Il quarto incontro di “E se la fede avesse ragione” 2020/2021: INVIDIA

Nella serata di ieri, giovedì 11 febbraio alle ore 21.00, è ripreso online il cammino “E se la fede avesse ragione?” con il 4° incontro incentrato sul tema dell’INVIDIA, uno dei sette vizi capitali su cui quest’anno si vuole concentrare l’attenzione: “I Vizi Capitali: la bellezza della virtù e la bruttezza del peccato”. L’incontro è stato guidato da don Luca Ramello, Direttore dell’Ufficio di Pastorale Giovanile dell’Arcidiocesi di Torino.

Prossimo appuntamento: giovedì 11 marzo 2021 sul tema dell’Ira, condotto da don Andrea Bozzolo.

Cammino Quaresimale 2021

La Pastorale Giovanile e il Movimento Giovanile Salesiano propongono un cammino quaresimale in preparazione alla Santa Pasqua 2021.

Il materiale a disposizione è stato pensato per vivere tutto il periodo della Quaresima (dal 17 febbraio) come un tempo di silenzio, di ascolto e di riflessione, un’esperienza di “deserto” di 40 giorni, sulle orme del Signore. C’è bisogno infatti di qualcuno che del deserto abbia già fatto esperienza prima di noi, per poterci dire che il deserto si può attraversare. Che il deserto e la morte non sono l’ultima parola.

Il cammino comprende una proposta per la liturgia del Mercoledì delle Ceneri, con un momento penitenziale; per ciascuna settimana della Quaresima invece, una Via Crucis divisa in 6 tappe, una parola chiave con il video correlato e un fatto di attualità per riflettere.

Il percorso è stato pensato per le medie, le superiori (biennio e triennio) e per i CFP e man mano saranno resi disponibili tutti i contenuti per ciascuna sezione.

Il Triduo pasquale conterrà una proposta anche per i giovani, gli universitari e le famiglie.

Aggiornamenti da Spazio fratto Tempo: i progetti Speranza e Stige

Un aggiornamento da Spazio fratto Tempo, il progetto che si rivolge a giovani inoccupati e disoccupati tra i 15 e i 29 anni compiuti residenti nella Città Metropolitana di Torino. A cura di Vanessa Sellari, di seguito un resoconto riguardante i progetti “Speranza” e “Stige arti grafiche“, entrambi rientranti in Spazio fratto Tempo.

Un anno dopo, sulla scia del successo di Stige, nasce un nuovo e interessante progetto di accompagnamento al lavoro.

Il progetto Speranza contiene già nel titolo la carica di forza necessaria per gli obiettivi che si prefigge, volti alla costruzione di competenze trasversali e professionali, attraverso un percorso di apprendimento strutturato.

Sono stati coinvolti 18 giovani di diversa estrazione sociale e culturale, preventivamente selezionati con grande sforzo da parte degli educatori degli oratori coinvolti. Operatori sociali, animatori, operatori dei servizi al lavoro e tutor aziendali, hanno lavorato in sinergia per favorire la realizzazione di un programma di sviluppo di capacità personali e tecniche, utili nel lavoro e necessarie per la vita.

Il percorso ha previsto alternati momenti di formazione, in aula e on the job.

Diversi gli enti coinvolti che hanno dato il proprio contributo in termini di esperienza in contesto formativo: AGS per il territorio, IUSTO – Istituto Universitario Salesiano Torino Rebaudengo, Cnosfap Torino Valdocco. Durante le lezioni in aula sono state proposte ai partecipanti ore di orientamento, sicurezza sui luoghi di lavoro e anche un modulo di PSYCAP: strumento di ricerca e potenziamento delle risorse di un individuo per la costruzione di un progetto personale. I ragazzi hanno lavorato molto sulla costruzione di sé in relazione a contesti diversi, finalizzando il proprio bagaglio culturale e esperienziale alla ricerca di un nuovo spazio di azione che li rendesse più consapevoli e autonomi. Tale impegno, propedeutico per il mondo del lavoro, è stato supportato dal coinvolgimento di alcune aziende, provenienti da vari settori professionali: tra questi spicca il Gruppo CLN, protagonista internazionale per lo sviluppo, l’industrializzazione e l’assemblaggio di prodotti in acciaio; ma troviamo anche importanti nomi nel settore della ristorazione e della grafica.

