CFP Bra: mostra per Ucraina

Grande successo domenica 10 aprile per il vernissage della mostra «Chiamati alle arti – per la pace in Ucraina», allestita negli ambienti dell’istituto salesiano di Bra di viale Rimembranze. Gli intervenuti hanno anche potuto ammirare un’installazione sulla scalinata della chiesa dello street artist Giovanni Botta. Di seguito l’articolo pubblicato dal sito del CFP Bra.

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(BRA) Erano davvero in tanti, domenica 10 aprile, al vernissage della mostra «Chiamati alle arti – per la pace in Ucraina» che sei tra pittori, illustratori e poeti, coordinati dalla curatrice del Caffè letterario Silvia Gullino, hanno allestito negli ambienti dell’istituto salesiano di Bra di viale Rimembranze. Gli intervenuti hanno anche potuto ammirare un’installazione sulla scalinata della chiesa dello street artist Giovanni Botta, che ha esposto un lavoro insieme ai pittori Franco Gotta, Francesca Semeraro, Riccardo Testa, all’illustratrice Manuela Fissore e al decano dei poeti braidesi Bernardo Negro. L’esposizione dei quadri, nel corridoio degli uffici del Cfp e della scuola media, è visitabile il 14 e 15 aprile dalle ore 16 alle ore 18, domenica 17 aprile (Pasqua) dalle 11 alle 12. I giorni 20, 21 e 22 aprile dalle ore 8 alle ore 17; domenica 24 aprile dalle 11 alle 12; infine il 26, 27, 28 e 29 aprile dalle ore 8 alle ore 17 e sabato 30 aprile dalle ore 16 alle ore 18, sempre con ingresso libero.

ADMA – 18 aprile 2022: ancorati alle due colonne da 153 anni

18 aprile 2022: ancorati alle due colonne da 153 anni. Di seguito il video e il messaggio dedicati all’anniversario di fondazione dell’Associazione di Maria Ausiliatrice.

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“In ogni momento, in ogni circostanza, facciamo appello a questa dolce Madre, invochiamo il suo amore materno e, facendo ogni sforzo per imitare le sue virtù, abbiamo per Lei un sincero cuore di figli”.

(San Francesco di Sales, Filotea)

Il 18 aprile, anniversario di fondazione dell’ADMA, con le parole di San Francesco di Sales, rinnoviamo la nostra appartenenza a Maria, nella gioia di condividere un cammino di fede e speranza con tutti voi!

Renato Valera, Don Alejandro Guevara e tutto il Consiglio dell’ADMA Primaria di Torino Valdocco.

A Nizza Monferrato fervono i preparativi per la “Festa del Grazie”

La festa del Grazie è una festa tipica della famiglia salesiana: nasce nel lontano 1849 quando due ragazzi dell’oratorio di Valdocco fanno una sorpresa a don Bosco donandogli due cuori d’argento. Commosso per il gesto, don Bosco ne intuisce il forte valore educativo e lo estenderà a tutte le comunità salesiane. Quest’anno la festa ha una valenza particolare per le Figlie di Maria Ausiliatrice, in quanto ricorrono i 150 anni della fondazione del loro Istituto. Di seguito l’articolo pubblicato da ATnews.it il 18 aprile 2022.

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La festa del Grazie è una festa tipica della famiglia salesiana: nasce nel lontano 1849 quando due ragazzi dell’oratorio di Valdocco, Carlo Gastini e Giuseppe Buzzetti, decidono di fare a don Bosco degli auguri speciali; per mesi si industriano con risparmi e rinunce per acquistare due cuori d’argento. Vogliono fare una sorpresa a chi ha dedicato loro la vita: è la sera tarda della vigilia di san Giovanni, mentre i compagni dormono, i due amici si avvicinano alla camera di don Bosco, che nonostante l’ora, li fa entrare. Commosso e meravigliato per il gesto e per le parole cordiali che lo accompagnano don Bosco ne intuisce il forte valore educativo e lo estenderà a tutte le comunità salesiane. Ancora oggi Figlie di Maria Ausiliatrice e Salesiani celebrano ogni anno la festa della riconoscenza.

Quest’anno ha una valenza tutta particolare per le suore salesiane, in quanto ricorrono i 150 anni della fondazione del loro Istituto: il 5 agosto 1872 a Mornese, Maria Domenica Mazzarello, la cofondatrice, con altre 10 giovani, emette nelle mani di Monsignor Sciandra, vescovo di Acqui Terme, la prima professione religiosa alla presenza di don Giovanni Bosco. Ha così origine l’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice.

I festeggiamenti per celebrare la ricorrenza con Madre Chiara dureranno tre giorni e si svolgeranno tra Mornese, Nizza Monferrato e Torino, i luoghi delle origini delle suore salesiane.
Il 4 febbraio 1879, su suggerimento di don Bosco, l’Istituto viene trasferito da Mornese a Nizza Monferrato, che diventa la nuova Casa-Madre delle Figlie di Maria Ausiliatrice e che sarà anche fino al 1929 sede della Casa Generalizia. Negli anni nicesi l’Istituto si sviluppa fino a raggiungere i confini del mondo e si moltiplica in molte nazioni tanto da raggiungere tantissimi giovani con svariate tipologie di opere: istruzione, formazione professionale, evangelizzazione, educazione, attività del tempo libero, e l’opera prima: l’oratorio!

La festa del grazie a Nizza Monferrato si svilupperà nell’arco dell’intera giornata: l’arrivo alla “Madonna” di Madre Chiara è previsto nella mattinata. Sarà accolta dai bambini e dai giovani dell’Istituto “Nostra Signora delle Grazie” (https://www.scuolanizza.it/) insieme ai compagni delle scuole salesiane di Asti e di Alessandria. Mentre la festa per i più piccoli si esprimerà con tornei e giochi, animati da Egidio Carlomagno, responsabile settore animando della Cooperativa E.T., la Madre si intratterrà con le Figlie di Maria Ausiliatrice, poi visiterà i locali dei corsi professionali: laboratorio per qualifica professionale di operatore del benessere-estetica, la serra aeroponica, l’essiccatoio, il percorso sensoriale, la zona di lavoro per addetti al giardinaggio e orto frutticoltura. (http://www.ciofs.net/index.php/le-nostre-sedi/cfp-nizza-monferrato/). I ragazzi dei corsi professionali di Casale, Alessandria e Tortona allestiranno un buffet mettendo in campo quanto imparato durante le lezioni di cucina e di addetti alla sala. I ragazzi della scuola secondaria accompagneranno gli amici alessandrini ed astigiani in un tour da loro animato di Casa-madre.

