Viaggio nelle Sale della Comunità in occasione dei 75 anni di ACEC – Famiglia Cristiana

Si riporta di seguito l’articolo apparso su Famiglia Cristiana.

***

Qui facciamo cultura del bene e del bello

PARLA IL PRESIDENTE DON GIANLUCA BERNARDINI

«Da 75 anni lavoriamo per educare in maniera umana e cristiana attraverso film, teatro e incontri»

Le sale della comunità sono un luogo dove le persone possono incontrarsi e ritrovarsi. Dove da settantacinque anni lavoriamo per educare in maniera umana e cristiana attraverso i film, il teatro e gli incontri.

È con questo spirito che i teatri parrocchiali costruiti tra ‘800 e inizio ‘900 sono diventati sale della comunità. Perché è in questi luoghi che si esercita la carità della cultura al servizio del bene e del bello degli uomini e delle donne che abitano questo tempo, questo spazio e questa storia. Questi presidi sono vere e proprie strutture non soltanto parrocchiali, ma pastorali, che accolgono tutti e diffondono i nostri valori.

È questa la forza delle sale della comunità che a distanza di 75 anni dalla costituzione dell’ente che le riunisce”, spiega don Gianluca Bernardini, presidente ACEC, Associazione Cattolica Esercenti Cinema, “permette a questi luoghi di esistere e resistere alla fortissima crisi che attraversa il settore cinematografico tutto dall’avvento della pandemia“.

Le vostre sale come hanno vissuto il periodo della pandemia e come sono ripartite dopo il trauma?

“Le sale della comunità sono esercizi commerciali sul mercato che come tutti con le chiusure hanno sofferto. Dopo il Covid, però, ricreare un rapporto di fiducia con il nostro pubblico è stato naturale. È questa la nostra vocazione. Riportare le persone al cinema dopo gli anni della distanza richiedeva anche una risposta valoriale. E gli oltre 600 presidi che fanno parte dell’ACEC in tutta Italia hanno nelle fondamenta la malta per rispondere ai periodi di crisi: le persone“.

Intende i volontari?

“Certo. Loro sono uno degli aspetti più belli, dinamici e resilienti dei nostri cinema. E sono una comunità, letteralmente”.

Quanti sono in tutta Italia?

“Oltre 20mila e sono il cuore di queste sale, appassionati di cinema, ma anche alleati di una comunità che vuole crescere attraverso la cultura. Grazie a loro i nostri cinema sono a pochi minuti di auto o raggiungibili a piedi da una popolazione di quasi 26 milioni di persone. Uno degli aspetti su cui ACEC lavora da 75 anni, dalla sua nascita insomma, è la passione di questi volontari e la loro professionalizzazione, soprattutto tra i più giovani”.

Ci spieghi meglio.

“Sono tante le storie di registi e attori che si sono innamorati del cinema nelle nostre sale e sono sempre disponibili a tornarci per incontrare gli spettatori. Le dico questo perché, da anni, stiamo puntando a professionalizzare i volontari che nella vita fanno altri lavori o sono in pensione e vogliono essere operatori della sala della comunità. E con ancor più energia dedichiamo tempo e, soprattutto, investimenti economici per dare un contributo ai ragazzi che vogliono lavorare nell’ambito della programmazione culturale di un cinema. E dove possibile, assumerli”.

È questa la priorità della sua presidenza nazionale?

“Assolutamente sì, stiamo ricominciando proprio dalla qualità della proposta e di chi ragiona sulla scelta dei film della domenica, del cineforum, degli incontri e dei teatri che vanno in scena. Perché ciò che dobbiamo continuare a fare è incontrare il nostro pubblico e fargli venire voglia di tornare in sala. Quelle stesse persone che negli anni hanno usufruito e riconosciuto il potenziale e il valore delle nostre proposte, che non sono solo cinematografiche ma utilizzano anche altri linguaggi, come il teatro e la musica. Sempre di più stiamo notando che molte volte abbiamo bisogno di competenze aggiornate all’interno delle nostre sale che sono presidi culturali inseriti a tutti gli effetti in una logica di mercato e di proposta che richiede professionalismo e non improvvisazione”.

La mattina le vostre sale sempre più spesso si riempiono di scolaresche. Perché?

