Regione Piemonte: approvato il calendario scolastico 2019-2020

Si rende noto l’aggiornamento pubblicato su regione.piemonte.it inerente all’approvazione del calendario scolastico 2019-2020:

Approvato dalla Regione Piemonte il calendario scolastico 2019-2020. Le lezioni inizieranno lunedì 9 settembre 2019 e si concluderanno mercoledì 10 giugno 2020. Le scuole dell’infanzia saranno aperte fino al 30 giugno.

Le lezioni saranno sospese nelle seguenti date:

  • 1 novembre 2019: ponte festa di Ognissanti
  • 23 dicembre 2019 – 4 gennaio 2020: vacanze natalizie
  • 22 febbraio 2020 – 26 febbraio 2020: vacanze di carnevale
  • 9 aprile 2020 – 14 aprile 2020: vacanze pasquali
  • 2 maggio 2020: ponte festa dei lavoratori
  • 1 giugno 2020: ponte festa della Repubblica
  • Festa del Santo Patrono

Nelle giornate di vacanza per il carnevale, le scuole potranno concentrare le attività formative integrative per la diffusione della cultura e della pratica dello sport.

XI Forum Internazionale dei Giovani: “Giovani in azione in una Chiesa sinodale”

Pubblichiamo la notizia a cura della redazione di AnsAgenzia iNfo Salesiana – del 1 luglio 2019, riguardo all’undicesimo Forum Internazionale dei Giovani che si è svolto dal 19 al 22 giugno tra Roma e Ciampino. Ecco le parole di Carina Baumgartner, austriaca rappresentante dell’MGS, con il racconto dell’esperienza vissuta:

(ANS – Ciampino) – Dal 19 al 22 giugno, tra Roma e Ciampino, si è svolto l’undicesimo Forum Internazionale dei Giovani, promosso dal Dicastero vaticano per i Laici, la Famiglia e la Vita. In rappresentanza del Movimento Giovanile Salesiano (MGS), ha partecipato l’austriaca Carina Baumgartner, che si è radunata insieme a circa 250 giovani delegati provenienti da più di 100 Paesi e circa 40 tra comunità, movimenti e associazioni ecclesiali. Ecco cosa ci racconta di quest’esperienza:

L’obiettivo era quello di promuovere la prosecuzione del cammino sinodale avviato dall’ultimo Sinodo dei Vescovi sul tema: “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale” e dall’Esortazione Apostolica di Papa Francesco “Christus Vivit”.

Ogni giornata iniziava con la preghiera, seguita da input specifici secondo il tema del giorno, tavole rotonde e discussioni aperte fra tutti i partecipanti, gruppi di lavoro e momenti di presentazione, e infine l’Eucaristia.

Il primo giorno è stato dedicato alla riflessione sul processo sinodale a livello locale, con domande sul coinvolgimento dei giovani come protagonisti di questo processo e sugli esempi di buone pratiche emerse da questo cammino comune. Il secondo giorno abbiamo affrontato invece la domanda “Quali aspetti di Christus Vivit sono più rilevanti per il nostro contesto specifico?”. Mentre il terzo giorno abbiamo trattato dei gesti concreti che potremmo attuare, a partire dalla domanda: “Come posso aiutare la mia comunità ecclesiale locale a procedere nell’attuazione delle proposte sinodali?”

Il Forum Internazionale della Gioventù si è concluso sabato con la celebrazione eucaristica nella Basilica di San Pietro e l’incontro con Papa Francesco che ha salutato personalmente ognuno di noi.

La partecipazione a questo Forum è stata per me un’esperienza unica, sia a livello personale, sia come rappresentante dell’MGS. Il Forum è stato un grande esempio di come continuare il cammino sinodale con i giovani, di come ascoltarci e renderci protagonisti di questo processo. All’inizio del Forum ogni delegato è stato presentato individualmente per nome e Paese/Movimento: è stato un gesto che ho vissuto come un segno di accoglienza, apprezzamento e importanza della nostra presenza. I momenti più forti sono stati quelli di condivisione con gli altri partecipanti, non solo nei gruppi di lavoro, ma soprattutto nelle fasi informali.

