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IUSTO: prossimi eventi in arrivo

Notizia a cura di IUSTO – Istituto Universitario Salesiano Torino Rebaudengo.

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22 maggio, ore 17.00 | IUSTO, Piazza Conti di Rebaudengo 22, Torino.

CRISI REPUTAZIONALI AI TEMPI DELL’INFOSFERA. IL MODELLO DI RISPOSTA: TEORIA, TECNICHE, STRATEGIE, STRUMENTI E IL RUOLO DELL’IA.

Tavola rotonda organizzata dalla Federazione Relazioni Pubbliche Italiana (FERPI) e dall’Osservatorio per la Comunicazione d’Impresa – Piemonte (OCIP) in occasione della pubblicazione del libro “Crisi reputazionali ai tempi dell’Infosfera” di Daniele Chieffi, edito da Franco Angeli (2024).

La reputazione è un bene sempre più delicato e prezioso. Daniele Chieffi, caso Eni vs Report, ci illustra regole d’oro per gestire le crisi.

SALUTI

  • Ezio Bertino – Delegato Piemonte e Valle d’Aosta FERPI
  • Raoul Romoli Venturi – Presidente OCIP
  • Claudio Tarditi – Responsabile Area Universitaria di Comunicazione IUSTO
  • Serena Fasano – Delegata Piemonte UNA

INTERVENGONO

  • Raoul Romoli Venturi, Corporate Communication Director Ferrero Italia
  • Sergio Scamuzzi, Docente Sociologia generale UNITO
  • Fabrizio Vignati, Docente Relazioni Pubbliche IUSTO e Consigliere nazionale Ferpi
  • Michele Cornetto, Consiglio Direttivo UNA
  • Diletta Parlangeli, Giornalista e conduttrice radio tv
  • Daniele Chieffi, Autore, giornalista ed esperto in crisis management e Docente Corporate communication IUSTO

27 maggio, ore 18.00

HR È/& COMUNICAZIONE? Gestire la comunicazione interna nell’organizzazione aziendale

Il rapporto tra HR e Comunicazione Interna è strettissimo e necessita di essere assunto come oggetto di riflessione specifica.

Com’è noto, le HR si avvalgono della comunicazione interna per trasmettere politiche, procedure, opportunità di sviluppo e altre informazioni rilevanti ai dipendenti.

SALUTI

  • Alessio Rocchi, Amministratore Delegato IUSTO
  • Giorgio Barbero, Presidente AIDP Piemonte e Valle d’Aosta

INTERVENGONO

  • Marco Do, Direttore Comunicazione e Relazioni Esterne Michelin Italia
  • Elena Ernandez, Psicologa PhD, Docente di Psicologia Clinica e di Comunità, Consulente in ambito HR – socia AIDP PVdA
  • Umberto Mangiardi, Giornalista – Digital Marketing, Project Manager
  • Fabrizio Vignati, Docente di Relazioni pubbliche, Fondatore di REPCOM e Consigliere Nazionale FERPI

MODERA

  • Claudio Tarditi, Responsabile Area Comunicazione IUSTO

6 giugno, ore 11.00

FABIO GEDA OSPITE ALLO IUSTO

Abbiamo il piacere di ospitare, all’interno della lezione diSociologia della famiglia” della prof.ssa Norma Perotto, Fabio Geda che presenterà il proprio libro “Song of Myself” (Feltrinelli 2024), e la sua esperienza all’interno dell’Ambulatorio del Regina Margherita di Torino dedicato alla disforia di genere.

Da buon educatore, entra in punta di piedi e con il cuore aperto nell’Ambulatorio dell’Ospedale infantile Regina Margherita, osservando ed ascoltando, senza giudizio, ma con forte vicinanza e rispetto chi attraversa il viaggio della varianza di genere. È il racconto della sua esperienza nel mondo della varianza, da cui risulta una fotografia “mossa”, in divenire, come i ragazzi che attraversano nuove soglie e nuove frontiere, insieme agli adulti che cercano di comprendere e accompagnarli.

