Don Bosco a Caselle: il nuovo libro di Gianni Rigodanza

Si segnala, qui di seguito, la notizia a cura di Elis Calegari apparsa sul portale Cose Nostre, il mensile indipendente di informazione del casellese,  il 24/08/2018 circa la pubblicazione di un libro dal titolo “Don Bosco A Caselle” che ritrae alcuni scorci della vita del Santo dei giovani a Caselle e non solo:

“Don Bosco a Caselle” è il titolo del nuovo libro di Gianni Rigodanza. L’opera dopo essere stata registrata nel sistema bibliotecario di Ivrea e del Canavese, passa negli scaffali della Biblioteca civica di Caselle, nel settore di storia locale a disposizione dei lettori. Esce di casa per la prima volta ma è tranquilla perché sa di trovarsi in buona compagnia, col posto fisso. E non è in vendita.

La bibliografia sulla vita e le opere di don Giovanni Bosco è sterminata, sono decine e decine le pubblicazioni in merito. Tuttavia l’idea di quest’opera parte dal fatto che nell’archivio storico comunale di Caselle c’è ed è stata riscoperta una lettera del 1882 di don Bosco scritta al sindaco di Caselle Torinese inerente la cospicua eredità ricevuta dal barone Bianco di Barbania. A questa segue la risposta ufficiale della Giunta comunale. Nulla di celestiale negli scritti, anzi il contenuto è molto, molto terreno. Da ricordare che il Santo soggiornò diverse volte a Caselle, specie nella borgata Sant’Anna, sia per ritiri spirituali che per riposo. Quindi si tratta di storia locale, di narrazione del territorio, di un altro quadro dello straordinario Ottocento casellese che entra e sfida il romanzo storico con la sua ricchezza di accadimenti.

Il libro è stato diviso in tre parti: la prima è una carrellata sulla vita e le opere di don Bosco; la seconda sui soggiorni del santo a Caselle; e infine la terza sulla lettera al sindaco e sulle relative risposte.
Non c’è nulla di straordinario, di nuovo, in questo raccontare uno scorcio di un grande santo sociale che ha sfidato il mondo della Torino ottocentesca e sabauda per dare speranza ai giovani delle periferie, del sottobosco sociale.

Don Bosco a Caselle è una raccolta di dati e di immagini, 86 pagine, che se non altro rimarranno per sempre a disposizione nella nostra Biblioteca. Per Gianni Rigodanza questa storia è stata anche l’occasione di un altro piccolo viaggio nel nostro archivio storico: una miniera di documenti, di notizie, di storie che attraversano secoli e secoli (dal 1310 al 1951) di vita della nostra comunità.

Stati Uniti – “Salesian Missions” conquista un posto nella prestigiosa lista di “GreatNonprofits 2018”

“Salesian Missions”, la Procura Missionaria salesiana di New Rochelle, è tra le prime organizzazioni ad aggiudicarsi un posto nella prestigiosa classifica di “GreatNonprofits 2018”. Questo premio viene assegnato a tutte quelle organizzazioni no-profit i cui benefattori e volontari hanno espresso storie eccezionali sul loro operato. Queste storie vengono condivise con GreatNonprofits, che le utilizza per ispirare più donatori e volontari possibili.

GreatNonprofits è il sito web leader per trovare, rivedere e condividere informazioni sulle organizzazioni no-profit

“È un grande onore entrare nella lista di GreatNonprofits 2018 – ha commentato don Mark Hyde, Responsabile della Procura di New Rochelle –. Il nostro lavoro non sarebbe stato possibile senza i milioni di americani, sia del settore pubblico, sia di quello privato, che con le loro donazioni hanno reso realizzabile il nostro programma”.

La Procura Missionaria di New Rochelle si è distinta come organizzazione per il suo programma efficace e per i servizi offerti a bambini, famiglie e comunità, nel combattere la povertà, la sofferenza e la disperazione.

I Salesiani portano aiuto alle famiglie povere in oltre 132 Paesi in tutto il mondo e assistono i giovani più sfortunati, garantendo loro una preparazione scolastica o nel campo del commercio e dell’agricoltura. Forniscono inoltre aiuti umanitari, sostegno infrastrutturale, iniziative per la pulizia dell’acqua e servizi nutrizionali e sanitari.

I programmi salesiani si concentrano sulla ricostruzione delle vite e sull’aiutare i giovani a diventare autosufficienti. Ma i Salesiani sanno che per fare in modo che gli studenti possano concentrarsi sulla scuola, devono garantire loro il soddisfacimento dei bisogni primari, come alloggi, vestiario, alimentazione, salute, acqua pulita e servizi igienici.

Più di 3 milioni di giovani hanno ricevuto aiuti grazie alla Procura Missionaria di New Rochelle e oltre 6 milioni di americani, grazie alle loro generose donazioni, hanno contribuito a rendere possibili questi interventi.