Gli argomenti sono rimasti gli stessi: “Cosa sperimentiamo nella nostra vita quotidiana nella Chiesa? Cosa sogniamo per la Chiesa? Come possiamo sostenere il cammino sinodale?” E quest’evento ha dimostrato che siamo tutti parte di una grande famiglia chiamata Chiesa, piena di diversità e di giovani che “bruciano” per essa.

“Impegniamoci ad essere agenti del cambiamento, di pace, gioia e speranza” è stata una delle frasi motivazionali presentate da uno dei gruppo di lavoro nell’ultimo giorno. “Vogliamo una Chiesa con e per i giovani” è stata un’altra di queste frasi, che magari potrebbe essere piuttosto nota nell’MGS, ma che non descrive la realtà di tutti i giovani. Ecco perché, insieme a tutti gli altri membri della Chiesa, abbiamo bisogno di continuare questo cammino sinodale, per essere una Chiesa accogliente, proiettata verso tutte le persone, specialmente i giovani e coloro che sono o si sentono lontani dalla Chiesa.

Voglio concludere con un’altra frase motivazionale ascoltata al forum: “Siamo il volto di Cristo, pienamente vivo!”

Lettere di amici – Antonio Rosmini e don Bosco

Si riporta l’articolo a cura di Roberto Cutaia, Avvenire – domenica 30 giugno 2019, riguardo la storia di amicizia che nacque tra San Giovanni Bosco e l’abate Antonio Rosmini, raccontata nelle memorie Biografiche del Santo dei giovani:

«Ella, proseguì don Bosco rivolgendosi al secondo, avrà la classe dei più dissipati!».

Ad Antonio Rosmini, scrive nelle Memorie biografiche di don Giovanni Bosco il suo primo biografo il salesiano Giovanni Battista Lemoyne, don Bosco affidò «la classe dei più dissipati» e dopo ascoltando i suoi discorsi, rimase molto impressionato dalla sua capacità di dare «spiegazioni così sode e tuttavia molto adatte all’intelligenza dei giovani». Lo pregò quindi di tener loro anche dopo i vespri un «sermoncino».

A cose fatte don Bosco decise di informarsi su chi fossero i due visitatori e, saputo che uno dei due era l’abate Rosmini «sorpreso esclamò: L’Abate Rosmini! il filosofo!» «Oh? il filosofo!», rispose sorridendo Rosmini. «Un personaggio di tanto grido continuava don Bosco – colui che scrisse tanti libri di filosofia!». «Eh, sì; scrissi qualche libro!», rispose Rosmini. E don Bosco, soggiunse: «Allora non mi stupisco più se lei ha fatto il catechismo tanto bene e con tanto sugo».

Ecco l’incipit di quella che si rivelerà una grande storia di amicizia e simpatia, cominciata a Torino tra il 1836 e il 1845 e mai interrotta, tra san Giovanni Bosco, il beato Antonio Rosmini e tra Rosminiani e Salesiani. E ora la cifra e l’emblema di questa amicizia è riportata nel volume che raccoglie il Carteggio Rosmini-Bosco pubblicato dalle Edizioni Rosminiane (pagine 216, euro 10), per la cura di Gianni Picenardi e con la presentazione del cardinale Tarcisio Bertone, ex segretario di Stato vaticano e dal preposito generale dei Rosminiani Vito Nardin.

