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Il sogno missionario in Africa: il ricordo di don Italo Spagnolo e don Vincenzo Marrone

Si riportano di seguito gli articoli di giornale dedicati ai Salesiani Don Italo Spagnolo (Il Biellese 1/12/2020) e Don Vincenzo Marrone (Gazzetta d’Alba 29/11/2020) , entrambi  legati al sogno missionario in Africa per molti anni ed entrambi mancati recentemente tornando alla Casa del Padre. Di seguito gli articoli.

>>>Leggi anche l’articolo su MISSIONI DON BOSCO: “Grazie a Dio, grazie a tutti: l’ultimo saluto di don Italo Spagnolo”

«Grazie don Italo per l’esempio»

Padre Spagnolo è stato un grande Salesiano . È morto giovedì, aveva 79 anni. Diceva sempre che con la preghiera e una disponibilità a tutto tondo la vita è un’avventura meravigliosa

Don Italo Spagnolo, grande salesiano, originario di Trivero, per 35 anni missionario in Africa, fondatore ed artefice di diverse opere, ci ha lasciati il 26 novembre, vittima del male oscuro che miete ancora tante vite. Ekaaro, (salve).

«Se il Signore ti vuole prete e Salesiano, io non farò altro che ringraziarlo per la tua vocazione» così la mamma. «Per adesso pensa a studiare seriamente e a comportarti bene. Poi si vedrà», così il papà.

Queste le due risposte che don Italo Spagnolo ha ricevuto da bambino quando ha confidato ai suoi genitori che gli sarebbe piaciuto diventare prete e salesiano.

Aveva conosciuto don Bosco frequentando la colonia estiva dei Salesiani di Varazze. Esperienza che gli era piaciuta moltissimo e che in qualche modo ha contribuito ad orientare la sua scelta di vita. Don Italo è nato a Trivero il 16 maggio 1941, a 14 anni è stato accolto nell’Aspirantato di Casale Monferrato dove ha compiuto gli studi ginnasiali. Entrato in Noviziato a Pinerolo, in provincia di Torino, ha emesso la sua prima professione religiosa il 16 agosto 1958. Ha trascorso il post Noviziato a Foglizzo, sempre in provincia di Torino, e dopo il tirocinio ha intrapreso gli studi teologici all’Università Pontificia Salesiana di Roma, dove è stato ordinato sacerdote il 21 dicembre 1968. Ha quindi conseguito la laurea in Filosofia e il diploma di assistente Tecnico in Psicometria all’Università Cattolica di Milano, rispettivamente nel 1974 e nel 1976. Si è abilitato a Roma all’insegnamento delle Scienze umane nel 1980.

Sacerdote novello ha svolto la missione salesiana tra i giovani dell’ex Ispettoria Novarese come insegnante e catechista ad Asti, Casale Monferrato e a Borgo San Martino. Successivamente ha prestato il servizio d’autorità come direttore e preside delle Scuole Secondarie di Primo e Secondo grado dal 1974 al 1982, prima a Muzzano (1974- 1977), poi a Novara (1977-1980) e infine a Vercelli (19801982). Nel 1982 è partito per la Nigeria ad Ondo, dove è stato superiore della comunità religiosa e parroco prima a St. Patrick’s (1982-1986) e poi a St. John Bosco’s Parish (1986-1998). Don Italo è stato anche il fondatore e il preside del Don Bosco Technical Institute di Ondo dal 1986 al 2003.

L’obbedienza lo ha poi trasferito nel 2003 in Ghana, a Sunyani, come direttore e parroco e successivamente, nel 2009, ad Akure in Nigeria sempre come direttore e parroco. Dal 2014 al 2019 è stato inviato a ljebu-Ode, in Ogun State (Nigeria) come incaricato della nuova presenza salesiana e parroco. Nel gennaio del 2019, per motivi di salute, è rientrato in Piemonte nella comunità di Torino San Giovanni Evangelista, dove ha svolto un apprezzato servizio pastorale, in particolare come vicario parrocchiale nella parrocchia “Sacro Cuore di Maria”.

