Nella mattina di domenica 9 maggio si è tenuto il convegno annuale degli Ex Allievi Salesiani di Vercelli.
Il Presidente Paolo Pedraccini e Flavio Ardissone hanno dato appuntamento alle 10.30 nella Chiesa Parrocchiale del Sacro Cuore al Belvedere per la S.Messa. A seguito si è svolto il convegno per fare il punto della situazione. L’evento non è stato “senza popolo”, ma “senza pranzo finale” per i noti motivi – Covid19. I crediti anche se non formativi sono stati propizi.
https://salesianipiemonte.info/wp-content/uploads/2021/05/Progetto-senza-titolo-10.jpg10801920Adminhttps://salesianipiemonte.info/wp-content/uploads/2021/04/Nuovo_logo_salesiani_Piemonte.pngAdmin2021-05-12 14:15:592021-05-12 14:37:19Convegno annuale – Ex Allievi Salesiani di Vercelli
Ecco un che video sintetizza il cammino verso la festa di don Bosco compiuto dai ragazzi e dai giovani di Vercelli.
Di seguito l’articolo riportato sul sito di VercelliOggi.it del 31/01/2021 e l’articolo di InfoVercelli24 del 01/02/2021 in merito ai festeggiamenti presso il Centro di Formazione Professionale dell’Opera.
IL SANTO CHE CERCAVA UN CORTILE
Due giorni tutti per San Giovanni Bosco al Belvedere – Ospiti d’onore l’Arcivescovo Marco Arnolfo e Don Bruno Ferrero, Direttore del Bollettino Salesiano – Il filmato di un’ora, con le omelie ed i canti – LA GALLERY
due canti che sono il simbolo del carisma salesiano. Il primo è moderno: “Siete tutti ladri, ragazzi miei, non ho più il mio cuore, ce l’avete voi” che è la cifra di una vocazione e di una missione. Conclude il documentario il celeberrimo “Don Bosco Ritorna”.
Il video di quasi un’ora che documenta i due giorni di fede, spiritualità e – soprattutto – allegria veramente salesiana vissuti a Vercelli il 30 e 31 gennaio, si inizia e conclude con due canti che sono il simbolo del carisma salesiano.
Il primo è moderno: “Siete tutti ladri, ragazzi miei, non ho più il mio cuore, ce l’avete voi” che è la cifra di una vocazione e di una missione.
Conclude il documentario il celeberrimo “Don Bosco Ritorna”.
Due celebrazioni, in questi due giorni che – diciamolo subito – sono state animate da cantorie (quella “Senior” e quella dei giovani, veramente brave e preparate).
La musica ed il canto, del resto, hanno tanto posto nel magistero della Congregazione, come in quello illustrato dalle Suore Figlie di Maria Ausiliatrice.
Parlare dei salesiani e del loro Santo fondatore, San Giovanni Bosco, non è difficile, soprattutto per gente piemontese.
Lo fanno in modo veramente magistrale, nelle due omelie che riuniamo nella prima parte del video, Mons. Marco Arnolfo, Arcivescovo di Vercelli e Don Bruno Ferrero, Direttore del Bollettino Salesiano.
Integrali, nel video, entrambi gli interventi.
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L’Arcivescovo ha presieduto la celebrazione eucaristica di sabato 30 gennaio alla Parrocchia del Sacro Cuore, al Belvedere.
Il Presule non ha mancato di ricordare quell’episodio che ebbe per protagonista il Santo. Aiutò un suo ragazzo di 16 anni a trovare lavoro in un’officina della Torino paleo industriale.
Ma non lo lasciò con quel padrone, appunto, “ottocentesco”, senza prima avere ottenuto per lui condizioni umane di lavoro.
Il lavoro, prima occasione di riscatto, integrazione, realizzazione ed integrazione della persona umana.
Se, a sua volta, umano.
La lettura del Vangelo di San Marco (1,21-28) del resto, era proprio lì, a ricordarci cosa significhi davvero essere autenticamente “autorevole”.
Dal latino “augere”, accrescere; per traslazione: aiutare a crescere.
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Poi, l’ospite d’onore di questa mattina, domenica, memoria liturgica di San Giovanni Bosco, Don Bruno Ferrero, scrittore di fama internazionale e Direttore del Bollettino Salesiano, il mensile diffuso in 134 Paesi nel Mondo, l’Organo ufficiale della Congregazione.