Carteggio che verrà presentato a Stresa il primo luglio al Collegio Rosmini (via per Binda, 47) in occasione della memoria liturgica del beato. «Buona parte della corrispondenza riportata nel volume parla di prestiti, scadenze, proroghe, sopralluoghi. L’abate Rosmini e il suo Istituto furono generosi sostenitori delle opere salesiane, tra cui la costruzione della chiesa di San Francesco di Sales e della Basilica di Maria Ausiliatrice, aiutando in tutti i modi con prestiti a lungo termine, riduzione di tassi di interesse, offerte di vario genere, favorendo la divulgazione dei testi scritti da don Bosco. Alcuni giovani studenti rosminiani erano accolti nella casa salesiana di Valdocco, e questo assicurava un appoggio a Torino per l’Istituto della carità e un piccolo introito per i Salesiani », sottolinea nella presentazione il cardinale Bertone.

«Alla vita consacrata spetta il compito di vivere e favorire il più possibile la realizzazione della preghiera di Gesù. Il nome “società”, fu quello preferito dai Fondatori a partire dall’800, compreso don Bosco», spiega Nardin. Si trovano pertanto raccolte in un unico volume lettere edite e inedite, disegni e progetti che il curatore ha opportunamente suddiviso in sei tematiche: promozione vocazionale, progetto iniziale di collaborazione per Valdocco; costruzione della chiesa di san Francesco di Sales; progetti di apertura di una casa rosminiana e una tipografia comune a Torino; l’acquisto del terreno a Valdocco e la sua successiva rivendita a don Bosco, lo sfumare del piano per la “Società tipografica”; infine la tematica delle buone relazioni e l’amicizia tra Salesiani e Rosminiani tuttora vigenti ed enucleati in appendice.

Don Bosco Network – Il saluto di P. Guillermo Basañes

Si riporta qui di seguito la Newsletter a cura di Don Bosco Network con i saluti di P. Guillermo Basañes, Consigliere per le Missioni:

Dal 13 al 27 febbraio il Rettor Mag-giore mi ha inviato per una Visita Straordinaria presso l’Ispettoria Salesiana di Bangalore. Questo ha significato dover visitare una per una ogni presenza di Don Bosco nello Stato del Kera-la e nel Karnataka. Un’esperienza emozionante, in-tensa e di apprendimento. Tra le folle di giovani, bambini e adulti, un piccolo bambino – di sei anni? – si è avvicinato a me a Vaduthala e mi ha dato un pic-colo foglio dicendomi in un inglese abbastanza com-prensibile: “Questo è per te”. Molto commosso, ho letto quello che aveva scritto a mano sul foglio: “Tu sei felice, Padre?”. La domanda è arrivata diretta al mio cuore Salesiano, facendo germogliare molti pensieri, specialmente su quanto sia convincente oggi la nostra gioia Salesiana. In effetti, questo mon-do è particolarmente assetato di gioia autentica. Chi si avvicinava a Don Bosco non sperimentava solo l’efficacia dei suoi progetti e i suoi sogni ad occhi aperti, ma anche una gioia irresistibile e contagiosa. Molte agenzie e ONG, quando interagiscono con partner della famiglia di Don Bosco percepiscono e vedono che siamo portatori di una gioia particolare. Non è altro che la passione e l’amore di Don Bosco per i giovani. Manteniamo gioiose le istituzioni di Don Bosco!

In don Bosco,
P. Guillermo Basañes
Consigliere per le Missioni

 

La nostra vita è come un viaggio: una strada ora in salita, ora in discesa

Pubblichiamo la testimonianza di Fatima, giovane studente del CnosFap di Valdocco, presente su La Voce e il Tempo – a cura di Rosarina Spolettini, insegnante – riguardo la strada che l’ha condotta a Torino. Buona lettura!

«La nostra vita è come un viaggio, una strada ora in salita, ora in discesa, tortuosa o dritta».

È il titolo di un tema assegnato a Fatima S. durante questo anno scolastico e non poteva essere più calzante, perché la sua vita è un viaggio e non certo turistico…

Ho incontrato Fatima presso una biblioteca civica torinese, dove svolgo servizio di volontariato per insegnare l’italiano agli stranieri e mentre le davo una mano nello studio ho conosciuto la sua tormentata storia di figlia di migranti.