Don Italo è stato un sacerdote salesiano con una profonda spiritualità, vivo ardore apostolico e una grande capacità di accogliere. Nella missione ha sempre manifestato grande sensibilità pastorale e capacità di ascolto e di animazione spirituale. Religioso fedele ed esemplare è stato un superiore saggio e dal cuore grande, un padre per tanti giovani secondo il cuore di don Bosco, benvoluto e stimato da tutti. Durante un’intervista, alla domanda «com’è la tua vita qui a Ijebu-Ode?», ultima tappa del suo lungo viaggio africano, rivelando in parte il segreto dei suoi successi pastorali, risponde così: «Nel 2014, dopo la chemioterapia, ho “strappato” al bravissimo medico curante il permesso di ritornare in Nigeria. Il mio superiore, esonerandomi dalla responsabilità di direttore-parroco ad Akure, mi ha proposto due alternative: essere d’aiuto in parrocchia a Lagos oppure far parte della nuova missione a Sagamu (passata subito a Ijebu-Ode). Nonostante le sue perplessità iniziali mi sono trovato “incaricato” della nuova presenza: una comunità di tre confratelli in avanscoperta. Qui infatti la nostra Ispettoria aveva acquistato un terreno per lo sviluppo di una nuova scuola tecnico- professionale. Abbiamo incominciato come sempre: vita di preghiera, di comunità, di servizio, di gioia salesiana.

I cattolici, i giovani e la gente gradualmente ci ha conosciuto e apprezzato. Nel dicembre scorso il Vescovo ha costituito parrocchia la nostra piccola comunità, con estrema esultanza dei fedeli. Una parrocchia senza casa parrocchiale (è in affitto) e con la chiesa “senza tetto”. “Abbiate devozione a Gesù Sacramentato e a Maria Ausiliatrice e vedrete che cosa sono i miracoli”, ci diceva don Bosco. È stata la visita a sorpresa del Procuratore di “Missioni Don Bosco” di Torino che ha fatto il miracolo. Grazie alla donazione di “Missioni Don Bosco” abbiamo potuto cominciare, a metà marzo, i lavori della struttura in ferro del tetto. Ci vorranno ancora molti soldini per le preventivate 1200 lamiere ma certamente l’aiuto del buon Dio non ci verrà meno».

Al termine della sua vita don Italo ci saluta così, dando motivo di profonda riflessione e gratitudine a noi suoi confratelli salesiani ed offrendo un’entusiasmante proposta di futuro a qualche giovane della nostra terra dal cuore buono e generoso come il suo: «A 79 anni continuo a vivere con gioia ed entusiasmo la mia vocazione salesiana, come agli inizi. La vocazione salesiana è onnicomprensiva: ci dà il senso di Dio e di lavorare incondizionatamente per il suo Regno, totalmente liberi; ci dà la gioia della comunità che ci sostiene in ogni circostanza; ci offre un campo d’azione stupendo: stare e lavorare con i giovani ed essere vicino alla gente con lo spirito di don Bosco gratifica immensamente. Ci si dona, ci si sacrifica, si ama e si è ricambiati».

Grazie carissimo don Italo per l’esempio che ci lasci. Sono sicuro che dal cielo continuerai a lanciare messaggi in yoruba alla tua gente con cui ti sentivi a casa, saprai toccare il cuore di tanti benefattori perché non rimanga incompiuta l’opera che hai iniziato, ricorderai a ciascuno di noi che con la preghiera e una disponibilità a tutto tondo la vita è un’avventura meravigliosa ovunque il Signore ci chiama, che il segreto della felicità sta nel sentirsi attori nella costruzione del Regno di Dio a servizio degli altri e che un pezzo di Paradiso davvero aggiusta tutto. «O eun pupo, O dab don Italo», «grazie di tutto e addio don Italo».

Le esequie si sono svolte nella chiesa parrocchiale di San Giuseppe Operaio di Vigliano, presiedute dal vescovo Roberto Farinella. Erano presenti numerosi confratelli salesiani e sacerdoti del clero secolare. Ai fratelli Elio e Silvano, alle loro rispettive famiglie, ai parenti e amici tutti le nostre più sentite condoglianze accompagnate dalla preghiera di suffragio, ma soprattutto di lode e di ringraziamento per il dono di don Italo.

La sua salma è stata tumulata nella tomba dei Salesiani nel cimitero di Muzzano, località in cui don Italo ha esercitato per la prima volta il suo ministero di direttore della Comunità. “… Per il salesiano la morte è illuminata dalla speranza di entrare nella gioia del suo Signore. E quando avviene che un salesiano muore lavorando per le anime, la Congregazione ha riportato un grande trionfo”. (Cost. art 54 – Don Bosco, MB XVII, 173 ) Siano rese grazie a Dio.

DON GENESIO TARASCO

direttore dei Salesiani biellesi

L’addio a don Vincenzo Marrone: “da missionario a tempo pieno per 35 anni a…Missionario a chiamata!”