Nel pomeriggio alle ore 14.00 ci sarà una rievocazione storica che ripercorrerà in alcune scene alcuni momenti salienti e significativi della vita delle Figlie di Maria Ausiliatrice a Nizza Monferrato: la compagnia teatrale “alla Madonna” dell’Archivio storico FMA-IPI (https://archiviostoriconizza.wixsite.com/archiviostoriconizza) metterà in risalto in 8 stand, ambientati nei luoghi dove si sono svolte storicamente le vicende, e che vedranno coinvolti anche i bambini della scuola primaria con la danza della Monferrina. Il sindaco Fabiani, la contessa Corsi, l’on. Buccelli, don Bosco, Madre Mazzarello, Madre Elisa Roncallo, sr Teresa Valsè Pantellini, il signor Carlo, sono solo alcuni dei protagonisti delle vicende narrate.
Alle ore 16.00 gli sbandieratori di Costigliole si esibiranno in uno spettacolo nel grande cortile don Bosco.
Alle ore 16.30 la Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo di Asti Monsignor Prastaro e animata dalla corale don Bosco, che proprio per quest’occasione si è incrementata di nuovi elementi.

Alle ore 17.30 un corteo preceduto da alcuni membri dell’amministrazione locale nicese e dagli sbandieratori giallo rossi di Nizza Monferrato, percorreranno viale don Bosco e via Carlo Alberto per giungere al Foro Boario. Qui, alle ore 18.00 il sindaco, Simone Nosenzo, insignerà l’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice della cittadinanza onoraria. Madre Chiara, a nome delle FMA dell’Istituto, riceverà l’insigne onorificenza e con questo atto si concluderà la festa.
Per prepararsi e seguire gli eventi principali della festa si può accedere al sito https://www.festadelgrazie.org/. I giovani dell’Archivio storico faranno delle riprese e monteranno un video per esprimere la loro gratitudine e raccontare la giornata dal loro punto di vista.

In uscita il terzo video di ANS News Video

È da poco stato pubblicato il terzo numero di “ANS News video”, il notiziario mensile che passa in rassegna, in formato tele-giornalistico, gli eventi più importanti realizzati nell’ambito della Congregazione e della Famiglia Salesiana. In questo nuovo appuntamento lo spazio informativo è dedicato agli appuntamenti del mese di marzo.

Tra gli eventi riportati, quelli vissuti in Africa-Madagascar dal Rettor Maggiore, con gli Esercizi Spirituali con i Consigli Ispettoriali di quella Regione e le visite d’animazione alle presenze salesiane in Camerun e Guinea Equatoriale, in Africa Tropicale Equatoriale; così come non potevano mancare dei servizi speciali inerenti la guerra in Ucraina: sia a livello di quello che fanno i Figli di Don Bosco in quel Paese, sia a livello di quanto sta avvenendo grazie alla solidarietà salesiana internazionale nei Paesi di prima accoglienza dei rifugiati ucraini.

“ANS News Video” di Marzo è visibile sui rispettivi canali linguistici di ANSChannel ed è accessibile anche direttamente dalla homepage del sito di ANS.

Spagna – Il musical “Getsemani”

Il debuto del musical “Getsemani” il 19 marzo scorso e la replica del 2 aprile nella casa salesiana “Sant’Ignacio” di Cadice: un progetto nato nel 2019 dall’Assemblea dei Salesiani Cooperatori (SSCC) della Provincia di Maria Ausiliatrice. Di seguito la notizia riportata dall’Agenzia d’Informazione Salesiana ANS.

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(ANS – Siviglia)– Il progetto del musical “Getsemani” nacque nel 2019 all’Assemblea dei Salesiani Cooperatori (SSCC) della Provincia di Maria Ausiliatrice: un gruppo di membri dell’associazione, di varie parti dell’Andalusia, preparò un piccolo musical sulla passione e morte di Gesù come momento di preghiera, concepito come una semplice rappresentazione scenica per i presenti. Ma le emozioni suscitate tra quelle persone diedero lo stimolo a ripetere e perfezionare il progetto, coinvolgendo, nell’anno successivo un numero maggiore di persone. Tuttavia, a pochi giorni dalla prima rappresentazione, la pandemia obbligò alla sospensione dello spettacolo. Era una battuta d’arresto, ma l’équipe tecnica e il cast di artisti sono rimasti uniti nell’attesa che arrivassero le condizioni per portare in scena lo spettacolo.

 Due anni dopo, “Getsemaní, el musical” ha potuto debuttare in un formato diverso e più ambizioso, nel teatro della casa salesiana “Santissima Trinità” di Siviglia, in occasione della festa di San Giuseppe, sabato 19 marzo. Poi, è stato portato in scena anche nella casa salesiana “Sant’Ignacio” di Cadice, sabato 2 aprile, anche qui – come a Siviglia – con due spettacoli per data.

Tutto il ricavato della vendita dei biglietti e dei prodotti collegati allo spettacolo viene destinato al progetto “Buzzetti” della “Fundación Don Bosco Salesianos Social”, finalizzato alla cura e alla promozione dei giovani fuoriusciti, per motivi di età, dai progetti di assistenza ai minori.

Il cast del musical è composto da oltre 120 persone che, tutte in forma volontaria, collaborano alla realizzazione di questo progetto. Nella direzione musicale, Javier Romero; nella direzione artistica, Rafael Sánchez Cazorla, SDB, e Ana Abad; nella scenografia, Rubén Fernández, nel disegno grafico, Javi Comino; e molte altre persone meno note che hanno dato il loro tempo, i loro doni e la loro dedizione, persone provenienti da molte case salesiane di tutto il Paese: i centri salesiani di Cadice, Rota, Jerez, San José del Valle, Algeciras, Siviglia, Sanlúcar la Mayor, Utrera, Palma del Río, Mérida, Alicante, Madrid…

A livello di struttura il musical consta di 18 scene, legate dalla figura di un centurione romano di nome Cornelius che fa da contrappunto al dramma rappresentato; nello sviluppo della trama si ascoltano canzoni conosciute di musical come “Godspell” e “Jesus Christ Superstar” e del gruppo Brotes de Olivo, oltre ad altri motivi meno noti che compongono un musical molto realistico e al tempo stesso in grado di commuovere.

E l’accoglienza del pubblico a Siviglia e a Cadice è stata elevata e calorosa.

