Don Bosco Châtillon: “gli alunni di Châtillon in marcia per la Pace” – AostaSera

Si è svolta questa mattina la marcia in favore della Pace nel mondo organizzata dall’Istituto Don Bosco di Châtillon con la partecipazione di circa 600 persone che hanno sfilato in paese. Di seguito l’articolo pubblicato dal quotidiano online AostaSera.it a cura di Orlando Bonserio.

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Gli alunni di Châtillon in marcia per la Pace

Circa 600 persone hanno sfilato in paese durante l’iniziativa organizzata dall’Istituto Don Bosco, che nei prossimi giorni accoglierà due studenti ucraini.

“Bisogna far capire a tutti l’importanza della pace, senza pensare solo alla guerra”.

Con queste parole Carlo Vancheri, vicepreside dell’Istituto Don Bosco di Châtillon, ha presentato la Marcia per la Pace che, questa mattina, martedì 15 marzo, ha coinvolto circa 600 persone.

Un grande successo nonostante la pioggia. L’idea è nata da Don Pravin, catechista della scuola, ed ha visto la grande partecipazione dei docenti e degli alunni dell’Istituto professionale Don Bosco, delle scuole medie, dell’IPRA ed École Hôtellière e delle elementari, oltre al sindaco Camillo Dujani, al Direttore della Caritas Andrea Gatto ed al direttore del Don Bosco Don Vincenzo Caccia.

Un lungo cordone che si è snodato da Piazza Chanoux lungo tutto il paese ed ha sfilato sotto lo sguardo partecipe e rispettoso dei cittadini, aperto dal giuramento per la pace:

“Noi ragazzi dell’Istituto don Bosco di Châtillon ci impegniamo a costruire un mondo dove regni la pace e la giustizia. Dove regni odio noi ci impegniamo a seminare la concordia: ci opporremo a ogni forma di guerra, perché si costruisce un mondo migliore non con la guerra, ma con la concordia. Desideriamo essere vicini non solo a parole ma con i fatti e con gli aiuti concreti al popolo ucraino: nel nostro piccolo ci impegniamo a venire incontro alle loro difficoltà. Dio della pace ci aiuti ad essere suoi strumenti di concordia!”.

E l’aiuto concreto si traduce, come annuncia Vancheri, nell’ospitare due ragazzi ucraini all’Istituto Professionale nei prossimi giorni.

Nizza Monferrato: “Personaggi illustri, illustri sconosciuti” – Archivio storico FMA

L’Archivio storico delle Figlie di Maria Ausiliatrice a Nizza Monferrato propone, in collaborazione con la parrocchia, le associazioni del territorio, la scuola dell’Istituto Nostra Signora delle Grazie, i vari componenti della Famiglia Salesiana e con l’Amministrazione Comunale, un ciclo di incontri presso il salone Sannazaro sul tema “Personaggi illustri, illustri sconosciuti. 4 serate per conoscere i nostri concittadini“. Tra i relatori dell’iniziativa, don Egidio Deiana, sdb studioso di don Bosco, parroco della realtà salesiana di Alessandria.

Di seguito la notizia pubblicata su lavocediasti.it.

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Prima iniziativa un ciclo di 4 incontri in salone Sannazaro: ‘Personaggi illustri, illustri sconosciuti. 4 serate per conoscere i nostri concittadini’. Si inizia il 14 marzo

Diverse iniziative, a Nizza Monferrato, delle Figlie di Maria Ausiliatrice.

La prima iniziativa prevede un ciclo di 4 incontri in salone Sannazaro: Personaggi illustri, illustri sconosciuti. 4 serate per conoscere i nostri concittadini (14, 21, 28 marzo, 4 aprile).

Si alternano 4 relatori d’eccezione. Il 14 marzo don Egidio Deiana, salesiano studioso di don Bosco, presenterà alcuni nicesi nel mondo che, divenuti salesiani, si sono contraddistinti in diversi campi, tra essi: don Michele Foglino, missionario universale, don Anacleto Ghione, scrittore di don Bosco ed educatore culturale del popolo, don Giuseppe Giovine, guida spirituale alessandrina.