Per maggiori informazioni sulla classifica 2018 di GreatNonprofits è possibile visitare il sito: https://greatnonprofits.org/

Maggio 2019 – II edizione della Scuola per Delegati Ispettoriali per la Pastorale Giovanile Salesiana

Si pubblica la notizia di ANS – Agenzia Info Salesiana – relativa alla “II edizione della Scuola per Delegati Ispettoriali per la Pastorale Giovanile Salesiana”.

 

 

Notizia pubblicata su ANS

A tre anni dalla prima edizione, dal 6 al 18 maggio 2019 il Dicastero per la Pastorale Giovanile Salesiana torna a proporre una seconda edizione della Scuola per i Delegati per la Pastorale Giovanile rivolta a tutti quei Salesiani che sono stati nominati recentemente Delegati Ispettoriali per la Pastorale Giovanile Salesiana. Potranno partecipare anche quei Salesiani che si preparano ad assumere questa responsabilità in futuro.

Nella prima edizione, che si tenne a Roma nel maggio 2016, parteciparono circa 50 Salesiani provenienti da più di 40 Paesi diversi. Anche questa seconda edizione vuole essere espressione dell’internazionalità della Scuola. Le lingue ufficiali di lavoro saranno l’inglese, l’italiano e lo spagnolo. Sarà disponibile la traduzione simultanea, e i materiali saranno disponibili nelle tre lingue ufficiali.

La novità, tuttavia, è che la prossima edizione della Scuola si terrà al Colle Don Bosco e a Valdocco. Durante la prima settimana, quindi, i partecipanti saranno ospiti del Colle Don Bosco e seguiranno alcuni momenti direttamente nei luoghi Salesiani circostanti. La seconda e ultima settimana di lavoro, invece, si terrà a Valdocco. Anche qui, i partecipanti avranno modo di confrontarsi con la storia di Don Bosco e le risposte Salesiane alle sfide di oggi.

La Scuola si propone di promuovere una visione approfondita degli elementi fondamentali del patrimonio salesiano; fornire competenze adeguate e abilità chiave per l’animazione, la gestione e il coordinamento della pastorale giovanile ispettoriale; e, infine, favorire la crescita personale del Delegato, attraverso la riflessione sul proprio vissuto, l’interiorizzazione e la rielaborazione personale delle proprie motivazioni.

La metodologia dei lavori rifletterà la multidisciplinarietà della Scuola, alternando conferenze, tempi di confronto, dibattito, lavoro a gruppi, tempo per lo studio personale, momenti di cultura e spiritualità. L’organizzazione modulare prevedrà momenti dedicati a fare sintesi delle conoscenze teoriche, approfondimenti a partire dall’esperienza pratica e focus sul “saper fare” (know-how). Alcuni moduli, inoltre, saranno dedicati alla cura dello stile di vita e degli atteggiamenti personali del Delegato Ispettoriale per la Pastorale Giovanile Salesiana. Al termine di ogni giornata verrà proposto ad ogni partecipante di dedicare del tempo alla redazione di un “portfolio” personale.

Il numero di partecipanti è limitato, per garantire un efficace svolgimento della Scuola, secondo la metodologia sperimentata nella prima edizione. Occorre, pertanto, iscriversi il prima possibile per essere sicuri di potervi partecipare.

Per maggiori informazioni è possibile rivolgersi ai contatti indicati nella locandina ufficiale: rcursi@sdb.org

“Proteggi il mio cammino”, l’inno dell’incontro con il Papa

È disponibile l’inno ufficiale dell’incontro di Roma tra i giovani italiani e papa Francesco: il titolo è “Siamo Qui!”. Proteggi Tu il mio cammino. L’Istituto Diocesano di Musica e Liturgia di Reggio Emilia, diretto dal Mº Giovanni Mareggini, ha curato la scrittura dell’inno.

Il testo è un’invocazione di protezione verso i pellegrini, quelli che percorreranno la strada per arrivare a Roma, ma anche tutti coloro che attraversano la vita cercando di dirigere al meglio i propri passi.

Qui di seguito, è possibile scaricare la versione MP3, il testo e la partitura dell’inno, per preparare i ragazzi all’incontro dell’11 e 12 agosto a Roma e cantarlo nella veglia con papa Francesco.

Proteggi Tu il mio cammino

(tratto dal Salmo 138 – 139)

1) Questo mio cammino, ogni sentiero
La mia sofferenza, il riposo
Li presento a te, Maestro e Signore
Fa che io non ceda, mi ristoro in Te
Fammi indossare le ali dell’aurora
Fammi raggiungere l’estremità del mare

RIT.
Non ho paura, dirigi Tu i miei passi
Non sono solo, Tu vegli su di me
La Tua parola è il faro dei miei occhi
Sul mio cammino è luce
Sono con Te, mi scruti e mi conosci
Proteggi Tu il cammino ed il riposo
Ti sono note tutte le mie vie
Meravigliose le tue opere

2) Ogni mio pensiero, le preoccupazioni
Le mie delusioni, la felicità
Io le porto in me, e quando sono solo
Cerco Te Gesù, portami con te
Fammi indossare le ali dell’aurora
Fammi raggiungere l’estremità del mare