Dopo l’ultima sua rappresentazione di Cadice, per il musical “Getsemani” si è aperto un nuovo orizzonte di altre possibili rappresentazioni. È già stato richiesto da diverse case salesiane nelle province di Cadice, Siviglia, Cordoba e Madrid, e ci sono anche diverse parrocchie e realtà diocesane interessate ad averlo.

In tutti i casi gli organizzatori assicurano che quest’iniziativa manterrà i suoi caratteri propri, diffondendo il messaggio di Gesù di Nazaret nello stile di Don Bosco, e preservando lo scopo caritatevole e solidale di aiutare i più bisognosi.

https://fundaciondonbosco.es/

Il dono di Madre Chiara Cazzuola al Rettor Maggiore: le reliquie della FMA a Torino-Valdocco

Domenica 10 aprile 2022, la Madre generale dell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, Suor Chiara Cazzuola, ha voluto donare al Rettor Maggiore Don Ángel Fernández Artime diverse reliquie rappresentative delle FMA da destinare al “Museo Casa Don Bosco” di Torino, Valdocco.

Di seguito l’articolo pubblicato sul sito delle FMA il 12 aprile scorso.

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Il 10 aprile 2022 Madre Chiara Cazzuola ha donato al Rettor Maggiore diverse reliquie rappresentative delle FMA da destinare al “Museo Casa Don Bosco” di Torino, Valdocco.

Roma (Italia). Il 10 aprile 2022, Domenica delle Palme, la Madre generale dell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, Suor Chiara Cazzuola, con la Vicaria generale, Suor María del Rosario García Ribas, ha raggiunto il Rettor Maggiore dei Salesiani di Don Bosco, Don Ángel Fernández Artime, presso la Sede Centrale SDB Sacro Cuore di Gesù a Roma.

Nell’incontro familiare Madre Chiara, oltre a porgere a nome di tutte le FMA gli auguri per la Pasqua imminente, in risposta a una specifica richiesta del Successore di don Bosco, animatore e centro di unità della Famiglia Salesiana (Cf Art. 3 della Regola di vita FMA) ha consegnato a Don Ángel diverse reliquie rappresentative (2° grado) delle FMA.

Si tratta di oggetti appartenuti ad alcune sorelle incamminate agli onori degli altari, che serviranno ad impreziosire con l’apporto femminile il settore della Santità Salesiana del “Museo Casa don Bosco” di Torino, Valdocco.

Nel testo “Le Cause dei Santi. Sussidio per lo Studium” della Congregazione delle Cause dei Santi, nello specifico del Capitolo II dedicato al culto delle reliquie, si trovano elementi importanti che aiutano a comprendere il valore del significativo gesto svoltosi in un colloquio tra il Rettor Maggiore e Madre Chiara.

Il termine reliquia letteralmente significa “frammento” e viene riferito al corpo umano o ad una sua parte; in senso lato, viene usato per indicare anche gli oggetti di proprietà di un defunto. In senso prettamente religioso le reliquie si dividono in:

– reliquie insigni (1° grado), il corpo intero o una parte rappresentativa non piccola di un Santo o Beato;

–  reliquie non insigni o rappresentative (2° grado), gli oggetti che sono appartenuti ai Santi o che sono stato in contatto con loro. Già nel Nuovo Testamento si vedono i presupposti per il culto delle reliquie rappresentative: i credenti che toccavano gli abiti appartenuti a San Paolo (cf At 19,11) venivano risanati (Cf. “Le Cause dei Santi. Sussidio per lo Studium”, a cura di Vincenzo Criscuolo, Carmelo Pellegrino, Robert J. Sarno, Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2018,227-230).

Infine esistono anche le reliquie di 3° grado che corrispondono a qualsiasi oggetto che sia entrato in contatto con reliquie insigni.

Il Concilio Vaticano II, nella costituzione sulla Sacra Liturgia Sacrosanctum Concilium, al n. 111, chiarisce il fine genuino e corretto della devozione delle reliquie«La Chiesa, secondo la sua tradizione, venera i santi e tiene in onore le loro reliquie autentiche e le loro immagini. Le feste dei Santi, infatti, proclamano le meraviglie di Cristo nei suoi servi e propongono ai fedeli opportuni esempi da imitare».

La venerazione delle reliquie ha come scopo dare Gloria a Dio, magnificare e lodare la bontà del Signore manifestata in quella creatura ed imitare il/la Santo/a nella sua disponibilità a corrispondere al dono sovrabbondante della Grazia.

Le reliquie non insigni consegnate nelle mani del Rettor Maggiore sono: gli occhiali, il libro delle preghiere “Piccolo ufficio della Beata Vergine Maria” della Venerabile Madre Laura Meozzi (1873-1951); un fazzoletto e un biglietto autografo della Serva di Dio Madre Rosetta Marchese (1922-1984); la camicia da notte, un libro di spartiti e un libro sulla cosmologia in francese della Venerabile Suor Teresa Valsé Pantellini (1878-1907); due corone del rosario, tre medaglie e un fazzoletto della Beata Maddalena Morano (1847-1908), un’armonica a bocca e un quaderno autografo della Beata Maria Romero (1902 – 1977) con trascrizioni di brani poetici di vari autori; una pinza utilizzata nell’assistenza ai malati e una corona del rosario Beata Maria Troncatti (1883 – 1969).

Il Rettor Maggiore, Don Ángel Fernández Artime, ha ringraziato vivamente Madre Chiara Cazzuola per questo dono, segno eminentemente pasquale di donazione di queste sorelle in cammino verso la Santità, che arricchisce tutta la Famiglia Salesiana.

Alla scoperta delle radici ignaziane di Don Bosco: la SSA visita il Santuario di Sant’Ignazio sopra Lanzo

Nella giornata di venerdì 9 aprile 2022, i partecipanti e gli animatori della Scuola di Accompagnamento Spirituale Salesiano (SSA, in inglese) hanno visitato il Santuario di Sant’Ignazio sopra Lanzo (Piemonte). I partecipanti alla SSA, che attualmente contano 20 salesiani anglofoni, si stanno formando per essere guide spirituali verso i loro confratelli e i giovani imparando sempre più gli elementi di contemplazione e discernimento propri della storia spirituale di Don Bosco.

Di seguito l’articolo pubblicato dall’Agenzia d’Informazione Salesiana ANS a cura di Gnanasahaya Selvam, SDB.

