Il logo di SYM Europe: un dono reale

Il coordinamento “Small Team SYM Europe” ha svelato il logo in vista del Confronto del Movimento Giovanile Salesiano (MGS) Europa in programma dall’11 al 16 agosto del 2017.  Un logo suddiviso in tre “frecce” che rappresentano: visione – blu, passione – rosso, e missione – giallo. Tre parti che possono anche essere riferite alla Trinità: Padre, Figlio e Spirito Santo.

Nella scelta del logo per il Confronto lo “Small Team” ha effettuato una selezione tra le oltre trenta proposte, pervenute da Austria, Montenegro, Slovenia, Francia e Portogallo. In occasione della festa della beata Laura Vicuña (22 gennaio) –uno dei più insigni modelli di spiritualità giovanile salesiana – lo Small Team ha annunciato il logo vincitore: il disegno a cura di Anais e Anne-Florence del MGS Francia-Belgio Sud.

La descrizione del logo suggerisce alcune riflessioni. La Visione, ovvero la freccia blu in basso a sinistra, rappresenta l’invito ad essere da subito lungimiranti, sebbene sia necessario attingere dalle proprie radici: perciò la freccia è orientata verso il basso. Il colore blu inoltre esprime i sogni, il cielo, l’orizzonte.

La Passione, ovvero la freccia rossa in basso a destra, esorta al raggiungimento di un obiettivo con una forte energia, cuore pulsante della missione con i giovani. Questa seconda freccia è orientata verso il basso perchè questa è un energia da mettere in campo. Il rosso esprime quest’energia, ma anche l’amore che si mette nel raggiungere l’obiettivo con cuore, speranza ed entusiasmo (portando Dio dentro  di sé).

La Missione, ovvero la freccia gialla rivolta verso l’alto, necessita dello slancio per essere portata avanti con gioia e con il costante sostegno della visione e della passione, ecco perchè la freccia è rivolta verso l’alto.

Queste tre parti sono collegate da sentieri (linee bianche) che formano un piccolo cubo, in cui tutto converge verso un dono: Dio (al centro).

Vista nel complesso, la forma del logo può essere vista anche come un pacco dono, in quanto l’insieme di visione, passione, missione e Dio possano essere una reale offerta di un dono.

Rassegna stampa dal sito ANS

Ans – Roma 1  *   Ans – Roma 2  *  Ans – Bled

 

 

Giornata Nazionale per la vita (5 febbraio 2017)

Riportiamo il messaggio Messaggio del Consiglio Episcopale Permanente per la 39a Giornata Nazionale per la vita in programma il 5 febbraio 2017.

Donne e uomini per la vita
nel solco di Santa Teresa di Calcutta

Il coraggio di sognare con Dio
Alla scuola di Papa Francesco s’impara a sognare. Spesso nelle udienze fa riferimento ai sogni dei bambini e dei giovani, dei malati e degli anziani, delle famiglie e delle comunità cristiane, delle donne e degli uomini di fronte alle scelte importanti della vita. Sognare con Dio e con Lui osare e agire! Quando il Papa commenta la Parola di Dio al mattino o quando tiene discorsi nei vari viaggi apostolici, non manca di incoraggiare a sognare in grande. È nota la sua devozione a san Giuseppe, che considera uomo del “sogno” (Cfr. Mt 1,20.24). Quando si rivolge alle famiglie, ricorda loro che il sogno di Dio “continua a realizzarsi nei sogni di molte coppie che hanno il coraggio di fare della loro vita una famiglia; il coraggio di sognare con Lui, il coraggio di costruire con Lui, il coraggio di giocarci con Lui questa storia, di costruire un mondo dove nessuno si senta solo, nessuno si senta superfluo o senza un posto”