RIT.
Intermezzo
Indicami il sentiero della vita
Sia gioia piena nella Tua presenza
Dolcezza senza fine alla Tua destra

3) Strada d’amore, sentiero di pace
Abbraccio dello Spirito, libertà
Seguo Te Gesù, via diritta
Fonte di speranza, portami con Te
Fammi indossare le ali dell’aurora
Fammi raggiungere l’estremità del mare

RIT +
Proteggi Tu il mio cammino
Meravigliose le Tue opere

I C.A.Re! Don Bosco e Don Milani ispirano il progetto per 1190 minori e 320 nuclei familiari

I C.A.Re! – Creare Azioni in Rete” è un progetto presentato da C.I.P.A. Onlus – Centro di Informazione Prevenzione e Accoglienza di Ortona e selezionato insieme ad altri 83 dall’impresa sociale “Con i Bambini” nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, tra i 432 che hanno partecipato al Bando Nuove Generazioni rivolto a bambini e ragazzi di età compresa tra 5-14 anni.

Il progetto che vede nel ruolo di soggetto capofila il C.I.P.A. Onlus – Centro di Informazione Prevenzione e Accoglienza di Ortona, ha dato vita ad un’interessante esperienza di co-progettazione realizzando una Rete di 16 partners, tra cui 4 Istituti Comprensivi, 2 Enti Locali (Ecad degli Ambiti Distrettuali Sociali n. 10 “Ortonese” e n. 13 “Marrucino”), la Regione Abruzzo e l’Istituto Universitario Salesiano Torino “Rebaudengo” (IUSTO), oltre a valide e competenti realtà associative del territorio.

Il progetto si ispira all’insegnamento di due grandi educatori: Don Bosco e Don Milani, i quali
dedicato la loro vita a coltivare il protagonismo giovanile come ‘metodo’ di prevenzione del disagio, rivolgendo una particolare attenzione a quei contesti in cui lo svantaggio è rappresentato dalla mancanza di opportunità.

Un gruppo di Educatori che lavorano quotidianamente con i minori e le famiglie, all’interno di un territorio che è la somma di piccole realtà frammentate e dove si fatica a generalizzare le prassi positive, ha riconosciuto in questo bando un potenziale strumento di azione trovando la spinta per trasformare le proprie riflessioni in un impegno concreto per il cambiamento.

I C.A.Re.! prevede tre linee di Azioni che si intersecano ed incidono su tutte e tre le aree  fondamentali della vita dei minori: Scuola, Famiglia e Territorio. Le scuole sono il fulcro del progetto, lo spazio in cui le azioni trovano il punto d’unione grazie al potenziamento della loro funzione di ‘presidio educativo’, specialmente nei centri più piccoli e isolati dove non sono presenti altri servizi.

Il progetto, finanziato dall’impresa Sociale Con i Bambini per un totale di 335mila euro, avrà una durata di 30 mesi e coinvolgerà 1190 minori e 320 nuclei familiari appartenenti ai due ambiti sociali partners del progetto, con un’attenzione particolare per i più vulnerabili.

Per la prevenzione del disagio scolastico nasceranno le OFFICINE DEI RAGAZZI, laboratori ad alto contenuto tecnico, e sarà attivato un DOPOSCUOLA INTERGENERAZIONALE per il recupero dei gap formativi e l’acquisizione di un metodo di studio efficace.

Per il sostegno dei minori a rischio è prevista l’azione FAMIGLIE ACCOGLIENTI finalizzata alla creazione di una ‘Rete di Famiglie Amiche’ che offrano vicinanza competente ai nuclei familiari fragili, e l’apertura per cinque giorni a settimana di un CENTRO DIURNO in cui i ragazzi si sperimenteranno in attività sportive, laboratori didattici, espressivi e di orticoltura.
Al fine di promuovere la cittadinanza attiva e offrire maggiori opportunità educative I C.A.Re! propone anche un interessante percorso laboratoriale di ARCHITETTURA PARTECIPATA volto alla rigenerazione dei luoghi di aggregazione spontanea di minori e famiglie e l’attivazione di un servizio sperimentale di EDUCATIVA DI STRADA.

Elledici: il nuovo catalogo catechismi e sussidi 2018-2019

Elledici Editrice ha pubblicato il nuovo catalogo per il nuovo anno pastorale: novità editoriali, sussidi, catechismi e molto altro ancora dove “tradizione e novità dialogano per rendere l’incontro di catechismo sempre più un tempo vissuto con stile conviviale e attivo da adulti e bambini, da genitori e figli. Insieme, per un cammino che porti a ricostruire il tessuto della comunità cristiana come un’esperienza felice, con una fede, come direbbe Papa Francesco, non all’acqua di rose ma vissuta con la bocca e con il cuore, con la parola e con l’amore“, come sottolinea Don Valerio Bocci,
Direttore Generale Editrice Elledici.