29 Novembre 2020 Gazzetta d’Alba

Don Vincenzo Marrone nella casa salesiana di Ibadan fondata da lui
BRA Nelle prime ore di oggi, domenica 29 novembre, prima di Avvento e domenica della vigilanza, don Vincenzo Marrone, braidese, salesiano e missionario è mancato dopo una breve malattia. Nelle prime ore di questa mattina la comunità salesiana braidese ha saputo della dipartita. Pochi giorni fa era spirato un altro salesiano missionario in Nigeria, don Italo Spagnolo.

Questa epidemia ha portato via un grande salesiano e missionario: don Marrone era un sacerdote che ha speso tutta la vita al servizio della Chiesa e della Congregazione salesiana. Mentre celebrava la Messa ha avverto un malore ed è stato ricoverato; poi la scoperta della malattia, il rientro in comunità e un nuovo ricovero.

«Sono di Novello, stupendo paese delle Langhe cuneesi; sono stato ordinato nel 1967 e, dopo aver conseguito la licenza in teologia, ho ricevuto l’incarico di delegato di pastorale giovanile, a Torino Valdocco; un incarico che non aveva ancora una fisionomia precisa. Era il 1968, l’anno delle contestazioni giovanile in Italia e in Europa, con manifestazioni, contestazioni e grande volontà di trovare vie nuove nella società»: così inizia a raccontare la sua storia don Vincenzo Marrone, salesiano di 80 anni, per oltre 35 anni missionario in Nigeria, fondatore di case salesiane, scuole, oratori, laboratori, studentato teologico. È braidese di adozione, poiché i suoi genitori sono vissuti a due passi dal santuario della Madonna dei fiori, dove ancor oggi abitano le sorelle e i cognati.

Come nacque il sogno africano di don Vincenzo Marrone?

«Nel 1980 la Congregazione salesiana aveva lanciato il Progetto Africa affidando a una o due ispettorie salesiane una nazione africana con una forma di gemellaggio che si realizza inviando confratelli volontari e aiuti; all’Ispettoria di Torino era affidata la Nigeria. Nel 1982 ero stato nominato nuovo ispettore del Piemonte don Luigi Testa; con tre giovani di Valdocco siamo andati a dargli il benvenuto e fare gli auguri al nuovo ispettore, allora direttore a Lombriasco. Durante la conversazione chiesi a don Testa se avesse già delle richieste per la nuova missione Nigeria; mi rispose: “non ancora” e io aggiunsi d’istinto: “se hai bisogno conta su di me!”. Tre mesi dopo mi invitava ad andare in Irlanda per studiare l’inglese e prepararmi alla partenza in Nigeria».

Il 5 novembre del 1982 don Marrone entrava ad Akure, dove fonda la prima opera salesiana, poi sarà la volta di Ondo, una casa a Lagos e l’ultima ad Ibadan. Nello studentato salesiano di Ibadan, dove è assieme a un altro salesiano braidese, Paolo Vaschetto, i giovani salesiani lo chiamano our father, nostro papà, tutte le volte che lo vedono passare o alla sera dopo il Rosario prima di ritirarsi nelle proprie camere al termine della giornata.

Nel 2014 viene inviato nel Nord della Nigeria, dove i problemi con Boko Aram, una setta terroristica si fanno sentire da vicino e l’anno successivo, per motivi di salute rientra in Italia. Sembra che negli ultimi tempi sia rimasto vittima di un tentativo di sequestro, tesi mai confermata del tutto ma questa cosa lo turba molto, tanto che trovandosi in Italia nei mesi estivi rinvia la più volte la partenza.

L’ispettore dei salesiani del Piemonte destina don Vincenzo all’opera salesiana di San Paolo a Torino, dove è viceparroco e aiuto all’oratorio e ritrova un suo allievo salesiano qui in Italia per la formazione che aveva avuto ad Ibadan, Caius Tochi.

Nel 2018 succede una cosa particolare, non se l’aspettava più: ripartire per la Nigeria, non a tempo pieno, ma come lui stesso definisce «missionario a chiamata». Diceva don Vincenzo: «Torno in Nigeria per un mese, dal 18 aprile al 18 maggio. Nel settembre 2018, a conclusione delle celebrazione della professione perpetua, al Colle Don Bosco, di alcuni miei giovani confratelli tra cui 4 nigeriani, miei allievi, l’ispettore per Nigeria, Ghana, Liberia e Sierra Leone mi chiese di andare in Nigeria a predicare gli esercizi spirituali».

E all’età di 79 anni, li ha compiuti a fine febbraio, father Vincenzo era ripartito per la sua Nigeria, dove il suo cuore è rimasto. Lui, il don Bosco di Akure, Ondo, Ibadan era ritornato per «essere con Don Bosco per i giovani sempre!».