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(ANS – Pessinetto) – Venerdì 9 aprile 2022, i partecipanti e gli animatori della Scuola di Accompagnamento Spirituale Salesiano (SSA, in inglese), attualmente in corso per 20 salesiani anglofoni, hanno visitato il Santuario di Sant’Ignazio sopra Lanzo, non lontano da Torino. La visita ha rappresentato il culmine della prima settimana del programma della SSA, dedicata alla riflessione sulla storia spirituale di Don Bosco attraverso diversi stimoli ed input e visite a luoghi significativi della vita del santo.

In questa prima settimana di lavori le sessioni mattutine sono iniziate con degli input offerti da Giuseppe Buccellato, e sono proseguite con le visite ai luoghi come il Museo Casa Don Bosco, la Chiesa di San Francesco d’Assisi e i luoghi dell’Oratorio Itinerante, accompagnati da don Michael Pace, Vicedirettore del Museo Casa Don Bosco. Le ore pomeridiane sono state invece dedicate alla riflessione personale e alla condivisione di gruppo, facilitata da don Fabio Attard.

La visita al Santuario di Sant’Ignazio ha avuto lo scopo di evidenziare l’influenza della spiritualità di Sant’Ignazio di Loyola su Don Bosco e la fedeltà e l’impegno di quest’ultimo alla pratica degli esercizi spirituali annuali.

Attorno al 1622, subito dopo la canonizzazione di Sant’Ignazio di Loyola, a circa 40 chilometri a nord-ovest di Torino e 920 metri d’altitudine, la gente del luogo edificò una piccola cappella, che poi nel 1677 divenne proprietà dei Gesuiti. Furono questi che poi la trasformarono con un vero santuario, completato nel 1727.

Dopo la soppressione della Compagnia di Gesù, nel 1773, il Santuario passò allo Stato piemontese e da questi all’Arcidiocesi di Torino, che a partire dal 1814 affidarono la cura del santuario al Rettore della Chiesa di San Francesco d’Assisi e del Convitto Ecclesiastico: in tal modo i sacerdoti che frequentavano il Convitto – come lo frequentò Don Bosco per tre anni subito dopo l’ordinazione – venivano segnati profondamente dagli esercizi spirituali di Sant’Ignazio.

Il santuario di Sant’Ignazio sopra Lanzo divenne presto un centro di spiritualità ignaziana a Torino e dintorni. Ad esempio, la Congregazione degli Oblati della Vergine Maria venne fondata da Bruno Lanteri nel 1816 a Torino proprio con la missione di offrire gli Esercizi Spirituali Ignaziani al clero e ai laici.

Nel 1842, alla fine del suo primo anno al Convitto Ecclesiastico, Don Bosco in compagnia di don Cafasso si recò, forse per la prima volta, al Santuario di Sant’Ignazio per gli Esercizi Spirituali. Da allora, secondo le parole di don Buccellato, “vi andò quasi ininterrottamente per più di 30 anni, anche dopo il 1866, anno in cui cominciò a fare gli Esercizi separatamente in località Trofarello per la nuova Società di San Francesco di Sales. E spesso portava con sé alcuni giovani chierici dell’Oratorio”, come ad esempio Michele Rua. I viaggi verso il santuario si facevano per lo più a piedi e in questo contesto Don Bosco introdusse l’abitudine ai ritiri spirituali per i ragazzi dell’oratorio, mentre lui stesso veniva spesso contattato per offrire ritiri spirituali. Ecco perché oggi don Buccellato può sostenere che la predicazione dei ritiri fa parte del carisma e del ministero salesiano.

I partecipanti alla SSA, che si stanno formando per essere guide spirituali verso i loro confratelli e i giovani, grazie a tali iniziative stanno imparando ad apprezzare sempre più gli elementi di contemplazione e discernimento propri della storia spirituale di Don Bosco.

Ora la SSA ha concluso la sua fase torinese e si svolge ora al Colle Don Bosco, dove rimarrà fino alla fine del programma. Attualmente i partecipanti sono impegnati nel ritiro individuale di 6 giorni, fino a Pasqua, e la prossima settimana visiteranno i luoghi salesiani di Castelnuovo Don Bosco. Infine, nelle due settimane successive saranno accompagnati nella teoria e nella pratica dell’accompagnamento spirituale.

Gnanasahaya Selvam, SDB

Messa del crisma: omelia dell’arcivescovo Cesare Nosiglia

Nella giornata del giovedì Santo, il 14 aprile alle 9:30 nella chiesa del Santo Volto di Torino, si è tenuta la Messa del crisma presieduta da Mons. Cesare Nosiglia. In tale celebrazione il vescovo ha consacrato gli oli santi che saranno usati durante tutto l’anno liturgico.

Di seguito si riporta l’omelia della messa:

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Mons. Cesare Nosiglia.

1. E’ con viva riconoscenza al Signore che in questa solenne celebrazione vogliamo ricordare il nostro sacerdozio, dono gratuito che abbiamo ricevuto e fonte continua di grazia per noi, la nostra Chiesa e i fedeli. Che cosa c’è sulla terra di piu’ grande di questo dono e mistero del sacerdozio? Nel sacramento dell’Ordine, che ci è stato dato, si racchiude tanta potenza di grazia che viene da chiederci: perché proprio io, Signore, sono stato amato a tal punto da essere investito di una grazia così grande?  Quale è il motivo della tua scelta?

La risposta di Dio è la stessa del salmo: “Io ti ho trovato  mio servo, ti ho consacrato con il mio santo olio, la mia mano è il tuo sostegno e il mio braccio è la tua forza”. Sì, Dio è stato ed è la nostra forza ed il sostegno sempre e in ogni momento.

Oggi vogliamo riconoscere tutto questo come atto di gratuità assoluta  di Colui che ci ha liberato dai nostri peccati con il suo sangue e ha fatto di noi un regno di sacerdote per il suo Dio e Padre. Se questo rendimento di grazia vale per ciascuno  vale ancora di piu’ per me dopo un ampio e fecondo ministero sacerdotale che il signore mi ha donato   Mi rendo sempre piu’ conto della grazia che Lui mi ha fatto chiamandomi tra voi ad essere vescovo, padre ed amico. L’incontro con voi presbiteri nelle unita pastorali, nella visita pastorale e in tante altre occasioni nelle parrocchie è stato un’esperienza ricca di fraternità e di comunione vera e sincera. Ho visto con i miei occhi la vostra fiduciosa disponibilità e generosità e soprattutto la serenità, malgrado anche tante condizioni di vita difficili, di solitudine, di precaria salute a volte, di incomprensione da parte di  alcune persone. Mi ha stupito il vostro spirito di obbedienza al vescovo e di rispetto ed accoglienza con cui mi avete ascoltato.

