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Medellìn: Ex-soldati, una volta curate le ferite di guerre, diventano motori di pace

Jazmin, dalle forze rivoluzionarie colombiane alla scuola: “Così ho ricominciato a vivere”

La sua storia è stata una delle testimonianze al convegno «Cicatrici di guerra, matrici di pace»
organizzato dalle Missioni Don Bosco

Avere quattordici anni in Colombia può essere difficile. Molti ragazzi e bambini si sono uniti per anni alle Farc, le Forze armate rivoluzionare della Colombia, spesso nel tentativo di migliorare la situazione economica famigliare. È la storia di tanti adolescenti, come Jazmin, che oggi ha vent’anni, e si è raccontata a Torino in occasione del convegno «Cicatrici di guerra, matrici di pace», organizzato giovedì 15 marzo da Missioni Don Bosco.

Emozione palpabile in Sala Sangalli durante l’ascolto delle testimonianze della piccola delegazione di Ciudad Don Bosco invitata a Torino e descrivere l’azione pacificatrice che i salesiani stanno svolgendo in Colombia.

Padre Rafael Bejarano,SDB, Jovana Ruiz e Claudia Yazmin hanno consentito agli oltre cento partecipanti al convegno organizzato da Missioni Don Bosco di venire a contatto diretto con il piano di reinserimento sociale che riguarda gli ex bambini soldato della “interminabile” guerra che dal 1954 al 2016 ha insanguinato il Paese latinoamericano.

Con loro tre, il contributo di Bruno Desidera, giornalista che ha ricapitolato la storia del conflitto, prima anche ideologico e poi solo militare, fino all’arduo raggiungimento di un cessate il fuoco purtroppo non ancora rispettato da tutte le formazioni in campo, e di Alessia Andena che ha riportato le impressioni della visita di Missioni Don Bosco a settembre 2017 a Ciudad Don Bosco e spiegato le ragioni del sostegno che questa organizzazione dà convintamente a quel progetto educativo.

Padre Rafael è il direttore della struttura di accoglienza situata a Medellin, città “di confine” con il territorio un tempo occupato dalle Forze armate rivoluzionarie (Farc). Ha ringraziato coloro che sostengono Ciudad Don Bosco dall’Italia perché hanno compreso che la cura rivolta agli adolescenti e ai giovani fuggiti o salvati dalle squadre di combattenti (in oltre 15 anni, la media di un centinaio all’anno) costituisce uno degli elementi di possibile pacificazione profonda della Colombia. Il referendum che in prima battuta respinse l’accordo di pace fra governo e Farc del 2016 è un indice preciso di quanto il perdono reciproco faccia fatica a sposarsi con le esigenze di giustizia. Eppure, come ha spiegato efficacemente Claudia Yazmin rispondendo a una precisa domanda dal pubblico, il compromesso fra l’esigenza di giudicare chi ha commesso atrocità e la possibilità di rendere irreversibile il ritorno a una normale vita civile è la sola via possibile. E i giovani che escono da Ciudad Don Bosco possono essere i promotori di un atteggiamento dei Colombiani che guari al futuro. Jovana Ruiz ha illustrato le tappe del questo cammino proposto dagli educatori salesiani agli ex bambini soldato: la prima fase è quella della conquista della fiducia, un dato non scontato per persone che hanno dovuto imparare a diffidare di chiunque, a non poter considerare amico neppure il compagno di stanza. E poi la “capacitazione”, come la esprime efficacemente la lingua spagnola, che parte dalla ripresa dei percorsi scolastici interrotti e passa attraverso pratiche di acquisizione della consapevolezza di sé manomessa da anni di ubbidienza cieca degli ordini militari. Infine il ritorno: nella famiglie, quando possibile e con modalità dettate da prudenza, alla vita sociale attraverso tirociniii e inserimenti lavorativi con l’affiancamento degli educatori.

Il presidente di Missioni Don Bosco, Giampietro Pettenon, ha salutato i presenti al convegno a Torino Valdocco e gli amici che lo hanno seguito in diretta streaming attraverso il sito dell’associazione. Ha spiegato che l’obiettivo dei salesiani nel mondo è sempre quello di offrire opportunità di crescita e di inserimento sociale ai ragazzi in maggiori difficoltà. Questo spirito si trova in ognuno dei progetti di formazione professionale sparsi nei cinque continenti, che siano attuati in piena concordia con i governi locali, come in Colombia, o che siano identificati come pura istituzione formativa laddove culture o forze politiche non accettino la “firma” religiosa, come in Laos.