Il 21 marzo suor Marisa Chinellato presenterà la figura di Emilia Mosca di San Martino, nicese di adozione, educatrice e cittadina operosa

Il 28 marzo suor Maria Vanda Penna presenterà la figura di Angela Vallese, pioniera missionaria: dal Monferrato alle terre della “fine del mondo”

Il 4 aprile Giuseppe Baldino presenterà la figura di alcuni illustri nicesi, tra cui Francesco CirioVittorio BuccelliBartolomeo Bona.

Il 7 maggio, don Egidio Deiana presenterà: Vita e viti: per un vino buono dal Piemonte alle Americhe; serata che precederà una mostra su materiale enologico molto originale.

Il 26 aprile, i membri della compagnia teatrale “alla Madonna” metteranno in scena Vite ri-evocate, don Bosco e dintorni a Nizza, una rievocazione ambientata nello scenario di Casa-madre in occasione della presenza della Madre generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice.

Il 14 maggio l’evento: Vite innestate. Mornese, Nizza M., il mondo per ricordare la presenza di una cittadina illustre: Maria Domenica Mazzarello, cofondatrice con don Bosco della congregazione salesiana femminile.

Il 24 maggio solenne festa di Maria Ausiliatrice.

Dal 12-26 giugno Massimo Ricci, nei locali dell’Istituto Nostra Signora delle Grazie proporrà la mostra Appunti di paesaggio e il 17 giugno nella serata proporrà Intuizioni di bellezza. In dialogo con l’autore in cui spiegherà le tecniche e il significato delle opere che ha eseguito alla Madonna.

Dal 23 al 25 settembre la 5edizione del cammino pellegrinaggio Mor…Nizza.

Gli eventi di quest’anno proposti dall’Archivio storico delle Figlie di Maria Ausiliatrice, sono in collaborazione con la parrocchia, con le associazioni del territorio, in particolar modo Spasso Carrabile, l’Erca, Tele Nizza, con la scuola dell’Istituto Nostra Signora delle Grazie e i vari componenti della Famiglia Salesiana Aperta e con l’Amministrazione Comunale.

Don Bosco Casale Monferrato: “Don Bosco Pub!” – La vita Casalese

Un serata di giochi e di festa in stile salesiano all’Oratorio del Valentino di Casale. Di seguito l’articolo pubblicato su La vita Casalese.

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DON BOSCO PUB!
Serata di giochi e festa insieme in stile salesiano. Un centinaio di ragazzi e animatori al Valentino.

Che cosa si inventerebbe oggi don Bosco per far stare allegri i suoi ragazzi?
Partendo da questo interrogativo gli animatori dell’Oratorio del Valentino sabato scorso hanno organizzato per i ragazzi delle medie e del biennio una splendida serata di giochi e divertimento. E hanno pensato proprio a tutto, persino alla cena in perfetto stile pub: hamburger, patatine, bibite e gelato, per la gioia di tutti i palati.

E dopo la cena insieme, via ai giochi che hanno animato tutti gli spazi dell’Oratorio: dal karaoke ai giochi da tavolo, dalla Play Station al ping pong, alla pallacanestro, al calcetto; e poi Twister e Just Dance, per far scatenare con il ballo soprattutto le ragazze.
Il tutto si è svolto rispettando le regole imposte dal momento, e grazie agli ampi spazi di cui dispone l’Oratorio del Valentino, il “Don Bosco Pub” ha accolto un centinaio di partecipanti che si sono alternati alle varie postazioni gestite dagli animatori, sperimentando tutte le proposte ludiche della serata. Al termine un bel cerchio in cortile per la preghiera di ringraziamento e, perché no, per darsi appuntamento alla prossima occasione!

Una vita spesa in missione: la morte di don Matteo Marzano

Dopo una vita spesa in missione in terra venezuelana, per complicazioni legate al Covid è tornato alla Casa del Padre all’età di 79 anni il salesiano don Matteo Marzano, originario del chierese. Di seguito l’articolo pubblicato su La Repubblica del 17 febbraio e su Corriere della sera del 18 febbraio.

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La Repubblica: Una vita da missionario nel paese del Sudamerica

Il sacerdote salesiano italiano Matteo Marzano è morto in Venezuela a causa del Covid-19. Lo ha reso noto la Conferenza episcopale venezuelana (Cev) a Caracas.

Il sacerdote Marzano – si legge in un breve comunicato – aveva 79 anni ed era stato ricoverato diversi giorni fa nel Policlinico Metropolitano, con assistenza e cure mediche”. Il suo decesso, precisa la nota, “è avvenuto per complicazioni polmonari“.