I bambini e i nonni, il futuro e la memoria
Per Papa Francesco il sogno di Dio si realizza nella storia con la cura dei bambini e dei nonni. I bambini “sono il futuro, sono la forza, quelli che portano avanti. Sono quelli in cui riponiamo la speranza”; i nonni “sono la memoria della famiglia. Sono quelli che ci hanno trasmesso la fede. Avere cura dei nonni e avere cura dei bambini è la prova di amore più promettente della famiglia, perché promette il futuro. Un popolo che non sa prendersi cura dei bambini e dei nonni è un popolo senza futuro, perché non ha la forza e non ha la memoria per andare avanti”.
Una tale cura esige lo sforzo di resistere alle sirene di un’economia irresponsabile, che genera guerra e morte. Educare alla vita significa entrare in una rivoluzione civile che guarisce dalla cultura dello scarto, dalla logica della denatalità, dal crollo demografico, favorendo la difesa di ogni persona umana dallo sbocciare della vita fino al suo termine naturale. È ciò che ripete ancora oggi Santa Teresa di Calcutta con il famoso discorso pronunciato in occasione del premio Nobel 1979: “Facciamo che ogni singolo bambino sia desiderato”; è ciò che continua a cantare con l’inno alla vita: “La vita è bellezza, ammirala. La vita è un’opportunità, coglila. La vita è beatitudine, assaporala. La vita è un sogno, fanne una realtà. … La vita è la vita, difendila”.

Con Madre Teresa
La Santa degli ultimi di Calcutta ci insegna ad accogliere il grido di Gesù in croce: “Nel suo ‘Ho sete’ (Gv 19,28) possiamo sentire la voce dei sofferenti, il grido nascosto dei piccoli innocenti cui è preclusa la luce di questo mondo, l’accorata supplica dei poveri e dei più bisognosi di pace”. Gesù è l’Agnello immolato e vittorioso: da Lui sgorga un “fiume di vita” (Ap 22,1.2), cui attingono le storie di donne e uomini per la vita nel matrimonio, nel sacerdozio o nella vita consacrata religiosa e secolare. Com’è bello sognare con le nuove generazioni una Chiesa e un Paese capaci di apprezzare e sostenere storie di amore esemplari e umanissime, aperte a ogni vita, accolta come dono sacro di Dio anche quando al suo tramonto va incontro ad atroci sofferenze; solchi fecondi e accoglienti verso tutti, residenti e immigrati. Un tale stile di vita ha un sapore mariano, vissuto come “partecipazione alla feconda opera di Dio, e ciascuno è per l’altro una permanente provocazione dello Spirito. I
due sono tra loro riflessi dell’amore divino che conforta con la parola, lo sguardo, l’aiuto, la carezza, l’abbraccio”

Roma, 22 ottobre 2016
Memoria di San Giovanni Paolo II

IL CONSIGLIO PERMANENTE
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Festa di Don Bosco – Omelia di Mons. Cesare Nosiglia

OMELIA DELL’ARCIVESCOVO DI TORINO, MONS. CESARE NOSIGLIA,
ALLA S. MESSA NELLA FESTA DI DON BOSCO
(Torino, basilica di Maria Ausiliatrice, 31 gennaio 2017)

«TALITÀ – KUM»: TE LO DICO IO, ALZATI

«L’episodio del Vangelo che abbiamo ascoltato (cfr. Mc 5,21-43) ha come protagonista una famiglia che ha una ragazzina malata. Il padre si rivolge a Gesù per ottenere la guarigione. Tra i tanti insegnamenti che possiamo attingere da questo brano evangelico, c’è anche quello che riguarda il rapporto di ogni educatore verso i giovani e ragazzi, soprattutto quelli “difficili” – come vengono chiamati. Essi portano con sé carenze dovute anche a fattori psicologici o ambientali, più che fisiche, le quali creano a volte grosse difficoltà per i genitori, i docenti, i catechisti e gli educatori adulti in genere. Eppure, proprio a questi “ragazzacci” – come venivano chiamati al tempo di san Giovanni Bosco – egli ha riservato il suo tempo e il suo cuore, trovando risposte sorprendenti e positive.

