Corsi gratuiti di Informatica per 150 donne – TiConsiglio.com

Articolo apparso su TiConsiglio.com

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È in partenza il progetto “TIC 4.0 – tecnologie, identità di genere e competenze strategiche”, grazie al quale saranno erogati corsi gratuiti di informatica riservati a donne.

Il progetto è stato selezionato dal Fondo per la Repubblica Digitale – Impresa sociale ed è aperto a 150 donne tra i 18 e i 35 anni, disoccupate, inoccupate oppure occupate. Previsto stage in azienda.

Scopriamo insieme i dettagli dell’opportunità e come candidarsi.

CORSI GRATIS IN INFORMATICA RISERVATI A DONNE

Con il progetto “TIC 4.0- tecnologie, identità di genere e competenze strategiche”, selezionato dal Fondo per la Repubblica Digitale – Impresa sociale, saranno attivati in Piemonte corsi gratuiti di informatica per donne.

L’iniziativa nasce con l’obiettivo di combattere il divario digitale e di agevolare l’accesso della platea femminile al settore dell’ICT, accrescendone le competenze digitali e di career management mediante l’offerta di percorsi formativi gratuiti completi di stage.

Le partecipanti avranno la possibilità di formarsi nelle professioni digitali più richieste dal mercato come, ad esempio: gestione del Cloud, protezione dei dati, programmazione e sviluppo software, User Design Experience e web design.

Ente capofila del progetto TIC 4.0 è Enaip Piemonte ETS, la più grande agenzia formativa della regione, insieme a una rete di partner costituita da TIM, CIM4.0 e Cnos-Fap.

OFFERTA FORMATIVA, I CORSI

L’offerta didattica del progetto TIC 4.0 prevede, dunque, percorsi formativi modulari gratuiti, seguiti da uno stage. Sono inoltre previste attività di tutoring, azioni di empowerment di genere, di orientamento, accompagnamento al lavoro ed inserimento in azienda.

Di seguito i corsi che saranno offerti:

  • Alfabetizzazione informatica (modulo base);
  • Elementi operativi di informatica – lavorare in cloud e protezione dei dati (modulo base);
  • Tecniche di programmazione e sviluppo software (modulo avanzato);
  • Tecniche di User Experience Design (modulo avanzato);
  • Tecniche di web design (modulo avanzato).

Peculiarità di ciascun percorso sono la flessibilità e la personalizzazione sulla base delle competenze in ingresso e dei bisogni formativi dell’allieva, delle sue caratteristiche e delle sue progettualità individuali.

DESTINATARIE

I corsi gratuiti in informatica sono dunque rivolti a 150 donne di età compresa tra i 18 e i 35 anni,  interessate ad acquisire nuove competenze e che si trovano in una delle seguenti condizioni:

  • inoccupate o in uscita dal sistema scolastico o universitario;
  • disoccupate che faticano a trovare un nuovo posto d’occupazione;
  • occupate ma con dubbi sulle proprie skill per il futuro o con difficoltà a rimanere nel mercato del lavoro.

SVOLGIMENTO, DURATA DEI PERCORSI FORMATIVI E CERTIFICAZIONE

Le attività formative inizieranno nell’autunno 2023 e proseguiranno fino a settembre 2024.

Ogni destinataria potrà frequentare un percorso formativo di 300 ore, articolato in 2 moduli (di base e/o avanzato) di 150 ore ciascuno, cui si aggiungeranno 150 ore di stage aziendale.

Ogni percorso rilascia certificazioni riconosciute a livello europeo.

ENTE CAPOFILA DEL PROGETTO

En.A.I.P. Piemonte è la più grande agenzia formativa del Piemonte. Aderisce a Enaip Nazionale (Ente Acli Istruzione Professionale). Ha una Direzione Generale, situata a Torino, e 16 Centri Servizi Formativi in tutte le province piemontesi.

COME CANDIDARSI

Le donne interessate ai corsi gratuiti in informatica possono candidarsi al progetto TIC 4.0 collegandosi a questa pagina, in cui dovranno compilare un modulo online con i propri dati.

ALTRE OPPORTUNITÀ DI FORMAZIONE E AGGIORNAMENTI

Continuate a seguirci e scoprite anche altri corsi di formazione gratuiti disponibili in Italia. Vi consigliamo infine di rimanere informati e sempre aggiornati sulle ultime novità iscrivendovi gratis alla nostra newsletter e al canale Telegram per le notizie in tempo reale.

Quando l’abbraccio dell’amicizia è capace di riempire la vita – Avvenire

Avvenire ha pubblicato il primo capitolo del nuovo libro del cardinale José Tolentino de Mendonça Amicizia. Un incontro che riempie la vita, edito da Piemme. Di seguito l’articolo.

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L’amicizia è uno dei valori più importanti, ma anche un aspetto della vita così naturale, e a volte dato per scontato, che raramente ci fermiamo a riflettervi. Lo fa, in modo tanto diretto quanto poetico, il cardinale José Tolentino de Mendonça, prefetto del dicastero per la Cultura e l’educazione, nel suo nuovo libro Amicizia. Un incontro che riempie la vita, in uscita oggi per Piemme (pagine 174, euro 18,90), del quale proponiamo il capitolo iniziale.

