Articoli

Avvenire: Disagio giovanile e periferie, la Chiesa di Torino in campo – Don Domenico Ricca

La settimana scorsa a Torino, presso l’Urban Lab, è stata presentata la ricerca “Il disagio nelle periferie di Torino” dell’economista Mauro Zangola. Tra gli operatori che si occupano in città di disagio giovanile e di integrazione, don Domenico Ricca, salesiano, cappellano del carcere minorile “Ferrante Aporti”.

Si riporta l’articolo pubblicato da Avvenire in data odierna riguardante la presentazione della ricerca, a cura di Marina Lomunno.

LA MAPPA DEI BISOGNI E IL LAVORO DA FARE

Disagio giovanile e periferie, la Chiesa di Torino in campo

A Mirafiori, il quartiere nato attorno alla grande fabbrica ogni due “nonni” c’è un giovane: nel 1981 per ogni anziano c’era un giovane e mezzo. Dall’altra parte della città, in Barriera di Milano, periferia nord, ogni due giovani stranieri c’è n’è uno italiano. Sono alcuni dei dati della ricerca dell’economista Mauro Zangola “Il disagio nelle periferie di Torino” presentata settimana scorsa nel capoluogo piemontese durante l’incontro “Chi sono i giovani a Torino”, presso “Urban Lab”, Laboratorio Urbano, associazione nata nel 2005 grazie a un accordo tra Città di Torino e Compagnia di San Paolo per raccontare come cambia la città sotto la Mole e l’area metropolitana.

Torino da sempre, è stato sottolineato, è città laboratorio: fin dai tempi dei santi sociali, dove emarginazione e disagio giovanile hanno offerto lo spunto per far nascere gli oratori e la formazione professionale. E nella città che fu della Fiat e che adesso sta cercando di reinventarsi, disoccupazione giovanile e invecchiamento della popolazione stanno diventando un’emergenza sociale: anche oggi in prima linea a trovare soluzioni, soprattutto per contribuire a rimotivare i Neet, i giovani che né studiano né lavorano (oggi sarebbero i «ragazzi discoli e pericolanti» di don Bosco) c’è la Chiesa torinese.

Nel giugno scorso l’arcivescovo Cesare Nosiglia ha commissionato all’economista Zangola una ricerca sui giovani nelle periferie di Torino. Il testo è stato lo spunto per mettere attorno al tavolo, invitati da “Urban Lab”, gli operatori che si occupano in città di disagio giovanile e di integrazione. Oltre a Nosiglia e alla pastorale del Lavoro sono intervenuti tra gli altri don Domenico Ricca, salesiano, cappellano del carcere minorile “Ferrante Aporti”, il vicesindaco Sonia Schellino e Marco Giusta, assessore alle Politiche giovanile del Comune e i rappresentanti di Politecnico, Università, Compagnia di San Paolo e Fondazione Crt e alcune associazioni giovanili impregnate nelle periferie con attività di aggregazione sportiva e sociale.

In generale la ricerca evidenzia come i giovani disoccupati siano a bassa scolarità e provenienti da famiglie «con potenziale disagio economico» che vivono nei quartieri dove anziani e stranieri sono in prevalenza: periferie urbane come Mirafiori e Torino nord, quartieri Vallette, Borgo Vittoria, Aurora, Barriera di Milano, Falchera. Ultimi tra gli ultimi, come ha evidenziato don Domenico Ricca, sono i ragazzi che incappano nelle maglie della giustizia ma che sono lo specchio dell’abbandono delle periferie non solo torinesi.

«La vera emergenza è l’istruzione: dobbiamo dichiarare guerra alla dispersione scolastica e incrementare l’accompagnamento educativo di avvicinamento al lavoro» ha sottolineato il cappellano.

Un allarme condiviso dall’arcivescovo Nosiglia che, ricordando come la diocesi sia in prima linea nelle parrocchie in cui sono attivi decine di sportelli lavoro, gli oratori, i centri di formazione professionale di ispirazione cristiana che «soccorrono e qualificano» i ragazzi che abbandonano i corsi di studi superiori, ha avanzato una proposta per dare futuro alla città:

«Se non si fa sistema, tutto diventa più frammentato» ha detto Nosiglia. «Occorre una progettualità condivisa tra tutti coloro che in città si occupano dei giovani: per questo proponiamo di dar vita a un comitato permanente sul disagio giovanile cittadino in cui i rappresentanti dei centri e degli sportelli lavoro che operano sul territorio elaborino una mappa aggiornata sui servizi offerti, sui fabbisogni formativi degli operatori e sulle opportunità di lavoro».

Proposta accolta subito da “Urban Lab” che ha dato la disponibilità per ospitare il comitato per i giovani torinesi più fragili.

GIOVANI, PERIFERIE: il circolo vizioso che moltiplica il disagio

Si riporta l’interessante ricerca condotta da Mauro Zangola, economista esperto nel mercato del lavoro, in merito alla situazione dei giovani e del disagio sociale nella città di Torino.

I quartieri «fragili» concentrano più disagi nello stesso territorio; e in cui sono maggiori le difficoltà di vita e di lavoro per fasce diverse della popolazione. Mauro Zangola (economista e esperto nel mercato del lavoro) ha elaborato per la diocesi di Torino una ricerca complessa e ricca di dati per portare in evidenza alcuni elementi del disagio, giovanile e non solo, nella città di Torino. L’incrocio dei «numeri» sui giovani con quelli del disagio economico delle famiglie, dell’invecchiamento della popolazione, della scolarità permette di costruire un quadro inedito della frastagliata realtà torinese.