Gesù, in questo episodio della figlia di Giairo, si avvicina alla ragazza, data per spacciata e irricuperabile, con atteggiamento di amico: la prende per mano, le dice di alzarsi e l’aiuta a sollevarsi; poi, dice ai genitori di darle da mangiare. Gesù non considera dunque questa giovane perduta per sempre, ma l’aiuta a ricominciare a vivere e a credere in se stessa. Nessun ragazzo e ragazza è dunque
considerato “morto” per sempre, da parte di Gesù. Nessuno è considerato così difficile da non tentare un ricupero, da non concedergli fiducia, da non dirgli con forza: “Alzati dalla tua situazione e prendi in mano la tua vita con gioia e coraggio!”.

È questo uno dei tratti più caratteristici dell’azione educativa di Don Bosco, che lo rende imitatore di Gesù e suo discepolo. Dal suo Maestro divino, egli impara a trattare con i ragazzi e giovani scapestrati e rifiutati, quelli meno considerati, scorgendo in essi un fondo di bontà e di forza capace di farli risorgere dalla loro situazione. Si tratta di “ragazzi difficili”, come vengono anche oggi chiamati, e di cui sentiamo sempre più parlare nei mass media, ma pur sempre ragazzi che attendono da noi segnali concreti di prossimità, di amore nella verità e di dialogo sincero e attento alle loro esigenze più profonde, che manifestano a volte anche con modi, linguaggi, scelte e comportamenti giudicati paradossali e trasgressivi da noi educatori.

Don Bosco ascolta questi ragazzi che parlano, anche quando sembrano assenti e indifferenti. Essi lo fanno con linguaggi inusuali, forse, ma molto chiari per chi sa interpretarli e se ne fa carico. Solo accogliendo ed intercettando questi linguaggi si può sperare di entrare nel loro mondo interiore e stabilire un contatto non solo esteriore, ma profondo ed amicale. Il problema è non lasciarsi fermare o scandalizzare dalle loro volute e cercate provocazioni verso il mondo degli adulti e da tutto ciò che contestano. Nel profondo restano ragazzi in ricerca del senso della vita, di affetti sinceri, di gioia e speranza per il futuro. Mettono alla prova i loro educatori, per vedere se dalle belle parole sanno passare ai fatti, se oltre a parlare di amore, di rispetto e di tolleranza, sanno per primi
esercitare queste virtù verso di loro, accettandone i comportamenti non come “difficili o da giudicare” secondo i nostri schemi adulti, ma da comprendere nelle loro cause più profonde e da gestire con serenità, pazienza e fiducia.

La conoscenza di chi sono i ragazzi e di come interpretare le loro ansie, problemi e situazioni di vita è importante, ma non è tutto. Occorre scendere poi nel concreto della proposta da fare. L’educatore deve rapportarsi con loro sapendo bene che cosa dire e come dirlo, perché passino contenuti ed esempi di vita.

È certamente importante, poi, fare esperienze con i ragazzi, ma anche saper riflettere con loro sulle esperienze fatte e cogliere in esse i valori positivi o critici. Ciò su cui siamo oggi più carenti, sono proprio le convinzioni ed i contenuti che dobbiamo comunicare ai ragazzi. Essi se ne accorgono subito, quando siamo incerti nella proposta e timidi nell’offerta di valori e messaggi convincenti, che incrocino le loro attese e speranze in una prospettiva anche del loro domani. Per questo non si possono dimenticare, entrando nel loro vissuto concreto, alcuni ambiti delicati e fondamentali per la loro crescita armonica, libera e responsabile.