Venaria: “Facciamo qualcosa!”, Incontro con Fabio Geda – I cooperatori in azione

Questa sera, giovedì 10 novembre alle 21.00, lo scrittore ed educatore Torinese Fabio Geda parteciperà ad un incontro aperto a tutti presso i Cooperatori Salesiani del centro “don Quadrio” di Venaria dal titolo “Facciamo qualcosa! Parole, esperienze e visioni per un mondo migliore”. Di seguito la notizia apparsa sul sito dei Salesiani di Venaria.

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Giovedì 10 novembre alle ore 21.00 i Cooperatori Salesiani del centro “don Quadrio” del nostro oratorio propongono: “Facciamo qualcosa! Parole, esperienze e visioni per un mondo migliore”. Incontro con Fabio Geda, scrittore Torinese e educatore.

L’incontro è aperto a tutti, vi attendiamo numerosi!

“Tutto per gioco, nulla per gioco”: il terzo incontro con Fabio Geda

Mercoledì 28 aprile si è svolto il terzo appuntamento di “Tutto per gioco, nulla per gioco”: l’attività formativa per educatori, insegnanti e associazioni culturali del Museo Casa Don Bosco in collaborazione con Museo Etnografico Missioni Don Bosco e promossa dal progetto “Crescere in città” della Città di Torino.
Ospite principale dell’incontro è stato Fabio Geda, scrittore e autore di numerosi libri e che si occupa altresì di disagio minorile e animazione culturale. Tra i temi trattati: gamification, edutainment, esperienze ludiche nei musei e un importante focus sul gioco nel sistema preventivo di don Bosco.
L’ultimo incontro di “Tutto per gioco, nulla per gioco”, si svolgerà in presenza all’interno del Museo Casa Don Bosco attraverso attività didattico/laboratoriali.

“Tutto per gioco, nulla per gioco”: il terzo appuntamento con lo scrittore Fabio Geda

Mercoledì 28 aprile 2021, dalle ore ore 17.00 alle ore 18.00, si terrà il terzo incontro di “Tutto per gioco, nulla per gioco”: l’attività formativa per educatori, insegnanti e associazioni culturali del Museo Casa Don Bosco in collaborazione con Museo Etnografico Missioni Don Bosco e promossa dal progetto “Crescere in città” della Città di Torino.
Il terzo ed ultimo incontro online, in diretta streaming sulla Pagina Facebook @museocasadonbosco, avrà come ospite d’eccezione lo scrittore Fabio Geda, autore di numerosi libri, tra i quali “Il demonio ha paura della gente allegra. Di don Bosco, di me e dell’educare”. Lo scrittore torinese si occupa anche di disagio minorile e animazione culturale. Collabora altresì con Linus e con La Stampa sui temi del crescere e dell’educazione.
Nell’incontro si parlerà di gamification, edutainment, esperienze ludiche nei musei. Un importante focus approfondirà il gioco nel sistema preventivo di don Bosco.
Il quarto incontro di “Tutto per gioco, nulla per gioco”, si svolgerà in presenza all’interno del Museo Casa Don Bosco attraverso attività didattico/laboratoriali.

Fabio Geda ed Enaiatollah Akbari incontrano i ragazzi delle superiori – Don Bosco Agnelli

Il 17 aprile, i ragazzi dell’Istituto Agnelli incontreranno Fabio Geda ed  Enaiatollah Akbari per parlare del libro “Storia di un figlio. Andata e ritorno”. L’evento sarà trasmesso in diretta sul canale YouTube di don Bosco Agnelli. Di seguito si riporta l’articolo pubblicato su “Don Bosco Agnelli” insieme al contributo video realizzato per il programma televisivo “un caffè con…Fabio Geda”.

Sabato 17 aprile, dalle ore 10 alle ore 11.30Fabio Geda ed Enaiatollah Akbari incontreranno i ragazzi delle superiori dell’Istituto Agnelli per discutere del loro ultimo libro “Storia di un figlio. Andata e ritorno”, edito da Baldini+Castoldi. L’evento sarà trasmesso in diretta YouTube, per permettere non solo agli studenti ma anche alle famiglie e agli interessati di poter seguire il dibattito. L’incontro, organizzato dal Dipartimento di Lettere, costituisce la seconda parte di un percorso annuale di cittadinanza sulla migrazione, iniziato in autunno con la preziosa testimonianza di impegno civile, umanità e coraggio del dottore ed europarlamentare Pietro Bartolo.