Parlandovi cuore a cuore oggi sento di dovervi esprimere la mia profonda ammirazione e riconoscenza per quello che  avete rappresentato per  me e per la Diocesi e per tutto ciò che fate, giorno per giorno, nel faticoso e complesso lavoro apostolico.

Parafrasando il detto di Agostino, mi sento di dirvi che il mio intento è  stato quello di essere per voi vescovo e con voi sacerdote, dove quel “per” indicava il mio servizio  e il “con” indicava la mia piena partecipazione all’unico sacerdozio di Cristo, che tutti ci è unito a sé mediante il sacramento dell’Ordine e dunque con un vincolo strettissimo e di grazia incommensurabile. La tentazione individualistica si insinua sempre  nel tessuto umano, ecclesiale e pastorale e impedisce di realizzare i cinque verbi che Giovanni Paolo II ha indicato al “suo” presbiterio e che io ho fatto risuonare tra voi la prima volta che abbiamo celebrato  la messa : stare insieme, pregare insieme, decidere insieme, operare insieme e mangiare insieme.

2. Oggi voglio anche che facciamo nostre  le parole di Cristo nella sinagoga di Nazareth, perché di quello che egli attribuisce a se stesso, ci ha resi partecipi in quanto suoi presbiteri nella Chiesa. La certezza di essere stati consacrati con l’unzione dello Spirito e di essere stati mandati qualifica la nostra identità ed il ministero sacerdotale. Meno accentuiamo il ruolo e più invece la dimensione profondamente umana e spirituale del nostro rapporto reciproco e più avremo una risposta efficace anche sul piano della unità pastorale a cui pure dobbiamo tendere.

Dobbiamo guardaci molto dal permettere che il nostro sacerdozio, vissuto nel presbiterio, cessi di essere per noi la realtà piu’ importante ed essenziale da curare, proteggere, aiutare a crescere  come elemento unificante di tutto ciò che facciamo. Esso non deve mai diventare un fatto scontato  e supplementare rispetto all’agire pastorale. Questo comporta un costante lavoro su noi stessi e nella nostra vita interiore con una permanente formazione spirituale, pastorale e intellettuale.

Comunione e formazione, lo sappiamo bene, camminano insieme. E’ dunque necessario che come presbiteri sentiamo forte l’impegno a formarci insieme e con assiduità. Le iniziative diocesane non mancano, anche se non tutti le frequentavano secondo il programma stabilito. Sono certo tuttavia che in tutti c’è il desiderio di non restare privi di una solida formazione, oggi necessaria per comunicare e vivere il Vangelo in un mondo che cambia rapidamente e che, se non è compreso e gestito anche sul piano culturale, rischia di vanificare ogni sforzo pastorale. La formazione è ormai diventata una questione di coscienza per ogni vescovo e sacerdote.

Mi sono sempre chiesto  come predicavo, come facevo catechesi , come aiutavo i poveri, i senza dimora e gli operai privo di lavoro, come dirigevo le anime e questo mi sollecitava a confrontarmi con gli altri presbiteri, a studiare ed approfondire vie nuove di evangelizzazione e di preghiera. Tutto ciò però l’ho fatto per  vivere e far crescere il mio sacerdozio e dunque la mia unione a Cristo e alla Chiesa. Qui sta il proprium della  santità sacerdotale: l’unione a Cristo e alla Chiesa mediante l’unione  ai confratelli nell’unicum presbiterium diocesano.

Per questo ho cercato di coltivare in me stesso l’atteggiamento della fraternità sacerdotale, imparare l’arte del programmare e decidere insieme, vivere lo scambio delle esperienze, l’aiuto reciproco sul piano della carità e dell’amicizia, la pazienza di accoglierci gli uni gli altri nell’umiltà.. La spiritualità del presbitero diocesano infatti si caratterizza per un costante inserimento nel concreto vissuto della sua gente da cui sa trarre linfa e slancio di unità e di servizio.

Ho imparato con voi a lavorare insieme per rendere il nostro presbiterio un soggetto forte e di sostegno reciproco, garantendo così un effetto moltiplicatore anche delle nostre fatiche pastorali. Ci siamo impegnati di  mostrare ai fedeli l’unità di intenti, che ci guida ed aiuta a realizzare anche tra noi, quella comunione spesso così difficile nelle nostre comunità. Sono convinto che quando i presbiteri si amano, si stimano e si sostengono a vicenda sono una testimonianza persuasiva e raggiungono anche pastoralmente risultati straordinari. Il condividere insieme la passione apostolica e l’attuazione di vie convergenti di pastorale è “l’arma” più efficace per l’evangelizzazione.

Richiamo infine , in proposito un testo sintetico, ma preciso, della “Pastores dabo vobis”: che vi lascio come meta fondamentale della vostra vita sacerdotale: “Solamente un  presbitero, che abbia  sperimentato l’ascetica  della  comunione nel suo rapporto con  Dio,  con il proprio  Vescovo e con i  confratelli nel  presbiterato,  sarà capace  di instaurare  dei rapporti di carità, di  mutua comprensione e di dialogo con i fratelli  laici,  non già  dismettendo la propria peculiare identità ministeriale ma attualizzandola al massimo come  servizio  della comunione; potrà condurre  all’unità la molteplicità dei fedeli a lui affidati mediante un autentico discernimento nello  Spirito; e, infine sarà credibile testimone e annunziatore di Cristo  nella missione ed  esperto nell’arte del dialogo  con tutti  gli uomini”.

3.1 Il rapporto con il Vescovo.

Ogni presbitero sa bene quanto sia essenziale per il suo ministero mantenere e sviluppare un raccordo e dialogo di comunione e una costante fraternità spirituale e pastorale con il proprio vescovo. Allo stesso modo il vescovo è chiamato ad essere padre, fratello ed amico di ogni sacerdote. Considero l’incontro personale con ciascuno di voi essenziale per raggiungere questi obiettivi e pertanto dobbiamo aiutarci reciprocamente per renderlo effettivo e possibile sia da parte mia, visitandovi nelle vostre parrocchie o luoghi di ministero, sia da parte vostra, ricercando con spontaneità e semplicità le occasioni più propizie.