Mi riferisco ai temi dell’affettività, con il massiccio bombardamento mediatico che veicola idee, pseudo-valori e immagini di ogni tipo, senza alcuna valenza etica e religiosa. Così come il tema delle devianze, di cui sono sempre più schiavi i ragazzi delle scuole medie e superiori. E, infine, il tema dell’utilizzo critico dei social network e della via digitale, che affascina e cattura la curiosità
delle nuove generazioni (e non solo, perché anche tanti adulti non danno esempio di farne a meno). Occorre, partendo dalla Parola di Dio o giungendo ad essa, porre in risalto non tanto e solo i pericoli, ma le possibilità che vengono offerte dal saper gestire bene questi ambiti di vita, illuminati dal Vangelo e con il dialogo e confronto costante con gli educatori.

Ma dobbiamo anche chiederci sinceramente: la nostra società ama i ragazzi e i giovani? A giudicare da quanto investe in risorse e concrete possibilità offerte loro sul piano educativo e lavorativo,
direi proprio di no. La sempre più scarsa considerazione sia sul piano economico, sia su quello del loro valore sociale, da parte anche delle istituzioni pubbliche, nei confronti delle scuole paritarie e degli oratori – due realtà su cui Don Bosco ha scommesso e che anche oggi rappresentano una frontiera avanzata di formazione e incontro del mondo dei ragazzi e giovani –, conduce inevitabilmente a una loro marginalità e insignificanza. La povertà crescente, poi, che attanaglia molti ragazzi e giovani, privati di una giusta autonomia per il loro presente e futuro, rappresenta un ulteriore segno del degrado sociale, che colpisce anche il nostro territorio.

Tali criticità sono collegate – e spesso anche conseguenti – a una situazione ancora più grave, che è la preclusione dei giovani dal mondo del lavoro, o il prevalere per essi di impieghi saltuari e
precari. Don Bosco ci insegna ad accompagnare ogni ragazzo e giovane nella sua crescita, formando quelle competenze necessarie a impostare bene il suo futuro, mediante uno sbocco professionale. Nell’Agorà del sociale, che abbiamo vissuto nel mese di novembre scorso, i giovani hanno chiesto a tutte le componenti della nostra società di essere accompagnati sia nella scelta degli studi da fare, sia nella successiva ricerca di un lavoro, oggi spesso assente o precario, che impedisce a tanti di avere un progetto di vita meno insicuro.

La voce di Don Bosco si è levata forte anche su questo piano e per questo egli si è preoccupato di dare vita a scuole professionali e a nuovi lavori, che permettessero ai giovani di formarsi e operare
attivamente nella società. Oggi, con tutti i mezzi e le risorse industriali e commerciali, agricole e del terzo settore che abbiamo a disposizione, ci stiamo perdendo in chiacchere nei confronti dei
giovani, senza affrontare seriamente questo tema del lavoro, lasciato alla mercé di un mercato selvaggio, che cerca solo i propri interessi economici e finanziari. Ci sarebbe bisogno di un moderno “Piano Marshall” nel nostro Paese, ma anche a livello di Comunità europea, per affrontare finalmente alla radici questo problema e trovare una soluzione adeguata alla gravità della situazione.

In conclusione, vorrei notare come al capezzale di tanti ragazzi e giovani si affollano esperti di ogni genere, che scrivono libri su libri e sentenziano in modo assoluto su questo o quel metodo per risuscitarli alla vita. Don Bosco sapeva bene – perché stava con loro ogni giorno – che la fonte prima del loro risveglio è in loro stessi. E per questo faceva leva sulle loro risorse interiori, per ridare la voglia di vivere, di amare, di gioire. Questo è il grande e attuale insegnamento del Santo dei giovani; questa deve essere anche la nostra convinzione profonda che ci anima: non ci sono solo ragazzi difficili; ci sono – e siamo noi – adulti difficili e complicati, incerti nella nostra testimonianza, indecisi e tiepidi nella fede e paternalistici nell’amore. Solo l’educatore che sa mettersi in crisi, a partire da se stesso, può trovare nell’umiltà la via che apre all’incontro con i ragazzi e i giovani e sa comunicare con il loro mondo interiore.