Mirabile omelia, che mette a contatto i fedeli appartenenti alle tre Parrocchie rette da Don Augusto Scavarda e dalla Comunità salesiana di Vercelli (Belvedere, Isola, Caresanablot), la Comunità Vercelli Nord, o – per curiale precisione, zona pastorale 18 – con quattro verità fondamentali.
La prima.
Il punto preciso dove sia nato Giovanni Bosco non è storicamente noto.
Ma è un fatto storicamente acquisito che, nella Torino del contrasto drammaticamente stridente tra ricchezza e povertà, abbia cercato un posto dove riunire, ospitare, educare, dare un futuro ai ragazzi più poveri e soli.
Una strada stretta e difficile, perché la frattura sociale era ampia, non attenuata da una borghesia già rinunciataria che, ancor prima di identificarsi in un segmento sociale, si accontentava di ridursi a stato d’animo.
Nella completa assenza di qualsiasi altro luogo di attenuazione delle differenze, dei contrasti, delle diseguaglianze e, infine, del dolore che tutto ciò portava, Don Bosco cercò “un cortile”, un luogo fisico dove radunare i derelitti, il simbolo di un’accoglienza, si direbbe oggi, “in sicurezza”, al riparo dai predatori, che avevano mille volti.
Accoglienza che poi si sarebbe fatta non solo sussistenza, ma, come abbiamo visto, istruzione, educazione, formazione professionale, avviamento al lavoro.
Lavoro che, come avrebbe molti anni più tardi insegnato Giovanni Paolo II nella sua prima Enciclica “sociale”, la Laborem Exercens, non può abbandonare l’orizzonte di senso della promozione umana: “Il primo fondamento del valore del lavoro è l’uomo stesso, il suo soggetto”.
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La seconda verità.
Qual è il “nocciolo” dell’esperienza educativa di Don Bosco?
L’amore.
Il canto “Siete tutti ladri…” ce lo ricorda, ma con parole davvero ispirate – che possiamo sentire integralmente nel video – Don Bruno ci “sminuzza” il concetto in modo accessibile.
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Con il terzo richiamo, si affronta una delle maggiori difficoltà della modernità.
L’amore non è “buonismo”, è fatto di cura, attenzioni, preoccupazione per il bene dell’altro.
Con realismo profondamente radicato nel quotidiano Don Bruno evoca la domanda, cruda, rivolta da una bimbetta di sette anni alla mamma, così occupata dal mondo: “Se ti do tanto fastidio, perché mi hai fatta?”.
Tutta l’esperienza, la vocazione, la storia salesiana, è lì a dire, invece, che i bambini, i ragazzi, i giovani, sono doni di Dio affidati a noi.
Sono la cosa più importante che possa “occuparci”.
Ce ne dobbiamo ricordare quando – con allusività semantica forse involontaria – diciamo di essere “presi”, “occupati”.
Sono occupato.
Ma qual è la potenza nemica che ci occupa, il ladro che ci prende?
Ha un nome antico.
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Infine, quello forse fondamentale, tra questi quattro “link” suggeriti da Don Ferrero.
Il coraggio.
Il coraggio di andare avanti.
Di sé e delle proprie opere, Don Bosco diceva che fossero nate “sotto le bastonate”, progredite allo stesso modo e continuassero così, sempre sotto le bastonate.
Non ebbe mai nulla di facile, niente potè iniziare avendo già un “business plan” rassicurante, i conti in ordine.
Diceva che le cose, se fossero state riconosciute utili da Dio, sarebbero andate avanti con i doni della Provvidenza.
E se non fossero state ritenute utili, sarebbe stato ancor meno utile che fossero rimaste.
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Così, toltosi il peso, l’ansia, la paura del futuro, gli fu evidentemente possibile affrontare ogni cosa senza perdere l’allegria, anzi riuscendo ad infondere ottimismo – per tanti diseredati, forse la prima occasione di conoscere un po’ di spensieratezza – tanto che San Domenico Savio potè insegnare che “qui da noi, la santità consiste nello stare molto allegri”.
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Ma… c’è un “ma”.