Elisabetta Gatto, antropologa in forza a Missioni Don Bosco, che ha preparato e moderato il convegno, ha commentato che il “modello” presentato per la Colombia potrà essere validamente proposto anche in altri Paesi dove conflitti ultradecennali e ostilità radicali sembrerebbero non lasciar spazio ad alcuna speranza di pace.

Dalla violenza alla pace: Medellìn e il suo cambiamento culturale

Si segnala il reportage video pubblicato dalla redazione de La Stampa Online del 10 Ottobre 2017, dove si testimonia il successo del sistema preventivo di Don Bosco nel centro salesiano colombiano di Medellìn.

Recuperare i bambini e gli adolescenti vittime del disagio sociale, della guerra e della violenza in Colombia. È questo l’obiettivo di Ciudad Don Bosco, il centro salesiano fondato nel 1915 a Medellìn, una delle città che più ha subito gli effetti delle violenze legate al traffico di cocaina.
Tra gli altri, negli ultimi 15 anni a Ciudad Don Bosco sono stati riabilitati 1.500 giovani fra ragazze e ragazzi di età compresa fra i 14 e i 17 anni, reduci dalla guerra tra le Farc e le forze governative che ha insanguinato il Paese per più di 50 anni. Un successo dovuto all’applicazione del sistema preventivo salesiano, che coinvolge i ragazzi in un percorso riabilitativo integrale. Oltre alle cure di base (assistenza nutrizionale e sanitaria in primis), i salesiani puntano a una solida formazione scolastica e professionale, ma anche, e soprattutto, a un percorso psicologico e, quando possibile, al ricongiungimento familiare.
Padre Rafael Bejarano, 39 anni, salesiano di Don Bosco nato e cresciuto in Colombia, è il direttore di Ciudad Don Bosco. «Il nostro obiettivodiceè realizzare un grande cambiamento culturale, perché la nostra società possa cambiare il suo corso storico: dalla violenza alla pace».

Video di Francesco Marino
Montaggio di Camilla Cupelli

Bambini Soldato sulla Via di Damasco su Rai Due

 

Il fenomeno dei “bambini soldato”, ovvero l’orribile violenza che costringe molti bambini alla schiavitù degli arruolamenti, sarà al centro della prossima puntata di Sulla Via di Damasco dal titolo “I bambini sono di tutti,” in onda sabato 4 Marzo, alle ore 7,45, su Rai Due, con replica mercoledì 8 Marzo in terza serata, ​con due servizi realizzati il 2 febbraio alla presentazione del documentario “Alto el fuego”.

All’interno del programma di Mons. Giovanni D’Ercole e Vito Sidoti, due giovani raccontano il loro dramma di schiavi-soldati delle Farc, ribelli armati tra i più temuti al mondo, una delle peggiori piaghe che affliggono la Colombia. Sono stati, da bambini, ostaggio della guerriglia, dopo che gli stessi ribelli seminarono il panico freddando amici e familiari; traumatizzati dall’esperienza, hanno dovuto convivere con la morte, lontano dagli affetti, dimenticando la capacità di sognare e rinunciando alla normalità della vita. Poi il viaggio e la fuga al Centro Città di Don Bosco di Medellin (Colombia), dove, come racconta il salesiano e direttore Rafael Bejarano, molti bambini privati dei diritti e dell’infanzia vengono aiutati a reinserirsi in famiglia, nella comunità, frequentando la scuola e avviandosi a una pratica professionale.

Un altro servizio ha per protagonista James Areiza, educatore e responsabile della Città don Bosco, che spiega come molti bambini vengono aiutati a superare i propri traumi grazie alla pedagogia della fiducia, della speranza e dell’alleanza, trasformando le paure in nuove sfide di coraggio e di impegno. L’ultimo racconto è il viaggio nella vita di un altro ex bambino soldato, John Baptist Onama, vittima innocente dei nuovi Erode delle milizie governative in Uganda che lo costrinsero ad imbracciare le armi contro i guerriglieri. Quegli stupri e massacri sono ferite incancellabili, ma sulla sua strada l’incontro miracoloso con Suor Veronica ed i comboniani gli ha salvato la vita.