Ecco l’anteprima dell’Indice:

 

Pellegrinaggio straordinario dei giovani alla Sindone

Il 25 luglio, giorno di san Giacomo di Compostella, il Custode mons. Nosiglia insieme con don Luca Ramello (Pastorale giovanile) e don Roberto Gottardo (Commissione Sindone) è stato presentato il programma de “L’Amore lascia segno – GIOVANI IN CAMMINO VERSO LA SINDONE“. Il pellegrinaggio, dal 3 al 12 agosto 2018, vedrà oltre duemila giovani che, dalle montagne ai santuari della pianura delle 17 diocesi di Piemonte e Valle d’Aosta, si preparano a camminare verso Torino e verso la Sindone. Un cammino spirituale, servizio, incontro con il territorio e le culture delle due regioni alpine che porterà questi giovani alla visita della Sindone la sera del 10 agosto nella Cattedrale di Torino.

La venerazione straordinaria della Sindone è la conclusione di un pellegrinaggio multiplo che dal Monginevro e dal Cervino, da Crea, Mondovì, le Alpi novaresi, Oropa radunerà oltre duemila giovani alla Venaria Reale, e di lì alla Basilica di Maria Ausiliatrice e poi al Duomo. I giovani saranno «accompagnati» da cammini di conoscenza del territorio e della Sindone stessa. Al termine della visita partiranno per Roma dove, insieme con tutti i giovani d’Italia, incontreranno papa Francesco.

 

Per Maggiori Info

 

 

Sussidio per la preghiera quotidiana per “Cercatori di felicità”

Anche per l’anno 2018-2019 l’Ufficio per la Pastorale Giovanile della Diocesi di Novara propone il sussidio per la preghiera quotidiana.

Il sussidio, dal titolo “Cercatori di felicità“, accompagnerà nella preghiera quotidiana da settembre a giugno e sarà composto da quattro volumi. Pensato per i giovani, dai 16 anni, il sussidio è diventato uno strumento per la preghiera quotidiana che i sacerdoti propongono:

– ai ragazzi in oratorio
– agli studenti a scuola, durante l’ora di religione
– ai giovani seguiti per la direzione spirituale
– agli animatori come strumento per la preghiera quotidiana
– ai catechisti e agli operatori pastorali a inizio anno
– come strumento per la preghiera tra animatori, durante i gruppi giovanili, prima delle riunioni delle equipe di volontari in parrocchia.
– agli adulti in parrocchia che cercano strumenti semplici per la preghiera quotidiana
– come “segno” all’inizio di un cammino o un piccolo dono.

Come è fatto il SUSSIDIO

Ogni giorno viene proposta la Lectio del brano di Vangelo della liturgia attraverso le preghiere del buon cristiano, una preghiera di invocazione introduttiva, la lettura del Vangelo del giorno, un commento e una preghiera.

Come ordinare il SUSSIDIO

Qui di seguito, il modulo per gli ordini, che può essere compilato e spedito, entro il 29 luglio, a

giovani@diocesinovara.it


 

 

Il popolo nicaraguense non perde la speranza

Il Nicaragua sta vivendo momenti di altissima tensione. Le proteste, che da metà aprile scuotono il più grande paese del Centro America contro il presidente Daniel Ortega e sua moglie Rosaria Murillo, che ricopre la carica di vice-presidente, nelle ultime ore hanno subito una violenta repressione da parte delle forze governative.

«Il popolo nicaraguense non perde la speranza, però la situazione è molto tesa e bisogna che il mondo conosca questa triste realtà che sta vivendo in questo momento il nostro popolo».

(Padre José Bosco Alfaro Salazar,
direttore del collegio salesiano Don Bosco,
parla da uno degli epicentri della protesta popolare
di questi mesi in Nicaragua, la città di Masaya,
culla del folclore nicaraguense.)

Ecco il punto della situazione nicaraguense mediante una breve rassegna stampa, buona lettura!

19 Luglio 2018

Nicaragua, i paramilitari riconquistano Masaya. Don Gutiérrez: “Repressione violenta, ma la Chiesa sta con il popolo”

A raccontare come stanno andando le cose è, al telefono, un sacerdote salesiano, padre César Augusto Gutiérrez. Vive nel collegio San Giovanni Bosco e a lui è affidata la cura pastorale della chiesa più centrale di Masaya, quella di San Sebastiano: “La città è completamente militarizzata, le barricate non ci sono più, ma la polizia speciale va di casa in casa, in cerca soprattutto dei giovani che capeggiavano la resistenza. Pare che le vittime del 17 luglio siano quattro, tra cui un poliziotto. I feriti sono molti e così le persone che sono state portate via e incarcerate. Tanti sono fuggiti”

Quello successivo all’attacco dei paramilitari è forse il giorno più triste della storia di Masaya, città per natura gioiosa, una delle più belle del Nicaragua, culla del folclore e dell’artigianato locale dentro un paesaggio da favola, tra il lago e il vulcano; forse la più caratteristica meta turistica del Paese in tempi di pace. Ma anche una città fiera, epicentro 39 anni fa della rivolta contro il dittatore Anastasio Somoza. E avamposto della resistenza non violenta al regime di Daniel Ortega negli ultimi tre mesi, soprattutto nel quartiere di Monimbó. Un giorno triste, e la violenza non si ferma. Le strade sono vuote, regnano un silenzio surreale e il terrore imposto dalle forze speciali, che hanno smontato le barricate alzate in queste settimane dalla popolazione a Monimbó. Ma continuano la caccia all’uomo, di casa in casa, l’obiettivo è stanare i leader della resistenza.