Il primo viaggio l’ha portata a Torino dal Marocco, suo paese di origine, dove ha frequentato per due anni la scuola elementare. Poi nuovamente in Marocco, dove è rimasta per sette anni con il rammarico di lasciare Torino, la scuola, i compagni e le maestre con cui si trovava bene, cosa facile quando si è bambini .

Nel 2017 un terzo viaggio, ancora per motivi di lavoro del padre, l’ha riportata a Torino: tutto più è stato difficile, una strada in salita e piena di sassi. Si iscrive presso un istituto tecnico solo con una connazionale sua vicina di casa (se casa si può definire una stanza a piano terra, ex bottega, senza riscaldamento e con i servizi nel cortile, dove Fatima viveva con la sua numerosa famiglia).

Presto si è resa conto che quella scuola scelta era troppo difficile a partire dalla lingua e anche farsi degli amici era diventato difficile. Era isolata, alcuni compagni le dicevano di tornarsene al suo paese: si sentiva morire dentro, senza più fiducia in se stessa, perdente. Poi l’incontro in biblioteca dove ho capito che il problema non era solo la lingua ma la ricostruzione di un sé smarrito ed insieme abbiamo iniziato un percorso di conoscenza.

La solidarietà e l’empatia ci aiutano ad allargare i nostri orizzonti; confrontarci con lingue e culture nuove, ci cambia interiormente ed è proprio quello che mi è capitato con Fatima. Ho iniziato ad ascoltarla e lei si è sentita accolta, è riuscita a dire ciò che provava e parlare delle sue paure. Insieme abbiamo deciso di scegliere una scuola più adatta a lei ed Fatima si è iscritta ad una corso di formazione professionale salesiana presso il Cnos-Fap di Valdocco di Torino. E a Fatima si è aperto un mondo.

Lo stile educativo di don Bosco è stato per lei, ragazza musulmana, terapeutico sotto tutti i punti di vista. Ha iniziato il primo anno con speranze e paure, poi le speranze sono diventate certezze e la paura è scomparsa. Ha conosciuto professori che hanno saputo accoglierla, guardando oltre le sue reali difficoltà e dandole fiducia. Questa pratica educativa ricorda la ricerca-azione, il cui scopo non è solo quello di dare conoscenze, ma introdurre cambiamenti migliorativi, attraverso la complessità, come attenzione a tutto l’essere umano e l’ascolto sensibile, basato sull’empatia per ottenere il cambiamento.

Fatima si è impegnata molto nel cercare di migliorarsi ed ha raggiunto nei giorni scorsi il traguardo della qualifica. Ora la sua strada è più facile, ci sono meno salite ed ha imparato a guardare al futuro con fiducia ed anch’io sono cresciuta con lei.

Rosarina Spolettini, insegnante

Incontro congiunto dei Consigli Generali SDB e FMA

Dal Sinodo sui Giovani del 2018 ai Capitoli Generali del 2020: l’incontro congiunto dei Consigli Generali SDB e FMA.
Si riporta l’articolo pubblicato oggi dall’Agenzia d’Informazione Salesiana (ANS).

A cinque mesi dal precedente appuntamento, si è svolto nel pomeriggio di ieri, mercoledì 26 giugno, il tradizionale incontro estivo congiunto tra i Consigli Generali dei Salesiani di Don Bosco (SDB) e delle Figlie di Maria Ausiliatrice (FMA). Il tema principale della condivisione, realizzata presso la Casa Generalizia delle FMA a Roma, è stato ispirato dal Sinodo dei Vescovi del 2018, su “I Giovani, la Fede e il Discernimento Vocazionale”, con lo sguardo proiettato sui prossimi Capitoli Generali: quello dei Salesiani a Torino-Valdocco, tra febbraio e aprile 2020; e quello delle FMA a Roma, tra settembre e novembre 2020.

