San Francesco di Sales: “L’amabile patrono dei giornalisti” – La Voce e il Tempo
Proseguono i contributi da parte della rivista “La Voce e il Tempo” sulla figura di san Francesco di Sales, di cui quest’anno ricorre il IV centenario dalla morte. Dopo gli interventi di don Giovanni Ghiglione sdb e quello di suor Mariagrazia Franceschini, interviene Vania De Luca, vaticanista, caporedattore del Tg3, già presidente nazionale dell’Ucsi (Unione cattolica della stampa Italiana). San Francesco di Sales è anche patrono dei giornalisti per la sua attività di evangelizzazione con i “media” del suo tempo. Di seguito l’articolo pubblicato su La Voce e il Tempo a cura di Vania De Luca.
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Proseguono i nostri contributi sulla figura di san Francesco di Sales, di cui quest’anno ricorre il IV centenario dalla morte. Dopo gli interventi di don Giovanni Ghiglione sdb, che ha illustrato la spiritualità del Vescovo di Ginevra, patrono dei salesiani, e quello di suor Mariagrazia Franceschini, dell’Ordine della Visitazione di Santa Maria (le suore Visitandine fondate da san Francesco di Sales con santa Giovanna de Chantal), su questo numero interviene Vania De Luca, vaticanista, caporedattore del Tg3, già presidente nazionale dell’Ucsi (Unione cattolica della stampa Italiana). San Francesco di Sales è anche patrono dei giornalisti per la sua attività di evangelizzazione con i “media” del suo tempo. Sull’eclettica figura di san Francesco di Sales è in programma domenica 15 maggio, alle 20.30 presso il monastero della Visitazione a Moncalieri (strada Santa Vittoria 15) un incontro sul tema «Sono uomo come di più non è possibile»: intervengono don Michele Molinar sdb, vicario dei Salesiani del Piemonte, e suor Mariagrazia Franceschini, monaca della Visitazione. Introduce e modera Marina Lomunno, giornalista de «La Voce e il Tempo».
San Francesco di Sales è dottore dell’amore, protettore dei sordomuti, e non ultimo patrono dei giornalisti. Sotto il suo patrocinio è posta l’Ucsi, Unione cattolica della stampa italiana, di cui fanno parte giornalisti e comunicatori che lavorano in testate e contesti laici, oltre che cattolici. Il riferimento al santo è citato nel suo statuto all’articolo 1, per rendere evidente un’appartenenza e un riferimento spirituale che non sono un accessorio ma una radice profonda.
Da più di 60 anni, da quando è nata, l’Ucsi anima in tutta Italia per la festa di san Francesco di Sales, il 24 gennaio, una celebrazione eucaristica e una serie di incontri sui temi della comunicazione e dell’etica, riconosciuti dall’ordine dei giornalisti per il rilascio dei crediti formativi. Analogamente avviene a maggio, per la giornata delle comunicazioni sociali, quando il tema di dibattito è spesso legato al messaggio del Papa, che diventa oggetto di dialogo, con tanti giornalisti anche non cattolici. Attualissimi i temi degli ultimi anni: famiglia, misericordia, fake news e giornalismo di pace, comunità e cultura dell’incontro, l’ascolto… L’attuale presidente nazionale Ucsi, Vincenzo Varagona, ci conferma con convinzione quanto la figura di san Francesco di Sales resti un importante riferimento per l’unione, «per la sua testimonianza profetica, con la ricerca innovativa di una linea di frequenza con il popolo e la comunità di cui era Vescovo: sapeva quanto fosse difficile evangelizzare, e per essere ascoltato inventò una nuova forma di comunicazione con cui rendere più efficace l’annuncio».
Nella vita dei Santi c’è sempre uno specchio del loro tempo e insieme qualcosa di universale, che può parlare a ogni uomo e a ogni donna di ogni epoca e di ogni luogo geografico. Francesco di Sales è stato un «uomo ponte» che ha testimoniato la sua fede in un contesto ostile, vivendo un tempo di passaggio. Davanti ai problemi nuovi che sfidavano la Chiesa e il mondo non ha dato risposte vecchie, ma ne ha cercate di nuove, come tante volte papa Francesco invita a fare oggi, chiedendo creatività. San Francesco radicò la controriforma cattolica nel «sentire interiormente» la via indicata da Dio verso la libertà: Scrisse lettere (più di 30 mila), predicò in un contesto calvinista, parlò di Dio nei colloqui personali, fondò insieme ad Antonio Favre l’Accademia Florimontana (1606-7), per incoraggiare l’approfondimento teologico, filosofico, scientifico e letterario. Scelse come simbolo l’arancio, un sempreverde, che porta fiori e frutti quasi in tutte le stagioni. Anche oggi viviamo un profondo cambiamento d’epoca che pone sfide nuove e richiede nuove risposte anche per quanto riguarda i modi della comunicazione. San Francesco comunicò la fede attraverso i «nuovi media» del suo tempo, per ‘sanare’ le fratture religiose e politiche in un’Europa alla ricerca della pace nella cultura e nella società.