Poi ha continuato il suo ministero al San Paolo, sempre con tanto entusiasmo. Nel giorno di tutti i santi del 2020, mentre celebra la Messa ha un malore; viene soccorso in chiesa da un medico e infermieri presenti in chiesa e portato all’ospedale Maria Vittoria, dove gli viene diagnosticato il Covid-19, ma non essendo in condizioni di pericolo viene rinviato in comunità dove è accudito dai confratelli, tra cui un braidese, don Piero Busso, ordinato sacerdote il 7 settembre 1988 al Santuario (ha festeggiato il 40° di Messa nell’ultima Novena).

Chiudiamo con quello che definisco il suo testamento spirituale: «Sono missionario per dono di Dio, in una chiesa e una congregazione che mi hanno dato sempre ampi spazi e “croci” se vuoi , ma che ho sempre amato; progetti superiori a me che mi hanno e mi entusiasmano ancora, perché sono progetti di Dio sempre nuovo e che rinnova la nostra giovinezza». Questo lo scriveva a marzo.

Il caro don Vincenzo “padre e maestro come don Bosco di tanti giovani in Africa e in Italia” raggiunge la mamma Divina e papà Aldo. Addio don Vincenzo, ma nel vero senso della parola: a Dio, dove chi ti ha conosciuto, amato e ricevuto da te tante cose potrà ritrovarsi con te insieme a Maria Ausiliatrice e a don Bosco che tanto hai amato e fatto amare in tutto il mondo.

Lino Ferrero

AM: il primo incontro “Nel cuore del mondo”

Domenica 11 ottobre ha avuto inizio il percorso Missionario dell’Ispettoria con il primo incontro “Nel cuore del mondo”, un pomeriggio esteso per fare conoscenza di gruppo vedendosi di persona e per prendere confidenza col cammino. Di seguito il racconto della giornata a cura di Michele Dettoni.

Il primo incontro del “Percorso nel Cuore del Mondo” è stato una sorpresa. Dopo mesi di relazioni online, giornate spese il più possibile tra le quattro mura di casa, un’estate in cui abbiamo osato un po’ di più ma che comunque ci ha impedito di concretizzare, per esempio, le missioni nel mondo a cui i giovani dell’anno scorso si erano tanto preparati, certo non ci aspettavamo un gruppo così numeroso di ragazze e ragazzi che quest’anno vogliono mettersi in gioco in un percorso che guarda al di là di casa propria, del proprio cortile, del proprio quartiere, città, Paese.

Viene allora da pensare che forse non basta un “lockdown” mondiale a fermare i sogni dei giovani. Forse li rallenta un po’, li costringe ad avere pazienza. Forse a volte si prova delusione perché abbiamo vent’anni e non vogliamo vederci spegnere le energie da un virus che chiude le porte agli abbracci, ai baci, ai viaggi nel mondo, ai tirocini in presenza, alle lezioni all’università, agli incontri in oratorio, alle serate in compagnia. Li rallenta ma non li ferma. Anzi, forse cresce il desiderio e si cercano strade nuove per uscire, feritoie attraverso cui qualcuno possa tenderci la mano e dirci di continuare a camminare. Perché il mondo è davvero di chi cammina, nonostante.

“Perché sono qui?”, “Quali parole esprimono le tue aspettative?”, “Quali sono le testimonianze missionarie che ti è capitato di ascoltare e che cosa ti hanno lasciato?”.

Porsi insieme domande, prima di cercare le risposte, è nello stile del corso e condividerle con gli altri è ingrediente fondamentale quando si cerca la verità di se stessi. I ragazzi ascoltano le testimonianze di chi in passato è partito per il Ghana, la Romania, la Lituania e di chi l’anno scorso, non potendo vivere l’esperienza missionaria, è stato capace di indossare con coraggio l’abito tanto faticoso quanto sorprendente in ciò che ha saputo regalare del #Lìdovesei. Perché, come ci ha ricordato don Luca durante la buonanotte, missione è prima di tutto flessibilità del cuore a frantumarsi e ricomporsi per rispondere a una chiamata, a un mandato che ti invita ad accendere un fuoco che ti brucia e ti scalda dentro. Se non hai un fuoco dentro non accenderai nessuno, anzi rischi anche di spegnere chi ha una piccola fiammella. E’ un fuoco che ti fa sentire il mondo come casa tua. Significa sentire quello che capita ai fratelli e alle sorelle nella propria carne. Chi fa questo percorso per essere nel cuore del mondo deve sentire il mondo nel suo cuore. Non farsi abitare dal mondo significa essere indifferenti, non arrabbiarsi di fronte a una ingiustizia, sentire ma non ascoltare le notizie di tutti i giorni.