Marzano era nato il 23 febbraio 1942 a Chieri, in provincia di Torino, ed era “fedele devoto di Maria, promuovendo la devozione alla Beata Vergine con ardore apostolico“. Dalla parrocchia di San Juan Bosco a Valencia fu trasferito anni fa a Petare, nello stato di Miranda, e quindi a Punto Fijo, nello Stato di Falcón dove ha contratto il Covid che lo ha portato alla morte. “Era anche vicino ai giovani – segnala il comunicato della Cev -, che incoraggiava a considerare Gesù come un amico e di mettersi al suo servizio“.

La mia vita, il mio cammino, la mia meta, – soleva ripetere – è Gesù di Nazaret“.

Corriere della sera: Una vita da missionario nel paese del Sudamerica

Il sacerdote salesiano italiano Matteo Marzano è morto in Venezuela a causa del Covid-19. Lo ha reso noto la Conferenza episcopale venezuelana (Cev) a Caracas.

Il sacerdote Marzano – si legge in un breve comunicato – aveva 79 anni ed era stato ricoverato diversi giorni fa nel Policlinico Metropolitano, con assistenza e cure mediche”. Il suo decesso, precisa la nota, “è avvenuto per complicazioni polmonari“.

Marzano era nato il 23 febbraio 1942 a Chieri, in provincia di Torino, ed era “fedele devoto di Maria, promuovendo la devozione alla Beata Vergine con ardore apostolico“. Dalla parrocchia di San Juan Bosco a Valencia fu trasferito anni fa a Petare, nello stato di Miranda, e quindi a Punto Fijo, nello Stato di Falcón dove ha contratto il Covid che lo ha portato alla morte. “Era anche vicino ai giovani – segnala il comunicato della Cev -, che incoraggiava a considerare Gesù come un amico e di mettersi al suo servizio“.

La mia vita, il mio cammino, la mia meta, – soleva ripetere – è Gesù di Nazaret“.

Fossano: tra Covid e smartphone, i Salesiani raccontano gli adolescenti – La Fedeltà

Per il settimanale fossanese “La Fedeltà”, sono stati intervistati il direttore don Bartolo Pirra e i referenti educativi – insegnanti Giorgio D’Aniello e Fabrizio Spina del Centro di formazione professionale di Fossano al fine di riportare una panoramica sugli adolescenti presenti presso l’opera.

Di seguito l’articolo a cura di Fabrizio Bonardo.

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La formazione professionale dei Salesiani di Fossano (il Cnos-Fap) raccoglie 562 ragazzi di età compresa tra i 14 e i 17 anni, che dal lunedì al venerdì frequentano l’Istituto dalle 5 alle 8 ore al giorno per i corsi teorici e i laboratori, con l’obiettivo di imparare un mestiere e cominciare a sperimentarsi nel mondo del lavoro. Arrivano da ogni parte della provincia, e anche oltre: una piccola parte, il 10%, è di Fossano, gli altri provengono (sulla direttrice nord-sud) da Villastellone a Ceva-Garessio o (sulla direttrice est-ovest) dalle Langhe alle valli del Saluzzese. Si formano per diventare meccanici – di macchinari industriali, d’auto, di mezzi agricoli -, carrozzieri, elettricisti, termoidraulici, ma anche acconciatori ed estetiste, categorie tra le quali le ragazze sono, rispettivamente, il 50 e il 100%. Grande è anche la varietà delle provenienze, sia in termini di nazionalità (italiana e straniere), sia di ambiente (rurale o metropolitano), che fa dei Salesiani un osservatorio privilegiato del mondo degli adolescenti, della loro ricchezza e delle loro vecchie e nuove fragilità: quelle venute alla luce in una stagione difficile come quella della pandemia. Ne parliamo con i referenti educativi e insegnanti Giorgio D’Aniello e Fabrizio Spina e con il direttore don Bartolo Pirra.