Un presbiterio così numeroso esige certamente delle persone che, insieme al vescovo, curino questo aspetto importante della vita del presbiterio. In primo luogo, il Vicario generale che ringrazio sentitamente per la sua costante opera di dialogo ed orientamento che svolge verso i sacerdoti e per il generoso e competente servizio in molti ambiti pastorali della vita della Diocesi. La sua esperienza ed il suo illuminato consiglio sono preziosi per me e per voi e mi rallegro della sincera stima di cui gode presso il presbiterio. Ringrazio anche quanti seguono con amore e generosità la formazione dei sacerdoti giovani, la formazione permanente del clero ed i sacerdoti anziani e malati. Un grazie particolare va al mio segretario, che svolge un’opera assidua e preziosa di raccordo tra me e voi per tutti gli appuntamenti e le necessità che riguardano il mio ministero nelle parrocchie e realtà ecclesiali.

Si tratta dunque di mediazioni necessarie ed indispensabili, ma non possono esaurire l’impegno reciproco di incontrarci personalmente. Ogni sacerdote deve poter accedere sempre ed in ogni momento direttamente al vescovo e non solo per sottoporgli eventuali problemi o richieste, ma anche per incontri informali di amicizia e di gioiosa fraternità. Sono in particolare i momenti, sempre delicati, dei cambiamenti, che esigono questo rapporto stretto e determinante tra il vescovo e ciascun presbitero.

Credo che se percorreremo con impegno e serenità questa via potremo realizzare quella carità pastorale che tanto sta a cuore a tutti noi e che rappresenta la meta più necessaria ed efficace del nostro presbiterio.

3.2 In questo clima di gioiosa fraternità ricordo anzitutto i confratelli malati e anziani, che rappresentano, come in  ogni famiglia, una risorsa ricca di grazia da accogliere con gioia e solidale amicizia. Non dimentichiamoci mai di loro e manifestiamo con fatti concreti la nostra vicinanza, andandoli a trovare spesso, mantenendoli, se possibile, inseriti nel presbiterio di vicariato o di parrocchia, offrendo loro segni di affetto e di riconoscenza.

Mi fa male al cuore quando vedo che qualche sacerdote anziano, che ha speso tanto in una comunità e lascia il ministero per limiti di età o di salute abbandona anche un proficuo rapporto con il presbiterio. La scadenza dei 75 anni è un momento difficile per tutti,  ma anche di umiltà, che produce molto frutto sia per la propria santità personale che per l’esempio di obbedienza che si offre ai fedeli. Tuttavia, credo che dovremo insieme esplorare vie e modalità piu’ ricche di umanità e di riconoscenza verso chi ha speso la vita per il Signore e la Chiesa e può ancora dare molto, se in salute, non solo sul piano dell’agire pastorale ma anche della presenza nel presbiterio, mediante adeguate forme di responsabilità, che usufruiscano ancora della sua preziosa esperienza e generoso impegno.

Se poi questi confratelli sono malati e sofferenti, è necessario, prima di ricorrere alle pur utili strutture di sostegno e di cura, tentare vie alternative, che non allontanino il prete dall’ambiente vitale del presbiterio del vicariato e dal territorio dove tanta gente lo stima e lo ama.

3.3 Dagli anziani ai presbiteri giovani. I primi anni di ministero necessitano di uno speciale accompagnamento spirituale e pastorale, ma anche paterno e fraterno, da parte del vescovo, dei sacerdoti responsabili della formazione e dei parroci e presbiteri di vicariato in cui sono inseriti.

Il carico di lavoro apostolico, a cui spesso sono sottoposti con la scusa che sono giovani, rischia di non permettere loro un graduale e sicuro inserimento nell’azione pastorale mantenendo spazi di autonomia e di libertà nel gestire il proprio tempo ed una regola di vita serena e meno affannata e frammentata. Non è solo questione di selezionarne i compiti, ma di creare un clima sereno, di dialogo e di accompagnamento fiducioso e fraterno nel presbiterio parrocchiale e di vicariato.

Ai presbiteri giovani raccomando poi di sviluppare, imponendoselo se necessario come dovere, un costante dialogo con il padre spirituale ed il vescovo e di curare  forme di unione amicale e gioiosa con i compagni di classe o di seminario.

3.4 Nella mia visita ai vicariati ho potuto constatare un clima sereno e fraterno tra voi presbiteri. Ringrazio il Signore per questo e ringrazio anche i vicari foranei, che lavorano molto per favorire l’unità tra tutti i presbiteri. Restano alcune zone d’ombra, che andranno illuminate dal nostro comune impegno. Si tratta di superare la solitudine, sia presbiterale che pastorale, di cui spesso ci lamentiamo, ma per cui non lavoriamo ancora abbastanza e con efficacia per superarla.

Sono molti i sacerdoti, che vivono da soli in canonica facendosi anche da mangiare. Anche se per molti questo fatto viene affrontato con serenità e senza eccessivi problemi, credo che non sia una scelta positiva. A lungo andare, rischia di pesare, e fortemente, sul carattere oltre che spesso anche sulla salute. Chiedo di ripensare questa situazione per ricercare forme di maggiore condivisione, anche per i pasti, tra sacerdoti delle parrocchie dello stesso vicariato o unità pastorale o comunque vicine sul territorio. Incontrarsi, anche solo per i pasti principali, con altri sacerdoti è un grande dono ed arricchimento personale e comunitario.

Questo potrebbe anche aiutare a superare l’altro aspetto della solitudine pastorale lamentata da molti sacerdoti. Il ministero del presbitero è un fatto eminentemente comunitario nel senso che egli agisce sempre insieme e per conto del vescovo e del presbiterio in cui è inserito. Tale fatto, chiaro sul piano teorico, diventa difficile su quello pratico di ogni giorno. Ci possono aiutare al riguardo il cammino e le scelte diocesane, che rappresentano l’alveo dentro cui muoversi e camminare insieme. Non si tratta solo di applicare con fedeltà gli orientamenti stabiliti, ma di mentalità e di stile pastorale che devono ricercare sempre l’unità e la comunione. Questo rende più efficace il nostro rapporto con i laici e le nostre comunità. Le vie “solitarie” sembrano, a volte, più immediatamente produttive ed efficaci, ma in realtà non producono frutto, perché sono prive di quella grazia particolare che è, appunto, la comunione, senza la quale battiamo l’aria, anche se lavoriamo giorno e notte, corriamo molto ma invano e senza mai raggiungere la meta sperata.

3.5 Un grave e primario impegno di tutto il presbiterio è quello delle vocazioni. E ciò non solo per evidenti ragioni di personale, ma prima ancora per aprirci al dono gratuito di Dio, che continua a chiamare là dove il terreno spirituale è fecondo e la santità dei suoi ministri manifesta la sua potenza nella debolezza.