Quando l’altro ti appartiene non ti lascia più e la fiammella cresce bruciando egoismi e comodità, alimentando l’amicizia sociale e l’impegno per la giustizia.

Buon inizio ai giovani che al primo incontro hanno permesso a quel fuocherello di accendersi, non resta che continuare a prendersene cura.

Animazione Missionaria: la testimonianza di Piero Ramello arrivato in Pakistan

La vocazione missionaria. Dall‘Ispettoria ICP, ecco di seguito la testimonianza di Piero Ramello, arrivato il 2 ottobre scorso in Pakistan (nella città di Lahore) per dedicarsi alla missione.

Tutto è nato nel 2016. Il Rettor maggiore lancia ogni anno un appello missionario. Quello del 2016 mi ha fatto pensare: “Beh, se c’è bisogno, do la mia disponibilità”. Così ho iniziato il discernimento. Chi mi ha affiancato nella valutazione mi ha aiutato anzitutto a capire che una cosa è la semplice disponibilità; altro è una vocazione missionaria. Dopo un percorso piuttosto lungo ho risposto all’appello del Rettor Maggiore. La mia domanda è stata accolta, e sono stato destinato al Pakistan. Ho ricevuto il crocifisso nella centocinquantesima spedizione missionaria. Dopo il corso per missionari a Roma e l’esperienza dell’Irlanda per la lingua inglese, prolungata dal lockdown, ho dovuto attendere ancora diversi mesi per riuscire ad ottenere il visto. Tre giorni fa – il 2 ottobre 2020 – , finalmente, sono arrivato a Lahore. Sono impressionato dall’accoglienza e dalla gentilezza di tutti. So che tutte le lune di miele hanno una fine, ma non sono affatto spaventato da ciò che mi attende (compreso l’apprendimento della lingua Urdu).

Piero Ramello

Agenzia Fides – “La missione prima di un territorio è uno stile di vita”, don Massimo Bianco SDB

La missione del Salesiano don Massimo Bianco in Lituania ormai da vent’anni. Si riporta di seguito l’articolo dell’Agenzia Fides – Organo di informazione delle Pontificie Opere Missionarie – pubblicato lo scorso 17 settembre.

Verso la Giornata Missionaria: “La missione prima di un territorio è uno stile di vita”, dice un missionario salesiano a Vilnius

Vilnius (Agenzia Fides) – Don Massimo Bianco, Salesiano di Don Bosco (SDB), è missionario in Lituania da vent’anni. Ha 57 anni, vive e lavora a Vilnius, capitale della Lituania, in una grossa parrocchia di periferia.

“Fare il missionario è rispondere ad una chiamata, che ho maturato a lungo – racconta all’Agenzia Fides -. Avevo fatto tre esperienze estive in Africa, precisamente in Nigeria, alla fine sono ‘sbarcato’ in terra europea, ma ho capito a poco a poco che la missione prima di un territorio è uno stile di vita. Anche se il tenore di vita qui è diverso dall’Africa, il bisogno di evangelizzazione in un mondo secolarizzato e post-sovietico direi che è analogo: qui incontri persone non denutrite nel fisico, ma nello spirito. Qui ho risposto: ‘Eccomi! Manda me!’ a Colui che è la sorgente di ogni chiamata missionaria”.

Don Massimo spiega che in questi anni ha cercato prima di tutto di ascoltare, di inserirsi in una cultura differente con rispetto, pazienza e progressività: la lingua, il clima, le persone, la fede vissuta in piccole comunità sono stati vari aspetti da integrare, poco per volta.

“Di fronte a momenti di solitudine e di difficoltà – prosegue – mi esercito a non perdermi d’animo. Certo, arriva il momento, prima o poi, in cui ti chiedi: ‘Ma io, qui, che ci sto a fare?’. Si tratta allora di superare la tentazione del lasciar perdere, al tempo stesso ti accorgi che ti porti dentro una malattia che si chiama ‘protagonismo ed efficientismo’, condita dal desiderio umano di vedere sempre dei risultati, ma spesso questo non è possibile, almeno a breve termine. In questi casi mi aiuta molto la vita di preghiera e l’appoggio della comunità salesiana e parrocchiale in cui vivo”.

Come Salesiano di Don Bosco, don Massimo avverte in modo particolare il compito e la voglia di far conoscere ai bambini e ai ragazzi la figura di don Bosco, il Santo dei giovani.