Nel 2010 usciva in Italia “Nel mare ci sono i coccodrilli”, racconto a quattro mani della vera odissea di Akbari, dalla fuga dall’Afghanistan fino all’arrivo nella nostra penisola. Il libro divenne subito un bestseller in Italia e fu tradotto in 32 paesi, ottenendo un grande successo di pubblico e di critica. In occasione del decimo anniversario del loro primo lavoro insieme, i due autori hanno deciso di aggiungere un secondo capitolo della storia di Enaiatollah: il ricongiungimento con la sorella e il fratello, il nuovo ruolo di zio, l’incontro con Fazila, con la quale nascerà una tenera storia d’amore e convolerà a nozze, la vita in Italia. Non solo luci, però: tra le tante ombre, un lutto inaspettato e la difficile situazione degli hazara, l’etnia a cui appartiene Akbari vittima di un vero e proprio genocidio negli ultimi anni.

Salesiani Asti – Festa del centenario: domenica la presentazione del libro di Fabio Geda e la mostra su don Bosco

Si riporta l’articolo pubblicato su LaNuovaProvicia.it in merito alla festa del centenario dei Salesiani di Asti che avverrà domani, domenica 13 ottobre 2019.

Centenario dei salesiani ad Asti, domenica la presentazione del libro di Fabio Geda e la mostra su don Bosco.
L’esposizione contiene cimeli e fotografie che ritraggono il Santo educatore in importanti momenti della sua vita.

Doppio appuntamento, questo fine settimana, nell’ambito del cartellone di eventi per celebrare i 100 anni della presenza salesiana in città.

Il centenario
Dal novembre 2018, infatti, la parrocchia Don Bosco di Asti ha promosso una funzione religiosa solenne e varie iniziative (tra cui la presentazione del libro “Un secolo di Don Bosco ad Asti” e lo spettacolo teatrale “L’arte di Giò”) per ricordare questo importante anniversario.
La congregazione fondata da don Bosco ha infatti cominciato l‘opera nel 1919 in viale alla Vittoria, allora area dalla forte connotazione industriale, per poi trasferirsi nella zona Nord, dove nel 1962 ha inaugurato l’attuale parrocchia in corso Dante.
«L’obiettivo delle celebrazioni per i 100 anni della presenza in città – aveva spiegato in conferenza stampa don Roberto Gorgerino, direttore dell’opera salesiana del Don Bosco di Asti – è quello di tenere alta l’attenzione verso il mondo giovanile coinvolgendo la città, con una modalità di ascolto e dialogo nei confronti di tutti i ragazzi, non limitata solo a quelli che già si lasciano coinvolgere dalle iniziative parrocchiali. E questo non per autocelebrarci, ma per funzionare da stimolo e tenere alta l’attenzione sul tema».

La presentazione del libro

Ecco, quindi, le due iniziative in programma domenica 13 ottobre dalle 17.30 presso il refettorio del Seminario vescovile in piazza Seminario 1 (ingresso parcheggio da via Giobert 15).
Innanzitutto si terrà la presentazione del libro “Il demonio ha paura della gente allegra – Di don Bosco, di me e dell’educare” (Solferino) dello scrittore Fabio Geda, che dialogherà con il prof. Enrico Cico.
Affermato scrittore torinese, autore del best seller “Nel mare ci sono i coccodrilli”, in questo libro Geda ripropone la figura di don Bosco oltre i limiti del tempo, intrecciando la storia del santo dei Becchi con la propria esperienza di ex studente salesiano e di educatore.
«Il titolo del suo libro – spiegano gli organizzatori – sintetizza perfettamente almeno due aspetti. Il primo è che c’è fame di educazione ad ogni livello della nostra società. E anche oggi esistono realtà positive di accoglienza, integrazione e solidarietà che sconfiggono le paure, le tristezze, le disperazioni. Perché il demonio ha paura della gente allegra».
«Il secondo – continuano – è che la spiritualità di don Bosco non è mai stata avulsa dai problemi della realtà. Alle sue intuizioni si può tornare per incidere efficacemente nei nostri tempi affannati».