Il metodo di raccolta delle informazioni seguito da Zangola parte da due indicatori principali:

  • 94 aree statistiche in cui l’Istat ha suddiviso il territorio della Città;
  • 23 quartieri «storici» in cui Torino era articolata, negli anni ’70 e ’80 (al tempo dei Coordinamento dei Comitati spontanei di Quartiere).

Attraverso queste due «griglie» Torino rivela una quantità di dettagli che le analisi condotte sull’intero territorio comunale non possono cogliere con la stessa precisione.

Se in generale lo studio di Zangola conferma gli argomenti di lettura delle «due città», contiene anche una indicazione «politica» precisa: conoscendo meglio le situazioni, è anche possibile elaborare interventi mirati, e andare a sostenere progetti che trovino rispondenze concrete nelle necessità della popolazione, in particolare dei giovani e delle famiglie.
Lo studio ha raccolto anche un «indice» della presenza delle istituzioni (Comune, Regione, Chiesa, Terzo settore) nei quartieri con il maggior disagio giovanile.

 

IL COMMENTO DI MONS. CESARE NOSIGLIA
Arcivescovo di Torino

L’inchiesta che ho sollecitato il dott. Zangola a realizzare era volta a conoscere meglio la situazione con dati oggettivi in modo da attivare insieme alle altre componenti istituzionali una strategia di coordinamento e promozione di percorsi unitari. Per la Chiesa di Torino conoscere e affrontare il disagio dei giovani è un fattore decisivo: a noi tocca di «uscire» a incontrare queste persone nei contesti dove vivono – contesti territoriali e urbani, ma anche culturali e psicologici. Il lavoro è la prima «soluzione»: e il contesto in cui il lavoro c’è o si crea è la questione politica centrale di questo nostro tempo, in questa nostra città. per questo i dati raccolti dal dott. Zangola sono molto interessanti, realistici e preoccupano non poco anche se l’impegno della città, della Regione, della Chiesa e del terzo settore non è secondario e nemmeno superficiale o di pura risposta alla emergenza.

Mi ha colpito molto constatare che nei luoghi della città dove più ampio ed esteso è il disagio sociale, le periferie appunto, altrettanto esteso e ancora più profondo è il disagio giovanile soprattutto per quanto attiene alla formazione al lavoro e a uno sbocco professionale appropriato. Questo fatto, insieme ai dati sull’invecchiamento generale della popolazione torinese, e alla «fuga» dei figli del ceto medio, completa il quadro non facile della vita della città. E aiuta a comprendere, a mio parere, l’opportunità e la necessità di intervenire con tutte le forze disponibili per combattere la povertà e l’impoverimento. Altrimenti quello scenario, più volte evocato, delle «due città», rischia di consolidarsi: ma nessuno di noi ha bisogno di una città di benestanti contrapposta alle «città» degli esclusi!

Nella direzione della città «riunita» va l’impegno della Chiesa: parrocchie, unità pastorali e diocesi, istituti religiosi, associazioni del terzo settore assicurano una capillare presenza sul territorio delle periferie con una serie di servizi religiosi ovviamente ma anche culturali e sociali. Penso ai 44 Centri di ascolto che accolgono decine di migliaia di persone al giorno, a una serie articolata di sportelli per il lavoro che offrono soprattutto informazioni. Anche il Centro di ascolto per imprenditori presso l’ufficio di pastorale del lavoro promuove un servizio concreto di orientamento e sostegno a imprenditori in difficoltà. Abbiamo poi la Migrantes che si occupa degli immigrati e rifugiati e attiva percorsi di inclusione sociale che comprendono il lavoro quando è possibile assicurare a queste persone il permesso di soggiorno. E infine la pastorale del lavoro con diversi laboratori che sui territori si rivolgono principalmente ai neet. La fondazione Operti poi che è collegata strettamente con la Diocesi promuove ogni anno centinaia di sostegni lavorativi mediante sia le borse lavoro che il microcredito. Anche la fondazione san Matteo sull’usura opera egregiamente a favore di persone che vivono situazioni di questo genere.

Occorre dunque promuovere un adeguato ed efficace coordinamento per condividere una Mappa dei servizi che curi anche la formazione degli operatori oltre che il rapporto con i giovani. Ci vuole insomma una progettualità condivisa per ottimizzare le risorse e le proposte. Si propone di attivare un Comitato permanente con la partecipazione di tutte le realtà che operano sul campo in questo ambito del lavoro dei giovani sul territorio.

In conclusione. Credo che questa tema delle periferie meriti un supplemento di responsabilità da parte di tutte le componenti cittadine. Purtroppo assisto impotente a scelte che vanno in senso contrario come è successo recentemente con la scuola elementare Vidari del quartiere Mirafiori nord che ha deciso di chiudere la prima classe e pertanto in prospettiva di chiudere la scuola stessa. Malgrado la popolazione, i sindacati, la parrocchia e la Diocesi abbiano chiesto un ripensamento investendo i massimi livelli fino al Ministero, non si è ottenuto niente. La voce della gente non ha voce, contano le regole generali che si applicano indipendentemente dalla realtà territoriale e dalle concrete esigenze della gente che le abita.