Alessandria: Italiano, Educazione alla Cittadinanza e Corso Saldatori per rifugiati e richiedenti asilo

Si segnalano due articoli concernenti l’iniziativa che darà la possibilità a giovani rifugiati e richiedenti asilo di accedere al corso saldatori del Cnos-Fap di Alessandria, grazia alla cooperativa Cambalache in collaborazione con Cnosfap e Confcooperative Asti-Alessandria, un progetto realizzato con il contributo della Fondazione Crt.

LA STAMPA

Articolo a cura di Antonella Mariotti

Con Cambalache anche lezioni di educazione alla cittadinanza

Rifugiati e richiedenti asilo diventeranno saldatori

Saranno ambasciatori della sicurezza sul lavoro e di educazione alla cittadinanza. Sono Onyeka, Hafis, Mamadou, Gustave, Abdourauf, Moses, Sekou, Lamin e Djankou rifugiati e richiedenti asilo che seguiranno un corso come saldatori, lezioni dell’agenzia formativa Cnosfap di Alessandria. È un nuovo progetto a cui ha dato il via la cooperativa Cambalache in collaborazione con Cnosfap e Confcooperative Asti-Alessandria, ed è stato realizzato con il contributo della Fondazione Crt.

I nove ragazzi che saranno protagonisti del percorso, accolti nel progetto Sprar (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati) del Comune di Alessandria e in altri progetti Cas (Centri di Accoglienza Straordinaria) sul territorio, dovranno anche studiare le regole della sicurezza sul lavoro – oltre che il percorso formativo per diventare saldatori di ultima generazione. Si tratta di un servizio di orientamento al lavoro che permetterà loro una migliore conoscenza dell’ambito in cui i nove immigrati andranno poi a lavorare. Una parte della formazione infatti andrà a centrare le lezioni sulla sicurezza sul lavoro, fondamentale per rendere i rifugiati e i richiedenti asilo consapevoli delle leggi e dell’importanza di svolgere le mansioni secondo le modalità corrette; un approfondimento di educazione alla cittadinanza, per garantire loro una maggiore integrazione nel percorso che li potrà vedere protagonisti nella società.

Il progetto prevede anche un corso di italiano intensivo, già avviato nelle scorse settimane nella sede di Cambalache. «Puntiamo – spiega Mara Alaqua, presidente di Cambalache – alla formazione lavorativa, ma c’è anche l’obiettivo di un’educazione alla cittadinanza, per garantire l’integrazione. Altro obiettivo è la professionalizzazione dei rifugiati, come è già accaduto per “Bee my job”, il progetto di apicoltura urbana e sociale che ottenne il supporto di Unhcr. È il modo migliore per l’inserimento nella società».

Sei sono le aziende coinvolte «il profilo del saldatore è molto richiesto, avere saldatori preparati è un’esigenza per le nostre aziende» ha detto Maurizio Rena, coordinatore territoriale Cnosfap.

IL PICCOLO

Articolo a cura di Marcello Feola

Richiedenti asilo ora studiano da saldatori

IL PROGETTO Cambalache e CnosFap insieme per aiutare nove ragazzi nel loro percorso d ‘ integrazione nel nostro Paese

Un nuovo progetto di formazione e inserimento lavorativo rivolto a richiedenti asilo e rifugiati, promosso da Cambalache in collaborazione con CnosFap e Confcooperative Asti-Alessandria, e realizzato con il contributo della Fondazione Crt nell ‘ambito del bando ‘ Iniziativa lavoro ‘ , prenderà il via questa settimana nel laboratorio di saldatura dell’agenzia formativa CnosFap di Alessandria.

Formazione e sicurezza.

Nove i beneficiari del percorso, accolti nel progetto Sprar – Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati del Comune di Alessandria e in altri progetti Cas Centri di accoglienza straordinaria sul territorio. Il piano prevede una formazione pratica nell’ambito della saldatura sotto la guida di tre docenti esperti, volta a formare figure professionalizzate, pronte a lavorare in aziende del settore. Ma, anche, un servizio di orientamento al lavoro per garantire una migliore conoscenza dell ‘ ambito in cui i beneficiari andranno a operare; una parte di formazione sulla sicurezza sul lavoro, fondamentale per rendere i rifugiati e i richiedenti asilo consapevoli delle norme vigenti; un approfondimento di educazione alla cittadinanza, per garantire loro una maggiore integrazione nella società; un corso di italiano intensivo, già avviato nelle scorse settimane nella sede di Cambalache.

Anche il tirocinio.

Appena terminato il percorso di apprendimento, i ragazzi inizieranno un periodo di tirocinio di tre mesi in aziende del territorio che hanno aderito al progetto. Obiettivo: far sì che l ‘ inserimento si trasformi in ulteriori contratti e possa garantire un futuro professionale a coloro che hanno completato la formazione. «Puntiamo – spiega Mara Alacqua, presidente di Cambalache alla professionalizzazione dei rifugiati e richiedenti asilo, garantendo loro non solo una formazione nell’ambito lavorativo in cui andranno a operare, ma anche sulla sicurezza sul lavoro e sui diritti e doveri dei lavoratori. Il modello, benché in un differente ambito professionale, è lo stesso di ‘Bee my job ‘, percorso di apicoltura urbana e sociale ideato dalla nostra associazione, che nel 2018 ha ottenuto il supporto dell’Unhcr – Agenzia Onu per i rifugiati. L’obiettivo non è solo quello di promuovere la possibilità di nuovi posti di lavoro, ma farlo supportando l ‘ integrazione e il migliore inserimento nella società».

«Il primo contatto con Cambalache in cui ci è stata proposta l’iniziativa – aggiunge Maurizio Rena, coordinatore territoriale di CnosFap – risale ad agosto dell’anno scorso. L’abbiamo accolta con entusiasmo, perché crediamo fermamente nelle possibilità di coinvolgere i richiedenti asilo e i rifugiati. Abbiamo iniziato a progettare l’organizzazione formativa, contattando le aziende per il collocamento in tirocinio dei ragazzi, visto che il profilo del saldatore è molto richiesto. Ecco perché possiamo dire che la scelta di questo ambito per un progetto di così alto valore sociale è legata pure a un ‘ esigenza che nasce dal territorio e dalle realtà che vi operano».

ACQUI NEWS

Al via stage lavorativi per richiedenti asilo e rifugiati:
il futuro è fare il saldatore

Cambalache dà il via a un nuovo progetto di formazione e inserimento lavorativo per richiedenti asilo sul modello virtuoso di Bee My Job, ma questa volta nell’ambito saldatura

ALESSANDRIA – Prende il via questa settimana nel laboratorio di saldatura dell’Agenzia formativa CNOS-FAP di Alessandria il nuovo progetto di formazione e inserimento lavorativo rivolto a richiedenti asilo e rifugiati, promosso da Cambalache, in collaborazione con CNOS-FAP e Confcooperative Asti-Alessandria, e realizzato con il contributo della Fondazione CRT, nell’ambito del bando Iniziativa Lavoro.

Nove i beneficiari che saranno protagonisti del percorso, accolti nel progetto SPRAR (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati) del Comune di Alessandria e in altri progetti CAS (Centri di Accoglienza Straordinaria) sul territorio.