Il tutoraggio aziendale e il supporto di educatori e operatori della formazione, hanno posto le basi per il ponte tra sistema educativo e mondo del lavoro: obiettivo principale del progetto Speranza.

Ognuna delle imprese coinvolte ha potuto, inoltre, contribuire alla crescita personale e professionale dei giovani, e ad oggi, alcuni di loro, sono parte integrante del team.

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Il progetto “STIGE ARTI GRAFICHE. I TIPOGRAFI DI DON BOSCO” nasce nel 2018 nel contesto della sperimentazione di nuove modalità di accompagnamento al lavoro per giovani NEET, già promossa dal più ampio programma di Spazio Fratto Tempo. L’azienda, Stige Arti Grafiche, è una realtà di 20.000 mq nei pressi di Torino; vanta 250 collaboratori e novant’anni di storia di stampa offset. L’attenzione per l’impatto ambientale e la qualità dello stampato rappresentano i punti cardine della loro politica aziendale; a ciò si aggiunge l’interesse per l’aggiornamento continuo di tutto il personale. Su questi valori è stato possibile promuovere la collaborazione con il sistema educativo salesiano rivolto ai giovani in cerca di occupazione. Dalla sinergia di un gruppo di lavoro dinamico e attento ai cambiamenti del mercato del lavoro, si è ideato un progetto formativo mirato all’inserimento in tirocinio dei 10 giovani coinvolti.

I ragazzi, dal canto loro, hanno preso parte al progetto mettendo in campo le proprie aspettative e il proprio entusiasmo, affidandosi a un percorso di crescita professionale che ha dato i suoi migliori risultati in alcune storie di successo.
Questo iter formativo ha visto alternarsi ore di lezioni teoriche in aula, a visite presso lo stabilimento, fino all’esperienza nel vivo del contesto lavorativo.

I giovani coinvolti hanno appreso direttamente sul campo l’importanza del lavoro di squadra, la necessità di ridurre al minimo i tempi del processo di produzione mantenendo comunque alti gli standard qualitativi. E tra il rumore di sottofondo delle rotative rotocalco e l’imponenza delle bobine incolonnate una sull’altra, alcuni di loro hanno raggiunto la propria realizzazione in campo professionale.

L’assunzione con contratto di apprendistato, infatti, ha saldato un’importante partnership, ma soprattutto ha fornito la giusta spinta per la crescita personale e professionale dei giovani.

Vanessa Sellari

Incontro di formazione CAM: “Forme, tempi e spazi dell’équipe educativa”

In data 5 febbraio 2021 si è svolto l’incontro di formazione “Forme, tempi e spazi dell’équipe educativa” (vedi slides). Destinatari del percorso gli educatori del Centri Aggregativi Minori e i Salesiani, responsabili di CAM stessi.

La formazione ha voluto lavorare sull’équipe educativa quale cuore dell’attività del CAM. Ci si è interrogati sulle parole chiave, sui ponti che lancia un buon lavoro di équipe, sulle sfide e sulla quotidianità.

Docente dell’incontro la Professoressa Deluigi dell’università di Macerata che nasce come educatrice nell’ambito dei CAM piemontesi per poi sviluppare il suo percorso professionale in ambito universitario e don Stefano Mondin, delegato di Pastorale Giovanile e Presidente di AGS per il territorio, ente che raccoglie sotto lo stesso progetto tutti i CAM del Piemonte salesiano.

L’incontro aveva lo scopo di poter lavorare insieme tra salesiani ed educatori in uno spazio privilegiato di pensiero e di riflessione guidata sul lavoro delle singole équipe educative.

Ci siamo lasciati con alcune sfide, alcuni desiderata rispetto all’evolversi del progetto CAM che è anche in rinnovo rispetto alla convenzione triennale.