I principali contributi all’incontro sono arrivati da don Rossano Sala, SDB, Segretario Speciale al Sinodo del 2018, che è intervenuto sull’Esortazione Apostolica post-sinodale Christus Vivit (in particolare sui capitoli 7-8); e da suor Runita Borja, Consigliera Generale per la Pastorale Giovanile delle FMA, che ha illustrato i punti salienti del Capitolo Generale 24 che l’Istituto FMA si appresta a celebrare:

  • Ascolto dei giovani;
  • In cammino con Maria;
  • Sinodalità Missionaria;
  • Lettura piena di speranza della realtà attuale.

Dopo i loro interventi è seguita una tradizionale condivisione in gruppi e in assemblea, da cui sono emersi alcuni spunti:

  • l’attenzione principale è stata dedicata a COME ASCOLTARE e ACCOMPAGNARE i giovani, a livello personale e comunitario;
  • bisogna concentrarsi sull’incontro con i giovani poveri ed emarginati, quelli che erano al centro del cuore di Don Bosco e Madre Mazzarello. Oggi significherebbe anche una specifica attenzione ai giovani che lottano contro la tossicodipendenza;
  • non basta leggere la Christus Vivit, bisogna anche studiarla e acquisirne le principali ispirazioni;
  • bisogna trovare il coraggio di cambiare le strutture e lo stile di vita in funzione dei giovani reali attorno a noi: “Per chi siamo?”
  • le domande aperte stanno rendendo migliore la nostra vita : Che tipo di salesiani per i giovani di oggi? Chi è che muove la nostra vita? Sono i giovani e lo Spirito Santo?

Nel pensiero offerto per la “Buonanotte” salesiana, il Rettor Maggiore, don Ángel Fernández Artime, ha poi riflettuto sulle migliaia di giovani in difficoltà o a rischio che ogni giorno vengono salvati nelle case salesiane di tutto il mondo: bambini, ragazzi e giovani che sono accolti e amati nelle opere educative SDB e FMA e lì trovano la loro salvezza. Il necessario cambiamento della vita della Congregazione SDB e dell’Istituto FMA, già intrapreso attraverso i cammini precedenti i due Capitoli Generali (il 28° per i Salesiani e il 24° per le FMA), ha osservato, potrà avvenire davvero solo aprendo quotidianamente il cuore alle ispirazioni dello Spirito e donando la vita ai giovani.

L’incontro congiunto, con i suoi momenti di condivisione e confronto, fraterni e spontanei, favorisce anche la comprensione reciproca dell’unico carisma salesiano vissuto nelle diverse forme. Come recita la Carta d’Identità della Famiglia Salesiana (art. 10):

“Avvertire che senza gli altri, i membri di un particolare Gruppo non possono essere se stessi, dovrebbe essere consapevolezza da tutti coltivata”.

Missioni Don Bosco – “A casa di chi resta”: una mostra a Bardonecchia

Si riporta il Comunicato Stampa di Missioni Don Bosco del 27 giugno 2019 in merito l’iniziativa “A casa di chi resta”, una mostra a Bardonecchia (TO) nell’ambito della Campagna “Stop Tratta”.

Comunicato stampa Missioni Don Bosco
Campagna “Stop Tratta”
“A casa di chi resta”: una mostra a Bardonecchia (TO)
per conoscere le terre di origine di chi migra in Italia in una delle città di transito degli antichi frontalieri e dei nuovi migranti.

L’estate 2019 offrirà agli abitanti e ai turisti di Bardonecchia (TO) argomenti di conoscenza sul tema nei migranti per scoprire la terra di origine di chi intraprende il viaggio verso l’Italia.