Il percorso prevede una formazione pratica nell’ambito della saldatura – nel laboratorio di ultima generazione della sede CNOS-FAP sotto la guida di tre docenti esperti – volta a formare figure professionalizzate, pronte a lavorare in aziende del settore. Ma anche un servizio di orientamento al lavoro per garantire una migliore conoscenza dell’ambito in cui i beneficiari andranno a operare; una parte di formazione sulla sicurezza sul lavoro, fondamentale per rendere i rifugiati e i richiedenti asilo consapevoli delle norme vigenti e dell’importanza di svolgere le mansioni secondo le modalità corrette; un approfondimento di educazione alla cittadinanza, per garantire loro una maggiore integrazione nel percorso che li potrà vedere protagonisti nella società. Il progetto prevede anche un corso di italiano intensivo, già avviato nelle scorse settimane nella sede di Cambalache.

E poi la formazione si trasformerà subito in lavoro concreto. Appena terminato il percorso di apprendimento, i ragazzi inizieranno infatti un periodo di tirocinio di tre mesi in aziende del territorio che hanno aderito al progetto. Obiettivo: far sì che l’inserimento si trasformi in ulteriori contratti e possa garantire un futuro professionale a coloro che hanno completato la formazione.

“Il progetto – spiega Mara Alacqua, presidente di Cambalache – punta alla professionalizzazione dei rifugiati e richiedenti asilo, garantendo loro non solo una formazione sull’ambito lavorativo in cui andranno a operare, ma anche sulla sicurezza sul lavoro e sui diritti e doveri dei lavoratori. Il modello, benché in un differente ambito professionale, è lo stesso di Bee My Job, progetto di apicoltura urbana e sociale ideato dalla nostra Associazione, che nel 2018 ha ottenuto il supporto dell’UNHCR – Agenzia ONU per i rifugiati. L’obiettivo non è solo quello di promuovere la possibilità di nuovi posti di lavoro, ma farlo supportando l’integrazione e il migliore inserimento nella società”.

“Il primo contatto con Cambalache in cui ci è stata proposta l’iniziativa – racconta Maurizio Rena, coordinatore territoriale di CNOSFAP, partner dell’Associazione in questo progetto – risale ad agosto dell’anno scorso. L’abbiamo accolta con entusiasmo perché crediamo fermamente nelle possibilità di coinvolgere in percorsi di questo tipo i richiedenti asilo e i rifugiati. Abbiamo iniziato a progettare l’organizzazione formativa, contattando le aziende per il collocamento in tirocinio dei ragazzi. Il profilo del saldatore sul territorio è molto richiesto. Ecco perché possiamo dire che la scelta di questo ambito per un progetto di così alto valore sociale sia legata anche a un’esigenza che nasce dal nostro territorio e dalle aziende che vi operano”.

ALESSANDRIA OGGI

Nove migranti africani saranno presto inseriti nel mondo del lavoro

Alessandria – Sono nove i ragazzi, provenienti da Nigeria, Liberia, Camerun, Togo, Guinea, Gambia e Costa d’Avorio, che prenderanno parte ad un nuovo progetto di formazione e inserimento lavorativo per richiedenti asilo, coordinato dall’associazione Cambalache, sul modello virtuoso di Bee My Job. I giovani parteciperanno a 130 ore di lezioni teorico-pratiche nel laboratorio Saldatura al Centro Nazionale Opere Salesiane, CNOSFAP, in corso Acqui. Onyeka, Hafis, Mamadou, Gustave, Abdourauf, Moses, Sekou, Lamin e Djankou lavoreranno poi in tirocini retribuiti in otto aziende del territorio, con l’obiettivo di una possibile futura assunzione. Le imprese interessate sono Maestrello S.R.L a Oviglio, Fratelli Bigaran S.R.L ad Alessandria, C.F.A. SRL di Castellazzo Bormida, Il Serramento di Lo Carmine Natascja con sede a Frugarolo, Società Costruzioni Capannoni S.R.L a Oviglio, Conti Serramenti S.R.L ad Alessandria, T.O.P di Tonon Paolo con sede ad Alessandria e Autofficina Riparazioni Fb snc di Alessandria. Il progetto è stato finanziato con 29.000 euro dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Torino. Una parte rilevante di questa cifra, il 15%, arriverà solo se l’impiego lavorativo dei ragazzi si concretizzerà. Il corso prevede anche ore di sicurezza sul lavoro, di educazione alla cittadinanza e di apprendimento della lingua italiana.

17/06: il Cnos-fap di Vigliano al “Via Piemonte in festa”

La testata “La Nuova Provincia di Biella” ha pubblicato, in data 13 Giugno 2018, l’articolo di presentazione di “Via Piemonte in Festa” che ospiterà, il 17 Giugno 2018, nel suo folto palinsesto di attività, i ragazzi del Centro di Formazione Professionale di Vigliano Biellese.

 

MANIFESTAZIONE
La giornata si svolgerà all’ insegna del divertimento e del buon cibo, grazie alle postazioni di street food

E’ tutto pronto per “Via Piemonte in Festa” Domenica l ‘ evento benefico al Villaggio Lamarmora

BIELLA – Mancano pochi giorni all’attesissimo appuntamento con ” Via Piemonte in festa“, l’evento benefico in programma questa domenica ed organizzato da Caffè Amici e Pro Loco di Biella per dare risalto al Villaggio Lamarmora e aiutare le famiglie biellesi in difficoltà. La giornata si svolgerà all’insegna del divertimento e della condivisione, ma anche del buon cibo che andrà a soddisfare i palati più esigenti con lo street food di Panzerotti on the Road, La Fassona, Lupi di Mare, il Carretto di Federico e Dolci a Abbracci. Il tutto accompagnato da altrettante birre di qualità proposte dai birrifici biellesi riuniti sotto un unico stand, Bolle di Malto, che per l’ occasione inaugurerà la sua stagione di eventi e dalla degustazione di cocktail esclusivi e di un aperitivo mistico inventato appositamente per la grande festa dal Caffè Amici.

Per quanto riguarda i festeggiamenti, si comincerà alle 9,30 con un momento di condivisione all’aria aperta, ovvero una lezione di yoga proposta dall’istruttrice Laura Tonella e a seguire quella di yoga della risata condotta da Emanuela Petit. Seguiranno laboratori e corsi di cake design al mattino alle 10,30 e al pomeriggio alle 14,30, giochi e animazione per bimbi a partire dalle 14, l’esibizione di Bi Roller alle 14,20 e le esibizioni della scuola di danza Mambo Forrò di via Cottolengo 31, che porterà in scena tutti i tipi di ballo: gipsy, liscio, tango, zumba, danza sportiva e country dalle 14 alle 16 e di burlesque, hawaiana, latino cubano e danza orientale dalle 17 alle 18. Ma non finisce qui. Sempre nel pomeriggio, alle 16,30, ci sarà uno spettacolo realizzato per i bambini, con l’ assegnazione dei premi del concorso ” Mano nella mano”, una bellissima sorpresa realizzata da GhenezShop che lascerà a bocca aperta tutti i partecipanti ed un momento di body painting proposto da Giangi. A seguire alle 18,30 avrà luogo la sfilata a tema contro la violenza sulle donne, a cura della Dreams Eventi e con la partecipazione del centro danza Scarpette Rosse. Infine, alla sera, a partire dalle 21 ci sarà l’evento clou della manifestazione, ovvero le selezioni provinciali di Miss Italia immortalate dall’ ob ie tt ivo del fotografo biellese Carlos Gianesini. Per l’occasione il parrucchiere uomo da Roby metterà a disposizione il proprio negozio, dove le candidate si vestiranno e verranno truccate per il concorso dai ragazzi del Cnos-fap di Vigliano.