Il filosofo di stirpe rabbinica Martin Buber, che come pochi ha saputo pensare l’enigma e il significato della nostra umanità, così scrisse: «Il mondo non è comprensibile, ma è abbracciabile». Con questa frase non si riferiva soltanto al mondo che è fuori di noi, ma anche al mondo specificamente umano, all’universo interno, a quella porzione di esperienza e di mistero che nel tempo emerge, con ogni persona, in modo unico. E allo stesso modo pensò le relazioni e gli affetti che siamo capaci di intessere. A cominciare dall’amicizia. I limiti della comprensione hanno a che vedere con il fatto che l’altro rimane altro e, anche quando ci è più che mai prossimo, non cessa mai di essere irriducibile a noi. Nell’amicizia questo non è un problema, anzi è un arricchimento. Insegnava Buber: «Il mondo non è comprensibile». Viene sempre un momento in cui dobbiamo dirci: “la cosa più importante non è capire”, “la cosa più importante è abbracciare”, e abbracciare anche ciò che non comprendiamo. Perché la grandezza dell’abbraccio sta nel suo arrivare, spesso, dove la comprensione non arriva. E questo perché l’abbraccio, fermandosi al di qua della pelle, accetta la separazione ontologica che è significata dalla pelle dell’altro. Il capire postula un’interpretazione esaustiva, sogna una mappa stabile, alimenta la volontà di decriptare il segreto. L’abbraccio riconosce che esiste una pelle, da una parte e dall’altra, e che anche nell’intimità questa pellicola si mantiene. Già Aristotele spiegava, per esempio, che quando noi tocchiamo non annulliamo quella sorta di intervallo che persiste tra noi e la realtà, un distanziamento minimo mai sospeso, che ci mette in guardia dal mito della coincidenza totale e dall’illusione della fusione assoluta. Farci vicini agli altri non è consumarli, quasi potessimo ridurli a oggetto. Anche quando ci stringono al petto dei nostri amici, gli abbracci dell’amicizia ci fanno sempre respirare ampiezza e vastità. È vero che nell’abbraccio tocchiamo dimensioni importanti dell’essere.

Per la prima mostra surrealista che fu inaugurata in Europa dopo la Seconda guerra mondiale, la copertina del catalogo fu affidata a Marcel Duchamp. Questi creò un’immagine con una didascalia provocatrice: «Prière de toucher». Normalmente le opere d’arte sono accompagnate dall’avviso di non toccare. Qui, al contrario, si dice per favore toccate. In quel 1947, quando ci si dibatteva ancora tra le ceneri del grande conflitto, occorreva un messaggio riparatore, capace di far dimenticare la segregazione, il filo spinato. Ma è un messaggio necessario sempre. Tutto sta a vedere in qual modo noi tocchiamo. Nella copia delle Elegie duinesi che regalò alla poeta russa Marina Cvetaeva, Rainer Maria Rilke domandava: «Noi ci tocchiamo. / Con che cosa? / Con dei battiti d’ali. / Con le lontananze stesse ci tocchiamo». Il bello dell’abbraccio è che non vuol essere una rete per catturare l’altro. L’abbraccio è umile. Intuisce che possiamo solo avvicinarci, senza tentare di impossessarci dell’altro e nemmeno di accedere alla sua pienezza. L’abbraccio è accettare di toccare senza toccare. Per questo l’abbraccio è il momento dell’incontro in cui il contatto si realizza, ma è anche il momento successivo, quando la separazione viene assunta come forma profonda di comunione. Un maestro discreto della nostra contemporaneità, il pensatore Jean-Louis Chrétien, entra nel tema con queste parole: «L’abbraccio che non si richiude sull’altro, ma si apre a lui secondo un’infinità che l’altro può scoprire, questo abbraccio è un incontro. E, lungi dal concretizzare inadeguatamente ciò che l’incontro aveva promesso, mantiene la sua promessa in questo modo: promettendo sempre di più, in una sovrabbondanza che nessuna progressione è in grado calcolare e ancor meno di quantificare».

L’abbraccio è una delle espressioni umane più vere di reciprocità. La mutua e ospitale apertura a quell’epifania di futuro che è costituita da un volto. Gli amici lo sanno bene. Qualcuno dice che il nostro corpo ha la forma di un abbraccio. È forse per questo che l’atto di abbracciare è così semplice, anche quando dobbiamo percorrere un lungo cammino. L’abbraccio ha una forza espressiva incredibile. Comunica la disponibilità a entrare in relazione con gli altri, superando il dualismo, facendo cadere armature e resistenze, manifestando un cedimento, anche solo per qualche istante, nella difesa dello spazio individuale. Esiste una tipologia vastissima di abbracci, e ognuna di esse insegna qualcosa di quello che un abbraccio può essere: accoglienza e commiato, congratulazioni e lutto, riconciliazione e gesto di cullare, affetto tra amici o passione amorosa. Vi ci riconosciamo tutti: in abbrac-ci quotidiani e straordinari, abbracci drammatici o trasparenti, abbracci inondati di lacrime o di puro giubilo, abbracci di persone vicine o distanti, abbracci fraterni o innamorati; in abbracci ripetuti oppure – anche questo è possibile – in quell’unico e idealizzato abbraccio che mai è arrivato a realizzarsi ma al quale interiormente ritorniamo innumerevoli volte. In principio fu l’abbraccio, se pensiamo al grembo che nella prima infanzia ci nutrì. Questa è stata per noi la prima e riconfortante forma di comunicazione. Ma il bisogno di un abbraccio accompagna la nostra esistenza fino alla fine.

L’abbraccio è una lunga conversazione che si fa senza parole. Tutto quello che deve essere detto viene sillabato nel silenzio, e accade allora una cosa che è talmente preziosa e, in fin dei conti, talmente rara: senza difese, un cuore si pone in ascolto di un altro cuore. «Nel tuo abbraccio io abbraccio ciò che esiste, / la sabbia, il tempo, l’albero della pioggia, / e tutto vive perché io viva», assicurano i versi di Neruda. Nel loro abbraccio aperto gli amici condividono una preghiera. Che può forse essere trascritta con parole come queste: «Grazie, Signore, per gli amici che ci hai dato. Gli amici che ci fanno sentire amati senza un perché. Che hanno il loro modo speciale di farci sorridere. Che sanno tutto di noi chiedendoci così poco. Che conoscono il segreto delle piccole cose che ci rendono felici. Grazie, Signore, per quelle e quelli senza cui il cammino della vita non sarebbe lo stesso. Che ci sostengono anche quando il mondo sembra un posto insicuro. Che con la loro presenza ci infondono coraggio. Che ci sorprendo-no di proposito, perché trovano che troppa routine non sia una cosa buona. Che ci fanno vedere un altro lato delle cose, un lato fantastico, diciamolo pure. Grazie per gli amici incondizionati. Che non sono d’accordo con noi e rimangono con coi. Che aspettano per tutto il tempo che serve. Che perdonano prima delle scuse.

