Seminario “Il primo annuncio e il dialogo interreligioso” della Regione Mediterranea a Madrid

Dall’11 al 13 ottobre, nella Casa Don Bosco di Madrid si è svolto il seminarioIl primo annuncio e il dialogo interreligioso” della Regione Mediterranea. Ecco li racconto di don Elio Cesari, presidente del Centro Nazionale delle Opere Salesiane.

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Un gruppo di salesiani e laici delle undici Ispettorie della Regione Mediterranea si è riunito a nella nuova Casa don Bosco di Madrid dall’11 al 13 ottobre 2024 per riflettere e condividere alcune esperienze pastorali su “Il primo annuncio e il dialogo interreligioso”, seguendo il piano elaborato dalla Conferenza degli Ispettori della Regione al termine del CG28.

Nei giorni del seminario hanno predominato in noi due atteggiamenti.

  1. In primo luogo, volevamo ascoltare e contemplare la realtà con una prospettiva di fede. Il Concilio Vaticano II ha affermato che Dio è nascosto nei segni dei tempi e che per conoscere e interpretare i segni dei tempi abbiamo bisogno del dono dello Spirito e di assumere Gesù Cristo come criterio di discernimento.
  2. Il secondo atteggiamento è stato quello di cercare la forza teologica e pastorale della parola “dialogo”: “la Chiesa deve entrare in dialogo con il mondo in cui vive. La Chiesa diventa parola; la Chiesa diventa messaggio; la Chiesa diventa dialogo” (ES 34).

La finalità di questa nostra riflessione seminariale era di aiutare ed orientare le nostre Ispettorie nell’elaborazione dei PEPSI affinché esse siano all’altezza delle sfide che il mondo di oggi ci presenta.

Siamo partiti con il primo passo, grazie alla relazione di don Jesús Rojano, approfondendo il contesto socio-culturale odierno secolarizzato e pluralista pone alcune sfide per l’azione pastorale salesiana.

All’interno del seminario i giovani sono stati riconosciuti come produttori di cultura. Essi non sono solo ricettori di una situazione sociale, ma ne sono anche fautori e questo rappresenta una sfida per il carisma salesiano, il quale pone un forte accento sul protagonismo giovanile.

La posizione contemporanea dei giovani nei confronti della religione non assume (più) i caratteri di opposizione e di rifiuto tipici dei decenni passati, semmai i giovani appaiono piuttosto dubbiosi e scettici. Inoltre i confini tra credenti e non credenti si sono fatti più labili, soprattutto tra i giovani. Questo può rappresentare sia una preoccupazione sia un’opportunità pastorale.

L’Evangelii Nuntiandi di Paolo VI ha segnato il cammino post-conciliare della Chiesa circa la comprensione dell’evangelizzazione, Giovanni Paolo II ha rilanciato la tematica aprendo la riflessione circa la Nuova Evangelizzazione e Benedetto XVI ha colto il testimone istituendo e promuovendo il Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione. Papa Francesco sceglie di connotare l’inizio del Suo Pontificato offrendo una riflessione sul tema dell’Evangelizzazione. Essa viene presentata nei suoi riflessi ecclesiali, nei suoi risvolti sociali e nelle sue esigenze spirituali e morali.

A livello salesiano, l’ultimo Capitolo Generale ha offerto alcune riflessioni circa il tema del nostro seminario:

Di fronte alla crisi globale dell’autorità, della tradizione e della trasmissione siamo sfidati sugli stili, sui contenuti e sulle modalità di annunciare Gesù Cristo, in quanto ci sentiamo tutti chiamati ad essere “missionari dei giovani”. Convinti della necessità di arrivare al loro cuore, sentiamo l’urgenza di proporre con più convinzione il primo annuncio, perché «non c’è nulla di più solido, di più profondo, di più sicuro, di più consistente e di più saggio di tale annuncio» (Christus vivit, n. 214)

Il secondo passo è stato offerto grazie a don Gustavo Cavagnari, che ha approfondito la missione evangelizzatrice della Chiesa come il compito principale e l’identità più profonda della Chiesa stessa. L’evangelizzazione, per dirla con le parole di San Paolo VI, “è un processo ricco, complesso e dinamico” e consiste nel realizzare con parole e opere la trasmissione del Vangelo, favorire l’incontro e la conoscenza con la Persona stessa di Cristo. L’evangelizzazione è un processo composto e articolato. Essa si realizza innanzitutto attraverso la testimonianza: non può esistere una evangelizzazione che non passi attraverso la testimonianza di vita cristiana dei fedeli, tutto nasce da un incontro, da una condivisione di vita.