«Abbiamo raggiunto un numero altissimo di aziende che hanno offerto piccoli e grandi contributi da destinare alla manifestazione e stiamo raccogliendo abbigliamento e libri da offrire alle persone bisognose – commenta Luca Mantio, vice presidente della Pro Loco – Domenica invitiamo quindi i cittadini a trascorrere una piacevole giornata di festa in nostra compagnia e a contribuire con le donazioni di oggetti e vestiti, da consegnare direttamente presso il bar, e di denaro alla Pro Loco di Biella, grazie al supporto dell’assessore alle politiche sociali Francesca Salivotti».

Ultimi, ma non per importanza, i ringraziamenti. « Ringraziamo una parte di coloro che renderanno possibile la manifestazione – conclude Luca Mantio – Si tratta del main sponsor Ford Nuova Assauto e dei media partner La Nuova provincia di Biella e Comoradio International, degli sponsor Campagnolo, Mary cake Designe, Flormar, Feltyde, panificio Acqua e Farina, L’ isola di Peter Pan, Boom, GhenezShop, Ristorante Pizzeria Joker, Centri dentistici Primo, Mantico, Bolle di Malto, Alpe Guizza, Ristorante Pizzeria Infinity, Pausa Caffè, pasticceria Dolci e Abbracci, pizzeria C’è pizza per te, Studio estetico Super Fascino, Visalus, Bottega, Dormillo, Avon, Vending Italia, The Second e dei partner Dreams Eventi, 2Look, Rhythmic school, Cnosfap, mambo Forrò, Centro danza Scarpette Rosse, Roby parrucchiere per uomo, Bi Roller, Simone y Lucrezia Dancers. Un grazie speciale, infine, al fotografo Carlos Gianesini».

Il 150° della Basilica: la rassegna stampa

Ecco una rassegna stampa dei servizi giornalistici realizzati in occasione della celebrazione di Sabato 9 Giugno 2018 del 150° Anniversario della consacrazione della Basilica Maria Ausiliatrice.

 

Articolo a cura di Marina Lomunno

Torino. Boccardo: la Vergine per sempre aiuto dei cristiani

Ieri il rito presieduto dell’arcivescovo per i centocinquant’ anni dalla consacrazione della Basilica che fu sognata da don Bosco

Era il 9 giugno 1868 quando l’allora arcivescovo di Torino, Alessandro Riccardi, consacrava a Valdocco la chiesa di Maria Ausiliatrice, presente don Bosco, che vedeva così realizzato il più celebre dei suoi sogni. Una notte nel 1844, quando era ancora alla ricerca di una sede stabile per il suo oratorio, Maria gli apparve indicandogli il terreno in cui costruire un luogo dove “Dio sia onorato in modo specialissimo”. E così avvenne: don Bosco tra difficoltà enormi realizzò la Basilica, poi casa-madre dei salesiani, che continua a essere centro propulsore del sistema preventivo del santo dei giovani in 132 Paesi nei cinque continenti dove sono presenti i suoi figli e le sue figlie. Così nella mattinata di ieri, esattamente 150 anni dopo, le celebrazioni di questo anno “solenne” hanno avuto il culmine proprio nella Basilica dove si venerano le spoglie mortali di don Bosco e di madre Mazzarello, fondatrice delle Figlie di Maria Ausiliatrice. «Centocinquanta anni fa don Bosco portava a compimento la costruzione di questa Basilica e affermava che era stata la Madonna stessa a costruire la sua casa e che ogni mattone corrispondeva a una grazia», ricordato nell’omelia Renato Boccardo, arcivescovo di Spoleto-Norcia, che ha presieduto la concelebrazione con decine di salesiani e animata dai cori di Basilica, Colle don Bosco e Castelrosso diretti da don Maurizio Palazzo. «Non è tanto il numero degli anni in sé ad impressionare, quanto piuttosto il pensiero delle generazioni che qui si sono succedute, unite nella devozione e nella supplica a Maria “aiuto dei cristiani”». Boccardo è stato invitato nel cuore della salesianità in questo giorno speciale da don Cristian Besso, rettore della Basilica di Maria Ausiliatrice, e don Guido Errico, direttore della comunità di Valdocco, perché c’è un legame profondo tra don Bosco e la diocesi di Spoleto. «Ringrazio per essere qui per tanti motivi – ha proseguito Boccardo –. Perché sono piemontese e qui pellegrino fin da piccolo con mia mamma e poi come pastore della Chiesa di Spoleto-Norcia: la diocesi che mi è stata affidata, e che recentemente è stata martoriata dal terremoto, custodisce una venerata immagine in un santuario nelle valli di Spoleto che ha come titolo “aiuto dei cristiani”. Nelle memorie del santo si dice che il 24 maggio 1862 “don Bosco an-
nunzia alla sera con sua grande contentezza la prodigiosa manifestazione di una immagine di Maria avvenuta nelle vicinanze di Spoleto” e dice che “siccome la devota immagine non aveva alcun titolo, l’arcivescovo di Spoleto monsignor Arnaldi giudicò che fosse venerata sotto il nome di Auxilium christianorum”». Di qui l’ispirazione di don Bosco ad intitolare a Maria Ausiliatrice la “sua” Basilica. Chissà, ha auspicato don Besso, che in memoria del 150° non si possa gemellare l’Ausiliatrice di Valdocco con l’Ausiliatrice di Spoleto.

La concelebrazione di ieri, come ha richiamato don Stefano Martoglio, consigliere per la Regione mediterranea del salesiani, ha suggellato un fitto calendario di celebrazioni promosse dalla comunità salesiana di Maria Ausiliatrice in occasione del 150° della consacrazione della Basilica: tra queste, la visita il 6 marzo scorso del presidente della Cei, Gualtiero Bassetti, che ha voluto ringraziare a nome della Chiesa italiana la famiglia di don Bosco per «il grande albero nato dal cortile di Valdocco e da questa Basilica». E poi, nelle scorse settimane, la visita ispettoriale di animazione del rettor maggiore dei salesiani don Ángel Fernández Artime che ha incontrato le opere e i giovani degli oratori torinesi e ha partecipato alla processione di Maria Ausiliatrice nella solennità del 24 maggio presieduta dall’arcivescovo di Torino, Cesare Nosiglia. Ieri, al termine del rito, il rettore don Besso ha anche ringraziato i numerosi benefattori tra cui il giornalista Maurizio Scandurra e l’imprenditore Cristiano Bilucaglia che hanno regalato alla Basilica un candelabro liturgico per il presbiterio commissionato alla Pontificia Fonderia Marinelli di Agnone su motivo grafico dello scultore Ettore Marinelli.