Vi capita spesso di incontrare il disagio tra i ragazzi? Da dove arriva? Quando deve preoccupare?
Capita, certo. Perché il disagio è una condizione dell’età evolutiva. Diventa preoccupante quando, legandosi in particolar modo a difficoltà delle famiglie di provenienza, sfocia in una serie di comportamenti anomali. Quali comportamenti? L’aggressività o l’autolesionismo, che sono due aspetti della non accettazione di sé, di una mancanza di autostima. Lo spettro dei comportamenti a rischio è ampio: comprende il bere, il legarsi a dipendenze (la marijuana e altre sostanze), i disturbi alimentari…

La situazione è cambiata rispetto alla generazione precedente, una decina-quindicina di anni fa?
La differenza principale è dovuta allo sviluppo dello smartphone, e dei social network, a cui tutti – non solo i ragazzi – siamo arrivati impreparati. Fuori dalla scuola, sono costantemente connessi, legati a un mondo virtuale che falsa la percezione della realtà. Pensiamo ad esempio al diffondersi della pornografia tra i ragazzi e ai danni che può creare alla loro sfera affettiva e sessuale. E il Covid? Ha peggiorato la situazione, producendo ulteriore isolamento e un uso del cellulare ancor più massiccio, fino a confondere – qualche volta – il giorno con la notte.

Che cosa cercano gli adolescenti di oggi?
Le esigenze base sono le stesse di sempre: sentirsi importanti per qualcuno e trovare il proprio posto nel mondo.

Qual è la risposta che forniscono i Salesiani?
Mettere al centro la relazione tra le persone, far sentire la nostra vicinanza e dare loro strumenti per affrontare la vita.

Come si riesce a entrare in relazione?
Con il contatto personale, il lavoro che si effettua quotidianamente sul gruppo-classe, sullo spirito di appartenenza, con un ambiente che spinge ad aprirsi e – a chi è in difficoltà – a chiedere aiuto, in modo esplicito o implicito, ai referenti adulti.
Don Bartolo: È importante anche l’aspetto religioso, spirituale. A chi è cristiano diamo la possibilità di confessarsi, una volta al mese. E a tutti, anche i non cristiani, di raccontarsi attraverso gli “esami di coscienza”.

Avete bisogno del mondo “di fuori”?
Certo, nessuno può bastare da solo, come diceva don Bosco. Stiamo preparando progetti con le Forze dell’ordine e con l’Asl sulla prevenzione dei comportamenti a rischio, siamo in contatto con il Comune e abbiamo un rapporto di dialogo costante con le famiglie. Creare spazi per gli adolescenti è una bella sfida e noi vogliamo giocarla, non appena il Covid ce lo permetterà, mettendo a disposizione i nostri spazi e i nostri educatori, dalla formazione professionale all’Estate ragazzi.

L’oratorio del Michele Rua festeggia un secolo di vita in mezzo ai giovani – Corriere Torino

1922 – 2022: l’oratorio salesiano di Barriera di Milano festeggia un secolo di vita in mezzo ai giovani. Sono ormai trascorsi 100 anni da quando don Lunati aprì le porte dell’oratorio salesiano Michele Rua, un luogo di culto e gioco che accoglieva numerosi bambini, figli delle tante migrazioni che hanno colorato il volto del quartiere.
Di seguito l’articolo pubblicato su Corriere della sera – Sezione Corriere Torino, a cura di Paolo Coccorese.

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Torino, il Michele Rua compie 100 anni

L’oratorio salesiano di Barriera di Milano festeggia un secolo di vita in mezzo ai giovani

Oggi sul campo sintetico rincorrono il pallone bambini e bambine di trenta nazionalità diverse. All’oratorio salesiano Michele Rua le differenze hanno sempre fatto parte del gioco fin dalla sua fondazione, 100 anni fa. Un secolo trascorso in mezzo ai giovani di Barriera di Milano. Tra i figli delle tante migrazioni che hanno colorato il volto del quartiere senza modificarne il dna. Dal 1922 in poi, tra gli immigrati veneti, toscani, poi quelli pugliesi di Cerignola o Corato, fino agli albanesi, romeni e marocchini. Fanno parte anche loro della comunità del Michele Rua che quest’anno festeggia l’anniversario della fondazione.