È ancora caccia all’uomo. A raccontarci come stanno andando le cose è, al telefono, un sacerdote salesiano, padre César Augusto Gutiérrez. Vive nel collegio San Giovanni Bosco e a lui è affidata la cura pastorale della chiesa più centrale di Masaya, quella di San Sebastiano: “La città è completamente militarizzata, le barricate non ci sono più, ma la polizia speciale va di casa in casa, in cerca soprattutto dei giovani che capeggiavano la resistenza. Pare che le vittime del 17 luglio siano quattro, tra cui un poliziotto. I feriti sono molti e così le persone che sono state portate via e incarcerate. Tanti sono fuggiti”.

Con voce ancora emozionata, padre Augusto ricorda quanto è accaduto solo poche ore fa: “È stata una giornata di repressione molto violenta, portata avanti con armi pesanti”.

Impossibile resistere, anche per la fiera popolazione di Masaya: “Sono persone pacifiche, non abituate a combattere, hanno lanciato pietre, qualche granata artigianale”. Un mese fa l’attacco delle forze speciali era stato fermato dai vescovi: dal cardinale Leopoldo Brenes, arcivescovo di Managua; dal suo ausiliare, mons. Silvio José Báez, nativo proprio di Masaya; dal nunzio apostolico, mons. Waldemar Stanislaw Sommertag. Appena avuta notizia dell’attacco si erano precipitati a Masaya, che dista circa 35 chilometri dalla capitale. Si erano fatti largo in processione, con il Santissimo, ed erano riusciti a bloccare le forze speciali. L’immagine aveva fatto il giro del mondo. Stavolta le forze governative hanno fatto le cose in grande: si sono presentati in mille, armati fino ai denti, alle sei del mattino. L’ordine era chiaro: Monimbó andava riconquistata prima del 19 luglio, giorno di festa nazionale, 39º anniversario della deposizione di Somoza. “Ma ora – fa notare padre Gutiérrez – stiamo vivendo una dittatura ancora peggiore”.

Bloccato l’assalto a una chiesa. Il sacerdote salesiano ricorda un’altra costante degli attacchi di questi giorni, che hanno sempre più spesso come obiettivo le chiese: “È accaduto anche il 17 luglio, hanno sparato contro alcune chiese, volevano entrare nella chiesa di San Juan Bautista, ma non ci sono riusciti per la reazione popolare”. E adesso? “La situazione è davvero critica – prosegue padre Gutiérrez – il Governo e la Polizia sono contro il popolo, che continua a reclamare giustizia e democrazia, in modo non violento. E la Chiesa sta con il popolo, noi siamo pastori. I nostri vescovi hanno mostrato coraggio. E se il Governo pensa che, attaccando la Chiesa, ci farà perdere la speranza e la voglia di lottare, si sbaglia. Ci hanno tolto le barricate, ma non il cuore della gente. Sappiamo che Dio è giusto e che arriveranno giorni di pace”.

Giovani, riserva morale. Una speranza, soprattutto, arriva dai giovani: “Hanno mostrato una grande volontà. Come dice mons. Báez, sono la riserva morale della nostra patria e sono stati decisivi per il risveglio del nostro popolo”. Un ultimo appello il sacerdote lo riserva alla comunità internazionale: “Servono maggiori pressioni per far cessare questa violenza. E chiedo a tutti gli italiani di pregare per noi, per il nostro popolo”.

 18 Luglio 2018

Articolo a cura di Lucia Capuzzi

America Latina. Nicaragua, regime in festa per nascondere la rivolta

Scontri a Masaya, assaltata l’ennesima chiesa. Intanto il presidente Ortega ordina ai suoi di salvare le celebrazioni per commemorare la rivoluzione

Monimbó s’è svegliato di soprassalto, destato dal suono delle campane. I rintocchi hanno allertato gli abitanti del quartiere indigeno di Masaya dell’irruzione dei paramilitari, le “turbas”. Sono questi ultimi il braccio armato dell’“Operación limpieza” (Operazione pulizia) lanciata dal governo nelle ultime settimane per fermare la protesta, giunta oggi al terzo mese consecutivo. A Monimbó, roccaforte della resistenza, hanno agito con particolare zelo.

Le “turbas” hanno sparato sulla gente che cercava di difendere le barricate, la parrocchia di Santa Maria Maddalena s’è ritrovata sotto il fuoco per ore. Almeno un agente è morto, decine di persone sono state arrestate. A mezz’ora d’auto di distanza, nella Plaza de la Fé di Managua, invece, fervevano i preparativi della festa, vigilati dai Kalashnikov della polizia. Il presidente Daniel Ortega, chiuso nella casabunker della Colonia del Carmen, lo ha detto con irrevocabile chiarezza ai suoi fedelissimi: niente deve rovinare, domani, la celebrazione dell’anniversario della rivoluzione che, 39 anni fa, mise fine alla sanguinaria dinastia del clan Somoza.