 

 

 

 

 

Immagini, testi e diritti d’immagine, intellettuali, d’autore, la proprietà e ogni altro diritto: © Rai TGR. Direttore Vincenzo Morgante, Vicedirettori Ines Maggiolini, Enrico Castelli, Anna Donato, Giuseppina Paterniti, Federico Zurzo. Caporedattore centrale Tarcisio #Mazzeo. Vice caporedattore Andrea #Caglieris. Grazie a Gian Maria Corazza, a Enrico Bona e a tutta l’équipe tecnica e di redazione. Edizione di sabato 9 giugno 2018 ore 14.

Articolo a cura di Maria Teresa Martinengo

Il sogno di don Bosco è realtà da 150 anni

Dove tutto è nato, tra benefattori, debiti e guarigioni prodigiose, fino alla diffusione globale

Per costruire la Basilica di Maria Ausiliatrice, don Bosco si prodigò in ogni possibile modo. Debiti, tanti, richieste a personalità laiche ed ecclesiastiche, una grande lotteria, mentre la Madonna aumentava le «grazie» a chi aveva fatto offerte per la sua casa torinese. Guarigioni straordinarie di cui si diffonde la fama… Con un’attività frenetica difficilmente immaginabile oggi tra viaggi, lettere, visite, contatti di ogni tipo, arriva il 9 giugno 1868, 150 anni fa, il giorno – straordinario – della consacrazione. Le cronache raccontano un don Bosco che, per tutto il giorno, circondato da una folla di benefattori ed amici, commosso, non fa altro che lodare la Madonna. Il suo sogno «impossibile» è realtà.

Tempi tristi
Stamane alle 10, con mezz’ora di anticipo sull’ora di apertura delle porte ai fedeli 150 anni fa, inizierà la solenne celebrazione dell’anniversario presieduta dall’arcivescovo di Norcia-Spoleto, monsignor Renato Boccardo, invitato nel ricordo del suo predecessore ottocentesco che suggerì a don Bosco, in relazione a fatti prodigiosi avvenuti a Spoleto, legati ad una effigie mariana (Auxilium Christianorum), di intitolare la basilica a Maria Ausiliatrice. «I tempi sono così tristi che abbiamo bisogno che la Vergine Santissima ci aiuti a conservare la fede cristiana», aveva detto monsignor Arnaldi.

La Messa, in mondovisione su Telepace e in streaming su www.missionidonbosco.org, raggiungerà i salesiani e tutti coloro che in 133 Paesi del mondo (l’ultima scuola è stata aperta in Malesia) conoscono e vivono l’opera di don Bosco, partita da Valdocco, dalla basilica con ogni probabilità più nota e amata al mondo dopo San Pietro.

Qui è nato tutto
«Questa è la casa madre dei Salesiani e di tutti coloro che hanno incontrato il carisma di don Bosco: qui è nato tutto e ogni giorno da ogni parte del mondo arrivano persone che guardando don Bosco e l’Ausiliatrice vivono momenti di profonda commozione – racconta don Guido Errico, direttore della comunità di Valdocco -. Per la città, Maria Ausiliatrice è punto di riferimento, la devozione coinvolge giovani, anziani, fedeli che vivono un cammino di crescita, ragazzi che si interrogano sul proprio percorso di vita, giovani coppie, ex allievi». Tra l’immensa chiesa, le stanze, i cortili si ripercorre l’itinerario di don Bosco. «In occasione del 2015, 200° della nascita del nostro fondatore, quando abbiamo accolto Papa Francesco, e per il 150°, sono stati fatti imponenti lavori di restauro». Oggi la basilica è perfetta, come l’aveva sognata don Bosco.

Articolo a cura di Dario Rei

Il 9 giugno del 1868 ebbe luogo la solenne consacrazione della chiesa (dal 1911 poi basilica) – di Maria Ausiliatrice. La Chiesa era stata voluta da don Bosco proprio a Valdocco, nel quartiere della città che si era posto al centro della sua attività pastorale e pedagogica.
Si narra, secondo una movenza non insolita in molte storie di istituzione, che la prima intuizione del nuovo santuario provenisse “ab extra” , nel sogno della seconda Domenica di ottobre del 1844: «guardai di nuovo, e vidi una stupenda ed alta Chiesa. Nell’interno di quella Chiesa era una fascia bianca, in cui a caratteri cubitali stava scritto: Hic domus mea, inde gloria mea».
I lavori iniziarono in realtà molto più tardi, nell’autunno del 1863: senza fondi e accompagnati da peripezie economiche, che tuttavia non ne impedirono il rapido progresso. La prima pietra venne posta il 27 aprile 1865 alla presenza del principe Amedeo di Savoia, duca d’Aosta; il 23 settembre 1866 venne terminata la cupola di 19 metri di diametro, alla cui sommità fu posizionata la grande statua dorata della Madonna, opera di Camillo Boggio. Per la facciata, il progettista e direttore dei lavori Antonio Spezia si era rifatto alla palladiana chiesa di san Giorgio Maggiore in Venezia.
Come si presentasse il Santuario subito dopo la costruzione, lo si vede nel quadro della cappella dedicata a san Giuseppe: un complesso spoglio, senza le decorazioni in marmi policromi, che furono aggiunte successivamente, con l’unica cupola imbiancata a calce. La chiesa fu ingrandita tra il 1934 e il 1942, in concomitanza con la canonizzazione di don Bosco, le cui spoglie sono oggi ospitate in una cappella completata nel 1938: si aggiunsero la cupola minore, varie decorazioni e la costruzione dell’Oratorio, dove sono ancora presenti le stanze originali, e la cappella Pinardi, costruita sulla tettoia-baracca che era stata utilizzata agli inizi nella primavera del 1846.
Singolare connessione della Chiesa torinese con i luoghi natii di don Bosco è offerta dall’opera di Giuseppe Rollini: un pittore rimasto orfano e accolto a Torino nell’ Oratorio di San Francesco di Sales, che lavorò tra il 1869 ed il 1894 a più riprese in Maria Ausiliatrice, negli affreschi della cupola maggiore, nella navata centrale e in varie cappelle, per segnalarsi successivamente anche in altri edifici di culto torinesi e per gli apparati pittorici del Borgo Medievale. Il giovane Rollini (scrive Antonio Bosio in «Storia dell’ antica Abbazia e del Santuario di Nostra Signora di Vezzolano con alcuni cenni sopra Albugnano e paesi circonvicini»,Torino,1872 ) fu autore del quadro votivo della Madonna benefattrice e salvatrice, portato in processione nel 1867 dai «divoti castelnovesi a Maria Vergine del Vezzolano per la cessazione di crudo morbo» (il colera), che infuriava in contemporanea anche a Torino con numerose vittime. Il quadro, esposto per oltre un secolo nella chiesa di Vezzolano nella navata centrale, è stato di recente restaurato e lo si può vedere nella sala dell’abate all’interno del complesso canonicale.

All’anno stesso della consacrazione (1868) risale la grande pala posta sopra il tabernacolo: realizzata da Tommaso Lorenzone e voluta da don Bosco, per rappresentare «Maria, Madre della Chiesa» che la acclama «Madre e Ausiliatrice potente».  Per tutto l’Ottocento, la devozione mariana conosce un intenso sviluppo, che pone in primo piano non più la Mater dolorosa ma Maria l’Ausiliatrice, modello di vita e maternità (anche «allegra», come si esprimerà nelle sue lettere Maria Mazzarello, fondatrice dell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice (cfr. «Don Bosco nella storia della cultura popolare», a cura di Francesco Traniello, Sei, Torino, pp. 187-207).