La storia del Michele Rua è quella del quartiere. Anche dal punto di vista urbanistico. Il «Ricreatorio Mamma Margherita Bosco» nasce nel 1917. L’impresario Luigi Grassi mette a disposizione di don Lunati un capannone in via Candia 9. A seconda della necessità, la baracca si trasforma in sala giochi, cappella, spazio musicale. Finché il costruttore non decide di abbatterla per erigere nuovi alloggi. I salesiani sono costretti a spostarsi. A finanziare la fondazione del Michele Rua di oggi sono i più importanti imprenditori dell’epoca. Il 19 giugno 1921 il cardinale Richelmy benedice la prima pietra. Via Paisiello non è quella di oggi. Non ci sono altri palazzi. Intitolata all’erede di don Bosco, nasce letteralmente una parrocchia di frontiera. Ancora oggi lo è, immersa nelle difficoltà e nei sogni di riscatto del quartiere. Ne è convinto anche Dario Licari, 47 anni, diventato educatore dell’oratorio in cui è cresciuto. «La missione è rimasta la stessa delle origini. Don Bosco diceva: “Voglio creare buoni cristiani e onesti cittadini” perché credeva in una comunità che fosse non solo religiosa, ma anche educativa». Certo, non è stato facile.
Venticinque anni fa, i salesiani, prevedendo il presente, aprirono le porte dell’oratorio agli educatori professionali. La crisi delle vocazioni e l’età del disimpegno hanno obbligato molte parrocchie a rinunciare all’accoglienza dei più giovani. Non in via Paisiello, dove il doposcuola, complice la dad degli ultimi due anni, è sempre più partecipato e necessario. Il cinemateatro (di seconda visione), il Monterosa con la sua insegna a bandiera, continua a proporre spettacoli per tutte le tasche. In tanti anni, il Michele Rua non ha rinunciato neanche allo sport. «Il campetto di via Boito è stato calcato da migliaia di ragazzi. Da qui è passato il rapinatore Cavallero, professori universitari e anche calciatori», ricorda Beppe Beraudo, lo storico di Barriera. Sono tantissimi. Per esempio, Cesare Valinasso, il portiere juventino degli anni Trenta, Antonio Maggioni, Claudio Garella (numero 1 del Napoli di Maradona), Domenico Maggiora. Era un giovane del Michele Rua anche Raf Vallone che al calcio preferì il cinema. Il futuro pone nuove sfide. «Tre, in particolare. Il sostegno alle famiglie, quella culturale e quella dell’inserimento lavorativo», spiega don Stefano Mondin, il direttore del Michele Rua.

In via Paisiello è stato inaugurato un maker lab, un laboratorio di sartoria digitale con stampante 3D. Arrendersi è vietato. Come nel 1932 quando i fascisti misero i sigilli al primo circolo. I giovani di allora non si lasciarono intimorire e, saltando il muretto, continuarono le loro attività. Il loro motto era «W Don Bosco, W l’Italia».

Un pranzo stellato al Ristorante Paradiso – L’Opinionista News

Un pranzo stellato al Ristorante Paradiso: un ricco menù di possibilità per sostenere attivamente i progetti rivolti a famiglie, giovani, minori italiani e stranieri nei tanti oratori salesiani presenti sul territorio del Piemonte e della Valle d’Aosta. Ne parla l’imprenditore Fiorenzo Zaggia su L’Opinionista News. Di seguito l’articolo pubblicato l’8 febbraio.

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Un pranzo stellato al Ristorante Paradiso

Paradiso è molto più di un Ristorante e con i Salesiani offre un menu di possibilità per i bisognosi

Paradiso in realtà non è un Ristorante ma un progetto di ristoro. Uno di quei progetti di sostegno e conforto a chi è in difficoltà che rappresentano il tessuto di umanità con il quale affrontare e superare il disagio.

Ce ne parla Fiorenzo Zaggia, che sul sito della sua Impresa, la Edil Zeta di Briona (NO), si presenta con un principio peculiare: “da soli si va veloce, ma insieme si va lontano”. Sono parole che esprimono una filosofia di vita e lavoro e si ritrovano perfettamente nell’idea che sostiene sul fronte sociale con don Giorgio De Giorgi, ex Direttore dell’Istituto Salesiano San Lorenzo di Novara e ora Economo Ispettoriale Salesiano del Piemonte e della Valle D’Aosta.

Fiorenzo Zaggia è legato ai Salesiani, ha conosciuto e ammirato don Giorgio durante gli anni della sua direzione novarese e, in occasione delle nozze di perla nel 2022 (ben 30 anni di matrimonio!), voleva essere parte di un’iniziativa di aiuto ai giovani che vivono situazioni o momenti problematici. A celebrare l’amore voleva insomma fosse proprio qualche concreta azione amorevole.