Queste e questi sono i fratelli e le sorelle che scegliamo. Coloro che metti al nostro fianco per restituirci l’aerea luce della gioia. Coloro che fanno scendere fino a noi l’imprevedibile del tuo cuore, Signore». «Il mio amico non è altro che la metà di me stesso», scrisse il gesuita e studioso Matteo Ricci (1552-1610), che sull’amicizia elaborò una straordinaria antologia di detti. Quella che può suonare come una definizione astratta acquista la sua trasparenza tangibile in un abbraccio. Quando gli abbracci si allacciano, incorporiamo e siamo incorporati nel cuore l’uno dell’altro, come se nel cuore dell’amico noi avessimo un nido o una patria. In questo abbandono consenziente si esprimono certezze che ci sono estremamente care: reciprocità, gioia, tenerezza, presenza, l’incontrarsi e il ritrovarsi, la comunione. L’istante dell’abbraccio le dichiara tutte d’un sol getto, ed è come se le sigillasse nella nostra anima. Per questo l’abbraccio non è solo un legame, una pausa in cui il respiro riposa: è anche un trampolino che ci proietta là dove, senza la fiducia e l’ispirazione di quanti ci amano, non sapremmo arrivare.

Con la sua vita e la sua morte, Gesù di Nazaret è sceso ad abbracciare tutti i nostri silenzi, anche quelli abissali, anche quelli remoti, per ridire la vita come possibilità di salvezza. Ha abbracciato il silenzio delle nostre impasse, di ciò che in noi o di noi viene taciuto; il silenzio in cui le nostre forze collassano e ci lasciano alla mercé della paura e dell’ombra che ci assediano; quell’impreciso e intimo silenzio che troppe volte ci appare irrisolvibile, il silenzio di quell’inquieta indefinizione che siamo noi, tra il già e il non ancora. Ha abbracciato questo tempo impastato di sconfitte e speranze, questo tempo che fa male come una spina che rimane dopo che la rosa è stata colta, questo tempo marcato da tempeste che ci abbaiano furibonde e da naufragi che attaccano, pronti a farci a pezzi. Ha abbracciato il silenzio della vita nuda, vulnerabile, indifesa o ferita, la vita che nessuna città accoglie, la vita bloccata dal filo spinato delle frontiere, impietosamente marchiata per essere avviata allo scarto. Ha abbracciato il silenzio di tutte le vittime della storia, il terrificante silenzio dell’ingiustizia, la lama cieca della violenza, il grido senza voce degli esclusi, il silenzio imposto ai poveri, l’ultimo sguardo, immenso e silente, che i giusti gettano sulla terra. In verità, non c’è niente e nessuno che Gesù non abbia abbracciato o sia disposto ad abbracciare. L’amicizia di Gesù ci ricorda che Dio mette una virgola dove noi credevamo possibile solo un punto finale.

(© 2023 Mondadori Libri S.p.A. per il marchio Piemme. Per gentile concessione di Mondadori Libri S.p.A.)

Il Rettor Maggiore dei Salesiani don Artime sarà Cardinale – La Voce e il Tempo

Si riporta di seguito l’articolo sulla nomina del Rettor Maggiore a Cardinale, a cura di Marina Lomunnno e apparso su La Voce e il Tempo.

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C’è anche il Rettor Maggiore dei Salesiani, don Angel Fernàndez Artime, fra i 21 nuovi cardinali che il prossimo 30 settembre, festa liturgica di san Girolamo, Papa Francesco creerà durante il nuovo Concistoro che ha annunciato al termine dell’Angelus domenica 9 luglio.

Dei nuovi cardinali 18 sono elettoritra cui don Artime l’unico non ancora Vescovo, mentre tre sono ultraottantenni. Tra gli italiani un altro religioso, mons. Pierbattista Pizzaballa, Patriarca Latino di Gerusalemme, dell’Ordine dei Frati minori.

Don Artime ha appreso la notizia a Torino, nella Casa Madre dei salesiani a Valdocco, tra la sorpresa e la commozione dei confratelli e dell’intera Famiglia Salesiana.

Messaggi e preghiere stanno arrivando dalle opere dei Figli di don Bosco presenti in 133 nazioni dei 5 continenti. Il pensiero del Rettor Maggiore è subito andato alla cara mamma, Isabel, mancata a Luanco in Spagna lo scorso 24 giugno, assistita dalla sorella di don Angel dopo una lunga malattia.

“Ringraziamo Dio perché entrambi i nostri genitori si sono sempre impegnati affinché i loro figli si formassero, si preparassero alla vita e facessero quello che desideravano fare per il proprio bene. Attenendosi a questi saldi principi hanno risposto, ad esempio, quando ho detto loro che volevo diventare salesiano”

ha ricordato il Rettore ai suoi confratelli.