Una tradizione che continua e si rinnova. Secondo una recentissima catechesi del Papa ad inizio 2018 : «il dono di ogni madre e di ogni donna è tanto prezioso per la Chiesa, che è madre e donna. E mentre l’uomo spesso astrae, afferma e impone idee, la donna, la madre, sa custodire, collegare nel cuore, vivificare».

«Perché la fede non si riduca solo a idea o dottrina, abbiamo bisogno, tutti, di un cuore di madre, che
sappia custodire la tenerezza di Dio e ascoltare i palpiti dell’uomo».

 

 

Articolo a cura di Marina Lomunno

CON MONS. BOCCARDO – LA SOLENNE CELEBRAZIONE DEL 9 GIUGNO

Maria Ausiliatrice concluso il 150°

«La Madonna è la fondatrice e sarà la sostenitrice delle opere nostre a favore della gioventù». Così don Bosco, parlando con don Giovanni Cagliero, poi cardinale salesiano, motivava il suo desiderio di consacrare «una grande chiesa a Maria Ausiliatrice». È passato un secolo e mezzo dal 9 giugno del 1868 quando l’allora arcivescovo di Torino, mons. Alessandro Riccardi, consacrava la chiesa di Maria Ausiliatrice, presente don Bosco, che vedeva così realizzato il più «audace» dei suoi sogni. Una notte nel 1844, quando ancora non aveva trovato una sede per il suo oratorio, Maria gli apparve indicandogli il terreno dove costruire un luogo dove «Dio sia onorato in modo specialissimo». E così avvenne: don Bosco realizzò tra mille peripezie il sogno della Basilica, la chiesa Madre della futura Congregazione del salesiani, che continua ad essere centro propulsore del sistema preventivo del santo dei giovani in 132 paesi nei 5 continenti dove sono presenti i suoi figli e le sue figlie.

E nella mattinata di sabato, a 150 anni esatti dalla consacrazione, le celebrazioni di questo anno speciale hanno avuto il loro culmine in Basilica: «150 anni fa don Bosco portava a compimento la costruzione di questa Basilica e affermava che era stata la Madonna stessa a costruire la sua casa e che ogni mattone corrispondeva a una grazia» ha ricordato nell’omelia mons. Renato Boccardo, arcivescovo di Spoleto-Norcia, che ha presieduto la concelebrazione con decine di salesiani e animata magistralmente dai cori di Basilica, Colle don Bosco e Castelroso diretti dal maestro don Maurizio Palazzo. «Non è tanto il numero degli anni in sé ad impressionare, quanto piuttosto il pensiero delle generazioni che qui si sono succedute, unite nella devozione e nella supplica a Maria Aiuto dei cristiani». Mons. Boccardo è stato invitato a Torino alla chiusura uffi ciale del 150° da don Cristian Besso, rettore della basilica Maria Ausiliatrice e don Guido Errico, direttore della comunità di Valdocco, perché c’è un legame profondo tra don Bosco e la diocesi di Spoleto. «Ringrazio per essere qui stamattina per tanti motivi » ha proseguito mons. Boccardo «perché sono piemontese e qui pellegrino fin da piccolo con mia mamma e poi come pastore della Chiesa di Spoleto-Norcia: la diocesi che mi è stata affidata, e che recentemente è stata martoriata dal terremoto, custodisce una venerata immagine in un santuario nelle valli di Spoleto che ha come titolo ‘Aiuto dei cristiani’. Nelle memorie del santo si dice che il 24 maggio 1862 ‘don Bosco annunzia alla sera con sua grande contentezza la prodigiosa manifestazione di una immagine di Maria avvenuta nelle vicinanze di Spoleto’ e dice che ‘siccome la devota immagine non aveva alcun titolo, l’Arcivescovo di Spoleto mons. Arnaldi giudicò che fosse venerata sotto il nome di Auxilium christianorum’». Di qui l’ispirazione di don Bosco ad intitolare a Maria Ausiliatrice la «sua» Basilica. Chissà, come ha auspicato il rettore don Besso, in memoria del 150° non  si possa gemellare l’Ausiliatrice di Valdocco con l’Ausiliatrice di Spoleto…

La concelebrazione di ieri, come ha richiamato don Stefano Martoglio, consigliere per la regione mediterranea del salesiani, ringraziando mons. Boccardo a nome del Rettor Maggiore, ha suggellato un fitto calendario di celebrazioni promosse dalla Comunità salesiana di Maria Ausiliatrice in occasione del 150° della consacrazione della Basilica:
tra queste, la visita il 6 marzo scorso a Maria Ausiliatrice del presidente della Cei Gualtiero Bassetti e poi, nelle scorse settimane, la visita ispettorialedi animazione del Rettor Maggiore dei salesiani don Ángel Fernández Artime che ha partecipato alla solenne processione di Maria Ausiliatrice nella solennità del 24 maggio presieduta dall’Arcivescovo. Al termine della solenne concelebrazione, il rettore della Basilica ha anche ringraziato i numerosi benefattori tra cui il giornalista Maurizio Scandurra e l’imprenditore Cristiano Bilucaglia che hanno regalato per il 150° un candelabro liturgico per il presbiterio commissionato alla Pontificia Fonderia Marinelli di Agnone disegnato dallo scultore Ettore Marinelli, in memoria dell’avvocato torinese Bruno Poy.

Bra: la processione notturna dedicata a Maria Ausiliatrice

Si segnala, qui di seguito, la notizia apparsa nell’edizione del 9 Giugno 2018 de “Il Braidese” circa la processione notturna in onore di Maria Ausiliatrice:

Grande partecipazione alla processione; don Vincenzo Trotta:
“Da 59 anni la gloria di Maria è stata portata anche a Bra”

In tanti per Maria Ausiliatrice

La bellissima esperienza del camminare di notte nella città assieme con Maria. Succede a Bra, dove nella serata di domenica 27 maggio la cittadinanza ha reso onore a Maria Ausiliatrice con una disciplinata processione, come sempre molto partecipata e sentita.
Il direttore dei Salesiani di Bra, don Vincenzo Trotta, alla presenza dei parroci, dei confratelli e di una folla che ha contato anche le autorità civili e le confraternite dei Battuti Neri e dei Battuti Bianchi, ha guidato il corteo religioso tra le vie dell’oltre-ferrovia, un quartiere grande come la devozione della popolazione che lo abita. Lungo tutto il percorso, a suggellare la festa, era un succedersi di lunghi drappi bianchi e azzurri, ceri, fiori, piccoli altari, tovaglie bianche stese sui balconi.
Al rientro nell’Istituto salesiano San Domenico Savio, gli studenti del Centro professionale hanno offerto un rinfresco a base di dolci preparati artigianalmente. Ma prima, le belle parole pronunciate da don Vincenzo a corollario dell’evento che ha chiuso il mese mariano e fatto da appendice alle celebrazioni della memoria liturgica dell’Ausiliatrice nell’anno in cui si celebrano i 150 anni della costruzione della Basilica a lei dedicata. «Da 59 anni, la gloria di Maria è stata portata anche nella realtà braidese, con lo stile, il carisma e l’identità di don Bosco che l’ha pregata ed invocata. Stasera Maria Ausiliatrice è entrata nelle case di tutti i cittadini di Bra, lasciamoci prendere per mano da lei, non scoraggiamoci di fronte alle fatiche che tutti siamo chiamati a vivere. La Madonna ci risolleva e ci aiuta ad acquisire fiducia, speranza e carità. Don Bosco ci assicura che la Madre di Dio non si stanca di intercedere con noi e per noi, invochiamola e scopriremo che cosa sono i miracoli».