L’idea è diventata una campagna di crownfounding grazie allo storico e prezioso attivismo di AGS per il Territorio, Associazione Giovanile Salesiana che si occupa appunto di accoglienza, inclusione, inserimento nel mondo del lavoro.

“Ristorante Paradiso” ha un menu speciale ovvero un ricco menu di solidarietà per sostenere concretamente i progetti rivolti a famiglie, giovani, minori italiani e stranieri nei tanti oratori salesiani presenti sul territorio del Piemonte e della Valle d’Aosta: Antipasti perché nessuno resti a pancia vuota, Primi per assaporare il calore di famiglia, Secondi per nutrire corpo ed anima Dessert che sono i dolci dello zainetto.

Con Fiorenzo Zaggia e don Giorgio De Giorgi, con i Salesiani di AGS, con le Aziende aderenti che contribuiscono a “Ristorante Paradiso, possono unirsi tutti con libere erogazioni.

Più che mai in questo periodo il pensiero di Fiorenzo Zaggia merita attenzione ed entusiasmo:

«c’è sempre qualcuno più sfortunato per il quale poter fare qualcosa e avevo proprio voglia di impegnarmi, di fare un passo vero verso gli altri. Credo peraltro che unire le forze sia sempre la scelta migliore!»

Zaggia ha ragione e appassionatamente si è lasciato ispirare dalle opere salesiane e dalla figura di don Giorgio. Un ottimo esempio da seguire. Del resto a Novara ad esempio, come ci ricorda ancora Zaggia:

«quanti bambini e ragazzi sono passati dall’Oratorio e dalle Scuole Salesiane? Un mondo di lezioni, di educazione, di crescita. Io ho apprezzato molto la figura di don Giorgio e di tanti salesiani, oggi collaborare è più di un dovere morale, è una gioia.»

Il menu stellato prevede tante portate, tutte utili, tutte buone. Ciascuno può partecipare nella misura possibile, sarà la somma dei gesti a servire davvero un’esperienza “gourmet”. Essere e sentirsi comunità rende tutto più facile e tutti più felici, ricordiamolo sempre.

Il bene che si fa torna e ci auguriamo dunque che l’anniversario di Fiorenzo Zaggia e signora sia una festa splendida.

Irene Spagnuolo

Agnelli, riscoprire il gioco da tavolo: strumento educativo in era Covid – La Voce e il Tempo

All’Oratorio Salesiano Agnelli di Torino parte il progetto “Accorciamo le distanze” promosso dai Salesiani per il sociale, con «P.L.A.Y.» (Prevent, Learn, Amuse, Youth): un ciclo di incontri di formazione per gli animatori. Di seguito l’articolo di Emanuele Carrè per “La Voce e il Tempo“.

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FORMAZIONE PER GLI ANIMATORI – QUATTRO INCONTRI NELL’AMBITO DEL PROGETTO «ACCORCIAMO LE DISTANZE» PROMOSSO DAI SALESIANI PER IL SOCIALE

Agnelli, riscoprire il gioco da tavolo: strumento educativo in era Covid

Il gioco da tavolo come strumento educativo a supporto in particolare dei ragazzi che hanno subìto tutte le conseguenze di due anni di pandemia. Si tratta di «P.L.A.Y.» (Prevent, Learn, Amuse, Youth): un ciclo di incontri di formazione per gli animatori dell’oratorio salesiano Agnelli di Torino (via Sarpi 117) che si terrà tra l’11 febbraio e l’11 marzo e che rientra nel progetto «Accorciamo le distanze» promosso dal Comitato interregionale dell’Associazione Salesiani per il Sociale di Piemonte e Valle d’Aosta, in collaborazione con l’Associazione giovanile salesiana per il territorio (Ags) e l’associazione di promozione sociale «Quindi Ci Sei» con il sostegno della Regione Piemonte e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

Il progetto si pone l’obiettivo di implementare le azioni volte alla cura e al supporto educativo e socia- le. Nel caso di «Play» il fulcro è il gioco, in particolare quello da tavolo, che diviene strumento formativo e di coesione sociale assumendo una funzione riabilitativa in particolare per tutti i ragazzi che sono stati e sono ancora vittima degli effetti negativi della pandemia, a livello sociale, psicologico e didattico. Ne abbiamo parlato con l’educatore dell’oratorio Agnelli, Gianni Glorioso che segue l’iniziativa:

«è un progetto a cui abbiamo aderito per poter seguire i bambini e i ragazzi che frequentano l’oratorio, in particolare il doposcuola con linguaggi e tecniche diversi dal solito. Con l’aiuto di Egidio Carlomagno, responsabile del settore Animando della cooperativa sociale salesiana E.T. i nostri animatori impareranno ad utilizzare il gioco da tavolo come strumento per aiutare i bambini a sviluppare un proprio metodo di studio e a scoprire le loro capacità. È un modo diverso per riuscire a capire le loro debolezze e i loro punti di forza in modo da aiutarli al meglio».

A partecipare al ciclo di incontri (l’11, il 18 febbraio e l’11 marzo dalle 18 alle 20) saranno una quindicina di animatori tra i diciassette e i ventidue anni con alle spalle esperienze di servizio nell’oratorio dell’Agnelli. «Grazie a questi incontri gli animatori potranno comprendere e far loro questo nuovo strumento di relazioni in modo da poterlo poi utilizzare con consapevolezza a favore di bambini e ragazzi», conclude l’educatore Gianni Glorioso.

Per ulteriori informazioni: www.oratorioagnelli.it

Emanuele CARRÈ

Il primo contratto di apprendistato compie 170 anni. “Imparare facendo”: don Bosco precursore – Avvenire

170 anni fa, esattamente l’8 febbraio 1852, don Bosco firmava a Torino il primo contratto di apprendistato: Giuseppe Bertolino, “mastro minutiere”, si “obbligava” ad insegnare “l’arte di falegname” al giovane Giuseppe Odasso fornendo “le necessarie istruzioni e le migliori regole onde ben imparare ed esercitare l’arte suddetta”. Di seguito l’articolo pubblicato oggi su Avvenire, a cura di Andrea Zaghi.

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IL PRIMO CONTRATTO DI APPRENDISTATO COMPIE 170 ANNI

Imparare facendo Don Bosco precursore

Imparare lavorando e lavorare per imparare meglio. Senza essere sfruttati. E in sicurezza. Protetti dalle leggi ma, prima ancora, dall’attenzione degli insegnanti dentro e fuori l’azienda e con la famiglia accanto. Con un patto: impegnarsi reciprocamente a crescere. Sono gli obiettivi ai quali guarda Giovanni Bosco (prete e santo) firmando a Torino l’8 febbraio 1852 quello che molti indicano come il primo contratto di apprendistato. Sono passati centosettanta anni, ma quell’accordo è ancora valido e attuale nei suoi contenuti di fondo. E può dire molto – soprattutto in un periodo come questo –, sul valore non solo dell’apprendistato, ma più in generale della formazione in “assetto di lavoro”, della formazione duale e della necessaria collaborazione tra scuole e imprese.

A ricordare il documento, tirato fuori per l’occasione dagli archivi della congregazione, sono i Salesiani e le Figlie di Maria Ausiliatrice con tutti i formatori CNOS e CIOFS che spiegano come «la possibilità che i giovani possano vivere l’alternanza scuola-lavoro, in un contesto protetto e in stretta collaborazione con i centri di formazione, rappresenti una preziosa opportunità». Sempre che tutti facciano le cose per bene. E su come farle, proprio quanto scritto da don Bosco appare essere la sintesi migliore e più efficace. Ad iniziare dal sancire «un’alleanza – viene sottolineato –, che è ancora oggi di ispirazione per l’opera dei formatori: quella tra il datore di lavoro, il lavoratore, la famiglia dell’apprendista e l’educatore».

Un “accordo” scandito da parole precise, che 170 anni fa, come oggi, hanno un peso. E che ancora si possono leggere messe nero su bianco con una scrittura nitida e in buon italiano. Così a Torino in quel febbraio del 1852, Giuseppe Bertolino, “mastro minutiere”, si “obbliga” ad insegnare “l’arte di falegname” al giovane Giuseppe Odasso “per lo spazio di due anni”, fornendo “le necessarie istruzioni e le migliori regole onde ben imparare ed esercitare l’arte suddetta”. E l’allievo “si obbliga” anche lui ad avere “prontezza assiduità e attenzione” nell’imparare. Il lavoro sarà pagato, il giovane sarà “schiettamente” giudicato per quello che fa e per come si comporta; ma Bertolino ha il dovere anche di trattare bene il suo allievo seguendolo e dandogli “quegli opportuni salutari avvisi che darebbe un buon padre al proprio figlio”. Quattro pagine di contratto con quattro firme al fondo: il datore di lavoro, l’apprendista, il padre di lui e Giovanni Bosco.