La mostra

A seguire verrà inaugurata la mostra “Don Bosco: una storia in mostra…”, curata da Julien Coggiola. Studioso di storia salesiana e importante raccoglitore di foto e cimeli di don Bosco, Coggiola ha al suo attivo numerose altre esposizioni, tra cui quelle nella chiesa parrocchiale di Villanova Monferrato e presso il castello di Casale. Nella mostra di Asti si potranno ammirare foto che ritraggono il santo educatore in importanti momenti della sua vita, e poi ancora autografi e reliquie, autografi dei suoi successori (don Rua e don Rinaldi); materiale della canonizzazione; santini e cartoline e, infine, manichini con abiti sacerdotali del periodo di don Bosco e di madre Maria Mazzarello.
«Un’occasione importante, quindi – spiega il curatore – per conoscere in dettaglio la vita e le opere di questo grande santo».
La mostra, ad ingresso libero, sarà aperta da domenica 13 a sabato 19 ottobre dalle 17 alle 22; domenica 20 ottobre dalle 15.30 alle 19 (su richiesta anche in altri momenti della settimana telefonando al numero 329/3524532).
Il cartellone delle celebrazioni terminerà domenica 20 ottobre alle 10.30 con la messa solenne nella chiesa del Don Bosco.

Cento anni di presenza salesiana ad Asti: alcune iniziative

Nei festeggiamenti dei cento anni di presenza salesiana ad Asti (1919-2019), i Salesiani del luogo propongono un’interessanti iniziativa per metà ottobre. Si riporta di seguito.

DOMENICA 13 OTTOBRE 2019 

Ore 17,30: Inaugurazione della mostra curata da Julien Coggiola con la presentazione del libro “Il demonio ha paura della gente allegra” di Fabio Gela (“un uomo con un piede nel sogno e uno nella realtà”)

Luogo: Seminario Vescovile.

Indirizzo: Piazza Seminario, 1 (ingresso parcheggio in Via Giobert, 15) ASTI.

Orario della mostra: da domenica 13 ottobre a sabato 19 ottobre dalle ore 17.00 alle ore 22.00. Domenica 20 ottobre dalle ore 15.30 alle ore 19.00 (su richiesta, anche in altri momenti della settimana)

Info: 329 3524532

Salesiani Cuneo: una serata con Fabio Geda

Martedì 28 maggio, alle 21.00, presso la Sala della Comunità dei Salesiani di Cuneo si terrà una serata con lo scrittore e saggista Fabio Geda.

Il noto autore presenterà il suo ultimo libro “Il demonio ha paura della gente allegra. Di don Bosco, di me e dell’educare” (Editore Solferino). Ripercorrere le pagine del libro sarà un’occasione per riflettere insieme sugli argomenti che ne hanno ispirato la stesura: l’educazione, il valore della comunità, il significato sociale e politico dell’accoglienza in tempi critici come quelli che stiamo vivendo.

L’incontro, promosso in collaborazione con il settimanale La Guida e la libreria Stella Maris, è presentato nell’ambito del progetto Costruiamo la Comunità (dai social network alla comunità umana) promosso in 70 sale della comunità dall’Associazione Cattolica Esercenti Cinema (ACEC).

Ingresso gratuito fino ad esaurimento posti.

I salesiani e l’invenzione del contratto di apprendistato

Si evidenzia l’articolo pubblicato dal “Corriere della Sera” che spiega, attraverso le parole del libro di Fabio GedaIl Demonio ha paura della gente allegra”, come don Bosco fosse stato da sempre un innovatore dal lato della Formazione Professionale e di come fosse già quasi arrivato all’idea del contratto di apprendistato:

Capita di sentire il bisogno di mettere ordine. Capire come si è arrivati a essere ciò che si è. Capita, ciclicamente. Negli ultimi dieci anni, da quando ho iniziato a dedicare sempre più tempo alla scrittura, mi è successo con una certa frequenza di affidare pezzi di me alle parole. Dovessi, tra le mie arruffate identità, tratteggiarne una cui sono particolarmente legato, e dovessi farne un ritratto per accumulo di gesti, luoghi e situazioni, il risultato potrebbe essere: educare, crescere, basket, prendere posizione, domande, dialogo tra le generazioni, periferia, cortile, strada, camminare in montagna, radicalità, bici, deserto, contemplazione, trascendenza e immanenza, panchine, minori stranieri, fare lavatrici di notte (questa è lunga, ve la spiego in un altro momento), Torino, ascolto, scoutismo, Slovenia negli anni Novanta, servizio, Valdocco, treni, sacco a pelo, fare del proprio meglio. Caffè. Tanto. E potrei andare avanti. Da questo caleidoscopio prende le mosse una cosa che ho scritto e che Solferino pubblica col titolo «Il demonio ha paura della gente allegra». Un viaggio lungo alcune strade che mi è capitato di abitare, soprattutto quelle dell’impegno civile e di una certa idea di mondo. Le strade percorse da un santo sociale dalla personalità fibrillante, San Giovanni Bosco. Quelle lungo cui continua a camminare chi è investito dal suo carisma. E altre. Strade all’ombra di alberi di jacaranda ed eucalipti, come a Catania, o faggi e ippocastani, come a Torino. Strade piene di voci squillanti di bambini e adolescenti, di giovani in cerca di un’alleanza con chi sta costruendo o smantellando il mondo che abiteranno.

Una vita negli ambienti salesiani

Durante la mia vita, fin da piccolo, ho incrociato spesso gli ambienti salesiani. Sono ex-allievo della scuola media Edoardo Agnelli di Torino, quartiere di Mirafiori, proprio accanto alla fabbrica. Di quegli anni ricordo soprattutto il cortile preso d’assalto durante la pausa pranzo, l’armadio dei palloni su cui ci avventavamo per scegliere quello meno usurato, e il professore di lettere, don Saddi, cui credo di dovere parte del mio amore per la lettura. Una volta al mese entrava in classe con un carrello da mensa, in fòrmica e acciaio, carico di libri, e ci invitava a sceglierne uno di pancia, lasciandoci attrarre dalla copertina, dal titolo o dalla sinossi. Una volta letto dovevamo presentarlo ai compagni dicendo se ci era piaciuto o no, e perché. Ho poi trascorso innumerevoli pomeriggi in diversi oratori della mia città. Con i salesiani ho prestato servizio come obiettore di coscienza. Da loro ho ricevuto il mio primo stipendio da educatore negli anni intensissimi del San Luigi, il secondo oratorio fondato da don Bosco dopo quello di Valdocco, a San Salvario, quartiere storico dell’immigrazione torinese tra il Po e la stazione di Porta Nuova. Lì ho chiuso il XX secolo inventandomi un mestiere per cui non avevo studiato, l’educatore, che mi ha poi accompagnato a essere lo scrittore che sono.

I ragazzini «randagi» delle periferie

Per scrivere «Il demonio ha paura della gente allegra» ho vagabondato tra ricordi personali e luoghi non ancora visitati, mettendomi in viaggio, alla ricerca di luoghi in cui la missione di don Bosco fosse, oggi più che mai, attuale. Mi ha catapultato in una Torino ottocentesca, malsana e maleodorante, dove i ragazzini migranti arrivavano dalla Savoia con speranze non dissimili da quelli che ho incontrato a Catania, in un centro di prima accoglienza gestito da cooperatori salesiani. Mi ha costretto a riprendere in mano la sua vita. Giovanni Bosco, nato in una frazione di Castelnuovo d’Asti nel 1815, arrivato a Torino nel 1841, a ventisei anni, e morto all’alba del 31 gennaio 1888 dopo aver attraversato da protagonista – pur non volendo esserlo e quindi in un modo tutto suo, personalissimo – gli anni del Risorgimento. Dopo aver fondato uno dei più importanti istituti religiosi maschili della Chiesa cattolica. E dopo aver contribuito a modificare il modo di porsi del clero nei confronti di quei ragazzini randagi che abitavano le periferie urbane. Di quel tempo. Di ogni tempo. Certo, non è lui il primo, a metà Ottocento, ad accorgersi di quei ragazzi con la pelle logorata dalle dermatiti e gli occhi infiammati, inconsapevoli di ogni cosa e alla mercé dei peggiori istinti, che ciondolavano per le strade dell’Europa. Erano sotto gli occhi di tutti. In Inghilterra ne scrive Charles Dickens, in Danimarca Hans Christian Andersen. E altri avevano già iniziato a occuparsi di loro in diversi modi, a Londra, a Parigi, a Roma. Ma il suo personale carisma lo pone in primo piano nell’azione educativa.