“La cultura visiva permea sempre di più la nostra quotidianità e spesso si chiede alla scuola di educare i ragazzi alla lettura delle immagini. Invece che portare il cinema a scuola, noi lavoriamo per portare le scuole al cinema. Ormai si usano quotidianamente gli audiovisivi in classe, ma anche durante gli incontri di catechesi e in tante occasioni pastorali delle nostre comunità cristiane. Come ACEC non abbiamo fatto altro che accogliere le domande provenienti da più parti. E le nostre matinée sono sempre di più strumento di di formazione e un modo per dialogare e far appassionare i ragazzi al cinema. Ma anche l’occasione per educare alla lettura delle immagini in movimento grazie all’intervento dei nostri critici preparati e spesso cresciuti a loro volta sulle poltroncine della sala della comunità del loro quartiere o paese. In un continuo passaggio di testimone“.

Il 1° novembre torna la Corsa dei Santi

Da Roma Sette.

***

Si corre venerdì 1° novembre a Roma la “Corsa dei Santi”, arrivata alla XVI edizione. 4mila i runner iscritti, da 53 nazioni. Percorreranno 10 chilometri che li porteranno da piazza Pio XII – dove il ritrovo è per tutti alle 8 – ai luoghi più significativi della città, dal Colosseo ai Fori Imperiali, fino ad arrivare in piazza San Pietro, per ricevere, al termine dell’Angelus, la benedizione di Francesco.

Il progetto associato a questa edizione è promosso da Missioni Don Bosco e si intitola: “Subito in campo per ripartire”. Si può contribuire inviando un sms solidale al numero 45594, attivo fino al 5 novembre.

Il progetto è destinato alla realizzazione di una infrastruttura sportiva a Leopoli, in Ucraina: si prevede di ristrutturare un campo di calcio del centro Don Bosco di Leopoli. La struttura  sarà utilizzata dai circa 600 giovani, tra cui 70 bambini e ragazzi, accolti nella casa famiglia Prokova, di età compresa tra i 6 e i 19 anni. Si tratta di orfani o minori sfollati dalle zone più colpite della guerra. A beneficiare del campo di calcio saranno anche 45 ragazzi che hanno subito lesioni agli arti a causa del conflitto. «Il 45594 non è solo un numero. Dietro quel numero ci sono delle persone, i volti di bambini e di ragazzi che chiedono un segno di speranza», dichiara presentando l’iniziativa don Daniel Antùnez, presidente di Missioni don Bosco.

A gareggiare con il pettorale numero 1 sarà la primatista italiana di maratona Sofia Yaremchuk, una degli atleti di elite in gara.

Questa manifestazione – commenta – è un messaggio di sport e solidarietà in un periodo così tragico che sta vivendo la mia Ucraina e la mia Leopoli, città nella quale sono nata e sono cresciuta. Fa male sentire le cose terribili che sta vivendo il mio popolo a causa della guerra. E il pensiero va soprattutto ai bambini che hanno diritto di futuro, hanno diritto di vivere liberi e felici. Grazie allo sport possono crescere migliori perché lo sport apre porte e unisce le persone».

 

Le proiezioni più seguite dalle famiglie premiano il virtuoso Cinema Monterosa – La Stampa

Si riporta di seguito l’articolo comparso su La Stampa a cura di Giulietta De Luca.

***

L’AGIS assegna un riconoscimento
alla sala di Barriera di Milano

L’Associazione Generale Italiana dello Spettacolo (AGIS) di Piemonte e Valle d’Aosta lancia la terza edizione del progetto “Cinema al cinema” e premia le sale più virtuose, tra cui spicca il Cinema Monterosa di Torino. AGIS, che da decenni si impegna per tutelare il futuro del buon cinema, con il sostegno di Regione Piemonte torna anche quest’anno per invogliare le famiglie a riempire le sale: da sabato fino ad aprile saranno 140 le proiezioni che animeranno i weekend dei torinesi al costo promozionale di 3,50 Euro.

Nata nel 2022, l’iniziativa continua a riscuotere un crescente successo. Nelle prime due annualità di “Cinema al cinema”, infatti, sono stati organizzati 446 tra spettacoli ed eventi, con 107 titoli proposti al pubblico (di cui 27 produzioni piemontesi) per 8 province e 40 comuni. Gli eventi, organizzati in 46 sale, hanno registrato più di 20.000 presenze complessive, con un pubblico sempre più appassionato.