E’ stato un incontro importante che si inseriva all’interno delle supervisioni mensili del percorso degli educatori CAM.

Ci avviamo ad accogliere le sfide ed a rendere sempre più efficace il progetto per i nostri interlocutori.

Scarica il video

CNOS-FAP Regione Piemonte: progetto Erasmus Plus “Integrate”– Kick-off Meeting

L’Associazione CNOS-FAP e il programma Erasmus Plus “Integrate”dell’Unione Europea: di seguito la presentazione del programma e la partecipazione al Kick-off Meeting da parte del CNOS-FAP della Regione Piemonte, avvenuto online il 26 gennaio scorso.

Progetto Erasmus Plus INTEGRATE – storytelling to promote migrants entrepreneurship

Il 26 gennaio scorso si è tenuto il Kick-off Meeting del progetto Erasmus Plus “Integrate”, progetto che ha come finalità quella di formare giovani migranti sulle competenze imprenditoriali attraverso la metodologia dello storytelling.

Il progetto rientra nel quadro delle azioni internazionali KA202 – Partenariati strategici per l’istruzione e la formazione professionale del programma Erasmus Plus dell’Unione Europea ed ha come capofila la Camera di Commercio Italo-Svedese. CNOS-FAP insieme agli altri partner italiani, svedesi, belgi, greci e tedeschi contribuirà all’ideazione e la sperimentazione dei moduli formativi per giovani e adulti migranti per il potenziamento delle competenze di autoimprenditorialità.

Erasmus Plus Integrate
26 GENNAIO 2021 – KICK OFF MEETING

Alcuni studi mostrano che in media gli immigrati sono più inclini a creare la propria impresa rispetto ai cittadini europei con un background non migratorio. Pertanto, il progetto Erasmus INTEGRATE mira a utilizzare l’impatto delle storie personali per cambiare gli atteggiamenti individuali e sociali verso la migrazione e per promuovere l’impegno imprenditoriale degli immigrati.

Il progetto Erasmus proposto fornirà una formazione imprenditoriale con particolare attenzione all’applicazione della metodologia dello storytelling per sfruttare il background culturale dei migranti e promuoverne la loro inclusione sociale.

L’obiettivo dei corsi di formazione è quello di fornire attività di educazione all’imprenditorialità e all’innovazione, in particolare per costruire la fiducia, fornire ai migranti competenze hard e soft competenze per progettare i loro piani professionali o imprese e acquisire le competenze per avviare e gestire un nuovo business di successo. Inoltre, il progetto proposto svilupperà uno strumento innovativo ICT per trasferire le competenze al gruppo target. Infine, il progetto proposto svilupperà un’attività di apprendimento misto che combinerà corsi di formazione faccia a faccia con l’istruzione online.

Erasmus INTEGRATE mira a fornire una formazione imprenditoriale con particolare attenzione alle tecniche di storytelling per condividere le storie degli imprenditori migranti e favorire la loro inclusione sociale ed inoltre promuoverà la formazione imprenditoriale tra i formatori VET e, come obiettivo secondario, aumenterà la consapevolezza dei politici sul potenziale dei migranti nei sistemi economici. Erasmus INTEGRATE diffonderà le storie degli imprenditori migranti come fonte di emulazione per sviluppare la passione per l’imprenditorialità.

Inoltre Erasmus INTEGRATE si pone come obiettivi:

Promuovere l’imprenditorialità per sostenere l’inclusione sociale dei migranti in Europa sviluppando corsi di formazione imprenditoriale innovativi per i migranti basati sulle più recenti strategie di comunicazione per sfruttare il background culturale personale. Mira anche a condividere esempi di successo di imprenditori migranti per promuovere la fiducia dei migranti e l’inclusione sociale.
Sviluppare una guida utile per i formatori e gli insegnanti VET contenente il quadro delle competenze dell’imprenditore migrante
Sviluppare una piattaforma innovativa dove condividere le migliori storie di imprenditori migranti, e trasferire il corso di formazione
I beneficiari del progetto saranno dunque imprenditori migranti/migranti con spirito imprenditoriale; insegnanti/formatori/tutor di formazione professionale; PMI/organizzazioni che sostengono l’imprenditorialità; Policymakers.