La parola-chiave pare essere “collaborazione”. Oppure “alleanza”. E vale nel 1852 come nel 2022. Certo, 170 anni fa come oggi, il percorso dalla scuola al lavoro è duro e in salita.

La strada da fare è lunga per tutti, per Giuseppe Odasso un tempo e per le migliaia di giovani oggi: basta intraprenderla nel modo giusto.

ANDREA ZAGHI

La Messa per don Bosco ai Salesiani di Bra presieduta da Mons. Gabriele Mana – La Voce di Alba

Presso la chiesa dei Salesiani di Bra, domenica 30 gennaio si è tenuta la S.Messa in onore di San Giovanni Bosco presieduta da Mons. Gabriele Mana. Di seguito l’articolo pubblicato su La Voce di Alba a cura di Silvia Gullino.

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Monsignor Gabriele Mana: “Come don Bosco, fate tutto per amore, nulla per forza”

“Fate tutto per amore, nulla per forza”. Un messaggio semplice quello di don Bosco, che è stato ripreso da monsignor Gabriele Mana, vescovo emerito di Biella, durante la Messa celebrata nella chiesa dei Salesiani di Bra, alla vigilia del 31 gennaio, memoria liturgica del Santo.

La funzione eucaristica di domenica 30 gennaio, che ha visto la presenza tra i banchi del sindaco di Bra, Gianni Fogliato e dell’assessore Luciano Messa, è stata seguita anche nel cortile del Cnos-Fap, secondo le modalità anti-contagio previste al tempo del Coronavirus.

Una bella occasione di crescita e di gioia per tutti i fedeli che hanno partecipato con devozione al rito e che alla fine ha ricevuto la tradizionale merendina, come era solito fare l’Apostolo dei giovani.

Ma quello che la gente ha portato a casa è stato molto di più:

“Le parole di un vescovo che ha saputo far capire che cosa è stato San Francesco di Sales per la gente di Annecy e cosa è stato don Bosco per chi lo ha incontrato, questa amorevolezza e questo tratto delicato che monsignor Mana ha saputo trasmettere nelle sue parole”.

Lo ha detto il direttore dei Salesiani di Bra, don Alessandro Borsello, sempre sorridente e pieno dello spirito di festa.

“Cari giovani, io con voi mi trovo bene”: è il claim di don Bosco che campeggia nel cortile della famiglia salesiana braidese, testimone della sua missione dal 1959. Da allora, sacerdoti, laici consacrati, educatori, ex allievi e cooperatori sono al servizio di bambini e ragazzi della città, operando con fede e dedizione nell’Istituto San Domenico Savio, che sorge nel quartiere Oltre-ferrovia.

A sostenerli è l’Auxilium Christianorum (l’Aiuto dei Cristiani) che era continuamente invocata da don Bosco. Il grande educatore di Valdocco pose la sua opera di sacerdote e fondatore, sin dall’inizio, sotto la protezione e l’aiuto di Maria Ausiliatrice, alla quale si rivolgeva per ogni necessità, specie quando le cose s’ingarbugliavano.

È il caso di questi anni segnati dall’emergenza sanitaria, che ha imposto limiti e nuove abitudini, ma senza azzerare l’entusiasmo, come spiega ancora don Alessandro:

“Fare festa non è necessariamente fare grandi pranzi, grandi cose, come poteva essere prima del Covid. La presenza di un vescovo è stato un modo semplice per far capire che don Bosco è stato un grande Santo e nello stesso tempo un modo per rendere visibile la comunità, cosa che il Covid aveva reso difficile. E allora, in modo ordinato, però festoso, questa occasione è un modo per rendere visibile la comunità salesiana sul territorio, la comunità della scuola, dell’oratorio e del Centro di Formazione Professionale”.

Insomma, lo stile salesiano supera le barriere del tempo. Anche quelle improvvise, come il Coronavirus.