Mi auguro che la figura di Don Bosco e la sua testimonianza e insegnamento suscitino in tutti noi, sacerdoti, genitori ed educatori, l’umiltà di farci discepoli dell’unico maestro di vita che è Cristo. Discepoli insieme agli stessi ragazzi, per camminare con loro sulla via che conduce al Signore e trovare in Lui le risposte più vere ed attese dal cuore di ciascuno

+ Cesare Nosiglia
Arcivescovo di Torino».

Torino, 31 gennaio 2017

Ottimismo e speranza dalla casa dei Ragazzi di strada di Ibadan

E’ stata inaugurata la casa dei ragazzi di strada a Ibadan in Nigeria, opera salesiana che negli ultimi anni ha visto la partenza di un progetto di riabilitazione: la “Bosco Boys Street Children Home“, un progetto residenziale per ragazzi di strada corredato da un ambiente salesiano con obiettivi educativi e formativi ben precisi.

La casa per i “Bosco Boys” a Ibadan potrà ospitare un massimo di quaranta ragazzi tra gli otto e i sedici anni per un periodo di circa un anno. Grande sforzo del personale che conterà Salesiani, istruttori, assistenti sociali e volontari sarà tentare una riconciliazione con la famiglia di origine, se possibile, o di studiare percorsi personalizzati in modo da offrire strumenti utili per la qualificazione del ragazzo soprattutto nel mondo del lavoro.

Ecco una fotogallery che testimonia il vivace fermento della giornata inaugurale, con la celebrazione della Santa Messa, i primi candidati all’ingresso della casa di Ibadan, la marcia solenne, il taglio del nastro e la foto ufficiale dell’ingresso.

Intenzione Missionaria del Mese di Febbraio

L’intenzione missionaria per il mese di Febbraio proposta dalla Animazione Missionaria:

PER I MISSIONARI NELLE AMERICHE
Perché mantengano vivo in loro
L’amore di Gesù per i giovani poveri

Lettera del Rettor Maggiore su due nuovi Venerabili salesiani

Il Rettor Maggiore, Ángel Fernández Artime, scrive ai confratelli salesiani ed alla Famiglia salesiana tutta, in occasione della Venerabilità dei Servi di Dio Padre Francesco Convertini, salesiano missionario in India, Padre Josè Vech Vandor, salesiano missionario a Cuba.

La Venerabilità è il riconoscimento da parte della Chiesa che un Servo di Dio ha praticato in grado eroico le virtù teologali della fede, speranza e carità verso Dio come verso il prossimo, e le virtù cardinali della prudenza, giustizia, temperanza e fortezza e le altre virtù connesse.

“Rendiamo grazie per questi nuovi Venerabili della Famiglia Salesiana che ci ricordano la passione missionaria del carisma salesiano, vissuto con fedeltà ed eroismo anche in condizioni difficili e di prova” ha commentato don Pierluigi Cameroni, Postulatore Generale per le Cause dei Santi della Famiglia Salesiana.

Riportiamo il testo integrale del messaggio del Rettor Maggiore.

 

 

 

51ma. Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali

In occasione della ricorrenza di San Francesco di Sales, patrono di giornalisti, autori e scrittori oltre che della Congregazione Salesiana, segnaliamo il Messaggio del Santo Padre Francesco per la 51ma. Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, che quest’anno si celebra, in molti Paesi, domenica 28 maggio, Solennità dell’Ascensione del Signore.

 

«Non temere, perché io sono con te» (Is 43,5).
Comunicare speranza e fiducia nel nostro tempo

L’accesso ai mezzi di comunicazione, grazie allo sviluppo tecnologico, è tale che moltissimi soggetti hanno la possibilità di condividere istantaneamente le notizie e diffonderle in modo capillare. Queste notizie possono essere belle o brutte, vere o false. Già i nostri antichi padri nella fede parlavano della mente umana come di una macina da mulino che, mossa dall’acqua, non può essere fermata. Chi è incaricato del mulino, però, ha la possibilità di decidere se macinarvi grano o zizzania. La mente dell’uomo è sempre in azione e non può cessare di “macinare” ciò che riceve, ma sta a noi decidere quale materiale fornire (cfr Cassiano il Romano, Lettera a Leonzio Igumeno).