Proprio per questo motivo, AGIS ha scelto di premiare le sale che hanno riscontrato la più alta media di presenze durante le proiezioni della scorsa edizione. Le sale Acec (Associazione cattolica esercenti cinema) vedono la vittoria del Cinema Monterosa, seguito dal Lumière di Asti e dall’Aurora di Savigliano. Per quanto riguarda le sale Anel (Associazione nazionale esercenti cinema), invece, al primo posto figura il multisala Vittoria di Bra, con dietro il cinema Margherita di Cuorgné e l’Italia di Vercelli.

“Ci siamo resi conto che il pubblico che ha stentato a tornare al cinema dopo la pandemia è in primo luogo quello delle famiglie – commenta Luigi Boggio, presidente AGIS Piemonte e Valle d’Aosta. – Lavorare per riportarlo in sala è impegnativo, ma incominciamo a vedere i frutti. Torino è molto sensibile a questa tematica, quindi continueremo a portare avanti i nostri sforzi”.

Importante quanto quello per le famiglie è il lavoro che AGIS fa assieme alle scuole, per educare e sensibilizzare. Quest’anno sul territorio verranno infatti realizzate 11 attività per il corpo docenti e i dirigenti scolastici, per promuovere un nuovo modo di fare lezione con il cinema e renderlo parte del percorso didattico.

Cuspo e ASD Don Bosco, nuova intesa per lo sport alessandrino, con Open Day il 28 settembre – Il Piccolo

Da Il Piccolo.

***

Un nuovo accordo è stato stretto dal Cuspo per la stagione sportiva 2024/2025: ad affiancare la proposta consolidata degli Universitari di Basket, Scherma e Rugby, già arricchita dalle novità di stagione Powerlifting e Multisport, ci saranno le discipline offerte dalla ASD Don Bosco Alessandria – pattinaggio, flag football e ginnastica artistica.

Dichiara Alessio Giacomini, segretario generale Cuspo:

«La nostra attività cresce con partner affermati sul territorio. Con l’ASD Don Bosco in particolare abbiamo analoga visione dell’attività sportiva, intesa anche come valore educativo, oltre alle prestazioni tecniche. Grazie all’intervento del nostro dirigente Federico Botti che ringrazio, abbiamo potuto identificare il centro sportivo Don Bosco come primaria casa del Basket e delle attività sportive universitarie della prossima stagione. Il nostro Team University si allena già qui come il Settore giovanile con gli Esordienti e gli Under13, questo accordo sarà un passo in più per essere la vera polisportiva della città».

Federico Aime, coordinatore delle attività sportive ASD Don Bosco:

«Questa collaborazione nasce in principio da un’amicizia interna al Cuspo, con Federico Botti. Abbiamo pensato quindi di utilizzare il nostro centro, che ha molti spazi per lo sport e per la convivialità, e accogliere il Cuspo, una Società sportiva che condivide i nostri stessi valori, trasmessi da Don Bosco: collaborazione, condivisione, amicizia. Vogliamo dare insieme una svolta sportiva alla città, che ne ha bisogno. Dopo l’Openday organizzeremo altre iniziative, abbiamo già in mente una bella festa per il Natale da poter condividere!».

Open Day sabato 28 settembre

Per presentare le attività congiunte e le novità, dando l’occasione di provare tutti gli sport, si svolgerà un Open Day sabato 28 settembre al Centro Don Bosco di Alessandria, in corso Acqui 398, dalle ore 11 alle 16 circa. Dirigenti e tecnici saranno presenti sui campi per accogliere gli sportivi e i curiosi in cerca di informazioni; sarà attivo anche il servizio bar dell’ASD Don Bosco. Durante la giornata è previsto anche l’intervento di Don Mauro, direttore della Casa Salesiana, che formulerà gli auguri di inizio anno sportivo.

Cibo e farmaci per i poveri da tre chiese del quartiere Cristo ad Alessandria – La Stampa

Si riporta di seguito l’articolo apparso su La Stampa.