Il Reportage: “Una vita a misura di minore” grazie all’accoglienza al San Luigi di Torino

Minori stranieri non accompagnati e giovani adulti in Italia: le storie, i numeri, l’accoglienza, perchè sono partiti e quello che hanno vissuto in viaggio. Su questo e altro cerca di rispondere il giornalista Giovanni Godio con il reportage “Una vita in minore” pubblicato, giovedì 31 maggio 2018, sulla rivista “Dimensioni Nuove”, edita dalla casa editrice salesiana Elledici, di cui pubblichiamo di seguito un breve stralcio:

I ragazzi ospiti della comunità per minori stranieri non accompagnati (sigla social-burocratese MSNA) dell’Oratorio San Luigi oggi sono 15 e sono arrivati sotto le Alpi, oltre che da Somalia ed Egitto, dal Marocco, dal Senegal, dall’Albania, dalla Costa d’Avorio e dal lontano Pakistan. «Insomma, una succursale del Palazzo di Vetro dell’ONU», scherza don Mauro Mergola, salesiano, direttore del San Luigi, parroco della vicina parrocchia dei SS. Pietro e Paolo nonché affidatario di questi ragazzi.

Missione fiducia

La comunità è stata aperta su richiesta dell’ufficio Minori stranieri del Comune, oggi fa parte della rete dei progetti del Sistema di protezione richiedenti asilo e rifugiati (lo SPRAR). E, in collaborazione con i centri di formazione professionale e con quelli per l’istruzione-formazione di giovani e adulti (i CPT), ma anche grazie al valore aggiunto delle attività dell’oratorio che la ospita, di certo non si accontenta di offrire un pranzo, una cena e un letto.

«Lavoriamo per accompagnare questi ragazzi verso l’autonomia, non solo lavorativa, in un cammino di integrazione che li aiuti a capire che non tutto gli è dovuto ma, soprattutto, che li aiuti a sentirsi veramente accolti e stimati, nello stile di don Bosco – spiega don Mauro – . Sono partiti sentendosi adulti, hanno superato mille traversie, poi qui in Italia sono stati accolti come ragazzini. In realtà sono adolescenti, in fondo come tutti gli altri. Sono arrivati con la loro cultura e senza genitori, hanno incontrato il nostro Paese “ricco”, con le sue luci e le sue contraddizioni.

E intanto sulle loro spalle pesa, in un modo o nell’altro, il debito di chi in patria ha investito per il loro viaggio: a volte le famiglie si aspettano subito delle rimesse, a volte quando i ragazzi iniziano a guadagnare qualcosa si sentono in dovere di spedire tutto laggiù, anche se qui non è certo facile mantenersi… Però qui, fin dall’inizio, la cosa più difficile per loro è conquistarsi fiducia. E trovare qualcuno di cui fidarsi: noi, le istituzioni, oppure lo “zio” o i connazionali che magari ti dicono “non farti incastrare in comunità”, o “prendi solo quello che ti serve”?».

Il progetto di Housing Sociale

Nella parrocchia di don Mergola (ci troviamo nel “quartiere multietnico” di San Salvario) è partito nello scorso autunno il cantiere per una residenza di co-housing , cioè con spazi privati e comuni. Per periodi di 18 mesi accoglierà 14 giovani, fra cui alcuni neo-diciottenni del centro di accoglienza del San Luigi, proprio per accompagnarli meglio verso l’autonomia e il lavoro nel difficile giro di boa della maggiore età. Gli altri ospiti, in un mix pensato per creare scambio e relazione fra diverse situazioni di vita, saranno studenti universitari fuori sede, italiani e immigrati. I lavori per la “San Salvario house”, frutto della collaborazione fra Salesiani, Diocesi e Comune (con il finanziamento della Compagnia di San Paolo), termineranno entro questo mese di maggio.

«Ai ragazzi – ha sottolineato don Mauro – chiederemo di aderire a un progetto educativo in cui si impegnano a versare una quota mensile, a condividere spazi e attività, a raggiungere i loro obiettivi di studio e di lavoro, ma anche a fare un po’ di volontariato nei servizi della nostra comunità».

Leggi il reportage integrale:

(Articolo tratto da DonBoscoSanSalvario.it)

Più pellegrini alla reliquia di Don Bosco

La redazione de “La Nuova Provincia” ha pubblicato l’intervista, a cura di Daniela Peira, realizzata con Don Luca Barone, direttore della comunità salesiana di Colle don Bosco, riguardante l’episodio del furto e del successivo ritrovamento della reliquia appartenente a San Giovanni Bosco e la riscoperta della devozione popolare in questo luogo.

Più pellegrini alla reliquia di Don Bosco rubata un anno fa

Ad un anno esatto dal trafugamento, intervista al direttore don Luca Barone per capire cosa è rimasto di quel brutto episodio. E si riscopre la devozione popolare legata alle reliquie

Una notte difficile
Una delle notti più difficili della sua vita, quella fra il 2 e il 3 giugno dell’anno scorso per l’allora appena nominato direttore del Colle don Bosco don Luca Barone: poco prima di cena, infatti, uno dei sacerdoti salesiani aveva scoperto con sgomento che dalla teca dietro l’altare maggiore della chiesa inferiore era stata rubata la reliquia di San Giovanni Bosco. Un’ampolla in vetro, con i sigilli della Congregazione Salesiana, che contiene frammenti del cervello del grande Santo Sociale. L’ampolla era contenuta in un reliquiario sistemato nel punto esatto in cui sorgeva la camera della cascina Biglione in cui don Bosco vide la luce. Un furto rimbalzato in tutto il mondo, in ogni angolo di quella “mappa” delle missioni salesiane.

Don Luca, cosa ricorda di quei giorni di grande amarezza e sofferenza per tutti i salesiani?

Da un episodio brutto come quello del furto della reliquia, sono nati importanti sprazzi di luce. Il primo riguarda l’eco mondiale e mediatica della notizia a riprova dell’interesse e dell’affetto verso Don Bosco. Come salesiani abbiamo davvero avuto la sensazione di un abbraccio mondiale a nostro conforto.
La seconda luce è quella che ha illuminato la gente di questa terra che si è dimostrata così profondamente ed intimamente legata alla figura di Don Bosco. E’ stato come se avessero rubato una parte di loro e sono state tante le telefonate, le preghiere, le testimonianze di solidarietà arrivate qui al Colle.
La terza luce è stata l’occasione di toccare con mano la passione e la competenza con la quale i carabinieri, guidati da un grande pm, hanno condotto le indagini per arrivare all’identificazione del ladro.

Un anno dopo, cosa rimane di quel furto sacrilego risolto in una decina di giorni con il ritrovamento e la restituzione dell’ampolla?