Missioni Don Bosco proporrà infatti la mostra “A casa di chi resta” dal 19 agosto al 30 settembre, un’iniziativa nell’ambito della campagna “Stop Tratta” che realizza con la Ong Volontariato Internazionale per lo Sviluppo.

L’anteprima di questo evento e l’incontro con i giornalisti sarà sabato 13 luglio nella Sala Giolitti al Palazzo delle Feste di Bardonecchia * con questo programma:

  • ore 18,00: lettura teatrale di “Nel mare ci sono i coccodrilli”, dall’omonimo libro di Fabio Geda con la Compagnia Teatro Minimo;
  • ore 19,00: “Message in a bottle. Storie di vini, di viaggi e di eroi”, degustazione guidata di vini “eroici”, ottenuti da vigneti che fanno più fatica a mettere radici, accompagnata dall’ascolto di storie di chi ha attraversato il deserto e il mare per provare a mettere radici lontano dalla sua terra.

Per ragioni organizzative, è necessario prenotarsi per la degustazione entro il 9 luglio, telefonando al numero 011 3990101.

GIOVANI, PERIFERIE: il circolo vizioso che moltiplica il disagio

Si riporta l’interessante ricerca condotta da Mauro Zangola, economista esperto nel mercato del lavoro, in merito alla situazione dei giovani e del disagio sociale nella città di Torino.

I quartieri «fragili» concentrano più disagi nello stesso territorio; e in cui sono maggiori le difficoltà di vita e di lavoro per fasce diverse della popolazione. Mauro Zangola (economista e esperto nel mercato del lavoro) ha elaborato per la diocesi di Torino una ricerca complessa e ricca di dati per portare in evidenza alcuni elementi del disagio, giovanile e non solo, nella città di Torino. L’incrocio dei «numeri» sui giovani con quelli del disagio economico delle famiglie, dell’invecchiamento della popolazione, della scolarità permette di costruire un quadro inedito della frastagliata realtà torinese.

Il metodo di raccolta delle informazioni seguito da Zangola parte da due indicatori principali:

  • 94 aree statistiche in cui l’Istat ha suddiviso il territorio della Città;
  • 23 quartieri «storici» in cui Torino era articolata, negli anni ’70 e ’80 (al tempo dei Coordinamento dei Comitati spontanei di Quartiere).

Attraverso queste due «griglie» Torino rivela una quantità di dettagli che le analisi condotte sull’intero territorio comunale non possono cogliere con la stessa precisione.

Se in generale lo studio di Zangola conferma gli argomenti di lettura delle «due città», contiene anche una indicazione «politica» precisa: conoscendo meglio le situazioni, è anche possibile elaborare interventi mirati, e andare a sostenere progetti che trovino rispondenze concrete nelle necessità della popolazione, in particolare dei giovani e delle famiglie.
Lo studio ha raccolto anche un «indice» della presenza delle istituzioni (Comune, Regione, Chiesa, Terzo settore) nei quartieri con il maggior disagio giovanile.

 

IL COMMENTO DI MONS. CESARE NOSIGLIA
Arcivescovo di Torino

L’inchiesta che ho sollecitato il dott. Zangola a realizzare era volta a conoscere meglio la situazione con dati oggettivi in modo da attivare insieme alle altre componenti istituzionali una strategia di coordinamento e promozione di percorsi unitari. Per la Chiesa di Torino conoscere e affrontare il disagio dei giovani è un fattore decisivo: a noi tocca di «uscire» a incontrare queste persone nei contesti dove vivono – contesti territoriali e urbani, ma anche culturali e psicologici. Il lavoro è la prima «soluzione»: e il contesto in cui il lavoro c’è o si crea è la questione politica centrale di questo nostro tempo, in questa nostra città. per questo i dati raccolti dal dott. Zangola sono molto interessanti, realistici e preoccupano non poco anche se l’impegno della città, della Regione, della Chiesa e del terzo settore non è secondario e nemmeno superficiale o di pura risposta alla emergenza.