“Questo richiede da parte mia di lottare con la tentazione di una vita mediocre che si accontenta del ‘minimo sindacale’ – sottolinea -. Quindi ripartire sempre, mantenere vivo il fuoco missionario nel proprio cuore, continuare finché passeró ad altri il testimone, quando Dio vorrà, con la consapevolezza che vale la pena lavorare per il Regno dei Cieli. Non si tratta solo di capire che il Signore ci manda ad annunciare la Sua Parola, ma si tratta di diventare noi stessi voce di quella Parola, con la nostra presenza e la nostra testimonianza”.

(SL) (Agenzia Fides 17/9/2020)

Animazione Missionaria: il gruppo del Benin con “Mission Impossible”

Fra le tante limitazioni di quest’anno, segnato dalla pandemia, è stato difficile accettare la marcia indietro sulle partenze estive per i giovani che avevano deciso di intraprendere il percorso missionario.

Così Silvia, Giulia, Erika, Federica, Rachele e Chiaraluce, dapprima destinate alla missione di Cotonou in Benin, hanno convertito le loro energie nelle iniziative online, animando il mese di maggio con il rosario missionario e poi i loro profili social, donando alcune testimonianze missionarie, proprio nei giorni in cui loro sarebbero dovute essere in Africa.

Ci ha detto Silvia, andando al cuore della loro motivazione:

“L’insegnamento di questa missione è stato quello di scegliere di partire anche quando partire non era possibile, di accogliere quel senso di impotenza che nasce dal sentirsi dire “quest’anno in Africa non puoi andare” e provare a trasformarlo in qualcosa che può fare del bene a te, a chi con te doveva partire e ad altri e che, in fondo, diventa essenza di missionarietà”.

Michele Dettoni

Il futuro è la nostra missione. Per guardare il mondo con gli occhi di Don Bosco – 2° puntata

Le migrazioni in Africa, in particolare in Sudan.

Missioni Don Bosco e l’Ufficio di Comunicazione Sociale dell’Ispettoria Piemonte e Valle d’Aosta presentano la seconda puntata de “Il futuro è la nostra missione. Per guardare il mondo con gli occhi di don bosco“.

In questo secondo video, la storia del coadiutore salesiano Jim Comino, missionario da molti anni in Sudan, in merito all’impegno dei Salesiani a favore dei profughi del Sud Sudan.

Nel video, il preambolo a cura di Elisabetta Gatto, dell’Ufficio progetti Missioni Don Bosco, riguardo agli ultimi dati relativi alle migrazioni nel continente africano.

Salesiani Novara: 40 anni di missione in Papua Nuova Guinea – Don Valeriano Barbero

Domenica scorsa, 14 giugno 2020, la Comunità Salesiana di Novara ha avuto il piacere di festeggiare i 40 anni di missione in Papua Nuova Guinea di don Valeriano Barbero. Si riporta di seguito l’articolo pubblicato sul sito dell’opera.

Un pranzo eccezionale, quello di domenica scorsa nella comunità di Novara: mentre la stampa salesiana riportava la notizia dei 40 anni dalla fondazione della presenza salesiana in Papua Nuova Guinea (InfoANS), alla tavola dei confratelli la storia si viveva in diretta!

Don Valeriano Barbero, festeggiato per l’occasione, fu proprio fra i primi salesiani a metter piede sulla grande isola a nord dell’Australia: non per una visita, ma per rimanere!

40 anni fa, il 12 giugno 1980 si celebrava nelle Filippine la festa nazionale: alla mezzanotte, 3 salesiani partivano in direzione sud, verso Papua Nuova Guinea (erano D. Valeriano, D. Fernandez Rolando – filippino – e Giuseppe Kramar, jugoslavo), precisamente alla volta di Port Moresby, la capitale.

Accompagnati dall’ispettore delle Filippine, don Josè Carbonell, trovano ad attenderli il segretario del nunzio, che li portò in nunziatura per la colazione: era già quasi l’alba del 13 giugno (festa del Sacro Cuore), quando D. Barbero e Kramar vanno a dormire a Kerema, ricevuti dall’arcivescovo Patrick Copas.

I pionieri del 1980

 

Alla sera del 14, raggiunti dagli altri due, attraversano la baia di Kerema per arrivare in jeep ad Araimiri, dove il vescovo locale aveva aperto la St. Peter’s extension school (nome inventato per l’occasione, trattandosi di un nuovo tipo di scuola) per accogliere la dispersione scolastica. Mancava tutto… ed anche allora l’opera salesiana è iniziata con un’Ave Maria (era il giorno del cuore immacolato di Maria, gli indizi si sprecano!)