Il 19 luglio 1979, la colonna sud dell’esercito ribelle, il Fronte sandinista di liberazione nazionale, entrò trionfante a Managua. Daniel Ortega arrivò il giorno successivo, insieme al resto della giunta di governo. Retorica a parte, però, è difficile scorgere il comandante di allora nell’attuale presidente-dinosauro. Al potere da 11 anni e deciso a restarvi, dopo aver cambiato la Costituzione, creato gruppi paramilitari per reprimere il dissenso, assegnato ai familiari i principali incarichi istituzionali.

A cominciare dalla moglie, Rosario Murillo, vice e “eminenza grigia” dell’intero apparato. Non sorprende, dunque, che, agli occhi della gente, sia diventato via via più simile al deposto Anastasio Somoza che all’eroe nazionale César Augusto Sandino, alla cui lotta per la libertà dalla dominazione straniera e la giustizia si richiama il movimento sandinista. Eppure il governo di Ortega è parso, per oltre un decennio, inamovibile.

Grazie al sostegno del settore imprenditoriale, allettato da un mix insolito fatto di politiche neoliberali, opportunità di investimenti e silenzio imposto ai sindacati. «Un’alleanza corporativa» l’ha ribattezzata Carlos Fernando Chamorro, militante sandinista, figlio del più noto oppositore a Somoza, e ora direttore del giornale indipendente El Confidencial . A innescare un’inedita reazione a catena, il 18 aprile, è stata una riforma della previdenza, poi ritirata. L’intervento brutale delle “turbas” contro un corteo di pensionati, a León, ha suscitato l’indignazione generale, portando in piazza migliaia di persone. Ben presto, la richiesta dei dimostranti è diventata il ritiro del duo Ortega-Murillo.

Oltre trecentosettanta morti – di cui oltre 300 dal lato dei manifestanti –, 2.100 feriti, 261 desaparecidos dopo, secondo i dati dell’Asociación pro derechos humanos, la “Primavera nicaraguense” continua. «A lungo il Paese ha vissuto una crisi latente. Di triplice livello. Politico, innanzitutto: alle elezioni del 2016, che hanno visto l’ennesima riconferma di Ortega, l’astensione è stata intorno al 70 per cento. Un segno non colto di sfiducia – spiega Óscar René Vargas, sociologo ed economista –. Dalla fine di quell’anno, l’economia ha iniziato a rallentare a causa del venir meno degli aiuti vene- zuelani: 500 milioni di dollari l’anno».

Tale “gruzzolo” a propria disposizione discrezionale, era impiegato dal governo per blandire gli imprenditori e garantire sussidi in cambio di consenso. «Briciole che non hanno risolto i problemi strutturali del Paese, dove il 42 per cento della gente è povera e il 79 per cento lavora in nero», prosegue Vargas. La somma di questi tre fattori ha creato il magma della rivolta. Proprio come i vulcani che puntellano il suo paesaggio, il Nicaragua l’ha tenuto intrappolato nelle viscere. Con la repressione di aprile, la lava è arrivata in superficie.

Distruggendo l’equilibrio del sistema Ortega. In primis, il sodalizio con gli imprenditori, passati, con un tempismo sospetto, all’opposizione, insieme agli studenti e ai contadini. A provare a fare da ponte tra i due fronti, per trovare una via d’uscita non bellica, è la Chiesa nicaraguense. La Conferenza episcopale ha accettato la richiesta di fare da testimone e garante di un difficile dialogo nazionale. E non ha rinunciato, a dispetto delle aggressioni di cui sacerdoti e vescovi sono stati vittime. Perfino il cardinale Leopoldo Brenes e il nunzio Waldemar Stanislaw Sommertag sono stati malmenati, mentre gli assalti alle chiese sono quotidiani: ieri è stata incendiata la sede della Caritas di Sébaco, vicino a Matagalpa. Ortega è ostinato: rifiuta di anticipare le elezioni e aumenta la violenza per stroncare la rivolta, nonostante le condanne internazionali.

Anche il Segretario generale Onu Antonio Guterres e 13 Paesi latinoamericani hanno criticato la brutalità della repressione. Una violenza che la Chiesa, tra le poche istituzioni indipendenti, cerca di arginare. Sostenuti dalla vicinanza e dagli appelli di papa Francesco, i pastori nicaraguensi si frappongono fisicamente tra le turbas e la gente, e offrono asilo a chi scappa dalle violenze. Anche ieri, la denuncia via Twitter di monsignor Silvio Báez, vescovo ausiliare di Managua, ha contribuito a evitare un massacro a Monimbó. Come pure l’appello del nunzio, in nome del Papa.