Vorrei che questo messaggio potesse raggiungere e incoraggiare tutti coloro che, sia nell’ambito professionale sia nelle relazioni personali, ogni giorno “macinano” tante informazioni per offrire un pane fragrante e buono a coloro che si alimentano dei frutti della loro comunicazione. Vorrei esortare tutti ad una comunicazione costruttiva che, nel rifiutare i pregiudizi verso l’altro, favorisca una cultura dell’incontro, grazie alla quale si possa imparare a guardare la realtà con consapevole fiducia.

Credo ci sia bisogno di spezzare il circolo vizioso dell’angoscia e arginare la spirale della paura, frutto dell’abitudine a fissare l’attenzione sulle “cattive notizie” (guerre, terrorismo, scandali e ogni tipo di fallimento nelle vicende umane). Certo, non si tratta di promuovere una disinformazione in cui sarebbe ignorato il dramma della sofferenza, né di scadere in un ottimismo ingenuo che non si lascia toccare dallo scandalo del male. Vorrei, al contrario, che tutti cercassimo di oltrepassare quel sentimento di malumore e di rassegnazione che spesso ci afferra, gettandoci nell’apatia, ingenerando paure o l’impressione che al male non si possa porre limite. Del resto, in un sistema comunicativo dove vale la logica che una buona notizia non fa presa e dunque non è una notizia, e dove il dramma del dolore e il mistero del male vengono facilmente spettacolarizzati, si può essere tentati di anestetizzare la coscienza o di scivolare nella disperazione.

Vorrei dunque offrire un contributo alla ricerca di uno stile comunicativo aperto e creativo, che non sia mai disposto a concedere al male un ruolo da protagonista, ma cerchi di mettere in luce le possibili soluzioni, ispirando un approccio propositivo e responsabile nelle persone a cui si comunica la notizia. Vorrei invitare tutti a offrire agli uomini e alle donne del nostro tempo narrazioni contrassegnate dalla logica della “buona notizia”.

La buona notizia

La vita dell’uomo non è solo una cronaca asettica di avvenimenti, ma è storia, una storia che attende di essere raccontata attraverso la scelta di una chiave interpretativa in grado di selezionare e raccogliere i dati più importanti. La realtà, in sé stessa, non ha un significato univoco. Tutto dipende dallo sguardo con cui viene colta, dagli “occhiali” con cui scegliamo di guardarla: cambiando le lenti, anche la realtà appare diversa. Da dove dunque possiamo partire per leggere la realtà con “occhiali” giusti?

Per noi cristiani, l’occhiale adeguato per decifrare la realtà non può che essere quello della buona notizia, a partire da la Buona Notizia per eccellenza: il «Vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio» (Mc 1,1). Con queste parole l’evangelista Marco inizia il suo racconto, con l’annuncio della “buona notizia” che ha a che fare con Gesù, ma più che essere un’informazione su Gesù, è piuttosto la buona notizia che è Gesù stesso. Leggendo le pagine del Vangelo si scopre, infatti, che il titolo dell’opera corrisponde al suo contenuto e, soprattutto, che questo contenuto è la persona stessa di Gesù.