Animazione Missionaria: il viaggio continua “nel cuore del mondo”

Il percorso nel cuore del mondo prosegue nonostante la pandemia, in versione on-line!

L’incontro del 20 dicembre si è svolto nel solo pomeriggio della domenica, e ha affrontato il tema della dottrina sociale della chiesa. Tema assai complesso per il quale abbiamo fatto ricordo al prof. Fabrizio Gambaro dell’Università Cattolica di Milano. Una riflessione sulla centralità del bene comune nella politica che sogniamo, stimolata da alcune riflessioni di pensatori, economisti ed imprenditori contemporanei, attualizzata nel contesto pandemico in cui ci troviamo ancora. 

E’ stata anche l’occasione per scambiarsi gli auguri di Natale, più che mai sentiti in un bel gruppo di giovani come quello che sta camminando insieme nel cuore del mondo!

Ecco qui un breve estratto dei passaggi più significativi dell’incontro

“Il passato segnato dalla dottrina sociale della chiesa è un passato dove i Papi ma l’intera comunità dei nostri fratelli e i nostri amici hanno ragionato su cosa accadeva l’uomo. Quindi noi potremmo dire che la dottrina sociale della chiesa non è nient’altro che una riflessione antropologica, di cosa accade dell’uomo su questa terra. Ma non è solo una dottrina dell’uomo. Perchè? Le dottrine dell’uomo pensano al divenire, cioè a programmare un futuro per l’uomo mentre la dottrina sociale della chiesa pensa all’avvenire cioè all’apertura di ciò che non è programmabile ma di una fine, di uno scopo che è chiarissimo, cioè noi abbiamo un senso nella nostra vita e diamo senso alla nostra vita rispetto a un fatto che è accaduto più di duemila anni fa e di cui noi siamo oggi testimoni e quindi noi condividiamo la Fede. 

Nel divenire noi ci immaginiamo che cosa dovrebbe essere il nostro futuro tra 10/20 anni, quindi sono tutte le programmazioni socio-economiche che noi facciamo. Ad un certo punto che cosa è successo? È successo che questa pandemia ha interrotto completamente questo modello.

Dovete immaginare nella vostra vita quotidiana, che il vivere la dottrina sociale della chiesa non sia qualcosa che voi vi preparate per farlo un giorno, da adulti: la vostra vita quotidiana, le vostre relazioni, dentro la famiglia, dentro il piccolo gruppo, dentro la comunità più allargata, dentro le dimensioni relazionali in cui siete inseriti, devono essere non ispirate ma essere nel DNA della dottrina sociale della chiesa. Io non devo dire di essere Cristiano, io devo comportarmi da cristiano. Io non devo dire di avere una Fede, io devo essere la testimonianza di questa fede.

Questi elementi devono diventare un abito. L’abito vuol dire abitudine. O acquisisco un’abitudine ad agire in questo modo o quando sarà sottoposto ad una sfida che mi chiede di agire in questo modo, non riuscirò.

Noi ogni giorno ci impegniamo nell’idea di cambiare il futuro e quindi di cambiare la nostra vita sapendo comunque che l’avvenire, la storia, è guidata dal Signore e quindi sapendo che ogni cosa che noi facciamo rientri in questo contesto.”

L’incontro del 9 gennaio invece ha avuto come tema centrale la spiritualità salesiana, ve lo raccontiamo così:

Il nostro quarto appuntamento lo avevamo  immaginato così: una bella giornata di sole, carovana di macchine con destinazione Colle Don Bosco, passeggiata sulla collina alla croce missionaria. Lì dove tutto ebbe inizio. Così abbiamo chiuso gli occhi, sconfinando i limiti digitali dello schermo, e abbiamo sognato con chi dai sogni è stato accompagnato e guidato per tutta la vita: Don Bosco.