Paradossalmente quel furto ha rafforzato la potenza simbolica della reliquia.
Dal suo ritorno sono aumentati i passaggi di fedeli che si raccolgono in quello stretto corridoio per avere un contatto sacro con il corpo del Santo. Dal ragazzino che appoggia la mano sul vetro della teca con gli occhi spalancati verso la reliquia all’adulto che si inginocchia e prega.

All’epoca del furto qualcuno ha sottolineato l’anacronismo di tanto attaccamento ad un frammento di corpo di un Santo. E’ davvero una forma di devozione superata?

Non solo non è superata, ma è profondamente moderna. In un’epoca all’insegna della concretezza più che della spiritualità, il contatto diretto dei fedeli con il corpo del Santo, risponde a questa esigenza di visualizzazione della propria fede.
Se uno si sofferma un po’ ad analizzare i pellegrini che si recano alla reliquia, vedrà che molti pregano, ma molti altri si rivolgono direttamente all’ampolla come se parlassero direttamente a Don Bosco e molti altri lasciano biglietti con intenzioni che vengono tutte raccolte, conservate e ricordate nelle messe.

Per la restituzione ufficiale dell’ampolla venne scelto il giorno del compleanno di Don Bosco davanti ad una platea di giovani provenienti da tutta Europa. Perchè?

Perchè restituendola ai giovani, è stato come restituirla a tutti. I giovani sono il popolo di Don Bosco. Lui, che prima di essere un “santo da altare” è un “santo da terra”, attraverso i giovani mantiene inalterata l’universalità del suo messaggio e della sua presenza.

Affidamento a Domenico Savio

Nella rubrica dedicata alla Famiglia di domenica 3 giugno 2018 de La Voce e Il Tempo, un articolo dedicato all’incontro di affidamento al giovane Santo Domenico Savio di ADMA e e del Movimento per la Vita, accompagnato dal tradizionale racconto di don Bruno Ferrero dal titolo “Il cielo a punti”, buona lettura!

I bimbi con Domenico Savio

Nell’anno 150° dalla consacrazione della Basilica di Maria Ausiliatrice a Torino Valdocco il Gruppo Adma e la sezione torinese del Movimento per la vita hanno organizzato un incontro di affidamento a
San Domenico Savio, le cui spoglie sono custodite presso l’altare a lui dedicato in Basilica, per giovani
coppie che desiderano aprirsi al dono di una vita nuova.
La tradizione dell’abitino di San Domenico Savio è ogni giorno testimoniata da tante mamme e famiglie che, prima o dopo la nascita di un bambino o di una bambina, pregano invocando l’intercessione del giovane santo e si affidano a lui nell’impegno di educare cristianamente la nuova
vita che il Signore ha donato.

L’intervista del Rettor Maggiore e altri approfondimenti dalla festa per l’Ausiliatrice

Si segnala lo speciale de “La Voce E Il Tempo”, edizione di domenica 3 Giugno 2018, circa l’intervista di M. Lomunno al Rettor Maggiore e l’omelia dell’Arcivescovo di Torino, raccolte in occasione dei festeggiamenti per Maria Ausiliatrice:

Don Artime: non prediche ma più ascolto

«Sono sempre commosso quando torno a Valdocco per la festa di Maria Ausiliatrice perché penso che in questo preciso momento in 132 paesi del mondo milioni di persone e soprattutto di ragazzi e ragazze stanno pregando la Madonna come indicava don Bosco». Sono parole di don Àngel Fernandèz Artime, Rettor Maggiore dei salesiani: lo abbiamo incontrato nel cortile di Valdocco giovedì 24 maggio, Solennità di Maria Ausiliatrice, al culmine della sua visita Ispettoriale d’animazione alle opere salesiane del Piemonte e della Valle d’Aosta per una felice concomitanza fissata nell’anno delle celebrazioni per il 150° di fondazione della Basilica.

I giovani che lei incontra si rivolgono a Maria?

I torinesi sono fortunati perché hanno questa bellissima Basilica che invita alla preghiera ma penso ai giovani della Siria incontrati recentemente nelle nostre opere che hanno perso tutto e non hanno più una chiesa dove incontrarsi o altre zone del pianeta (anche in Italia) dove la povertà delle strutture e le poche prospettive di futuro per le nuove generazioni non frenano la speranza nella Provvidenza. Ho incontrato tanti giovani che non hanno altro modo di arrivare a Gesù se non mediante l’affidamento a Maria perché tutti noi siamo nati dal grembo di una madre e Gesù nel punto di morte ha affidato il suo discepolo preferito alla sua mamma. Così continua a fare con noi. Dobbiamo ripetere ai nostri ragazzi di avere fiducia nella Madonna.

I giovani, anche a Torino, messi in crisi dalla disoccupazione e dalla povertà, sono sfiduciati, molti non lavorano né studiano, non hanno adulti di riferimento…

Sono questi i giovani che oggi a Torino don Bosco ritornerebbe a cercare e sono questi i giovani a cui noi salesiani, come ci ha suggerito il Papa due anni fa in questa Basilica, dobbiamo dedicarci.
Con concretezza, aiutandoli a prendere in mano la loro vita insegnando loro un mestiere che dia loro fiducia nelle proprie capacità, ascoltandoli, facendo loro da padre e da fratello maggiore quando non c’è la famiglia come i tanti minori soli non accompagnati che bussano alle nostre case. Non prediche o lezioni ma cose semplici che risolvono le emergenze. Prendiamoli per mano, guardiamoli negli occhi. Il resto arriverà.

Marina LOMUNNO

 

LA FESTA – LE PAROLE DELL’ARCIVESCOVO NELLA CELEBRAZIONE IN SANTUARIO E ALLA PROCESSIONE PER LE VIE DELLA CITTÀ

L’Ausiliatrice vicina ai ragazzi sfiduciati

C’è un’emergenza che oggi come nella Torino dei Santi sociali stringe come in una morsa la nostra città: sono i giovani e i poveri. Queste persone, in particolare, l’Arcivescovo ha affidato all’ Ausiliatrice, nella festa liturgica celebrata giovedì 24 maggio, culmine della settimana di celebrazioni in Basilica.

La solennità di Maria Ausiliatrice, tra le feste religiose sentite dai torinesi che ogni anno, il 24 maggio, si uniscono idealmente alla famiglia salesiana sparsain 132 Paesi del pianeta, quest’anno è stata particolarmente solenne: nelle Messe che dalla mattina alle 7 si sono susseguite ogni ora fino alla la processione serale con la statua della Vergine, è stato ricordato il 150° di fondazione della Basilica. La chiesa, voluta da don Bosco in seguito al «celebre» sogno in cui la Madonna lo invitava a costruirea Valdocco «la sua casa» divenne poi Casa Madre della congregazione salesiana e centro propulsore del metodo preventivo del santo dei giovani che la inaugurò e consacrò il 9 giugno 1868. E proprio sabato 9 giugno alle 10, in Basilica, con una Messa presieduta da mons. Renato Boccardo, valsusino di
nascita, Arcivescovo di Spoleto-Norcia e presidente della conferenza episcopale umbra, si concluderanno ufficialmente le celebrazioni per il 150°, un fitto calendario di incontri, tra cui la visita a Valdocco del presidente della Cei card. Gualtiero Bassetti lo scorso 9 marzo e la recente visita ispettoriale d’animazione del Rettor Maggiore don Ángel Fernàndez Artime alle opere e ai confratelli del Piemonte e della Valle D’Aosta.