L’invenzione del contratto di apprendistato

Agli occhi dei ragazzi don Bosco sa incarnare tanto il lato materno quanto quello paterno della Chiesa. Si propone come serio, ma non serioso. Attento alla morale, ma anche capace di divertirsi. È il suo modo di porsi, la novità. Il catechismo con lui non è noioso perché il suo metodo è dialogico e narrativo: si discute, si recita, si racconta, si canta. Don Bosco è un comunicatore naturale, un buon affabulatore che sa di dover aggiustare il proprio linguaggio a seconda della persona cui sta parlando. Più che il desiderio di dimostrare di sapere, don Bosco nutre quello di farsi capire. Farà di tutto per animare e semplificare i discorsi in modo da coinvolgere anche l’ultimo dei ragazzi. E poi c’è il suo impegno nel campo della formazione professionale. In questo è davvero un innovatore. Tanto per dirne una: don Bosco è l’inventore di quello che oggi conosciamo come contratto di apprendistato. Il primo contratto di “apprendizzaggio” viene firmato in carta bollata da quaranta centesimi l’8 febbraio 1852 dal datore di lavoro, il signor Giuseppe Bertolino, dal suo apprendista, Giuseppe Odasso, dal padre del ragazzo e da don Bosco in persona. Una storia avvincente che mi riguarda personalmente. Che riguarda ciascuno di noi. E che ci pone di fronte a una provocazione: non indietreggiare davanti alla sfida educativa. Anzi, farcene carico con sempre maggiore intraprendenza e con ostinato coraggio. Alzarsi in piedi e camminare al fianco di chi sta crescendo è senza dubbio faticoso, ma da quella fatica non possiamo ritrarci. Accogliere può essere logorante, ma è un logorio che ha lo stesso valore delle rughe: testimonia l’aver vissuto. C’è una grande alleanza tra le generazioni che attende che noi si scenda in campo, ecco cosa. Un grande alleanza tra le generazioni. Di questo, in qualche modo, ho voluto parlare.

 

Fabio Geda nel segno di don Bosco – La rivoluzione dell’allegria

Lo scrittore torinese Fabio Geda si racconta nell’intervista del Corriere, a cura di Anna Gandolfi, per presentare il libro che uscirà il 31 gennaio, il cui protagonista è Don Bosco: “Il demonio ha paura della gente allegra”.

Latino, inglese, biologia. «No, la terza no: tra le materie da portare a settembre non doveva proprio esserci». Un errore, ammesso anche dalla preside: «Voti trascritti male». La proposta è riconvocare i prof. «Invece i miei genitori dissero che ripassare biologia durante l’estate, comunque, non mi avrebbe fatto male». L’ineluttabile è una pagella appena consegnata. Fabio ha 17 anni e il suo umore è nero. «Dovevo lavare via il disappunto». L’oratorio salesiano dell’istituto Agnelli, vicino a casa e alla fabbrica di Mirafiori, è il posto giusto. Il pallone c’è, poi succede qualcosa. «Ciao, stai bene?»: la voce a bordo campo è quella di un sacerdote. Il ragazzino si blocca: «Sì, bene». Poco convincente. Silenzio. Si guardano negli occhi. L’uomo sorride: «Se stai bene tu, sto bene anche io». E se ne va. Sono passati trent’anni. Fabio ora si rivolge a noi: «Non lo conoscevo, ma quelle parole sono state un tatuaggio emotivo. E adesso vi spiego perché».

L’adolescente arrabbiato è Fabio Geda. Il demonio ha paura della gente allegra. Di don Bosco, di me e dell’educare (in libreria dal 31 gennaio per Solferino) è la sua storia. Una storia autobiografica, che ci porta dentro e fuori dalla cronaca, nelle pieghe di una lezione sociale scritta quasi due secoli fa e che si rivela più attuale di molte lezioni che attuali vorrebbero essere. Geda racconta spesso i giovani: qui parte da sé, dagli studi in marketing finiti nel cassetto, dalla scelta del 1998 di lavorare con i minori e da quella, maturata undici anni dopo, di dedicarsi ai romanzi. Ma i due mondi — dell’impegno in comunità e di narratore — s’intrecciano, facendo di queste pagine un inno all’educare. Il solco è quello della rivoluzione di un sacerdote umile diventato santo: don Giovanni Bosco (1815-1888).