Dopo aver analizzato le varie spiritualità che conosciamo o abbiamo incontrato nella nostra vita, ci siamo soffermati su quella che ci sembra essere a noi più affine, la spiritualità salesiana, cioè la risposta che diamo al modo in cui Dio ci chiama a guardare il mondo.

Ci siamo lasciati affascinare dal sogno dei nove anni, i ragazzi ribelli da educare con mansuetudine, ripercorrendo scena per scena, provando a domandarci poi quale sia il sogno che sentiamo per la nostra vita. Quale missione ci è chiesta, qual è il nostro campo in cui operare. Per giungere al sogno missionario che Don Bosco fa nel 1871, visione di terre lontane, sconosciute, tribù di popoli che incontrano il Vangelo grazie ai giovani salesiani. Dal 1875, prima spedizione, ad oggi le testimonianze sono infinite e abbiamo avuto la fortuna di poter ascoltare quella di due salesiani: don Gianni che è stato missionario in Kenya e don Tiziano in Romania.

Della loro testimonianza colpisce la concretezza e la gioia di una vita donata. La fatica e la bellezza di riuscire ad entrare in un mondo nuovo in punta di piedi, inserendosi nella realtà così com’è, senza pensare che debba essere proprio come l’avevo immaginata.

L’incontro (a volte scontro) con una realtà giovanile lontana dalla nostra necessita di dialogo e confronto, tenendo conto della situazione politica, sociale, religiosa del luogo. Questo necessita di maturità: (per non lasciarsi andare ai sentimentalismi) i giovani che incontri  non sono dei “poveretti” da aiutare e a cui donare le caramelle, rispetto: sono dei fratelli da amare e per farlo mi devo impegnare anche un po’ io a conoscere qualcosa della loro lingua almeno per poterli salutare e chiedere come stanno, adattarmi alle loro tradizioni e alla loro cultura, consapevolezza: che è un dono reciproco, non solo io che vado a donare qualcosa ma forse soprattutto vado a ricevere qualcosa.

Quello che proviamo a fare deve essere proprio sullo stile e carisma di Don Bosco che con gioia e creatività va a cercare le anime per educarle, per portarle a Gesù e questa è la salvezza.

Con queste immagini nel cuore e tanta speranza, al termine della giornata, abbiamo riaperto gli occhi per continuare a sognare ad occhi aperti consapevoli che “il sogno è un evento che si realizza continuamente” e a noi sta solo lasciarci sorprendere.

E il viaggio continua… con l’equipe AM

Novena di don Bosco

Voci dall’animazione missionaria.
Un dono se è condiviso si moltiplica. Questa è la legge di sempre.
Una regola che ci ha insegnato don Bosco e che spesso sentiamo ripetere da papa Francesco “la vita si rafforza donandola e si indebolisce nell’isolamento”.

Nasce così l’idea della novena a don Bosco da parte dell’animazione missionaria.
Dopo la condivisione che abbiamo vissuto all’interno dell’incontro sulla spiritualità salesiana nel mese di gennaio, ci è sembrato troppo poco trattenere solo per noi la ricchezza di quanto il Signore ha donato ad ognuno.
Da qui la proposta di far risuonare sul web quanto don Bosco ci ha suggerito dalla condivisione del sogno dei 9 anni.
Il sogno continua…

Lettera dell’Ispettore gennaio 2021: auguri per la festa di don Bosco

Si riporta di seguito la lettera dell’Ispettore del Piemonte e Valle d’Aosta don Leonardo Mancini con gli auguri per la Festa di don Bosco.

A confratelli e laici corresponsabili di
Piemonte, Valle d’Aosta e Lituania

Carissimi/e, 

un saluto cordiale a tutti voi. 

Vi scrivo in prossimità della festa del nostro padre Don Bosco, per farvi gli auguri e  per affidare alla sua intercessione tutti coloro che fanno parte delle nostre comunità  educativo-pastorali. Affidiamo all’intercessione di Don Bosco in modo particolare quanti oggi si trovano in condizioni di difficoltà materiale o spirituale; tra gli altri desidero  ricordare il Sig. Giacomo Bonassoli e Don Silvio Carlin, che si trovano entrambi in gravi  condizioni di salute.  