«Domenica il Rettor Maggiore era a Valdocco in visita ispettoriale» racconta don Michele Viviano, rettore della Basilica di Maria Ausiliatrice «durante un colloquio con un ispettore ha ricevuto la telefonata della nomina a Cardinale e la sua reazione è stata ‘ma non scherzare’! Anche noi confratelli, increduli, appresa la notizia abbiamo aspettato dietro la porta che finisse l’incontro e lo abbiamo festeggiato tra la commozione generale. Poi tutti a pranzo con brindisi al nuovo Cardinale! Con la scelta di don Ángel viene confermata la stima e il legame anche con gli istituti di vita consacrata e in particolare con la nostra Congregazione Salesiana. Certamente questa nomina è motivo di gioia e di gratitudine per tutti noi e nello stesso tempo è un chiaro invito alla nostra grande Famiglia Salesiana nel continuare il nostro impegno di fedeltà e di amore alla Chiesa e al Papa così come don Bosco ci ha insegnato con i suoi tre amori, definiti dallo stesso Papa Francesco proprio qui nella Basilica di Maria Ausiliatrice il 21 giugno 2015 ‘tre amori bianchi: la Madonna l’Eucaristia e il Papa’».

«Come don Angel anche tutta la Famiglia salesiana è stata colta di sorpresa dal Papa» commenta don Leonardo Mancini, ispettore dei salesiani del Piemonte e della Valle d’Aosta «la sua nomina testimonia l’affetto e la stima che Papa Francesco ha per la sua persona e per la nostra Congregazione che don Bosco ha fondato qui a Torino per l’educazione dei giovani specialmente quelli più poveri e fragili. Siamo contenti e onorati per il dono che ci ha fatto il Papa e preghiamo per don Angel e per la nostra congregazione: se il Papa chiamerà il Rettor Maggiore ad un altro incarico dovremo trovare un’altra guida e stabilire nuovi equilibri e non sarà semplice. Ma siamo nelle mani di Dio».


La reazione dell’Arcivescovo Repole

Appena appresa la notizia della nomina a cardinale del Rettor Maggiore dei salesiani mons. Repole ha commentato:

“La creazione a cardinale di don Angel Fernandez Artime, Rettore Maggiore dei Salesiani, è un motivo di grande gioia per la Chiesa torinese, nella quale san Giovanni Bosco fondò la famiglia salesiana a servizio dei giovani, soprattutto dei giovani più poveri e soli. Mi unisco con molta felicità alla festa dei figli di don Bosco e accolgo come indicazione di speciale importanza – per me vescovo – l’accento che questa nomina pone sull’evangelizzazione dei giovani, la grande sfida del nostro tempo, il grande impegno sul quale anche la Chiesa torinese viene oggi chiamata a investire con molta forza e speranza”.

Chi è don Artime

Don Angel Fernàndez Artime è nato il 21 agosto 1960 a Gozón-Luanco, nelle Asturie in Spagna in una famiglia di pescatori; ha emesso la sua prima professione il 3 settembre 1978, i voti perpetui il 17 giugno 1984, a Santiago de Compostela, ed è stato ordinato sacerdote il 4 luglio 1987, a León. Originario dell’Ispettoria di León, ha conseguito la Laurea in Teologia pastorale e la Licenza in Filosofia e Pedagogia. È stato Delegato di Pastorale giovanile, Direttore della scuola di Ourense, membro del Consiglio e Vicario ispettoriale e, dal 2000 al 2006, Ispettore (provinciale).
Dopo aver fatto parte della commissione tecnica che ha preparato il 26° Capitolo Generale, nel 2009 è stato nominato Superiore dell’Ispettoria dell’Argentina Sud, con sede a Buenos Aires. Qui ha collaborato con l’allora Arcivescovo di Buenos Aires, card. Jorge Mario Bergoglio, oggi Papa Francesco. Il 23 dicembre 2013 è stato nominato Superiore della nuova Ispettoria della Spagna Mediterranea, dedicata a “Maria Ausiliatrice”, ma prima di poter assumere questo nuovo incarico, lo scorso 25 marzo 2014, è stato eletto dal 27° Capitolo generale 27 nuovo Rettor Maggiore della Congregazione Salesiana e decimo successore di Don Bosco. Mercoledì 11 marzo 2020 il 28° Capitolo generale tenutosi a Valdocco, nella Casa Madre dei Salesiani ha confermato don Artime Rettor Maggiore per il sessennio 2020-2026. Ora la nomina a cardinale.

I nuovi cardinali

Il prossimo 30 settembre papa Francesco terrà un nuovo Concistoro dove creerà i nuovi cardinali.

“La loro provenienza esprime l’universalità della Chiesa che continua ad annunciare l’amore misericordioso di Dio a tutti gli uomini della Terra” – ha detto Papa Francesco al termine dell’Angelus affacciato su piazza San Pietro – “L’inserimento dei nuovi cardinali nella diocesi di Roma, inoltre, manifesta l’inscindibile legame tra la Sede di Pietro e le Chiese particolari diffuse nel mondo”.

Questi i nomi dei cardinali che papa Francesco creerà nel Concistoro del prossimo 30 settembre: mons. Robert Francis Prevost, prefetto del dicastero per i Vescovi; mons. Claudio Gugerotti, prefetto del dicastero per le Chiese Orientali; mons. Víctor Manuel Fernández, prefetto del dicastero per la Dottrina della Fede; mons. Emil Paul Tscherrig, nunzio apostolico; mons. Christophe Louis Yves Georges Pierre, nunzio apostolico; mons. Pierbattista Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme; mons. Stephen Brislin, arcivescovo di Città del Capo; mons. Angel Sixto Rossi, arcivescovo di Cordoba; mons. Luis José Rueda Aparicio, arcivescovo di Bogotá; mons. Grzegorz Rys, arcivescovo di Lodz; mons. Stephen Ameyu Martin Mulla, arcivescovo di Juba; mons. José Cobo Cano, arcivescovo di Madrid; mons. Protase Rugambwa, arcivescovo coadiutore di Tabora; mons. Sebastian Francis, vescovo di Penang; mons. Stephen Chow Sau-Yan, vescovo di Hong Kong; mons. François-Xavier Bustillo, vescovo di Ajaccio; mons. Americo Manuel Alves Aguiar, vescovo ausiliare di Lisbona; don Angel Fernández Artime, rettore maggiore dei Salesiani.