Le vocazioni segnano la temperatura spirituale delle nostre comunità e ne manifestano il radicamento evangelico, ma segnano anche la nostra comunione presbiterale e ne testimoniano la sincerità e la profondità umana, spirituale, ecclesiale. Sacerdoti santi e un presbiterio santo non possono non suscitare vocazioni nel popolo di Dio. Parte dunque dal nostro rinnovamento spirituale la prima via della pastorale vocazionale e su questo si misura il nostro comune impegno a favorirne la crescita e lo  sviluppo. E’ difficile infatti che una vocazione al sacerdozio nasca senza un rapporto stretto con un sacerdote, senza contatti personalizzati con i ragazzi e giovani, senza amicizia e paziente accompagnamento spirituale. Se i ragazzi e giovani ci vedono sempre indaffarati per troppe cose, pronti allo scontento e al lamento, distanti dalla loro esperienza di vita, trascurati nella preghiera, come potranno essere attratti dal sacerdozio? Se invece sperimentano in noi la gioia e l’entusiasmo di essere ministri di Cristo, la generosità nel servizio alla Chiesa, la prontezza nel farsi carico delle situazioni spirituali, umane e familiari della gente, soprattutto dei poveri, malati e sofferenti, saranno spinti ad interrogarsi se non possa questa essere anche per loro la via migliore da seguire  nella vita.

A questo aggiungo anche un ultima annotazione: l’amore per il Seminario, che si esprime in molti modi, anche concreti, dalla visita insieme ai ragazzi, alla Giornata diocesana svolta con cura e forte animazione, alle missioni promosse dai seminaristi, al sostegno anche finanziario, all’affectus che ogni sacerdote manifesta nel parlare del seminario alle famiglie, ai ragazzi e giovani, alla sua comunità.

3.6 Un’altra consegna che vi faccio, e rivolgo anche a me stesso, è il ricordo costante dei sacerdoti membri del nostro presbiterio, che svolgono il loro ministero nei paesi missionari.

La nostra Diocesi ha fatto uno sforzo notevole negli anni scorsi per avviare e mantenere questa frontiera avanzata sul terreno della evangelizzazione del mondo e di comunione con le Chiese sorelle di tanti Paesi missionari. Si tratta di un tesoro prezioso, che non va disperso, e per questo ringrazio quanti tra voi si rendono disponibili a mantenere vivo il flusso di invii sia in sostituzione dei confratelli che tornano sia per potenziare quelli che restano. E’ necessario tuttavia che questa scelta sia condivisa e sentita come fattore di grazia e di crescita nella comunione missionaria di tutto il presbiterio. Questi confratelli non vanno a titolo personale, ma inviati dalla Chiesa e dal vescovo e dunque anche dal presbiterio. Ricordarli, andarli a trovare, mantenere un contatto e soprattutto quando tornano usufruire della ricchezza di esperienza missionaria di cui sono portatori, rappresentano fattori importanti di cui tutti dobbiamo farci carico con serietà e fiducia.

In quest’ora, così carica di significato spirituale ed ecclesiale, vorrei rivolgere al Signore una preghiera forte e sincera per i nostri presbiteri “fidei donum” e per tutti i missionari  vicentini sparsi nel mondo, perché si sentano uniti a noi in un vincolo stretto e sacramentale di unità in Cristo e nella Chiesa e su questo possano contare sempre per il loro generoso servizio che svolgono anche a nostro nome e uniti con noi.

3.7 Infine non posso dimenticare quei confratelli che hanno lasciato il sacerdozio. E’ nostro compito percorrere vie di dialogo e di carità verso di loro; mantenere i contatti con quelli che conosciamo, facendoli sentire ancora partecipi del cammino di fede della Chiesa a cui hanno comunque dato parte della loro vita; accompagnarli con la preghiera ed una serena amicizia.

Canterò per sempre l’amore del Signore

4. Il dono del presbiterio unito al vescovo è un evento mirabile di grazia e di santità. Qui oggi si rinnova e si consolida l’unità nel sacramento dell’Ordine che ci fa una cosa sola in Cristo e nella Chiesa. Le promesse sacerdotali, che rinnoveremo tra poco, siano l’espressione sincera di riconoscenza al Signore, il quale, chiamandoci al sacerdozio e ad esercitarlo nella Chiesa di Vicenza insieme ai confratelli e al vescovo, ci invita a rimotivare  e riconfermare  il nostro sì di fedeltà e di generosità a quanto Egli ci ha gratuitamente dato.

A te, Maria, madre di ogni sacerdote,  affidiamo l’impegno di crescere nella fede verso il tuo Figlio, nella comunione con gli altri presbiteri ed il vescovo all’interno della nostra Chiesa locale e nella missione universale di salvezza a cui il sacerdozio ci richiama  ogni giorno quando celebriamo l’Eucaristia, segno sacramentale di partecipazione all’unico ed eterno sacerdozio del nostro Signore Gesù Cristo. Amen.

Cesare Nosiglia

 

Ucraina – Le case salesiane: oasi sempre aperte per aiutare e accompagnare i giovani

Oggi nell’Ucraina devastata dai bombardamenti, circa 680 minori continuano a frequentare a distanza le lezioni dei centri educativi salesiani; gli oratori sono ancora un angolo di rifugio e speranza per 208 di essi; e 70 bambini, ragazzi e giovani sono propriamente ospitati nelle opere dei Figli di Don Bosco – per un totale di 958 minori. Anche in questa situazione d’emergenza le case salesiane dunque non perdono la loro connotazione. Di seguito l’articolo ANS.

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(ANS – Leopoli) – Secondo lo spirito di accoglienza loro proprio, i salesiani in tutto il mondo non fanno mai differenza quando si tratta di avere cura di chi è nel bisogno; ma per bambini, ragazzi e giovani c’è, per carisma, un’attenzione privilegiata. Sono circa 2.000 i minori ucraini aiutati e accompagnati, limitando il conteggio solamente a quanti continuano ad essere seguiti in Ucraina e a quelli accolti in Polonia e Slovacchia. Molti altri potrebbero essere aggiunti se si riuscisse a fare un censimento immediato anche nelle altre realtà in prima linea su questo fronte. I salesiani ospitano, consolano, aiutano e fanno del loro meglio per far tornare anche solo per un momento un sorriso sui loro volti, nella convinzione, come disse Gesù, che “ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40).

Anche in questa situazione d’emergenza le case salesiane non perdono la loro connotazione: la maggior parte delle attività sono dirette all’educazione, alla socializzazione e all’assistenza in ogni dimensione del giovane.