***

È una carità, quella del quartiere Cristo di Alessandria, che non fa rumore, ma c’è e fa grandi numeri. Qui le tre parrocchie San Giovanni EvangelistaSan Baudolino e San Giuseppe Artigiano continuano a raccogliere beni di prima necessitàcibo e vestiti per chi ha più bisogno. Lo fanno insieme alla Caritas diocesana, la Bottega della solidarietà, l’associazione San Vincenzo De Paolo e Sie (Solidarietà internazionale ed emergenze).

Solo per dare qualche numero: fino a oggi sono stati raccolti 500 litri di olio e 30mila uova, oltre a decine di chili di scatolamezucchero e prodotti a lunga conservazione. Ma anche medicine e vestiti oltre a buoni pastosostegni per gli affiti e offerte di lavoro regolari.

Ci siamo messi a disposizione delle associazioni che quotidianamente sono impegnate per aiutare il prossimo“, racconta don Giuseppe Bodrati, parroco della parrochia di San Giovanni. Che spiega anche come l’iniziativa di oggi non è altro che l’eredità del suo predecessore, don Claudio Moschini.

“Prima del Covid -dice- era stato attivato il servizio della prima colazione per gli indigenti. Di quel progetto è senz’altro rimasta l’idea di continuare a impegnarsi in nome della solidarietà”.

Il materiale che viene raccolto è poi smistato nei vari punti di contatto della Caritas e delle altre associazioni che si trovano in città e che poi si occuperanno di distribuirli. In questa catena della solidarietà un importante contributo arriva anche dall’associazione dei commercianti.

“Li ringraziamo -rimarca don Giuseppe- soprattutto per l’opera di sensibilizzazione nel donare”.

Chi vuole contribuire alla raccolta dei beni può andare in una delle tre parrocchie oppure nel negozio La Castellana di Simona Battisti, in corso Acqui.

“Siamo in un quartiere multietnico -aggiunge-. È giusto avere una possibilità per chi non frequenta la chiesa, ma vuole dare il suo contributo”.

Ciò che si sta muovendo nel quartiere non riguarda solo i beni materiali ma anche quella che don Giuseppe definisce “carità intellettuale” con incontri in cui si leggono passi della Bibbia per contrastare la solitudine.

Una seconda occasione per i giovani che hanno abbandonato gli studi, ecco i corsi dei Salesiani – Torino Oggi

Si riporta di seguito l’articolo apparso su Torino Oggi.

***

Il progetto “Spazio Labs” propone classi e progetti contro l’abbandono scolastico
per i ragazzi dai 16 ai 19 anni

salesiani provano a contrastare l’abbandono scolastico con “Spazio Labs”, una scuola per i ragazzi che faticano a frequentare un percorso classico. A Torino la dispersione scolastica ha raggiunto numeri preoccupanti, con gli studenti che lasciano gli studi che hanno raggiunto l’11,5% del totale, quando nel 2017 erano il 7,5%.

Spazio Labs partirà in autunno e mira a recuperare ragazzi che hanno abbandonato gli studi o che fanno fatica a seguire i percorsi tradizionali, ma che non sono ancora pronti per entrare nel mondo del lavoro. Il progetto è gestito dall’Agenzia Giovanile Salesiana per il Territorio (AGS) e propone classi e percorsi integrativi per ragazzi dai 16 ai 19 anni, in modo completamente gratuito grazie al finanziamento di Fondazione Tim.

Le proposte saranno 3, a partire dalla scuola parentale da 350 ore più 80/160 di tirocinio che fornirà la possibilità di avere certificato l’anno scolastico all’Istituto Edoardo Agnelli. L’obiettivo è formare due classi da circa 10/12 alunni, in modo da poter lavorare in modo più personalizzato coi ragazzi. Le altre due proposte sono un percorso integrativo per chi frequenta già un percorso scolastico, in modo da sostenere e accompagnare la normale frequenza, e corsi extrascolastici – come laboratori – per fornire formazione in specifici ambiti.

L’obiettivo – ha commentato Francesca Maurizio, project manager di AGS – è fornire una seconda occasione agli adolescenti che hanno abbandonato la scuola ma non sono pronti per il mondo del lavoro. Lavoriamo su tre parole chiave: supportare, potenziare le competenze e le soft skill, e contrastare la dispersione scolastica. L’equipe sarà formata da educatori, docenti, formatori, psicologi e professionisti aziendali“.