Sempre, quando contempliamo la stupefacente realtà salesiana, questo pensiero ritorna a farsi vivo.
Sono 134 i Paesi del Mondo in cui ci sono preti salesiani, suore Figlie di Maria Ausiliatrice.
Più di 14 mila preti e 11 mila suore.
Un numero enorme di istituti di formazione professionale e sterminato di allievi.
Ebbene, quando guardiamo a tutto questo, non dobbiamo mai dimenticare che nulla di tutto questo ci sarebbe, senza cose che possono apparirci in tutta la loro minorità.
Ce ne rendiamo conto meglio se ci rechiamo al Colle Don Bosco, dove più netto è il contrasto tra la casetta da dove partirono, il Santo e la mamma, alla volta di Torino e la maestosa basilica edificata molti anni più tardi.
Ebbene, quelle cose minime, da cui nacque tutto, furono un bambino di nove anni ed un avverbio.
Un bambino ed un avverbio breve che sta tutto in due lettere.
Un bambino e un sì.
E’ onnipotente, ma senza il sì di un bambino, Dio non avrebbe potuto fare nulla di tutto quello che si è visto in questi 150 anni e più.
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Due piccole cose senza le quali Dio non avrebbe potuto fare nulla di tutto quello che vediamo.
Senza le quali decine di migliaia di ragazzi sarebbero rimasti abbandonati in un mondo ingrato.
Se in quel piccolo cuore non fosse zampillato un sì, non si sarebbe liberato l’oceano di amore e di azione che irrorato il mondo, che l’ha – almeno un po’ – reso migliore.
E’ vero, la chiamata a realizzare la volontà di Dio si può manifestare in tanti modi: la risposta, però, è una sola.
Le immagini, le toccanti parole di Don Pietro Urbinis e soprattutto Don Bosco
Dopo la trasmissione di venerdì un mio collega di cui non faccio il nome ma cito solo le iniziali, PP, mi ha inviato una bellissima mail che concludeva con questa frase: “Pensa in quante famiglie è entrato ed entrerà il nome di Don Bosco e della Sua Opera di Vercelli. Grazie!”
Aggiungo che tra sabato e domenica con alcuni amici abbiamo contribuito a portare anche la musica del nostro Don Bosco in tanti posti vicini e lontani.
E’ stata proprio una bella festa perché con Don Bosco la vita è sempre festa, è canto,è fremito di gioia…
Ecco dunque le immagini della giornata e, sotto, la bellissima e commovente omelia che don Pietro Urbinis ha tenuto il 31 gennaio 2021 presso l’istituto delle suore FMA di Vercelli.
Flavio Ardissone
Se c’è un inno nella storia della musica che più di ogni altro si può dire adatto a Don Bosco è l’inno alla gioia di Beethoven, perché Don Bosco è realmente il re della gioia. Ancora semplice fanciullo e pastorello ai Becchi creava pomeriggi ricchi di serenità e di gioia per grandi e piccini con i suoi giochi di prestigio, sempre accompagnati da una preghiera e il richiamo all’omelia udita durante la S. Messa.
Quando nell’autunno del 1831 a 16 anni lasciò la sua casa paterna ai Becchi per scendere a Chieri e frequentare le scuole superiori per poi entrare in Seminario, fondò tra i suoi amici, la Società dell’allegria.” Il nome fu indovinato – scrisse nelle sue memorie -, perché ognuno aveva l’impegno di organizzare giochi, tenere conversazioni, leggere libri che contribuissero all’allegria di tutti. Era vietato tutto ciò che produceva malinconia, specialmente la disobbedienza alla legge del Signore”. Il programma della società era condensato in due soli articoli: Nessun discorso, nessuna azione che non siano degni di un cristiano e esattezza nei doveri scolastici e religiosi. Divenuto sacerdote, D. Bosco fu sempre un diffusore di allegria, di gioia e di ottimismo. Famose sono alcune sue espressioni: “Stai allegro, fa’ tutto il bene che puoi e lascia cantare gli uccelli del cielo”. “Cuor contento il ciel l’aiuta”;
“Stai allegro, il demonio ha paura della gente allegra “. “Serviamo il Signore in allegria”. Come Direttore spirituale di tanti giovani, il primo consiglio che dava loro era quello di essere allegri. Ce lo ricorda Domenico Savio:” Noi facciamo consistere la santità nello stare molto allegri”. Per questo i ragazzi stavano bene accanto a Don Bosco. “Mi voleva bene “ricordavano tutti i ragazzi.