Insieme ai 18 nuovi “elettori” il Papa unirà come ha spiegato

“ai membri del Collegio Cardinalizio due Arcivescovi ed un religioso che si sono distinti per il loro servizio alla Chiesa”:

sono mons. Agostino Marchetto, nunzio apostolico; mons. Diego Rafael Padron Sanchez, arcivescovo emerito di Cumaná; padre Luis Pascual Dri, confessore nel Santuario di Nostra Signora di Pompei a Buenos Aires.

“Preghiamo per i nuovi cardinali” ha invitato il Papa – affinché, confermando la loro adesione a Cristo, sommo sacerdote misericordioso e fedele, mi aiutino nel mio ministero di vescovo di Roma per il bene di tutto il santo popolo fedele di Dio”.

Il “miracolo” del salesiano Riccardo Racca in Sierra Leone – La Fedeltà

Si pubblica di seguito l’articolo dedicato al missionario Riccardo Racca, apparso su “La Fedeltà“.

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Il “miracolo” del salesiano Riccardo Racca in Sierra Leone

Originario di Piasco, già allievo della scuola di formazione professionale di Fossano, ha attivato nella provincia di Cuneo un’ampia rete di collaborazioni

 

Un nuovo modo di essere missionari? I Cuneesi, sempre aperti all’innovazione, trasmettono questa attitudine anche a chi lascia la provincia per cercare altrove la sua vocazione. Che sia uno specialista che raggiunge le grandi città, un investitore che pensa alla grande, un viaggiatore che inventa un mestiere, il DNA contadino genera continuamente capacità di adattamento e ricerca di efficienza.

Così anche un salesiano nato a Piasco, e formato a Fossano, ha assunto dalla sua terra uno spirito “imprenditoriale” che torna molto utile nella sua missione in Africa: prima in Nigeria, poi in Ghana, adesso in Sierra Leone.

È Riccardo Racca, classe 1954, che incontriamo per un tuffo nel suo passato di ragazzino cresciuto fra il negozio di alimentari e rosticceria dei genitori e il cortile della parrocchia, passando per la scuola elementare e le marachelle con i compagni di gioco. Di tanto in tanto fa una esplorazione di questo suo retroterra per pescare soluzioni alle idee che nascono oggi a Bo, una cittadina immersa in un’area che definire agricola non si può ancora dal momento che produce al massimo cibo per la sopravvivenza delle famiglie che la abitano.

Mentre compie la missione da figlio di don Bosco, partecipando alla gestione della scuola professionale e dell’oratorio, va a visitare i giovani in cella senza processo e mancanti di qualsiasi accompagnamento educativo. Ogni tanto avviene un “miracolo”, come quello di un ragazzo privo di una gamba, che è riuscito a far curare ottenendo i permessi di uscita dal carcere, superando la ritrosia determinata dalla rassegnazione. Ora, scontata la pena, è libero di muoversi e di affrontare la vita prendendo in mano il suo destino.

Il di più dello sguardo penetrante del contadino ha portato fratel Riccardo Racca ad approfondire le possibilità di valorizzare una pianta utilizzata dalla popolazione locale per scopi alimentari. È la moringa, chiamata anche “albero del ravanello”, fino a 7 metri in altezza di generosa sfruttabilità. Le radici sono commestibili, le foglie sono gustose, i teneri baccelli possono entrare in un piatto di insalata, i semi regalano un olio usato anche per la cosmesi. Quel che è importante è che le sue proprietà possono essere una risposta ai bisogni alimentari di vaste comunità: le vitamine, le proteine, il calcio, gli antiossidanti che la moringa contiene sono additivi preziosi, anche attraverso l’essiccazione delle foglie che le rende durevoli, diventando condimento o basi di tisane.

Questa pianta è stata indicata come “super alimento” nel 2022 grazie anche all’attività promozionale che fratel Riccardo ha avviato da qualche anno. Ha messo a frutto i suoi ritorni periodici in Italia e in Europa per documentarsi, per considerare le possibilità di coltivazione estensiva in Sierra Leone, per prendere contatti con esperti e potenziali acquirenti della polvere di moringa.

Il sogno infatti è quello che i contadini di Bo, attualmente un gruppo di una ventina di famiglie raccolte in cooperativa sotto l’egida della missione, possa produrre e trattare il prodotto anche per l’esportazione: questo commercio diventerebbe così un primo passo verso la auto-sostenibilità della presenza salesiana. Da questa potrebbero aggiungersi risorse a quelle che già oggi numerosi benefattori affidano a Missioni Don Bosco per difendere i minori più fragili: domani si intravede il potenziamento della scuola professionale, dei servizi socio-educativi, della formazione dei nuovi salesiani per dare futuro alla congregazione in Sierra Leone.

Nei suoi ritorni periodici, Riccardo Racca ritrova a Piasco la sorella, che costituisce l’ancoraggio familiare e il sostegno spirituale un tempo dato anche dai genitori, a Fossano i nuovi membri dell’opera salesiana e i suoi compagni di studio divenuti professionisti. Trova lì le risorse per coltivare (è il caso di dirlo) il suo sogno che cammina – come faceva il Santo fondatore – con i piedi per terra. L’associazione piemontese degli ex allievi delle scuole salesiane ha sposato con entusiasmo questo progetto. Il “miracolo” sarà il primo container che invece di partire dall’Italia per portare aiuti si riempirà a Bo per esportare moringa in varie forme.