Abbiamo cercato di giocare sul limite tra quello che è un contesto scolastico e quello che potrebbe essere un peso per i ragazzi – ha spiegato Roberto, uno degli educatori di AGS – Per questo motivo è una scuola, perché si inserisce in un contesto istituzionale e c’è la componente didattica, ma contemporaneamente non lo è, visto che cercheremo di lavorare su quello che per i ragazzi non ha funzionato nel percorso classico“.

È possibile pre-iscriversi tramite un form sul sito spaziolabs.it. A settembre seguirà una fase di colloquio con l’equipe, per selezionare i ragazzi e avviare i progetti intorno alla metà di ottobre nelle due sedi degli oratori salesiani Valdocco e San Paolo.

Biella: Carpentieri, elettricisti e meccanici, l’istituto che garantisce un lavoro – La Stampa

Da La Stampa, di Emanuela Bertolone.

***

Con una percentuale di abbandono scolastico praticamente pari a zero e quasi tutti gli studenti che trovano lavoro una volta terminato il ciclo triennale, l’Istituto salesiano del CNOS-FAP di Vigliano continua ad essere una vera opportunità per i giovani che devono scegliere una scuola superiore terminate le medie. Diretto da Roberto Battistella, la formazione offerta a Vigliano viene divisa in diversi settori: elettrico, meccanico, termoidraulico, edilizia e benessere-acconciatura.

Anche i numeri di quest’anno scolastico confermano un trend che si è ormai consolidato nel tempo. Al corso triennale per meccanici industriali, tutti i 14 iscritti del primo anno hanno terminato a giugno 2024 i tre anni e conseguito la qualifica. Di questi, 9 frequenteranno il percorso con contatto di apprendistato e 5 proseguiranno con un contratto di lavoro. Ottimi i numeri anche per il corso triennale per elettricisti con 22 ragazzi (il 100%) che hanno terminato il corso di cui 11 continueranno il percorso con contatto di apprendistato; 10 hanno già un lavoro mentre un ragazzo ha deciso di continuare a studiare. «Il valore aggiunto della scuola professionale di Vigliano è quella di offrire agli studenti molteplici possibilità – spiega l’insegnante Stefano Ceffa -. Non è detto infatti che, terminate le scuole medie, i ragazzi abbiano già le idee chiare sul loro futuro.

Tuttavia, recuperata una buona motivazione grazie alle attività laboratoriali, in molti dei nostri allievi nasce il desiderio di proseguire la propria formazione cosa che può avvenire con il diploma professionale presso il nostro centro e poi con il quinto anno all’Istituto professionale , all’Istituto tecnico oppure passando, già dopo il terzo anno, nei percorsi di istruzione.

Un vero successo per l’Istituto gestito dai salesiani:

Questa prospettiva formativa consente l’accesso all’Università cosa che in alcuni casi è accaduta e che ovviamente ci riempie di orgoglio» spiega ancora l’insegnante. Anche per quanto riguarda il corso biennale per saldo carpentieri a giugno 2024 il 100% dei ragazzi ha concluso il percorso: il 75% di questi ha già un contratto di lavoro in mano mentre gli altri proseguiranno la formazione. Dei 13 ragazzi del corso triennale per termoidraulici, l’85% ha ottenuto la qualifica, il 62% ha un contratto di lavoro ed i restanti proseguiranno gli studi. Infine, al corso triennale per operatore del benessere, l’88% delle ragazze ha ottenuto la qualifica, 7 frequenteranno il percorso tramite contratto di apprendistato, 5 hanno già un lavoro e le restanti proseguiranno la formazione. Per le ragazze infatti, lavorare in un salone di bellezza incarna ancora l’ideale del lavoro divertente e poco faticoso: presto però si rendono conto che richiede studio, impegno e molta forza di volontà. Per limitare il boom di richieste i salesiani utilizzano da alcuni anni questo metodo di selezione: ad accedere ai corsi per parrucchiere (25 studenti all’anno) la preferenza viene data a ci non hanno mai perso un anno scolastico. «Il fatto che i ragazzi trovino subito lavoro dimostra che hanno un ottimo livello di competenza – conclude Ceffa -, che non li
limita nelle scelte future ma anzi, permette loro odi abbracciare qualsiasi possibilità gli si ponga davanti.

Avvenire – Torino, minori nella terra di confine. «All’oratorio si insegna legalità»

Da Avvenire, di Marco Birolini.