D. Bosco non solo esortava a stare allegri, ma era lui stesso a creare occasioni continue di gioia e di allegria per i suoi ragazzi: stupende passeggiate autunnali per le colline del Monferrato con la banda in testa, ricreazioni vivacissime in cortile, di cui lui era il principale animatore ( giocò con i suoi ragazzi finche l’età, la salute e i numerosi impegni non glielo impedirono), il teatro, la musica ( <Un Oratorio senza musica è come un corpo senz’anima>- diceva e -<Non porre impedimenti alla musica>), le feste: tutto era organizzato per creare gioia e allegria e tenere lontano il male e il peccato. Per questa sua disposizione sapientemente coltivata, i ragazzi, appena lo vedevano, gli si affollavano intorno. Lui aveva sempre una battuta pronta per tutti. Ad un ragazzo che aveva il muso lungo D. Bosco sorridendo gli chiedeva: “Al tuo paese la luna piena è grande come a Torino?” E immancabilmente il sorriso tornava sulle labbra del ragazzo Ad un altro che gli aveva posto una domanda ingenua gli rispondeva in piemontese.” T’se propi ‘n fa fiuché (sei proprio uno che fa nevicare!”).. Anzi correva nell’oratorio la voce che quanto più D. Bosco appariva allegro, tanto più grandi erano le preoccupazioni e i fastidi che lo assillavano. L’ottimismo e l’umorismo sono senz’altro segni particolari della sua personalità:
” Coraggio! Un pezzo di Paradiso aggiusta tutto” – era solito dire a chi vedeva triste, imbronciato o giù di corda. E ai suoi ragazzi:” Correte, giocate saltate, purché non facciate peccati”. Scriveva ai suoi giovani da Roma:” Uno solo è il mio desiderio: vedervi felici nel tempo e nell’eternità:” Al termine della sua vita terrena, queste parole condensano il cuore del suo messaggio ai giovani di ogni epoca e di tutto il mondo. nel tempo e nell’eternità”. Essere felici, come meta sognata da ogni giovane, oggi, domani, nel tempo. Ma non solo. Nell’eternità è quel di più che solo Gesù e la sua proposta di felicità, la santità appunto, sa offrire. E’ la risposta alla sete profonda di “per sempre “che brucia in ogni giovane. E non solo in ogni giovane.
Le radici dell’allegria di Don Bosco, infatti, e il desiderio di essere sempre e dovunque portatore di gioia affondavano saldamente in una Persona, una persona con la P maiuscola, della quale parlano quattro libretti, che unici al mondo portano tutti lo stesso titolo: “La lieta notizia”. E Gesù è questa lieta notizia, questa Persona con la P maiuscola, che è vicino a ciascuno di noi, cammina con noi, soffre e gioisce con noi, fatica con noi ogni giorno in casa, a scuola, sul lavoro, vuol vivere la sua vita con noi, condividendone tutti gli aspetti lieti o tristi, donandoci ad ogni occasione il suo aiuto, il suo incoraggiamento, la sua forza, il suo sorriso. Per questo vale sempre l’esortazione di S. Paolo: “Siate lieti, ve lo ripeto, siate lieti: il Signore è vicino”.
Gesù è la ragione e il fondamento della nostra gioia: egli che è venuto a liberarci dalla schiavitù del peccato e della morte, e ad aprirci le vie della salvezza eterna.
Gesù è la nostra gioia: da Lui l’attingiamo per diffonderla attorno a noi e formare un cerchio di gioia.