Dall’oratorio al bus in Ucraina S.Luigi saluta don Caprioglio – Corriere di Chieri

Si riporta di seguito l’articolo del Corriere di Chieri a cura di Enrico Bassignana dedicato a don Eligio Caprioglio.

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Dall’oratorio al bus in Ucraina S.Luigi saluta don Caprioglio

“Ha salvato la casa di Chieri: pareva potesse chiudere”

 

Il direttore dell’Istituto Salesiano San Lugi don Eligio Caprioglio a settembre lascerà Chieri, dov’è arrivato nel settembre 2014.

È destinato alla casa salesiana di San Giovanni Evangelista, nel quartiere torinese di San Salvario, dove si occuperà dell’oratorio.

Al suo posto arriverà don Genesio Tarasco, 79 anni, attualmente direttore ad Asti: sarà direttore della casa salesiana e si occuperà della gestione amministrativa e scolastica. Sarà affiancato da un confratello più giovane che si occuperà dell’oratorio.

“L’oratorio estivo continuerà la sua attività regolare fino al 22 luglio – scrive don Caprioglio, 62 ani, in questi giorni impegnato nel campeggio estivo a Castelnuovo Nigra – Grazie per la fiducia accordata nell’affidarmi i vostri ragazzi. Se vi sarà possibile vi aspetterò domenica 27 agosto alle ore 11.00 per la messa di ringraziamento di questi 9 anni bellissimi passati qui a Chieri. Un periodo meraviglioso e ricco di tante belle esperienze, che spero abbiano aiutato a conoscere un po’ di più la bontà del Signore e della mamma del Cielo Maria Ausiliatrice”.

A Chieri don Caprioglio era arrivato da Ivrea, dove aveva diretto per 12 anni la sede salesiana: era subentrato a don Guido Dutto, trasferito a Chatillon. Subito si è fatto apprezzare per il suo dinamismo:

“L’impossibile per lui è possibile – commenta la cooperatrice salesiana Alessandra Zocco, che coordina il centro di accoglienza invernale per senzatetto – Ha avuto cuore per tutto e per tutti, si è dato da fare per l’oratorio e per l’opera: è stato il nostro don Bosco“.

Molte le sue realizzazioni. Nel 2015 accoglie il Rettor Maggiore don Ángel Fernández Artime (che nell’occasione riceve la cittadinanza onoraria chierese), che a San Luigi inaugura il “muro del pellegrino” (sul quale i gruppi in visita a Chieri applicheranno una loro piastrella commemorativa) e i pannelli in Braille, finanziati dal Lions Club di Chieri.

Ancora nel 2015, bicentenario della nascita di don Bosco, riceve pellegrini da tutto il mondo e le centinaia di giovani partecipanti alla GMG diocesana. Inoltre, avvia un dormitorio per ospitare i senzatetto nei mesi invernali.

Avvia inoltre una curiosa raccolta: chiede alla gente di portare le banconote in lire, per poi cambiarle alla Banca d’Italia e mettere insieme una cifra necessaria per costruire una tensostruttura (poi realizzata l’anno scorso).

Nel 2019 si occupa del restauro della Cappella di Santo Stefano, con l’intenzione di usarla in particolare per le funzioni rivolte ai giovani.

Nel 2020 promuove la realizzazione di un documentario sui 10 anni chieresi di don Bosco, destinato ai partecipanti del 28° capitolo generale della congregazione che, tra l’altro, riconosce a Chieri un ruolo di primo piano tra i luoghi legati alla spiritualità salesiana.

“Nel marzo 2022 sono andato con lui e altri volontari in Ucraina per prelevare 35 profughi, accolti a Chieri – interviene il regista Antonio Palese – All’andata abbiamo viaggiato su un bus carico all’inverosimile di generi alimentari, che lui ha raccolto nel giro di pochi giorni. È giusto che lui, in base alle regole salesiane, vada altrove per proseguire il suo ministero, ma per noi di Chieri che lo perdiamo è una brutta botta”.

Aggiunge Agostino Franco, registra della Filodrammatica Tosco:

Ha salvato la casa di Chieri, di cui a un certo punto si diceva che potesse chiudere. Nove anni fa i bambini che partecipavano alle nostri Olimpiadi erano 12, all’ultima edizione ce ne sono stati 300″.

Sulle orme di don Bosco – Famiglia Cristiana

Si riporta di seguito l’articolo di Famiglia Cristiana sulla realtà salesiana di Luanda, in Angola.

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In centro a Luanda, uno dei grattacieli è chiamato Palazzo dei Diamanti, perché l’Angola è uno dei massimi produttori di diamanti, oltre a essere, con la Nigeria, il più grande produttore di petrolio dell’Africa.

Anche nel quartiere di Lixeria c’è un bel “palazzo dei diamanti” ed è dei salesiani. In una delle zone più povere della città, il palazzo di cinque piani si trova sulla sommità più alta del pendio.

Spicca in mezzo alle casupole e alle baracche che lo circondano. È la scuola che accoglie quotidianamente 6 mila allievi, dalla primaria alle superiori che danno accesso all’università.

Ma la scuola non è l’unica risposta dei salesiani a questa gente che non ha nulla. C’è il presidio sanitario portato avanti da suore brasiliane e l’asilo per i piccoli che non hanno nessuno che possa accudirli e che razzolerebbero nella spazzatura se non ci fossero i salesiani a offrire loro un cortile ed educatrici che li tengono impegnati mentre i genitori lavorano.

Armindo Garcia António dos Santos è un operatore sociale che lavora nella Rete salesiana Don Bosco, progetto che in Angola si occupa del recupero e reinserimento dei bambini e dei ragazzi di strada.

Uno dei passaggi fondamentali è quello di riuscire a comprendere dove si trovi la famiglia, contattarla e iniziare un percorso di riavvicinamento con i figli. Un processo graduale, che vede impegnati non solo i centri che ospitano questi ragazzi, ma anche figure professionali come quella di Armindo.