***

«Ero qui da poco. Un giorno vedo un bambino di 9 anni che continua a calciare la palla contro il muro. Gli dico: puoi smetterla per favore? Vai a giocare in campo. Lui si gira e mi fa un gesto con la mano, aprendo e chiudendo le dita. Come a dire: parla, parla…» Don Stefano Mondin è il direttore della Casa salesiana intitolata al beato Michele Rua, piantata nel mezzo di Barriera di Milano, il quartiere più problematico di Torino. Sorride mentre ricorda la sfida lanciatagli tre anni fa da quel piccolo angelo con la faccia sporca: «Mandai a chiamare sua madre, per capire come comportarmi con lui. Lei mi disse: porti pazienza, ne ho già due in galera…»

Un contesto difficile, spesso ostile.

«Il 60% di chi finisce in carcere minorile arriva da queste strade – spiega don Stefano – e molti bambini qui pensano che poliziotti e carabinieri siano i cattivi. Allora noi organizziamo la Settimana della legalità per fargli capire che non è così. Agenti e militari sono venuti in oratorio e si sono presentati, hanno portato anche cani e attrezzature: alla fine la curiosità ha superato i pregiudizi. Poi c’è stata la partita di calcio fra avvocati e magistrati. Un modo per ridurre le distanze e per comprendere che dentro le istituzioni non ci sono nemici ma persone di cui ci si può fidare».

Don Mondin, entrato in seminario dopo la laurea in Giurisprudenza («Pensavo alla professione legale, ma poi il percorso di discernimento mi ha portato altrove»), mostra con orgoglio la “panchina della legalità”, dipinta con il tricolore e autografata dai giudici. A pochi metri c’è un totem con indicazioni verso gli angoli più tormentati del mondo: Messico, Ucraina, Haiti, Palestina.

A Barriera di Milano un residente su due è straniero e la proporzione balza all’occhio guardando i 400 iscritti dell’oratorio estivo, dove spiccano africani e sudamericani.

«Ma abbiamo anche molti cinesi, che parlano l’italiano così bene da tradurre ai loro genitori. Capirsi non è facile, oltre alla lingua ci sono culture e tradizioni molto diverse. Ma noi facciamo un patto: qui avete strutture, volontari ed educatori a disposizione, però bisogna rispettare le regole. Non manca la carità, ma è fondamentale capire che non tutto è dovuto. E soprattutto che noi vogliamo dare strumenti per partire, o per ripartire».

Un approccio pragmatico tutto salesiano, che dà frutti anche su un terreno in apparenza duro come questo, ulteriormente inaridito dalla piaga dell’abuso digitale.

«I ragazzini sono schiavi dei social e degli smartphone, ormai non si trovano nemmeno più per fare i compiti: preferiscono collegarsi in videochat. L’Università ci ha avvisato: attenzione, uno studente delle medie su sei dice di esser stato contattato online da pedofili. E i più piccoli si fanno condizionare dai videogame: ti dicono che sei cattivo come questo o quel personaggio».

L’antidoto al virtuale è il contatto, la relazione. Il doposcuola, ma soprattutto lo sport. Calcio, pallavolo, ma anche passeggiate in Val d’Aosta, che rilassano persino i ragazzini più elettrici:

«Appena arrivano in vetta chiedono di fare un video per mandarlo alla mamma, perché lei – dicono – non ha mai visto un panorama così bello».

In una periferia che sembra aver smarrito la sua identità (il filosofo Michel Foucault parlava di “eterotopia” per descrivere questi “non luoghi” urbani, così vicini ma così lontani dal centro cittadino) la Casa salesiana è un baluardo di umanità. Non un fortino chiuso, però, semmai un’oasi di generosità che tiene le porte spalancate.

«Niente di tutto questo sarebbe possibile senza gli sforzi dei nostri volontari: giovani, adulti, anziani. Sono circa trecento e sono fondamentali».

Tanta buona volontà, che però da sola non basta.

