nosiglia ha iniziato il 9 dicembre e termina il 6 gennaio 2018 nella solennità dell’Epifania, come segno di vicinanza della Chiesa torinese a chi è a i margini e a chi soffre. È il punto di osservazione delle periferie, dove vive la gente che fa fatica, i carcerati, i senza dimora, gli ammalati soli, i migranti, i nomadi come ha documentato il no- stro giornale in queste settimane.
Fra i tanti incontri vorremo sottolinearne alcuni, più emblematici:

Ferrante Aporti – Domenica 24 dicembre, ad esempio, abbiamo partecipato alla Messa della Vigilia con i ragazzi detenuti nel carcere minorile torinese «Ferrante Aporti»: mons. Nosiglia, accolto dal direttore Gabriella Picco, dal procuratore dei minori del Piemonte e della Valle d’Aosta Anna Maria Baldelli, dal garante regionale per i minori Rita Turino e dal cappellano, il salesiano don Domenico Ricca, ha salutato uno per uno i 30 giovani detenuti -cattolici, ortodossi e musulmani – che hanno voluto partecipare alla celebrazione. E a ricordo dell’incontro, l’Arcivescovo ha consegnato l’immagine dei suoi auguri natalizi, i tre Re Magi, «persone come voi di religioni diverse che hanno alzato lo sguardo e hanno seguito la stella, insieme, in pace e hanno trovato il Signore».

Ricordando come grazie al «sì» di Maria «una giovane minorenne come voi, povera e umile, Gesù è potuto nascere», l’Arcivescovo ha espresso ancora una volta il suo punto di vista invitando i ragazzi detenuti a considerare come i protagonisti del Vangelo siano le persone che la società scarta: «questi realizzano il disegno del Signore perché
nulla è impossibile a Dio se ci crediamo».

L’Arcivescovo, ringraziando i tanti volontari presenti, gli agenti di custodia, il coro di giovani che ogni 15 giorni animano la Messa, ha esortato i ragazzi reclusi a non avere paura, come hanno fatto i Magi, ad alzare lo sguardo al Signore in questi giorni in cui si celebra la nascita del suo Figlio: «L’angelo che è apparso a Maria ha detto ‘Il Signore è con te’: lo dice anche a voi. Anche in situazioni tragiche, difficili, dove abbiamo sbagliato il Signore è con noi, anzi ci ama ancora di più perché chi è nel dolore ha ancora più bisogno della vicinanza di Dio. Credeteci, ragazzi: tutto può essere risolto, si può ricominciare sempre».

 

Presentazione libro “Il cortile dietro le sbarre: il mio oratorio al Ferrante Aporti”

Una raccolta per fare memoria di cosa è stata, ed è ancora oggi, l’esperienza educativa e umana del salesiano don Domenico Ricca, cappellano da 35 anni del carcere minorile Ferrante Aporti di Torino, viene esposta con ricordi, aneddoti, maestria e misura nel volume redatto dalla giornalista Maria Lomunno. In questo “oratorio dietro le sbarre” quei giovani, più poveri, che abitano le periferie esistenziali, ma esseri umani pure loro, hanno bisogno di sentire, vedere, percepire qualcuno che incarni il volto misericordioso del Padre, perché loro, forse un padre non l’hanno avuto o l’hanno perduto. Questo e molto altro viene posto all’attenzione dei lettori.

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