Da allora, in Papua sono sorte nell’ordine: una scuola professionale a Port Moresby con don Giuseppe Savina (piemontese di Acqui), poi un’altra a Rabaul, una a Kundiawa (fra le montagne) e un’altra a Vanimo (al confine tra Papua e il territorio indonesiano che occupa la parte occidentale dell’isola). 

Tutte scuole per ragazzi più o meno giovani che non potevano altrimenti accedere all’istruzione.

Akapiru

Direttore ad Araimiri, Delegato ed economo a Port Moresby, dopo aver ricoperto ogni tipo di incarico formalizzato o meno, anche nelle diocesi … dopo 40 anni si trova a Rabaul come confessore ed economo della scuola, della quale sta tentando di costruire il dormitorio dei ragazzi.

Originario di Bellinzago (No), negli ultimi mesi è a Novara per alcune visite mediche, ma il cuore non si è mai mosso dalla terra papuana e dalla sua gente.

A don Valeriano abbiamo chiesto un paio di cose…

Il momento più bello di questi 40 anni in Papua? Quando, dopo i primi 9 anni ad Araimiri, Valeriano dà vita ad una scuola elementare a Lariau come estensione della missione di Araimiri: 5 anni vissuti praticamente da solo, viaggiando in barca o a piedi e in bici tra i villaggi.

Cosa impara un missionario? Che il fare può essere di tante persone, ma toccare il cuore è solo di chi ha il coraggio e il tempo di stare con la gente. Nell’andare a consolare una persona in lutto in un villaggio, questa gli dice “Non venire con il tuo crocifisso, vieni tu di persona, lasciami sentire l’odore della tua presenza, la tua vicinanza… allora poi parleremo anche del tuo crocifisso”.

Grazie don Valeriano per la tua storia, perché non è solo memoria ma ancora desiderio di futuro!

I festeggiamenti di Don Valeriano Barbero – Domenica 14 giugno 2020

Salesiani Cuneo: Don Osvaldo Gorzegno ritorna in Messico

Dopo 20 giorni a Cuneo, Don Osvaldo Gorzegno ritorna in Messico nella sua attività missionaria salesiana. Ha condiviso con noi questo tempo natalizio, ci ha aiutato a conoscere la presenza di Don Bosco e la missione della Chiesa in Messico. Nell’incontro di lunedì 13 gennaio ci ha raccontato la sua esperienza missionaria iniziata 51 anni fa e ha presentato alla comunità la spiritualità, la storia e la devozione alla Vergine di Guadalupe. Ti ringraziamo per la tua presenza, per la tua passione e la tua testimonianza gioiosa. Ci sentiamo uniti a lui insieme con tutti i missionari Salesiani partiti da Cuneo attraverso la preghiera, la solidarietà e l’impegno a sostenere coloro che da questa terra stanno portando il Vangelo nei paesi più lontani.

A Borgomanero due appuntamenti per la condivisione delle esperienze missionarie ghanesi

Si segnala l’iniziativa dei salesiani di Borgomanero tesa alla condivisione dell’esperienza in Ghana dei missionari partiti la scorsa estate. Di seguito, l’articolo a cura di Matteo Leonardi del Collegio “Don Bosco” di Borgomanero:

Don Alessandro, catechista del Don Bosco, e l’ex allieva Anna
Barattini testimoniano ai giovani la loro esperienza in Ghana.

Venerdì 13 ottobre all’oratorio di san Bartolomeo e Venerdì 20 al Don Bosco.