Oltre a questo vorrei però chiedere a Don Bosco, per me e per voi, anche un altro dono particolare: gli chiedo che ci insegni ad imitare il suo sguardo. Sono senz’altro tante  le caratteristiche di Don Bosco che ci colpiscono, ma adesso desidero fermarmi unicamente  sul suo sguardo, su come lui ha scelto di guardare il mondo; o meglio, sulla prospettiva a  partire dalla quale egli ha scelto di guardare il mondo

Anni fa uscì una serie di disegni, ripresi da sue foto o quadri, che raffiguravano gli  occhi di Don Bosco visti da punti di vista e con tagli differenti. Era un modo per dire che il  suo sguardo aveva una fascino particolare ed anche una sorprendente capacità di  trasmettere affetto: lo sguardo era senz’altro uno degli strumenti che permettevano a Don  Bosco di infondere quell’amore dimostrato e personalizzato che lui chiamava  “amorevolezza”; il suo sguardo “parlava” alla persona e la faceva sentire unica! 

Per giungere a maturare quello sguardo, oltre all’aiuto indispensabile dello Spirito  Santo che modella il cuore a chi permette di lasciarselo plasmare, credo che Don Bosco sia  passato attraverso la convinzione che bisognasse scegliere una prospettiva particolare da  cui guardare il mondo: bisognava scegliere di guardarlo dalla parte dei giovani, con gli  occhi stessi dei giovani (ma con il cuore di Dio): Amate quello che amano i giovani, perché i  giovani amino quello che amate voi. 

L’esperienza vissuta in carcere con Don Cafasso all’inizio del suo ministero  sacerdotale, esperienza che gli permette di conoscere le drammatiche conseguenze a cui va  incontro un ragazzo abbandonato a sé stesso, gli insegna (anche se lui aveva già cominciato  a capirne la necessità alla scuola attenta di Mamma Margherita) che per aiutare davvero gli  altri – ed in particolare i giovani – bisogna prima conoscerli, capirli, amarli, mettersi nei  loro panni, accorgersi delle loro ferite, amare quello che loro preferiscono, guardare il  mondo come loro lo vedono.  

Ho l’impressione che spesso noi educatori corriamo il rischio di seguire il procedimento opposto: chiediamo ai giovani di guardare il mondo solo come lo vediamo  noi, e non accettiamo il confronto. 

Mi pare che Don Bosco non faccia così. Andando – potremmo dire – alle periferie 

geografiche ed esistenziali del mondo giovanile, camminando in una sorta di esodo personale  – quello richiesto dalla sua vocazione – egli prova a guardare le cose come si vedono da lì,  dalla periferia; ed in particolare come si vedono con gli occhi dei giovani del carcere. Credo  che questo gli permetta di comprendere meglio perché un giovane arriva alla reclusioneegli intuisce la solitudine di chi giungendo dalle vallate di montagna per lavorare a Torino  si trova presto senza soldi, senza aiuti, lontano dagli affetti familiari e possibile vittima di  sfruttamenti. Gli appare evidente il rischio che i ragazzi – trovandosi in questa situazione – cadano nell’illecito, che scivolino verso modalità di vita poco dignitose, che diventino via  via incapaci di cogliere ciò che è davvero importante, che perdano il gusto di ricercare il  senso dell’esistenza, il progetto che dall’eternità Dio ha sognato per ciascuno di loro; che  considerino Dio come un nemico, o comunque come insignificante e assente dalla loro vita.  E nello stesso tempo, dentro lo sguardo dei ragazzi carcerati, Don Bosco intuisce anche  sogni, desiderio di riscatto, consapevolezza della propria fragilità… 

Don Bosco comprende allora che deve trovare il modo di aiutare i ragazzi offrendo  loro gli strumenti ed i sostegni adeguati. Capisce che c’è bisogno di amici dell’anima (se  fuori trovassero un amico…) ma anche di amici del corpo: cioè di chi dia da mangiare,  dormire, giocare, imparare, lavorare e faccia sentire l’affetto di un papà e di una mamma  ora lontani.  