Insieme a lui, con i viaggi del cuore, siamo stati a incontrare Costa, un giovane che dopo il suo percorso in un centro di accoglienza salesiano è rientrato in famiglia e oggi vive con i genitori e la bimba di pochi mesi. Costa ha frequentato una scuola di formazione professionale e sta cercando un lavoro per mantenere la sua famiglia e aiutare anche i genitori.

“Faceva caldissimo e passai penultimo Alla fine presi 60 e fu una bella estate” – Corriere Torino

Si riporta di seguito l’articolo apparso sul Corriere Della Sera di Torino in cui il Sindaco di Torino, Stefano Lo russo, ricorda il suo esame di maturità presso l’Istituto salesiano Agnelli di Torino.

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Faceva caldissimo e passai penultimo Alla fine presi 60 e fu una bella estate

Il ricordo del sindaco Stefano Lo Russo

 

«Altro che se mi ricordo… Mi ricordo come se fosse ieri la tensione di quei momenti. Per questo alle giovani e ai giovani studenti che si apprestano a dare l’esame consiglio di provare a gestire la tensione: in fondo la prova di maturità è anche quella…».

Sono passati quasi trent’anni dal giorno in cui Stefano Lo Russo, 47 anni, ha dato l’esame di maturità all’Istituto tecnico industriale «Edoardo Agnelli». Dai salesiani —-come tiene a sottolineare.

Sindaco Lo Russo, si ricorda ancora il suo esame di maturità?

«E come si fa a dimenticare l’esame di maturità? Impossibile credo per chiunque».

Come andò?

«Mi ricordo la tensione prima del secondo scritto che quell’anno, per gli istituti tecnici industriali come il mio fu di Impianti elettrici, e soprattutto prima dell’orale».

Come è stato?

«La prima vera grande prova della mia vita».

Lei come era a scuola: copiava o faceva copiare?

«Di norma facevo copiare, ma qualche volta per i compiti più difficili ho anche copiato. Più da biglietti nascosti nel portapenne che dai compagni».

Quale tema scelse?

«Se ricordo bene, un tema relativo ai temi dell’intolleranza e dei conflitti etnici».

E l’orale come andò?

«All’orale portai come prima materia Misure elettriche. Andò bene, ma fu faticoso, anche fisicamente. Faceva caldo, molto afoso, e io passai a fine mattinata, per penultimo».

Fu una fortuna…

«I professori avevano fortunatamente tutti voglia di finire. E anch’io. Fu più veloce del previsto. Non mi fecero finire l’esposizione dell’argomento che mi ricordo ancora adesso: il diagramma circolare del motore asincrono trifase».

Temeva di essere bocciato?

«No, ma temevo di non riuscire a raggiungere una buona votazione e mi sarebbe spiaciuto molto».

Che voto ha preso alla fine?

«Un voto molto positivo. Presi l’agognato 60 e ne fui felicissimo. Quella del 1994 fu l’estate più spensierata di sempre».

Dopo il tormento, la liberazione…. Che consiglio dà a un giovane che si sta preparando per la maturità e che magari si avvicina a quella prova con tutta l’ansia del caso?

«Ai ragazzi che si apprestano a dare l’esame, consiglio di provare a gestire la tensione. Non c’è un metodo univoco e ognuno deve trovare il suo. In fondo oltre che le nozioni apprese e la capacita di esporle, se ci pensiamo bene, la maturità che va dimostrata è anche quella».

Progetti creativi e sostenibili: CNOS-FAP di Vigliano premiato a Torino – Il Biellese

Si riporta di seguito l’articolo dedicato alla premiazione del CFP di Vigliano Biellese nel progetto Green is Now, apparso su Il Biellese.

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Il centro di formazione CNOS-FAP di Vigliano Biellese è stato premiato nell’ambito del progetto Green is Now.

Vincitori della prima edizione del concorso sono stati proprio gli allievi dell’Istituto di formazione biellese, che hanno presentato un progetto interessantissimo legato allo spreco idrico nei nostri bagni.

Gli studenti hanno immaginato e realizzato un sistema di controllo e deviazione, ad esempio dell’acqua dei lavabo, quella utilizzata per sciacquarsi le mani oppure quella fredda che si lascia scorrere prima di farsi la doccia, di fatto sprecandola.

Attraverso un complesso sistema di sonde e galleggianti i valenti termoidraulici hanno costruito un sistema efficace per non sprecare un bene prezioso.

L’obiettivo cardine del progetto Green is Now, promosso da Greenpea di Torino e rivolto a più allievi dei centri di formazione CNOS-FAP del Piemonte, è la situazione delle green competences definite nel quadro Europeo delle competenze in materia di sostenibilità, nei quattro settori di competenza interconnessi:

  • incarnare i valori della sostenibilità
  • accettare la complessità nella sostenibilità
  • immaginare futuri sostenibili
  • agire per la sostenibilità

Spiega Stefano, coordinatore del centro Salesiano di Vigliano:

Il nostro settore termoidraulico, dopo il secondo posto di Dante Algarotti al concorso nazionale, è tornato alla ribalta con gli allievi del secondo anno che, capitanati dal formatore nazionale Simone e dal collega Diego, hanno partecipato alla premiazione di Green is Now.

La premiazione si è svolta a Torino, in una giornata durante la quale gli studenti presenti hanno presentato progetti nuovi, creativi e innovativi sulla sostenibilità,  riscontrando molto interesse da parte degli ospiti presenti.

Sono intervenuti tra gli altri Alberto Cirio, presidente di Regione Piemonte, Giovanna Pentenero, assessore della città di Torino, Francesco Farinetti, amministratore delegato di Greenpea, e don Leonardo Mancini.