«Oggi servono risposte adeguate, Chiesa in uscita significa essere all’altezza di quello che il mondo ti chiede. Per questo ci avvaliamo di educatori professionisti che guidano le attività e affiancano chi è nuovo. Bisogna far capire che l’oratorio non è più solo il posto dove si fanno i giochetti». Tutt’altro: la Casa ospita anche un complesso scolastico all’avanguardia, con laboratori ipertecnologici aperti anche alle scuole del territorio. «Un’offerta didattica d’eccellenza serve a tenere nel quartiere anche famiglie che potrebbero permettersi di trasferirsi altrove – osserva il sacerdote –. Non solo, tanti giovani che se ne erano andati dopo gli studi tornano qui ad abitare. C’è un forte senso di comunità, nonostante i tanti problemi. Li viviamo sulla nostra pelle: il primo anno ho subito 17 furti, poi almeno 5 in media in quelli successivi. Rubano di tutto: zaini incustoditi, telefonini negli spogliatoi, una volta mi hanno svuotato le celle frigorifere. Ma il giorno dopo un imprenditore ci ha portato 500 polli…».

L’impegno dei salesiani – che include anche corsi di avviamento al lavoro in collaborazione con le aziende – è sostenuto da una rete di donatori: la Fondazione Carlo Acutis ha regalato un laboratorio digitale, gli Amici di Matteo offrono consulti di neuropsichiatria infantile a chi non si può permettere visite private e che rischierebbe di aspettare 2 o 3 anni per una diagnosi di deficit dell’attenzione. Ma la lista dei benefattori è lunga. Linfa vitale per chi deve portare avanti la sua opera educativa e sociale in un pezzo di città ormai ad alto rischio, dove anche i muri sanno quanto sono detestate le forze dell’ordine: «Against police violence» recita un maxi graffito in via Candia. Sotto gli alberi di corso Palermo sonnecchia un Lince dell’esercito, ma il sindaco Stefano Lo Russo (PD) ha chiesto che la presenza dei militari sia più leggera e dinamica: serve pattugliare le strade per garantire una sicurezza che appare sempre più precaria.

«A ogni incrocio, la sera, spuntano 4-5 spacciatori – dice don Mondin – ma gli anziani ormai hanno paura anche di giorno. Molti di loro mi confidano che hanno iniziato a votare controvoglia a destra, perché temono di subire rapine mentre escono a fare la spesa. La sensazione è che molti delinquono per fame, perché manca il lavoro».

In effetti, in viale Giulio Cesare e dintorni gruppi di migranti bivaccano sulle panchine o tirano sera ai tavolini dei bar, sotto insegne che parlano più arabo che italiano. Davanti a loro però sfrecciano i bengalesi del pranzo etnico a domicilio, mentre il corriere nordafricano consegna l’ennesimo pacco. Sono le due facce di Barriera: chi è venuto da lontano e ha perso la bussola, chi è arrivato ed è subito ripartito.

Don Zappino, viaggio spirituale in Terra Santa: recensione del libro Elledici – La Voce e il Tempo

Il settimanale diocesano di Torino La Voce E il Tempo dedica un’articolo al libro Elledici di don Giovanni Zappino “Pellegrinaggio sui passi di Gesù. Viaggio spirituale in Terra Santa“. Di seguito la recensione a cura di Marco Bonatti.

***

La Terra Santa si annida nelle nostre vite, molto più profondamente di quanto noi stessi crediamo. Prima di tutto, ed è ovvio, per il culto: ogni Messa, ogni momento di preghiera fa riferimento alla persona di Gesù, ai luoghi e al tempo della sua presenza e della sua parola (e anche per questo ogni sofferenza della Palestina rimbalza con maggiore intensità nelle nostre coscienze).

Poi ci sono le immagini, i quadri, le culture cristiane che ci riportano continuamente alla storia sacra. Ma c’è una terza dimensione: la nostalgia.

Don Zappino la conosce benissimo, l’ha sperimentata di persona e l’ha vista all’opera sulle migliaia di pellegrini che ha accompagnato a Gerusalemme e dintorni. Nostalgia della terra ma – molto più – nostalgia dell’esperienza unica che là si compie: quella di ritrovarsi nell’ambiente in cui, come si dice, «tutto è cominciato».

Nel libro «Pellegrinaggio sui passi di Gesù. Viaggio spirituale in Terra Santa» (Elledici, Torino 2024), in quarta di copertina, don Zappino ha voluto riportare la frase del Salmo:

«Se ti dimentico, Gerusalemme, si paralizzi la mia destra; mi si attacchi la lingua al palato, se lascio cadere il tuo ricordo, se non metto Gerusalemme al di sopra di ogni mia gioia».