Questa buona notizia che è Gesù stesso non è buona perché priva di sofferenza, ma perché anche la sofferenza è vissuta in un quadro più ampio, parte integrante del suo amore per il Padre e per l’umanità. In Cristo, Dio si è reso solidale con ogni situazione umana, rivelandoci che non siamo soli perché abbiamo un Padre che mai può dimenticare i suoi figli. «Non temere, perché io sono con te» (Is 43,5): è la parola consolante di un Dio che da sempre si coinvolge nella storia del suo popolo. Nel suo Figlio amato, questa promessa di Dio – “sono con te” – arriva ad assumere tutta la nostra debolezza fino a morire della nostra morte. In Lui anche le tenebre e la morte diventano luogo di comunione con la Luce e la Vita. Nasce così una speranza, accessibile a chiunque, proprio nel luogo in cui la vita conosce l’amarezza del fallimento. Si tratta di una speranza che non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori (cfr Rm 5,5) e fa germogliare la vita nuova come la pianta cresce dal seme caduto. In questa luce ogni nuovo dramma che accade nella storia del mondo diventa anche scenario di una possibile buona notizia, dal momento che l’amore riesce sempre a trovare la strada della prossimità e a suscitare cuori capaci di commuoversi, volti capaci di non abbattersi, mani pronte a costruire.

La fiducia nel seme del regno

Per iniziare i suoi discepoli e le folle a questa mentalità evangelica e consegnare loro i giusti “occhiali” con cui accostarsi alla logica dell’amore che muore e risorge, Gesù faceva ricorso alle parabole, nelle quali il Regno di Dio è spesso paragonato al seme, che sprigiona la sua forza vitale proprio quando muore nella terra (cfr Mc 4,1-34). Ricorrere a immagini e metafore per comunicare la potenza umile del Regno non è un modo per ridurne l’importanza e l’urgenza, ma la forma misericordiosa che lascia all’ascoltatore lo “spazio” di libertà per accoglierla e riferirla anche a sé stesso. Inoltre, è la via privilegiata per esprimere l’immensa dignità del mistero pasquale, lasciando che siano le immagini – più che i concetti – a comunicare la paradossale bellezza della vita nuova in Cristo, dove le ostilità e la croce non vanificano ma realizzano la salvezza di Dio, dove la debolezza è più forte di ogni potenza umana, dove il fallimento può essere il preludio del più grande compimento di ogni cosa nell’amore. Proprio così, infatti, matura e si approfondisce la speranza del Regno di Dio: «Come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce» (Mc 4,26-27).

Il Regno di Dio è già in mezzo a noi, come un seme nascosto allo sguardo superficiale e la cui crescita avviene nel silenzio. Chi ha occhi resi limpidi dallo Spirito Santo riesce a vederlo germogliare e non si lascia rubare la gioia del Regno a causa della zizzania sempre presente.

Gli orizzonti dello Spirito

La speranza fondata sulla buona notizia che è Gesù ci fa alzare lo sguardo e ci spinge a contemplarlo nella cornice liturgica della festa dell’Ascensione. Mentre sembra che il Signore si allontani da noi, in realtà si allargano gli orizzonti della speranza. Infatti, ogni uomo e ogni donna, in Cristo, che eleva la nostra umanità fino al Cielo, può avere piena libertà di «entrare nel santuario per mezzo del sangue di Gesù, via nuova e vivente che egli ha inaugurato per noi attraverso il velo, cioè la sua carne» (Eb 10,19-20). Attraverso «la forza dello Spirito Santo» possiamo essere «testimoni» e comunicatori di un’umanità nuova, redenta, «fino ai confini della terra» (cfr At 1,7-8).

La fiducia nel seme del Regno di Dio e nella logica della Pasqua non può che plasmare anche il nostro modo di comunicare. Tale fiducia che ci rende capaci di operare – nelle molteplici forme in cui la comunicazione oggi avviene – con la persuasione che è possibile scorgere e illuminare la buona notizia presente nella realtà di ogni storia e nel volto di ogni persona.