Quella di domani per il governo più che una celebrazione, dunque, sarà una dimostrazione di forza. Almeno in apparenza. Ora come 39 anni fa, però, i manifestanti non sono disposti a farsi «rimettere in riga». «Che si arrenda tua madre!», gridano ad ogni corteo. Frase simbolica: la pronunciò, il 15 gennaio 1970, il poeta sandinista Leonel Rugama mentre la Guardia nazionale di Somoza gli intimava la resa. Quel giorno Rugama fu ucciso. Nove anni dopo la rivoluzione vinse.

 19 Luglio 2018

Articolo a cura di Daniela Quintero Díaz

In Nicaragua anche la chiesa è sotto attacco

In Nicaragua la repressione non fa distinzioni, chiunque si ribelli al governo di Daniel Ortega è sotto attacco. E non si salva neanche la chiesa cattolica. Nel conflitto che è cominciato quattro mesi fa e ha già fatto 300 vittime, la Conferenza episcopale del Nicaragua (Cen) ha assunto un ruolo centrale, promuovendo e mediando i negoziati tra il governo e i suoi oppositori. Purtroppo, però, finora non è stato fatto nessun passo avanti e continua a subire attacchi e minacce.

Il ruolo degli ecclesiastici come intercessori del popolo del Nicaragua li ha portati a ricevere minacce di morte. Il 9 luglio un gruppo di vescovi della Cen era andato nella città di Diriamba per portare aiuto agli oppositori del regime che si erano rifugiati nella basilica di San Sebastián, dopo l’attacco delle forze di polizia e dei paramilitari. Nel tentativo di liberare le persone che erano nella chiesa, i vescovi sono stati aggrediti verbalmente e fisicamente dai seguaci di Ortega.

Domenica scorsa, i paramilitari hanno attaccato a colpi di arma da fuoco la macchina sulla quale viaggiava il vescovo Abelardo Mata che si dirigeva verso la città di Masaya assediata dalle forze governative. Anche il giorno precedente, una missione ecclesiastica era stata aggredita mentre cercava di aiutare alcune decine di studenti trincerati in una parrocchia di Managua. Il cardinale Leopoldo Brenes ha denunciato inoltre che uomini armati hanno attaccato alloggi parrocchiali in varie città del paese. Le gerarchie cattoliche ormai dicono chiaramente che questo è dovuto alla “mancanza di volontà politica del governo di dialogare con i suoi oppositori”.

Nel 2011, Ortega aveva dichiarato che la sua rivoluzione era “cristiana, socialista e solidale”

Secondo il quotidiano La Prensa, quello che sta succedendo in questi giorni ai sacerdoti ricorda le persecuzioni che subirono per aver criticato la rivoluzione sandinista guidata da Ortega dal 1979 al 1990. Qualche anno dopo, nel 1993, Giovanni Paolo II decise di fare visita al paese, visita che si concluse con il pontefice che chiedeva silenzio e la folla che cantava l’inno del Fronte sandinista di liberazione nazionale (Fsln). Questo peggiorò i rapporti tra il clero e la dinastia Ortega, che però qualche tempo dopo si rappacificarono.

La “conversione di Ortega” avvenne nel 2004, quando decise di avvicinarsi all’influente cardinale di Managua, Miguel Obando y Bravo, che lo aveva sempre aspramente criticato e al quale era stata attribuita la sconfitta di Ortega del 1996, per aver raccontato nella sua predica, nel giorno delle elezioni, la famosa leggenda della vipera. Obando y Bravo, che è morto lo scorso giugno, era stato nominato da Giovanni Paolo II nel 1985 e aveva finito per diventare il cardinale più vicino al regime di Ortega, tanto da celebrare la messa per il presidente e la sua compagna Rosario Murillo.

Obando aveva anche presieduto la Commissione per la pace e la riconciliazione del governo, incarico che Ortega gli aveva affidato dopo essere tornato al governo nel 2007 come riconoscimento per il suo impegno di mediazione nei numerosi conflitti della storia recente del Nicaragua. Nell’arco di tutta la sua vita di religioso, Obando aveva partecipato attivamente come mediatore in conflitti politici e armati, sia durante il regime dell’ex dittatore Anastasio Somoza sia durante la guerriglia con il Fronte sandinista negli anni settanta.

Nel 2011, Ortega ha dichiarato che la sua rivoluzione era “cristiana, socialista e solidale”, ma, secondo gli analisti, quello non è stato altro che “un espediente elettorale per ottenere i voti dei religiosi del paese”. Sempre a detta del quotidiano La Prensa, “il cambiamento di posizione del cardinale era dovuto ai benefici che otteneva da questo rapporto, come la criminalizzazione dell’aborto”.

La chiesa è la chiave del dialogo
La curia nicaraguense è divisa tra i sostenitori di Ortega e quelli che lo criticano. Di questo secondo gruppo fanno parte i sacerdoti e i cardinali che oggi sono bersaglio della furia del governo. Uno dei più attaccati è il vescovo ausiliare di Managua Silvio Báez, che l’anno scorso Ortega ha accusato di essere uno “spaccone” per non aver votato alle elezioni del 2017, diversamente dal cardinale Leopoldo Brenes, che aveva “dato la sua benedizione al processo elettorale”.