Mi ha colpito molto constatare che nei luoghi della città dove più ampio ed esteso è il disagio sociale, le periferie appunto, altrettanto esteso e ancora più profondo è il disagio giovanile soprattutto per quanto attiene alla formazione al lavoro e a uno sbocco professionale appropriato. Questo fatto, insieme ai dati sull’invecchiamento generale della popolazione torinese, e alla «fuga» dei figli del ceto medio, completa il quadro non facile della vita della città. E aiuta a comprendere, a mio parere, l’opportunità e la necessità di intervenire con tutte le forze disponibili per combattere la povertà e l’impoverimento. Altrimenti quello scenario, più volte evocato, delle «due città», rischia di consolidarsi: ma nessuno di noi ha bisogno di una città di benestanti contrapposta alle «città» degli esclusi!

Nella direzione della città «riunita» va l’impegno della Chiesa: parrocchie, unità pastorali e diocesi, istituti religiosi, associazioni del terzo settore assicurano una capillare presenza sul territorio delle periferie con una serie di servizi religiosi ovviamente ma anche culturali e sociali. Penso ai 44 Centri di ascolto che accolgono decine di migliaia di persone al giorno, a una serie articolata di sportelli per il lavoro che offrono soprattutto informazioni. Anche il Centro di ascolto per imprenditori presso l’ufficio di pastorale del lavoro promuove un servizio concreto di orientamento e sostegno a imprenditori in difficoltà. Abbiamo poi la Migrantes che si occupa degli immigrati e rifugiati e attiva percorsi di inclusione sociale che comprendono il lavoro quando è possibile assicurare a queste persone il permesso di soggiorno. E infine la pastorale del lavoro con diversi laboratori che sui territori si rivolgono principalmente ai neet. La fondazione Operti poi che è collegata strettamente con la Diocesi promuove ogni anno centinaia di sostegni lavorativi mediante sia le borse lavoro che il microcredito. Anche la fondazione san Matteo sull’usura opera egregiamente a favore di persone che vivono situazioni di questo genere.

Occorre dunque promuovere un adeguato ed efficace coordinamento per condividere una Mappa dei servizi che curi anche la formazione degli operatori oltre che il rapporto con i giovani. Ci vuole insomma una progettualità condivisa per ottimizzare le risorse e le proposte. Si propone di attivare un Comitato permanente con la partecipazione di tutte le realtà che operano sul campo in questo ambito del lavoro dei giovani sul territorio.

In conclusione. Credo che questa tema delle periferie meriti un supplemento di responsabilità da parte di tutte le componenti cittadine. Purtroppo assisto impotente a scelte che vanno in senso contrario come è successo recentemente con la scuola elementare Vidari del quartiere Mirafiori nord che ha deciso di chiudere la prima classe e pertanto in prospettiva di chiudere la scuola stessa. Malgrado la popolazione, i sindacati, la parrocchia e la Diocesi abbiano chiesto un ripensamento investendo i massimi livelli fino al Ministero, non si è ottenuto niente. La voce della gente non ha voce, contano le regole generali che si applicano indipendentemente dalla realtà territoriale e dalle concrete esigenze della gente che le abita.

Due docenti del CFP di Bra in Oriente

Si riporta l’articolo pubblicato oggi su La Stampa a cura di Valter Manzone, in merito all’esperienza vissuta da due professori del CFP di Bra con il “Progetto Cina”.

In Cina spiegano come “formare” ragazzi

«Oggi (ieri, ndr) abbiamo fatto una riunione con i ragazzi cinesi e i loro docenti. Erano molto interessati a conoscere come funziona la formazione professionale in Italia. E volevano sapere se da noi si può fumare a scuola e utilizzare il cellulare».

Il messaggio WhatsApp di Giacomo Raffreddato e Matteo Trunfio, i due docenti del Centro di formazione professionale salesiano di Bra arrivati domenica a Pechino, è arrivato poco prima di mezzogiorno di ieri, quando in Cina erano le 20.

