Si riporta di seguito il comunicato stampa di Missioni Don Bosco sul primo anniversario dall’inizio della guerra in Ucraina.
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24 Febbraio 2023
A un anno dall’inizio della guerra in Ucraina
Don Daniel, sei è stato in Ucraina subito dopo lo scoppio della guerra. Hai condiviso la preoccupazione e l’impegno dei salesiani di Lviv e di Kyiv per salvare i bambini senza famiglia, le donne che fuggivano con i figli piccoli…
Non è facile esprimere i sentimenti di quel viaggio di pochi giorni che ho fatto con un confratello di Valdocco. Ma quello che mi è rimasto impresso è l’incredulità della gente, che fino al 23 febbraio pensava che le minacce russe non si potessero tradurre in un’aggressione.
E ancora dopo i primi giorni aveva la speranza che la guerra durasse così a lungo. Oggi invece la paura più profonda è che questo conflitto sia destinato a diventare una realtà endemica, un incendio che non si sa quando si estinguerà.
Ce lo insegnano le situazioni della Siria, in guerra da 10 anni, del Congo, con i suoi episodi di guerriglia che continuano da 30 anni.
Eppure si dovrà trovare un modo per uscire da questa tragica situazione.
La via è quella di abbassare la guardia. “Il più grande non è chi dirà di aver vinto, ma colui che meglio avrà servito la causa del suo popolo”, c’è scritto nel Vangelo.
Come nei conflitti fra persone, famiglie, gruppi, anche fra le nazioni si può ragionare quanto sia migliore chi sa rinunciare a qualcosa in vista di un bene superiore.
Questo non è perdere, è essere grande.
Questa è una considerazione che non piace a nessuna delle parti, nel conflitto russo-ucraino come in qualsiasi altro.
ll Papa ha detto che il grande male del modo è la corsa agli armamenti. Tornando dal Congo ha fatto notare che un anno di spesa per le armi corrisponde al fabbisogno alimentare della intera Africa.
Vediamo povertà, miserie morali, bisogni mai soddisfatti… e c’è la guerra.
Perché sostenere progetti di sviluppo in paesi in guerra?
Noi di Missioni Don Bosco proviamo a ristabilire un equilibrio, attraverso l’istruzione e la creazione di opportunità di sviluppo di quelle comunità.
Le guerre non hanno l’effetto di portare tutti allo stesso livello, anzi sono moltiplicatrici di corruzione, di discriminazioni, di violenze.
In questi casi può sembrare che l’aiuto esterno possa andare distrutto, ma attraverso i nostri missionari – anche in Ucraina in questo momento – arriviamo alle persone che hanno più bisogno, le aiutiamo a sopravvivere in assenza di protezioni, facciamo in modo che i giovani possano coltivare i loro sogni.
I benefattori danno generosamente anche in queste situazioni, come recentemente è accaduto per il soccorso alla popolazione terremotata di Siria e Turchia.
Resistenza per prepararsi al dopo, alla ricostruzione materiale e morale dell’Ucraina?
Certo. Noi siamo il ponte che fa arrivare l’aiuto anche in situazioni apparentemente senza sbocco. Questo aiuta ad alimentare la speranza che è possibile far finire la guerra.
Insieme con Papa Francesco che tutte le domeniche non perde l’occasione dell’Angelus per chiedere al mondo di pregare per la pace anche noi confidiamo che una forza superiore è la sola che può aiutare l’umanità a districarsi dai lacci dell’odio.
Padre Maksym Ryabukha, salesiano di Lviv – Leopoli che Missioni Don Bosco ha conosciuto a Kyiv qualche giorno prima dello scoppio della guerra, nel frattempo è stato consacrato vescovo di Donetsk.
A lui abbiamo chiesto di descriverci l’anima ucraina in questo lungo tempo di guerra:
“La vita di tutti i cittadini ucraini, come alla fine dei conti di tutto il continente europeo e di tutto il mondo si divide su “prima” e “dopo” quella data.
La vita di sicurezza, di valori garantiti, di possibilità aperte, di gioia e di felicità si è cambiata in un momento.
Le bombe, gli spari, il terrore, l’ingiustizia, l’urlo delle sirene hanno cambiato la vita di tutti, non risparmiando nessuno.
I ragazzi erano pieni di vita, di sogni, di gioia e di serenità. Si è tornati appena a scuola dopo lunghissimi mesi di chiusura a casa per il covid.
Da poche settimane si gustava la felicità di stare di nuovo insieme, la possibilità di studiare non attraverso lo schermo del computer ma dal vivo… Ritornare a sperimentare l’amicizia reale, i rapporti diretti, l’esperienza del gruppo.
Una sola notte ha rubato tutto. Da lì in poi tanta paura, tanto terrore, tanta delusione…”.