L’esempio di Don Bosco sempre sereno, ottimista, ricco di speranza e il suo insegnamento ci sono certamente di stimolo e di incoraggiamento in questo brutto momento di pandemia che stiamo attraversando. Anche lui è passato attraverso giorni e periodi di difficoltà, di dolore, di sofferenza, di perdita e di distacco da persone care. Eppure non ha mai perso la speranza, perché era fermamente convinto nella presenza, nella vicinanza e nell’aiuto consolatore del Signore e della Madonna, che, nonostante tutto, non ci abbandonano mai. Era convinto che con le rose ci sono le spine, ma che con le spine ci sono sempre le rose e che, per dirla col Manzoni, Dio non turba mai la gioia dei suoi figli, se non per prepararne una più certa e più grande. Affidiamoci allora alla sua intercessione per rinnovare in noi la fiducia e la speranza nel Signore, vincitore del peccato, del male e della morte. Non lasciamoci mai rubare la speranza, come ci augura Papa Francesco; anzi cerchiamo di essere anche noi portatori di gioia, serenità, ottimismo e speranza per chiunque incontriamo. Come dice il nostro Rettor maggiore nella strenna di quest’anno:” Siamo luci che invitano alla speranza con la testimonianza del nostro vivere, trasmettiamo la felicità nel modo semplice, ma autentico di vivere la nostra fede”
https://salesianipiemonte.info/wp-content/uploads/2021/02/Progetto-senza-titolo-2-1.jpg10801920Adminhttps://salesianipiemonte.info/wp-content/uploads/2021/04/Nuovo_logo_salesiani_Piemonte.pngAdmin2021-02-02 12:12:312021-02-03 11:17:04Salesiani Vercelli – I festeggiamenti per Don Bosco
Vercellioggi.it pubblica nella giornata del 15 dicembre un articolo dedicato al Centro di Formazione Professionale del Belvedere in merito alle ottime possibilità per i neo-diplomati del centro di trovare un’occupazione nel proprio settore.
Si riporta di seguito l’articolo pubblicato.
VERCELLI, LA FORMAZIONE PROFESSIONALE SALESIANA: LAVORO A COLPO SICURO
L’80 per cento dei Diplomati Cnos Fap del Belvedere trova subito occupazione nel settore – Viaggio nella realtà del Centro vercellese
Nella mani un lavoro, nella mente l’istruzione per formarsi opinioni indipendenti, nel cuore la fiducia nella Madre di Dio, Maria Ausiliatrice.
Quando si parla di formazione professionale, la mente corre subito alla grande realtà salesiana.
Sappiamo come andarono le cose.
Il Santo del Valdocco, San Giovanni Bosco, comprese subito che nella Torino della seconda rivoluzione industriale, per dare una concreta opportunità di integrazione sociale si ragazzi più poveri e proveniente da situazioni familiari disperate, bisognasse mettere nelle loro mani capacità di lavoro, nelle loro menti quella cultura necessaria per acquisire una reale indipendenza di giudizio e, soprattutto, nei loro cuori la fiducia in Dio, nella misericordiosa carità di una Provvidenza sempre benigna, anche quando misteriosa nei suoi disegni. E, insieme, un affidamento a Maria, Maria Ausiliatrice, che mai smetterà di cercarci, anche quando noi stessi andiamo a perderci nei territori più impervi della vita.
Così impervi ed abbandonati che più nessuno vi si vuole avventurare per sapere qualcosa di noi, talvolta nemmeno la Chiesa.
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E, da allora, ecco fiorire la realtà di laboratori, lungimiranti, per non dire profetiche, forme di alternanza tra Scuola e lavoro.
Fino ad oggi, quando Vercelli festeggia questo Open Day del Centro di Formazione Professionale al Belvedere.
Fondato subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, inizialmente con le attività e laboratori di falegnameria, è diventato punto di riferimento ed approdo per tanti ragazzi e ragazze.
Insieme all’Open Day, che ha illustrato il ventaglio di opportunità formative, la mostra illustrativa di questi 70 anni di vita di una Vercelli dalla quale, ormai, generazioni di vercellesi hanno ricevuto del bene.
La mostra è ancora aperta oggi, domenica 15 dicembre.
Si possono ammirare tanti ricordi e reperti storici che sono una tessera importante del mosaico della Vercelli migliore.
https://salesianipiemonte.info/wp-content/uploads/2019/12/Progetto-senza-titolo-19.png10801920Adminhttps://salesianipiemonte.info/wp-content/uploads/2021/04/Nuovo_logo_salesiani_Piemonte.pngAdmin2019-12-23 14:24:592019-12-23 14:24:59CFP Vercelli: La Formazione Professionale Salesiana – Lavoro a colpo sicuro