Don Bosco sceglie di fatto una “visione prospettica periferica”, e probabilmente non  perché voglia limitare ai ragazzi più poveri (anche se li preferisce: specialmente i più poveri)  la sua azione educativa e pastorale, ma perché comprende che quel punto di vista gli  permette poi di allargare lo sguardo e il suo raggio d’azione davvero su tutti: è partendo  dai piccoli, dai poveri, che si raggiungono anche i “grandi”, mentre è raro che si riesca ad  includere tutti se si utilizza il procedimento contrario!  

Non sorprende la scelta “periferica” di Don Bosco: è dello stesso genere infatti la  scelta dell’Incarnazione da parte del Verbo. Dio anticipa il tipo di prospettiva esplorata da  Don Bosco, decidendo di porsi Lui stesso alla “periferia” della creazione, dove il peccato sta  minando la salvezza terrena ed eterna dell’uomo e dell’intero universo; egli sceglie perciò  di vivere, insegnare, lavorare, amare, morire… da uomo, caricandosi il peccato del mondo.  Il maestro della visione prospettica periferica scelta da Don Bosco è il Signore Gesù.  

Celebrare la festa di Don Bosco credo allora che possa significare anche riscoprire il  suo “sguardo prospettico periferico”, il punto di osservazione da lui scelto per guardare il  mondo, ed imitarlo, per quanto ci è possibile! È il punto di osservazione che anche il Papa  ci chiede di avere nel guardare la realtà. È un tipo di prospettiva, di sguardo, sul quale tutta  la Chiesa – in uscita – è invitata a verificarsi.  

Carissimi, in questo tempo di pandemia siamo chiamati una volta di più a guardare  il mondo come lo stanno guardando adesso i giovani; in questa sorta di “reclusione” in cui  tutti siamo costretti, probabilmente maturano nuove povertà ed anche nuovi sogni. Ci aiuti  Don Bosco ad assumere il suo sguardo per capire che cosa sta abitando il cuore dei giovani 

e per meglio contribuire alla salvezza della gioventù, «questa porzione la più delicata e la più  preziosa dell’umana società» (MB II 45). 

Buona festa a tutti!

Valdocco, 31 gennaio 2021

Con grande affetto in Don Bosco
Don Leonardo Mancini

E’ stata una meravigliosa avventura: il ricordo di don Italo e don Vincenzo

Nella serata di domenica 24 gennaio, l’Animazione Missionaria ICP ha dedicato un incontro online in memoria di Don Italo Spagnolo e Don Vincenzo Marrone, entrambi sacerdoti salesiani missionari mancati nell’ultimo periodo. Due uomini, due sacerdoti, due confratelli salesiani fioriti in terra africana, che sono stati padri, maestri e amici per tantissimi giovani che in loro hanno incontrato don Bosco.

“Quando avviene che un salesiano muore lavorando per le anime, la congregazione ha riportato un grande trionfo”

(C. 54)

Di seguito il video completo dell’incontro sulla testimonianza cristiana e salesiana di Don Italo Spagnolo e Don Vincenzo Marrone, condotto da don Fabio Mamino e don Theophilus Ehioghilen.

Giornata della Scuola: educare, infinito presente

Venerdì 22 gennaio i docenti delle Scuole Salesiane del Piemonte e Valle d’Aosta e i direttori dei CFP hanno avuto l’occasione di poter riflettere sul proprio ruolo di educatori “con e per i giovani” grazie all’incontro in diretta streaming tenutosi per Giornata della Scuola. Tra gli intervenuti, Mons. Mariano Crociata (Vescovo di Latina, Presidente della Commissione Episcopale per l’educazione cattolica, la scuola e l’università) il quale ha posto l’attenzione sul sussidio “Educare, infinito presente. La pastorale della Chiesa per la scuola” elaborato dalla Commissione episcopale per l’educazione cattolica.