I due formatori si fermeranno tutta la settimana nella capitale cinese, accolti dal missionario salesiano cuneese don Michele Ferrero, docente di Latino all’Università di Pechino, che vive in una comunità internazionale. Il modello italiano L’obiettivo di “Progetto Cina” è provare ad avviare la formazione professionale nel Paese asiatico.

I due formatori braidesi – Giacomo di panetteria,pasticceria e pizzeria, Matteo di meccanica industriale – hanno il compito di spiegare il modello italiano di percorso formativo e dare qualche consiglio per poter avviare i corsi, che dovrebbero coinvolgere giovani dai 16 anni in su usciti dal sistema scolastico statale.

Dicono i docenti:

«Siamo venuti per dare una mano ad avviare dei laboratori sia di pasticceria sia di automotive, che possano accogliere giovani cinesi in cerca di un lavoro. Poi completeremo il nostro viaggio con la permanenza di qualche giorno in un lebbrosario, a fianco di un salesiano che vi opera da molti anni».

Conclude Adriano Isoardi, referente del gruppo dei Salesiani cooperatori braidesi e promotore del progetto:

«Sono contento che i salesiani di Bra, il Cfp e i due docenti abbiano accolto con entusiasmo questo “sogno” che adesso è diventato realtà. In un mondo molto complesso, nel quale ci sono più cose che non si possono fare rispetto a quelle fattibili, con il giusto spirito salesiano e la loro professionalità, Giacomo e Matteo possono c vivere un’esperienza – sostenuta anche dal punto di vista economico da tanti benefattori – che di certo produrrà ottimi frutti».

Festa di San Giovanni: Il cercatore di melodie che fa suonare le campane

C’è chi si diverte a strimpellare la chitarra con gli amici e chi ama cantare. Ma c’è anche chi preferisce spingersi oltre il pentagramma, per dirigersi su scale più alte. Oggi, per la festa di San Giovanni, le campane di Torino si sono animate con le melodie di Marco Di Gennaro, insegnante di religione di 34 anni che per passione “va a caccia” di antiche melodie della tradizione liturgica.

Si è cominciato al Cottolengo (alle 9.00), con un concerto di 12 campane. Poi alla Basilica di Maria Ausiliatrice (alle 9,30) alla Cattedrale di San Giovanni (alle 10), fino a San Gioacchino (11.30) e il concerto grosso, alle 12.00, con la suonata in simultanea di tutti i campanili. L’ultimo concerto, alle 18.45 alla Chiesa delle Stimmate di San Francesco in Parco Dora.

Marco Di Gennaro, direttore d’orchestra e prima voce del gruppo Campane To, collabora con la Diocesi e le parrocchie allo scopo di far risuonare antiche melodie.
Più che un musicista vero e proprio Marco Di Gennaro si vede come «un cercatore di melodie», laureato con una tesi in filosofia sul suono delle campane nella tradizione locale.

«Sono un organista per diletto, per vivere insegno religione e lettere all’Istituto dei Salesiani. Ho imparato a suonare grazie ai campanari del Monferrato, che gestiscono una piccola scuola per appassionati. Ma da anni inseguo il sogno di recuperare la voce di tutti i campanili di Torino».

Per San Giovanni sono quasi 200 le campane che hanno suonato a festa. Di queste il gruppo Campane To ne ha riprogrammate più di una ventina. Ma otto su dieci sono sotto la supervisione artistica di questi giovani. Il lavoro è completamente volontario.

«Ascoltare le campane è come ascoltare il suono di Dio, mi spiace davvero quando qualcuno si lamenta delle campane, per rintocchi di appena 35 secondi ».

(Tratto dall’Articolo pubblicato domenica 23 giugno su Corriere Torino dedicato al rintocco delle campane di Torino, a cura di Cristian Benna)