La testimonianza però da sola risulta insufficiente: è necessario un annuncio esplicito della persona di Gesù, affinché possa essere svelato il mistero che abita la testimonianza di vita dei cristiani. Senza l’annuncio la testimonianza rischia di rimanere indecifrabile agli occhi e al cuore degli uomini del nostro tempo. Senza la testimonianza l’annuncio risulta vuoto e sterile. In questi giorni abbiamo imparato a riconoscere la testimonianza e l’annuncio come i due polmoni di un unico respiro.

Nel Seminario abbiamo anche riflettuto su alcune concretizzazioni pastorali legate all’accompagnamento, facendo un terzo passo grazie al contributo di don Koldo Gutierrez:

  1. Il Vangelo non è per alcuni, ma per tutti. Partiamo dalla consapevolezza che il Vangelo è per tutti, senza esclusione, perché il Signore ci manda a tutti. È quanto ha detto Papa Francesco ai giovani: “Non abbiate paura di andare a portare Cristo in qualsiasi ambiente, anche nelle periferie esistenziali, anche a coloro che sembrano i più lontani, i più indifferenti. Il Signore cerca tutti, vuole che tutti sentano il calore della sua misericordia e del suo amore” (ChV 177).
  2. La proposta pastorale non è tanto ciò che facciamo quanto un’espressione di ciò che siamo. La proposta pastorale, prima di essere intesa come azione, deve essere considerata come espressione di ciò che siamo. In questo senso, la prima cosa da affermare è che la nostra pastorale richiede di riconoscere che siamo comunità cristiane che hanno qualcosa da proporre ai giovani, anche a quelli che professano altre fedi o non ne professano affatto, e questa proposta pastorale si sostanzia nel Vangelo. Questo apre un interessante campo d’azione volto alla cura e alla formazione sia dei giovani che degli stessi operatori pastorali.
  3. Proporre una pastorale che tocchi il cuore del giovane e dell’evangelizzatore. Ciò significa riconoscere l’importanza della conversione: personale, intellettuale e religiosa. A tal fine, cerchiamo vie pedagogiche per suscitare e risvegliare il desiderio di fede, per avviare e accompagnare all’esperienza di Dio. I primi passi di questo processo mirano a risvegliare il desiderio di Dio, a rendere le persone consapevoli della propria interiorità, ad aiutarle a connettersi con le domande di senso, a riconoscere di essere abitate da una Presenza.
  4. Credere con il cuore e vivere con gioia. Nel testo della conversione dell’etiope negli Atti degli Apostoli, vediamo come la fede tocchi il suo cuore e poi si metta in cammino con gioia. L’eunuco, immagine di un uomo debole, crede di cuore. Qualcosa ha toccato il suo cuore e ha raggiunto le profondità della sua vita: Gesù stesso. La gioia è il frutto della fede.
  5. Dialogo e apprendimento. Annunciare il Vangelo ai giovani significa dialogare con loro, ma anche imparare da loro. Parlare ai giovani è possibile solo se prima li ascoltiamo. Dobbiamo prendere sul serio ciò che il Sinodo dice sui giovani quando afferma che i giovani sono un luogo teologico: “Il Sinodo ha cercato di guardare ai giovani con l’atteggiamento di Gesù, per discernere nella loro vita i segni dell’azione dello Spirito. Crediamo infatti che anche oggi Dio parli alla Chiesa e al mondo attraverso i giovani, la loro creatività e il loro impegno, così come le loro sofferenze e le loro richieste di aiuto” (FD 64).
  6. Una pastorale di crescita. Crescere significa andare avanti, andare oltre. Come accompagnatori, piantiamo semi di pienezza. I semi di pienezza aprono orizzonti ampi e ci fanno guardare oltre noi stessi. Molte delle nostre proposte pastorali si collocano in questa pastorale della crescita. In particolare, dobbiamo sottolineare l’importanza degli itinerari formativi, e soprattutto dell’itinerario di educazione alla fede, sapendo che la fede non è una conquista ma un dono che dobbiamo accogliere.
  7. Una pastorale della ricerca. Questa preoccupazione per la pastorale della ricerca è urgente, soprattutto in quei contesti dove le tracce religiose hanno perso forza e vigore, o nel contesto di minoranza religiosa. Saper comunicare con i cercatori significa aprire ponti di relazione; significa intendere il dialogo non solo come comunicazione di idee ma soprattutto di doni; significa curare i semi della Parola. In questi semi la Parola è già presente, anche se in forma incipiente, e la direzione verso cui puntano è la Parola.