Di seguito il video completo dell’incontro.

CNOS-FAP Piemonte: l’operaio metalmeccanico non è un mestiere datato o meccanico industriale

L’operaio metalmeccanico: una figura professionale richiesta oggi dalle imprese, che non trova tuttavia sempre corrispondenza dal punto di vista dell’offerta. I Centri CFP di Torino Agnelli e Rebaudengo, San Benigno, Bra e Fossano, Alessandria, Vercelli e Vigliano formano sul territorio proprio questo tipo di figura ricercata. Il quotidiano La Stampa di oggi dedica un articolo a questo tipo di figura professionale – L’operaio metalmeccanico non è un mestiere datato – riportando l’esperienza della Bongioanni Macchine, realtà storica di Fossano legata attivamente al Centro di Formazione Professionale di Fossano. Di seguito il commento all’articolo da parte del CNOS-FAP Piemonte e il rimando al pdf de La Stampa.

L’operaio metalmeccanico non è un mestiere datato. L’operaio metalmeccanico oggi è un professionista con una qualifica triennale, almeno, o un diploma professionale con il quale ci si può formare nei Centri di Formazione Professionale della Regione Piemonte, e quindi anche del CNOS-FAP in particolare nei CFP di Torino Agnelli e Rebaudengo, San Benigno, Bra e Fossano, Alessandria, Vercelli e Vigliano.

Manager di industrie del Cuneesema non abbiamo difficoltà a pensare che anche in altri territorio del Piemonte esista lo stesso problema, spiegano la difficoltà a reperire personale nell’articolo pubblicato da “La Stampa di VENERDÌ 22 GENNAIO 2021 nella rubrica ECONOMIA a pagina 37“, in cui secondo il “Centro Studi di Confindustria Cuneo” si cercano in particolare operai specializzati, tecnici informatici, “trasfertisti” installatori e metalmeccanici qualificati. Le aziende stesse, come la MERLO S.p.A, sottolineano le difficoltà che riscontrano nel reperire alcune figure specializzate e confermano la discrepanza tra domanda e offerta che riguarda alcuni profili tecnici, non solo operai specializzati ma anche figure altamente qualificate come tecnici di automazione industriale e analisti programmatori.

Marco Lanfranco, direttore operativo della «Bongioanni Macchine», realtà storica di Fossano con 150 dipendenti che produce macchine e attrezzature per l’industria dei laterizi, la cui famiglia contribuì alla nascita del centro di formazione professionale del CNOS-FAP» Piemonte a Fossano avendo già una visione illuminata per una sinergia ideale tra formazione e mondo del lavoro, sostiene che nonostante questo il numero di allievi qualificati e diplomati dalle istituzioni scolastiche e formative presenti sul territorio non soddisfa l’attuale richiesta. Sia il CNOS-FAP che l’ist. Vallauri, nelle rispettive specifiche, permettono all’Azienda «Bongioanni Macchine» di avere maggior facilità ad attingere personale tecnico adeguatamente formato e vicino alla sede. Il direttore specifica ulteriormente che la meccanica industriale o metalmeccanica viene vista da molti come una professione un po’ “datata”, in realtà non è affatto così perché in primis si è altamente trasformata e contemporaneamente è interessante da un punto di vista remunerativo e sopratutto non è un profilo a rischio esubero.

Il CNOS-FAP Piemonte proprio nei centri di formazione professionale di Fossano e Bra, dispone di laboratori e officine adeguatamente attrezzati e macchinari per l’automazione per formare le allieve e gli allievi che vorranno scegliere questo percorso di istruzione e formazione professionale che consente l’Assolvimento dell’obbligo di istruzione “dopo la terza media” come previsto dall’ordinamento attualmente vigente. E proprio in questo periodo in cui stanno per concludersi le iscrizioni online, il 25 gennaio, è il momento adatto in cui le famiglie possono rivolgersi alle segreterie per avere le informazioni utili a formalizzare la propria scelta o richiedere l’assistenza nella compilazione dell’iscrizione stessa.