Venerdì 13 Ottobre 2017 alle ore 21, all’ oratorio di san Bartolomeo, in occasione della serata “Servizio, carità, missione” che inaugura l’anno di pastorale giovanile, saranno presentate tre esperienze estive. Don Alessandro Borsello, catechista al Don Bosco, e Anna Barattini, ex allieva dell’istituto salesiano, racconteranno il loro intenso mese di agosto in Ghana, presso la missione salesiana di Sunyani, una cittadina di circa duecentomila abitanti nel centro ovest del paese africano, insieme a una coppia di neo sposi e a tre giovani universitari piemontesi. I volontari italiani si sono inseriti nelle attività dell’Holiday Camp, un centro estivo che offre sostegno ai compiti (matematica, inglese), laboratori manuali e momenti di gioco a circa settecento ragazzi, con l’ausilio di un’ottantina di animatori. «Abbiamo avuto anche modo di visitare alcuni villaggi nei dintorni di Sunyani – spiega don Alessandro – dove le condizioni di vita sono decisamente più ostili per la mancanza di tutto e gli abitanti vivono in case di fango e paglia, senza acqua corrente». Per i giovani volontari l’esperienza si è collocata la termine del Corso Partenti, un percorso formativo promosso dal Movimento Giovanile Salesiano del Piemonte che dura tutto l’anno ed è fatto di incontri, testimonianze e brevi esperienze sul tema della missionarietà e della solidarietà. Altri giovani del corso hanno vissuto esperienze analoghe in Benin, in Romania ma anche in un centro di prima accoglienza per migranti italiano, in Sicilia. Nel corso dell’esperienza don Alessandro e gli altri volontari hanno anche conosciuto alcuni progetti di sviluppo, ad esempio il progetto delle Greenhouse, serre didattiche per un’agricoltura sostenibile, con corsi di formazione e micro-credito per sostenere gli agricoltori che intendono lavorare con queste attrezzature. Progetti finalizzati esplicitamente ad evitare un’emigrazione imprudente verso Libia ed Europa che esponga a grossi rischi mentre si va alla ricerca di fortuna. La presenza salesiana in Africa, negli anni, è diventata sempre più “africana” e meno “europea”: i consacrati del posto hanno nel tempo preso le redini delle missioni, acquisendo così la propria autonomia. «Un mese in missione non ti cambia la vita – commenta don Alessandro – ma cambia il modo in cui guardi la tua vita: è ciò che siamo andati a fare, o meglio a vivere in questo mese in Ghana».

L’esperienza sarà presentata anche agli studenti dei Licei del Don Bosco nella mattinata di Venerdì 20 ottobre 2017.

 

Alcuni estratti fotografici del diario di bordo che hanno caratterizzato l’esperienza ghanese, grazie a Marco Viadana:

Il sogno di Giovannino raccontato ai bambini è online!

“All’età di nove anni ho fatto un sogno, che mi rimase profonda­mente impresso nella mente per tutta la vita.”

Il sogno dei 9 anni di don Bosco raccontato ai bambini è online ed è scaricabile gratuitamente. Il primo e-colourbook, ideato da Salesiani per il Sociale – Federazione SCS/CNOS e raccontato per immagini da Stefania Gagliano, illustratrice d’infanzia, pensato per i più piccoli, da leggere e colorare. Un racconto diviso in otto tavole illustrate per ripercorrere il sogno che San Giovanni Bosco fece all’età di 9 anni e che sarebbe poi diventato linea guida per tutta la sua vita trascorsa con e per i giovani. Non un semplice album da stampare e colorare ma uno strumento educativo per far conoscere ai bambini ,ma anche agli adulti, un sogno in cui il bene trionfa sul male.

Non c’è alcuna indicazione su come colorare, e nemmeno particolari suggerimenti sulla copertina – racconta l’illustratrice Stefania Gaglianoquesto perché i veri interpreti di questo strumento saranno loro, i bambini! Solo leggendo (o magari ascoltando il racconto letto da mamma e papà) il bambino saprà che probabilmente gli animali feroci saranno scuri e cupi, che la Madonna sarà candida e luminosa (come la bontà che irradia) e che Giovannino si confonderà con i colori dei prati e delle vigne della prima tavola. La palette di colori che ciascun bambino avrà a disposizione sarà la sua personale interpretazione ed associazione di pensieri e immagini.”

Don Bosco ed i sogni sono un binomio inscindibile che caratterizza il Santo dei giovani. “Nel ‘sogno dei 9 anni’ Gesù e Maria indicano a Giovanni, per grandi linee, la sua missione: il campo di lavoro (la gioventù povera ed abbandonata); il metodo educativo (non con le percosse ma con carità e mansuetudine); l’atteggiamento da assumere (renditi umile forte e robusto); la maestra e sostegno (Maria Ausiliatrice); i frutti di questo impegno (la trasformazione da lupi in agnelli). Tutti noi abbiamo dei sogni che portiamo nel cuore, e nostro compito è proprio quello di comprenderli e renderli concreti seguendo ciò che il Signore ci indica” queste le parole di Don Giovanni D’Andrea Presidente di Salesiani per il Sociale – Federazione SCS/CNOS

Stefania Gagliano, 30 anni, illustratrice d’infanzia. Vive in Sicilia dove è animatrice e salesiana cooperatrice dall’agosto 2016. Insieme a Salesiani per il Sociale ha realizzato “Cosa ti direbbe lui? 30 cit.Azioni alla #DonBosco maniera” (2017). «Le illustrazioni che immagino mi accompagnano sempre sulle nuvole come un funambolo e, appena riesco a poggiare i piedi a terra, trasformo tutto ciò che vedo in disegni, storie e filastrocche».