Oggi i due religiosi sono invece dalla stessa parte e criticano entrambi l’atteggiamento del governo. Anche il Vaticano si è pronunciato attraverso il suo segretario di stato, monsignor Pietro Parolin, che ha dichiarato ai mezzi d’informazione: “Speriamo che il dialogo, che al momento sta marcando il passo, possa essere ripreso e dare frutti. Anche se, in ogni dialogo, è necessario che ci sia da entrambe le parti la volontà di raggiungere un accordo”.

Dopo che il 22 aprile il presidente Ortega ha invitato la chiesa cattolica a fungere da mediatrice nel conflitto, la Cen ha confermato la sua partecipazione ai negoziati con una lettera al presidente nella quale avanzava delle richieste, tra cui quelle di permettere alla Commissione interamericana dei diritti umani di chiarire le circostanze della morte di tanti nicaraguensi, di abolire le organizzazioni paramilitari e le forze speciali che intimidiscono e aggrediscono i cittadini, e di mettere fine a ogni tipo di repressione nei confronti di gruppi di civili che protestano pacificamente.

In un’intervista all’emittente tedesca Deutsche Welle, lo storico nicaraguense Antonio Monte ha dichiarato: “In Nicaragua, paese a maggioranza cattolica, i pronunciamenti della chiesa cattolica hanno un grande valore simbolico e possono mobilitare molte persone e istituzioni. Per qualunque forza politica è più facile raggiungere un accordo per ristabilire l’ordine e la pace se ha il riconoscimento della chiesa”.

Per questo motivo, vedendo l’escalation del conflitto, che ha già fatto almeno 300 vittime, lo scorso 30 giugno il cardinale Brenes e il vescovo Rolando Álvarez sono andati a Roma per incontrare papa Francesco. In un’udienza privata con il pontefice, i due ecclesiastici hanno affrontato il tema della crisi che sta vivendo il Nicaragua e dell’intervento della chiesa cattolica nel conflitto tra il governo e i suoi oppositori.

Il Venerabile Augusto Hlond: vera guida e pastore del suo popolo

Il 19 maggio 2018, il Santo Padre Francesco ha autorizzato la Congregazione delle Cause dei Santi a promulgare il decreto riguardante le virtù eroiche del Servo di Dio Augusto Giuseppe Hlond, della Società Salesiana di San Giovanni Bosco, arcivescovo di Gniezno e Varsavia, primate di Polonia, cardinale di Santa Romana Chiesa, fondatore della Società di Cristo per gli Emigranti; nato il 5 luglio 1881 a Brzęczkowice (Polonia) e morto a Varsavia (Polonia) il 22 ottobre 1948.

Per l’occasione il Rettor Maggiore, Don Ángel Fernández Artime, ha inviato una lettera ai Salesiani e ai membri della Famiglia Salesiana nella quale, dopo aver ripercorso le tappe della vita del venerabile, sia come Salesiano, che come arcivescovo e primate della Chiesa polacca, ne evidenzia alcuni tratti, sia sotto il profilo virtuoso, che come persona chiamata ad assumere grandi e gravi responsabilità, in uno dei periodi più drammatici della storia del ‘900.

Il cardinale Hlond fu un uomo virtuoso, un luminoso esempio di religioso salesiano e un pastore generoso, austero, capace di visioni profetiche. Obbediente alla Chiesa e fermo nell’esercizio dell’autorità, dimostrò umiltà eroica e inequivocabile costanza nei momenti di maggiore prova. Coltivò la povertà e praticò la giustizia verso i poveri e i bisognosi. Le due colonne della sua vita spirituale, alla scuola di San Giovanni Bosco, furono l’Eucaristia e Maria Ausiliatrice. Nella storia della Chiesa di Polonia, il cardinale Augusto Hlond è stato una delle figure più eminenti per la testimonianza religiosa della sua vita, per la grandezza, la varietà e l’originalità del suo ministero pastorale, per le sofferenze che affrontò con intrepido animo cristiano per il Regno di Dio. L’ardore apostolico distinse l’opera pastorale e la fisionomia spirituale del Venerabile Augusto Hlond, che assumendo come motto episcopale Da mihi animas coetera tolle, da vero figlio di san Giovanni Bosco lo confermò con la sua vita di consacrato e di vescovo, dando testimonianza di instancabile carità pastorale”.

In quest’anno in cui la Strenna invita a coltivare l’arte di ascoltare e accompagnare, la testimonianza del venerabile Augusto Hlond rifulge come vera guida e pastore del suo popolo, impegnato a difendere la libertà della Chiesa e la dignità dell’uomo, in un’epoca segnato da grandi prove e persecuzioni, come quella vissuta dalla Polonia sotto l’occupazione nazista prima e il regime comunista poi.

 

 

(Articolo tratto da ANS – Agenzia Info Salesiana)