Come prete visse delle sconfitte: dal pulpito non era ascoltato, così cominciò a pubblicare i cosiddetti «manifesti», fogli volanti che si possono paragonare a grandi tweet del tempo, che affiggeva ai muri o faceva scivolare sotto gli usci delle case. Proprio per questo suo modo di cercare forme nuove di comunicazione la Chiesa ha messo sotto la sua protezione la vita di giornalisti e scrittori.
Pio XI, il 26 gennaio 1923, lo proclamò, nella Rerum omnium, patrono di «tutti quei cattolici, che con la pubblicazione o di giornali o di altri scritti illustrano, promuovono e difendono la cristiana dottrina». All’indomani del Concilio Vaticano II Paolo VI lo confermò come modello per i giornalisti cattolici. Illuminanti le parole di Giovanni XXIII agli iscritti dell’Ucsi ricevuti in udienza il 27 gennaio 1963, che riprendevano un suo scritto del 1911. San Francesco di Sales è citato come «l’amabile patrono dei veri amici e servitori della penna».
Non è di quelle figure
«che si possono contenere entro limitati orizzonti»
affermava papa Giovanni,
«essa ci si leva innanzi alla mente, alta e serena: più alta dei monti della sua Savoia, più serena del cielo ridente che si specchia nelle acque azzurre del piccolo lago di Annecy… In verità san Francesco di Sales fu il più amabile tra i santi, e Iddio lo mandava al mondo in un’ora di tristezza… Ed egli apparve ed è rimasto come l’incarnazione della pietà sorridente e forte, in cui si fondono la poesia ingenua di san Francesco d’Assisi e l’amore chiaroveggente di sant’Agostino».
Francesco di Sales era convinto che nel trattare con gli uomini, inclusi gli eretici, bisognava sempre evitare «l’aceto», e usare invece la dolcezza, la comprensione, la stima, il dialogo serio e sincero: «Se sbaglio, diceva, voglio sbagliare piuttosto per troppa bontà che per troppo rigore», oppure «ogni volta che sono ricorso a repliche pungenti, ho dovuto pentirmene. Gli uomini fanno di più per amore e carità che per severità e rigore».
Uscì da una profonda crisi di fede, nel 1587, affidandosi a Dio: «Io vi amerò, Signore». L’amore e la carità furono per lui la via. «Come la regina delle api – scrive nella Filotea – non esce mai senza essere circondata da tutto il suo piccolo popolo, così la carità non entra mai in un cuore senza condurre al suo seguito tutte le altre virtù (…) Il giusto è come un albero piantato lungo un corso d’acqua che porta i frutti nella sua stagione. Quando la carità entra in un’anima, produce in essa frutti di virtù, ciascuno a suo tempo». Filotea è un viatico che introduce alla vita spirituale, personificazione di un’anima, un ‘tu’ femminile che san Francesco dirige tappa dopo tappa, con consigli anche molto pratici, come il «mazzetto spirituale di riflessioni e preghiere» che propone di formare al termine delle meditazioni, da usare e «odorare» nella giornata. Risale al 1608, e dopo meno di 50 anni era già tradotta in 17 lingue. Un classico della mistica è il «Trattato dell’amore di Dio», redatto, così come le altre opere, con linguaggio elegante e insieme semplice, ricco d’immagini, in maniera da coinvolgere il lettore.
L’amore, per il Sales, non è mai astratto, ma concreto. Ne è un esempio, nella sua esperienza di vita, l’incontro con il sordomuto Martino, che prese per mano e accolse in casa come un figlio. Per comunicare con lui imparò il linguaggio dei gesti, e proprio per questo motivo è stato proclamato «protettore dei sordomuti». Dai suoi scritti esce un tratto umano dolce, sereno, dall’animo grande, esempio di accoglienza, degli altri come di se stessi:
«È necessario sopportare gli altri, diceva, «ma in primo luogo è necessario sopportare se stessi e rassegnarsi ad essere imperfetti».
Chiedeva oggettività e non egocentrismo:
«Quel che facciamo per gli altri ci sembra sempre molto, quel che per noi fanno gli altri ci pare nulla».
Invitava alla pazienza:
«Bisogna avere un cuore capace di pazientare; i grandi disegni si realizzano solo con molta pazienza e con molto tempo».
Indicava nel Crocifisso
«la scala attraverso la quale passiamo da questi anni temporali agli anni eterni» (Lettere spirituali 31. 12 1610).
Figura modernissima e profetica anche ai nostri giorni, in un tempo, oggi come allora, di «cuori spezzati», assettai di pace e di riconciliazione.
-Vania De Luca