“In primo luogo, le nostre scuole servono i bambini durante le loro normali ore di lavoro – spiega don George Menamparampil, responsabile del Coordinamento Generale salesiano per la risposta alle emergenze –. Inoltre, i nostri oratori, sono aperti per i bambini tutti i giorni e per le attività diurne. E comunque i minori che attualmente risiedono nelle case salesiane ricevono 24 ore su 24, alloggio, gli alimenti e tutto l’aiuto necessario, compresa l’educazione, la ricreazione e quelle cure di cui ogni bambino o ragazzo ha bisogno”.

I centri salesiani in Ucraina sono rimasti tutti aperti. “Ci siamo domandati cosa potessimo fare e abbiamo deciso di metterci a disposizione delle persone, quelle che vivevano lì e i profughi che sarebbero arrivati” ha testimoniato ad Avvenire anche don Daniel Antúnez, Presidente di “Missioni Don Bosco” di Torino, che nell’ambito di quest’emergenza ha visitato le opere salesiane di Ucraina e Polonia.

Oggi nell’Ucraina devastata dai bombardamenti, circa 680 minori – pari all’80% del totale – continuano a frequentare a distanza le lezioni dei centri educativi salesiani; gli oratori sono ancora un angolo di rifugio e speranza per 208 di essi; e 70 bambini, ragazzi e giovani sono propriamente ospitati nelle opere dei Figli di Don Bosco – per un totale di 958 minori.

In Polonia ci sono 398 minori inseriti nelle scuole salesiane, 309 negli oratori e 210 accolti nelle case – per un totale di 917.

In Slovacchia, invece, ci sono 60 bambini negli oratori e 50 accolti nelle presenze salesiane – e sono altri 110. Per cui il totale complessivo nei tre Paesi considerati sale a 1.985 minori sostenuti.

Dalla Moldavia, invece, non si ha un conteggio preciso sui minori, ma si può comunque dire che nella casa salesiana di Chișinău sono attualmente accolti una quarantina di rifugiati, e che dall’inizio della guerra per il centro salesiano ha offerto uno spazio di ristoro e pace ad oltre 1.000 persone.

Perché a fronte di una tragedia immane e senza senso come la guerra, i Figli di Don Bosco possono solo fare del loro meglio per aiutare fisicamente e spiritualmente i loro prossimi, e tra di essi in particolare, i minori. “Lavoriamo per venire incontro ai bisogni, di cibo, di casa, delle persone” conclude don Antúnez, non prima di rinnovare l’invito, tipicamente salesiano, a pregare Maria Ausiliatrice: “È la mamma della nostra Congregazione, Don Bosco diceva che se si prega Maria Ausiliatrice il miracolo è sicuro”.

“IL DESERTO E LA FEDE” – una serata con Epicoco e Buonaiuto al Duomo di Torino

Giovedì 7 aprile, a partire dalle ore 17.45 presso il Duomo di Torino, si terrà una serata dedicata ai giovani sulla figura di Charles de Foucauld, dal titolo «Il deserto e la fede». Si tratta di un prologo in vista del prossimo Salone internazionale del Libro di Torino in cui Uelci e Diocesi di Torino proporranno una serie di incontri. Ospiti della serata, don Luigi Maria Epicoco e Armando Buonaiuto.

Di seguito la notizia pubblicata sul sito della Pastorale Giovanile di Torino a cura di Federica BELLO.

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IL DESERTO E LA FEDE
7 aprile 17.45 Duomo

don Luigi Maria Epicoco e Armando Buonaiuto

«Il deserto e la fede» due parole chiave per stimolare la riflessione su Charles de Foucauld.
Deserto e fede saranno infatti l’anima di una serata rivolta a giovani e non solo che Uelci (Unione editori e librai cattolici italiani) con la Pastorale Giovanile propone il 7 aprile alle 17.45 in duomo. Si tratta di un prologo in vista del prossimo Salone internazionale del Libro di Torino in cui Uelci e Diocesi di Torino proporranno una serie di incontri.

«Il tema dell’edizione di quest’anno del Salone del Libro», spiega il direttore della Pastorale giovanile don Luca Ramello, «è particolarmente intrigante. ‘Cuori selvaggi’ esprime efficacemente la tensione di questi tempi: tra problemi e incertezze si riconosce l’indomita ricerca di cuori inquieti e assetati. Tra questi, i cuori dei giovani, per età e per temperamento, sono chiamati ad essere in prima linea nell’‘esplorazione’ del nuovo che avanza. La testimonianza di fede del Beato Charles de Foucauld è una potente e straordinaria provocazione per tutti i ‘cuori selvaggi’, soprattutto per i giovani. Per queste ragioni il progetto tra la Pastorale Giovanile e della Cultura e la Uelci guarda al mondo degli oratori: all’origine delle tradizioni degli oratori (romana, lombarda, piemontese) c’è il «libro», come cultura, come formazione, come strumento. Una sfida avvincente anche per gli oratori di oggi!». Ed ecco che la sfida del dialogo con i giovani, della loro ricerca di senso ha, due significativi protagonisti nella serata in duomo dedicata al «Fratello Universale»: don Luigi Maria Epicoco e Armando Buonaiuto.

Nato a Mesagne, in Puglia, il 21 ottobre 1980 don Luigi Maria Epicoco è stato ordinato sacerdote a L’Aquila nel 2005. Insegna filosofia alla Pontificia Università Lateranense ed è direttore della residenza universitaria San Carlo Borromeo a L’Aquila. Il 16 giugno 2021 Papa Francesco lo ha nominato Assistente ecclesiastico del Dicastero per la Comunicazione ed Editorialista de L’Osservatore Romano.

Armando Buonaiuto è nato a Torino nel 1974. Curatore del festival Torino Spiritualità, collabora con la Fondazione Circolo dei lettori. Ha lavorato presso il Segretariato Sociale della Rai, occupandosi di tematiche no profit e insegnando comunicazione sociale nell’ambito di progetti di formazione giornalistica nei Balcani e in Africa. È stato tra i conduttori per Rai Radio3 della trasmissione di cultura religiosa Uomini e profeti.
Il dialogo, moderato da don Ramello, aprirà dunque uno squarcio sulle provocazioni che la spiritualità di Charles de Foucauld lancia al mondo giovanile, e proietta al tempo del Salone del libro e al confronto con il mondo della cultura al quale i giovani sono chiamati.

La serata sarà trasmessa in streaming sui canali social @upgtorino.

Federica BELLO