Durante la concelebrazione in mattinata, mons. Nosiglia ha sottolineato che oggi, come nella Torino dell’Ottocento dove don Bosco insieme ai santi sociali cercava di dare sollie

vo e futuro a migliaia di indigenti e giovani fragili, «c’è bisogno di ridare un’anima alla nostra città». «Affidiamo a Maria Ausiliatrice anzitutto i giovani e il prossimo evento del Sinodo, che li vedrà protagonisti. I giovani sono purtroppo molto sfiduciati, perché non hanno voce nella società e vengono giudicati disimpegnati, senza ideali» – ha proseguito l’Arcivescovo – «La separatezza tra il mondo adulto e quello dei ragazzi e giovani è una delle criticità più preoccupanti della nostra società. Don Bosco non si limitava ad accoglierli, ma si faceva carico delle loro necessità, come quella educativa e quella della loro professione». E poi la preoccupazione «per la crescente presenza di poveri nella nostra città: don Bosco, il Cottolengo, il Murialdo, la marchesa di Barolo ci insegnano che per dare risposte appropriate e permanenti bisogna abitare le periferie, conoscere e incontrare le persone che le vivono. Se si sta in mezzo alla gente, si comprendono meglio le loro concrete possibilità, per cui bisogna sporcarsi mani e piedi lì dove la gente affronta giorno per giorno tante sofferenze e si sente scartata o poco ascoltata e, soprattutto, non vede la fine del tunnel di povertà che sta percorrendo». Riflessioni che Nosiglia ha ripreso in serata quando, accanto al Rettor Maggiore dei salesiani don Ángel Fernàndez Artime, ha guidato la tradizionale e affollatissima processione con la statua di Maria Ausiliatrice per le vie di Valdocco. E richiamando il tema dell’assemblea diocesana sulla vocazione dei giovani, Nosiglia ha invocato l’Ausiliatrice perché indichi ai ragazzi e alle ragazze «il tuo esempio da seguire nel dono di sé per gli altri, nella risposta gioiosa alle chi

amate anche impegnative del Signore. Trovino nelle nostre comunità un ambiente ricco di ascolto e dialogo, per valorizzare le loro risorse creative e nuove. In questo tempo di crisi, suggerisci ai responsabili civili, economici e del mondo del lavoro, le vie più adeguate per ridare loro speranza in un futuro più sicuro e sereno». (m.lom.)

“Ridiamo un’anima a Torino”

Si pubblica qui di seguito l’articolo a cura di M. Lomunno per la redazione di “Avvenire”, edizione del 25 Maggio 2018, circa l’omelia dell’arcivescovo di Torino, Cesare Nosiglia, in occasione della celebrazione della Festa di Maria Ausiliatrice:

Maria Ausiliatrice
Nosiglia: ridiamo un’anima a Torino

Giovani e poveri: sono le persone a cui l’arcivescovo di Torino, Cesare Nosiglia, ha affidato a Maria Ausiliatrice, nella festa liturgica celebrata ieri nella Basilica voluta da don Bosco e che quest’anno ricorda i 150 dalla consacrazione. Durante la concelebrazione, in mattinata, Nosiglia ha sottolineato che oggi, come nella Torino dell’Ottocento dove don Bosco insieme ai santi sociali cercava di dare sollievo e futuro a migliaia di indigenti e giovani fragili, «c’è bisogno di ridare un’anima alla nostra città». «Affidiamo a Maria Ausiliatrice anzitutto i giovani e il prossimo evento del Sinodo, che li vedrà protagonisti. I giovani sono purtroppo molto sfiduciati, perché non hanno voce nella società e vengono giudicati disimpegnati, senza ideali – ha proseguito l’arcivescovo –. La separatezza tra il mondo adulto e quello dei ragazzi e giovani è una delle criticità più preoccupanti della nostra società. Don Bosco non si limitava ad accoglierli, ma si faceva carico delle loro necessità, come quella educativa e quella della loro professione».

E poi la preoccupazione «per la crescente presenza di poveri nella nostra città: don Bosco, il Cottolengo, il Murialdo, la marchesa di Barolo ci insegnano che per dare risposte appropriate e permanenti bisogna abitare le periferie, conoscere e incontrare le persone che le vivono. Se si sta in mezzo alla gente, si comprendono meglio le loro concrete possibilità, per cui bisogna sporcarsi mani e piedi lì dove la gente affronta giorno per giorno tante sofferenze e si sente scartata o poco ascoltata e, soprattutto, non vede la fine del tunnel di povertà che sta percorrendo». Riflessioni che Nosiglia ha ripreso in serata quando, accanto al rettor maggiore dei salesiani, don Ángel Fernàndez Artime, ha guidato la tradizionale e affollatissima processione con la statua di Maria Ausiliatrice per le vie di Valdocco. E in occasione del 150° dell’inaugurazione della Basilica, il rettor maggiore ha voluto donare all’arcivescovo e alla diocesi, alla città e a tutta la famiglia salesiana un volume fotografico (fuori commercio) in cinque lingue con testi del salesiano don Bruno Ferrero intitolato La città di don Bosco. «Un omaggio a Torino – ha detto – l’invito a una passeggiata per le sue strade con Don Bosco, sui suoi passi, fino alla sua “vera” città: i giovani d’oggi. Con la misura del suo cuore: il mondo intero».

“Accogliere la diversità come dono”: il tour del Rettor Maggiore nell’Ispettoria del Piemonte e Valle d’Aosta

Si pubblica la cronaca della visita del Rettor Maggiore all’Ispettoria del Piemonte e Valle d’Aosta a cura della redazione de La Voce E il Tempo, a firma di Stefano di Lullo:

Il Rettore salesiano a Torino, «mai chiudere le porte»

«Non è possibile dirsi cristiani e allo stesso tempo chiudere le porte. Non sono i politici a doverci dire cosa dobbiamo pensare sulle persone. Essere comunità cristiana e salesiana significa, in primo luogo, vivere con porte, mente e cuore aperti all’accoglienza delle diversità». È il forte appello che il Rettor Maggiore dei Salesiani don Ángel Fernández Artime ha lanciato più volte a Torino incontrando le comunità salesiane di Valdocco, Borgo San Paolo e San Salvario nell’ambito della visita all’Ispettoria di Piemonte e Valle d’Aosta
che ha compiuto in occasione della festa di Maria Ausiliatrice del 24 maggio.

Dialogando con i giovani del Movimento giovanile salesiano del Piemonte, radunati sabato 19 maggio a Valdocco per l’«Mgs Day», il successore di don Bosco ha detto che la prima condizione per realizzare oggi la Chiesa in uscita delineata da Papa Francesco è proprio «accogliere la diversità come dono». «Non perdete mai questa libertà!», ha spronato i ragazzi. «A Catania presso il Centro di prima accoglienza per minori stranieri non accompagnati della casa salesiana ‘Don Bosco Island’», ha raccontato don Artime, «ho incontrato 65 ragazzi arrivati in Italia sui barconi, accolti dalla famiglia salesiana: questo vuol dire essere ‘Chiesa in uscita!’ Non solo offrire servizi di assistenza per chi è nell’emergenza, ma soprattutto preparare un cuore capace di accogliere quelli che sono in una situazione diversa dalla nostra».