Il messaggio degli organizzatori:

Siamo grati alle aziende presenti, ai tanti ospiti, ma soprattutto ai ragazzi e ai loro formatori, per la bellezza di ciò che hanno presentato. Avanti, guardando al futuro, con un sguardo ancora più green!

Giovanni Bosco, preside superiori Salesiani: “La maggioranza va al Politecnico anche se arrivano offerte buone” – Corriere della Sera Torino

Si pubblica di seguito l’intervista al preside delle superiori dell’Istituto Agnelli di Torino, Giovanni Bosco, apparsa sul Corriere Torino.

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Giovanni Bosco, preside superiori Salesiani:

«La maggioranza va al Politecnico anche se arrivano offerte buone»

«La maggior parte dei nostri studenti non segue le indicazioni di orientamento che gli diamo e decide di iscriversi al Politecnico invece che andare subito a lavorare, come invece potrebbe fare».

Per Giovanni Bosco, preside delle superiori dell’Istituto salesiano Agnelli, questa scelta dopo la maturità è un problema. Anche perché il suo istituto tecnico ha un primato: secondo Eduscopio, i diplomati hanno un tempo d’attesa di appena 61 giorni per un primo contratto significativo.

Qual è il segreto per avere un impiego in due mesi?

«I nostri studenti sono pochi e abbiamo una sezione sola in uscita per ogni indirizzo di studi in meccatronica, informatica, elettronica e dal prossimo anno in energia. Arrivano con una votazione non molto alta dalle medie e quindi proponiamo una didattica laboratoriale: li abituiamo a lavorare su progetti».

A scuola come in azienda?

«Per un certo verso sì. Ad esempio non usiamo attrezzature e softwareeducational“, ma fin da subito aziendali. I ragazzi sono già abituati a lavorare come se fossero in azienda e quando vanno a fare i corsi di alternanza si dimostrano già in grado di essere operativi con le macchine e i computer».

Quindi se li contendono.

«Certo, per le aziende sono appetibili. Così i ragazzi danno la maturità e hanno già 2 o 3 richieste di lavoro a testa. Per gli informatici e i meccatronici non riesco nemmeno a dare dei nomi. Già 5 o 6 aziende sono venute a scuola a fare i colloqui con i ragazzi».

Avete anche partner nel mondo del lavoro?

«Seguendo le linee guida dei percorsi di alternanza, abbiamo introdotto le aziende a scuola. Solo per fare un esempio, è la Skf che spiega l’argomento dei cuscinetti. Portano didattica innovativa all’interno della scuola, conoscono i ragazzi e lavorano con loro. Quindi poi è chiaro che me li chiedono».

Quindi iniziano tutti a lavorare subito dopo l’esame?

«No, perché il 60% decide di andare al Politecnico, dove però spesso fa solo il primo anno e poi accetta di andare a lavorare. In pochi sono in grado di affrontare l’università, tutti gli altri sono ottimi tecnici. Ma solo alcuni di loro iniziano subito il percorso, ho ragazzi che a metà luglio vanno già a lavorare».

Con quale tipo di contratto?

«In genere sono contratti di apprendistato, le aziende cercano di sfruttare tutti i benefici di legge che si hanno nel prendere un giovane».

Ma non tutti accettano.

«In meccatronica hanno già ricevuto almeno due richieste a testa, ma saranno solo due o tre ad accettare perché tutti gli altri vogliono continuare al Politecnico. In informatica ed elettronica, solo la metà firma subito il contratto».

Prima Biella – Oltre 60 aziende per il “SAL Day 2023” di Vigliano Biellese

Pubblichiamo un articolo di Prima Biella sul Sal Day di Vigliano Biellese.

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Per il CNOS-FAP (Centro Nazionale Opere Salesiane – Formazione e Aggiornamento Professionale) di Vigliano Biellese oggi è stata una giornata dalle grandi soddisfazioni, a partire dalla conclusione di un progetto importante per le aziende, per il territorio e per le tante persone in cerca di lavoro, allievi e non, che ha visto la trasformazione della palestra dell’Istituto Salesiano nel più grande ufficio di collocamento della Provincia di Biella.

Sono oltre 60 le imprese che hanno potuto incontrare oltre cento candidati in ambiti differenti, dimostrandosi reattive e pronte davanti alle proposte di collaborazione nel reciproco interesse. Il Centro CNOS-FAP ha raccolto il lavoro di anni in cui si sono costruite relazioni importanti con le aziende che dimostrano di voler camminare insieme durante i percorsi formativi accogliendo gli allievi in stage, durante l’apprendistato, durante i tirocini e per la selezione del personale. Alla domanda circa l’efficacia della Formazione Professionale la risposta, oggi, è arrivata forte e chiara.

Sono moltissimi, più di cento, i ragazzi e le ragazze del CNOS-FAP che hanno potuto misurarsi con la realtà mettendosi alla prova e iniziando a costruire il proprio futuro professionale. I formatori del CNOS-FAP hanno raccolto il frutto del loro lavoro oltre che informazioni, relazioni, collegamenti, opportunità di collaborazione e tanti buoni suggerimenti e soddisfazioni e molti allievi hanno infatti lasciato la sala dei colloqui con la promessa di un contratto di lavoro e, di questi tempi, è un risultato strepitoso.

Regione Piemonte ha scommesso sul progetto Academy: oggi molte aziende hanno avuto spazi di confronto con i responsabili di Academy con i quali potranno costruire percorsi di rafforzamento delle competenze, riqualificazione, formazione specifica per rendere il sistema produttivo sempre più competitivo e sempre più preparato.

Le imprese hanno inoltrato una richiesta per programmare il secondo SAL Day: per le valenti operatrici e operatori dell’Ufficio SAL è un dovuto riconoscimento e un impegno che il prossimo anno porterà altre belle soddisfazioni e tante conferme.