Se stai bene tu, sto bene anche io.

«Ogni volta che rifletto sul concetto di comunità educante, quel salesiano e quelle parole emergono dal passato come la più adeguata delle rappresentazioni. Persone che sfiorano geometrie complesse di persone che non conoscono, che trovano il coraggio di fermarsi a guardarle negli occhi dichiarando che in qualche modo il loro stare bene o male è connesso al proprio».

Don Bosco fonda la congregazione dei salesiani nel 1859. Il legame dello scrittore con loro è radicato: al San Luigi, oratorio nel quartiere dell’immigrazione tra il Po e la stazione di Porta Nuova, «ho chiuso il Ventesimo secolo inventandomi un mestiere per cui non avevo studiato». L’educatore. A Torino, con Torino. Città dove don Bosco lavora dal 1841 e che per l’autore del libro non è mai solo cornice.

Il futuro santo nasce povero ma è un leader naturale, a Chieri crea con gli amici «la Società dell’allegria» per raccontare storie e diffondere idee che contribuiscano a mantenere il buonumore. Quando si sposta in città trova frotte di migranti. Adulti, bambini randagi «che nell’Ottocento — riflette Geda — arrivavano dalle campagne, ieri dalla Sicilia e dalla Basilicata, oggi dall’Eritrea e dalla Nigeria. Molte storie si somigliano e stupisce come la società da esse continui a imparare poco. Invece di fare la guerra alla povertà facciamo la guerra ai poveri. Non riusciamo a integrare il loro dolore nel nostro vivere, forse non vogliamo». E il pensiero va ai barconi nel Mediterraneo.

Don Bosco fonda riviste, apre scuole. Il buon educatore per lui non è un arbitro sul trespolo ma l’allenatore che vive la partita, «cioè — ammette l’autore — proprio quello che volevo fare io». Quindi, la bordata: «Io la chiedo e la difendo una società che non abbia paura della diversità, che non arretri di fronte alla complessità». La sfida è anche dentro casa. «Non molto tempo fa, in una scuola del Veneto, sono partito con un pistolotto su quanto noi adulti abbiamo fiducia nelle nuove generazioni». Alza la mano un’alunna: «Forse dovreste averla anche in voi stessi». Colpito e affondato. «Dire che abbiamo fiducia nei giovani — è la tesi di Geda — non significa scaricare su di loro la responsabilità del cambiamento. Gli adolescenti di oggi sono i figli della prima generazione italiana a non aver mai neppure tentato una rivoluzione: la cosa migliore è ammettere, davanti ai ragazzi, che non abbiamo risposte ma vogliamo cercarle con loro». Navigando a vista fra troppe possibilità e ansia, in ciò che per gli psichiatri Miguel Benasayag e Gérard Schmit è «l’epoca delle passioni tristi». Don Bosco affermò: «Il demonio ha paura della gente allegra». Per Fabio il demonio è un fatto: «La resa alla retorica dell’odio e del nemico. Noi adulti — aggiunge — dobbiamo tenere alto il morale delle nuove generazioni instillando in loro un’equilibrata fiducia nel futuro». Senza scorciatoie: per realizzare i sogni serve impegno. «Diciamo ai ragazzi: se state bene voi, stiamo bene anche noi».
Una volta, parlando di come nascono i suoi libri, l’educatore-scrittore ha spiegato:

«Alcune storie, senza essere appuntate, continuano a ritornare. Queste storie chiedono di essere raccontate».

Come la sua. Come quella di don Bosco.

Gli incontri

L’autore Fabio Geda sarà a Verona il 4 febbraio (20.30, Auditorium Zanotto, Istituto Salesiano San Zeno, via Don Minzoni 50) e il 5 (17.30, Sede Centrale Banco Bpm, Piazza Nogara 2); il 6 sarà a Torino (20.30, Aula Magna del Cfp Cnos-Fap Valdocco, via Maria Ausiliatrice 36).