Giustamente il suo libro nel titolo indica «Viaggio spirituale»: perché non va a sostituire le guide esistenti, non si preoccupa di documentare ogni passaggio storico o di inseguire l’attualità. Piuttosto l’itinerario di don Zappino riporta alla luce il significato profondo di ognuno di quei luoghi; è una «catechesi all’inverso», un rinfrescare non solo le emozioni ma l’esperienza stessa della fede, vissuta in quel contesto particolarissimo che è il pellegrinaggio.

La riprova di questo si trova anche nella scelta di non inserire le «didascalie» delle immagini. Perché il contesto basta a spiegarle, e perché è immediato per chiunque sfogli il libro il riconoscimento di luoghi, monumenti, situazioni.

L’itinerario di don Zappino è quello classico degli otto giorni: dal Carmelo alla Galilea, dal Giordano a Gerusalemme. Ed è la sua lunga esperienza a comporre le varie tappe evidenziando sia gli aspetti archeologici che quelli più tipicamente spirituali ed ecclesiali.

Il libro rappresenta anche un «testamento», la testimonianza di un amore e di una passione che don Zappino ha coltivato per tutta la vita. Anche per questo vengono sottolineati i ricordi di due persone: la sorella Anna e mons. Giuseppe Ghiberti, «amico, fratello, maestro».

Proprio don Ghiberti aveva fatto dei viaggi in Terra Santa (e a Gerusalemme soprattutto) l’occasione di una grande «scuola» che, negli anni, ha contribuito a costruire un racconto delle nostre radici, avvicinando tante persone magari lontane dalla Chiesa ma certo non dal contesto culturale cristiano che è all’origine dello stesso Occidente.

In questo filone si colloca anche il libro di don Zappino: il Rettor Maggiore dei Salesiani, cardinale Artime, lo indica bene nel suo testo di presentazione: un lavoro che aiuta a «vedere Gesù».

Tende per la foresteria: le hanno realizzate le donne di Penelope grazie al corso di cucito CNOS-FAP di Saluzzo – TargatoCN.it

Da targatocn.it.

***

La Foresteria de Il Quartiere – Casa della Partecipazione – al primo piano della ex Caserma Musso nell’ala che si affaccia su piazza Montebello, prende forma passo dopo passo e arriva al suo completamento d’arredo: le tende.

La nuova foresteria si compone di 4 stanze per un totale di 22 posti letto oltre a bagni, cucina, refettorio e abitazione del custode e saranno usate dal Comune per attività residenziali e scambi culturali e scolastici.

Prima i mobili costruiti e personalizzati dai cittadini saluzzesi e dal Consorzio Monviso Solidale con il centro diurno Le Nuvole in occasione dei workshop di Start Artigianato 2024, lo scorso marzo. Poi le lenzuola e i letti realizzati in collaborazione con il laboratorio sartoriale AreaLab 51 della Casa di reclusione Morandi di Saluzzo.

E ora, a chiudere, l’ultima fase del progetto: le tende, complemento di arredo  considerato molto importante per la funzionalità e l’estetica.

I nuovi tendaggi della foresteria sono di impatto, colorati, in tema con la destinazione delle stanze e trasmettono messaggi di valore: dalla pace alla importanza del sorriso a a quello dello stare insieme.

“Anche le tende non potevano che essere fatte in maniera partecipata”

viene sottolineato. Ecco allora l’ultimo tassello: il lavoro fatto insieme a CNOS-FAP Saluzzo – partner di Fondazione Amleto Bertoni – e l’Associazione di Promozione Sociale Penelope, con il corso base tecniche di taglio e cucito, realizzato nell’ambito della formazione GOL rivolto a persone disoccupate, gratuito per le uscite, perchè finanziato da Regione Piemonte e co-finanziato dall’Unione Europea.

Il lavoro decorativo dei tendaggi è stato realizzato dalle corsiste con materiale donato dalla Fondazione Bertoni e con l’intervento creativo di una di loro Mina che frequenta l’associazione Penelope.

“Le protagoniste del progetto per la Foresteria del Quartiere sono ragazze e donne dell’associazione che stanno frequentando un corso per adulti tenuto da Marella presso il nostro laboratorio”.