Chi, con fede, si lascia guidare dallo Spirito Santo diventa capace di discernere in ogni avvenimento ciò che accade tra Dio e l’umanità, riconoscendo come Egli stesso, nello scenario drammatico di questo mondo, stia componendo la trama di una storia di salvezza. Il filo con cui si tesse questa storia sacra è la speranza e il suo tessitore non è altri che lo Spirito Consolatore. La speranza è la più umile delle virtù, perché rimane nascosta nelle pieghe della vita, ma è simile al lievito che fa fermentare tutta la pasta. Noi la alimentiamo leggendo sempre di nuovo la Buona Notizia, quel Vangelo che è stato “ristampato” in tantissime edizioni nelle vite dei santi, uomini e donne diventati icone dell’amore di Dio. Anche oggi è lo Spirito a seminare in noi il desiderio del Regno, attraverso tanti “canali” viventi, attraverso le persone che si lasciano condurre dalla Buona Notizia in mezzo al dramma della storia, e sono come dei fari nel buio di questo mondo, che illuminano la rotta e aprono sentieri nuovi di fiducia e speranza.

Dal Vaticano, 24 gennaio 2017

Sinodo dei giovani 2018 – Materiale Preparatorio

Nell’ottobre del 2018 si terrà la XV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi sul tema: “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”.

Nella mattinata del 13 gennaio si è tenuta, presso la Sala Stampa della Santa Sede, la Conferenza Stampa di presentazione del Documento Preparatorio del Sinodo, in cui i giovani presenti hanno espresso alla stampa il loro desiderio di “diventare protagonisti non solo di un futuro ancora da venire, ma anche e soprattutto di un presente che ci chiama già oggi a costruire la civiltà dell’Amore, mettendo a frutto i nostri talenti nei luoghi in cui siamo chiamati a vivere”.

Il Santo Padre ha rivolto una Lettera indirizzata direttamente ai giovani, esortandoli a partecipare attivamente al cammino sinodale, perché il Sinodo è per loro e perché tutta la Chiesa si mette in ascolto della loro voce, della loro sensibilità, della loro fede, come anche dei loro dubbi e delle loro critiche. Li invita inoltre ad ‘uscire’, sull’esempio di Abramo, per incamminarsi verso la terra nuova costituita «da una società più giusta e fraterna» da costruire fino alle periferie del mondo.

Il documento preparatorio si propone di individuare le modalità migliori per accompagnare i giovani a riconoscere e accogliere la chiamata alla vita in pienezza e per annunciare loro più efficacemente il Vangelo. Il Documento dà avvio alla fase della consultazione di tutto il Popolo di Dio: è indirizzato alle Conferenze episcopali, ai Consigli dei Gerarchi delle Chiese Orientali Cattoliche, ai dicasteri della Curia Romana e all’Unione dei Superiori Generali. È prevista, inoltre, una consultazione dei giovani stessi attraverso un sito Internet.

 

 

E se Don Bosco ti scrivesse su whatsapp?

Da oggi in rete l’ebook dal titolo “Cosa ti direbbe lui? 30 cit.Azioni alla #DonBosco maniera”, una pubblicazione voluta e realizzata dall’ufficio nazionale Salesiani per il Sociale – Federazione SCS/CNOS a cura di Mariana Ciavarro, pedagogista sociale e animatrice, e Stefania Gagliano, illustratrice d’infanzia e cooperatrice salesiana. Un modo digital per celebrare il mese dedicato al santo dei giovani con 30 consigli di Don Bosco, riletti in chiave moderna e adatti ad ogni situazione del giorno.

Non una raccolta delle citazioni di Don Bosco, come già altri hanno fatto, ma pensieri e riflessioni che parlano alla quotidianità di tutti, mediante un dialogo con quel “padre, maestro ed amico” che tiene davvero alla felicità di ognuno.  E perché non farlo con un mezzo moderno come le chat? L’ebook contiene 30 situazioni in cui ciascuno può trovarsi, in qualunque età della vita.

«Abbiamo pensato a questo ebook per celebrare il nostro “padre, maestro ed amico” Don Bosco, “l’apostolo della buona stampa” come fu definito per la sua grande produzione letteraria, buona parte della quale a favore dei giovani – ha sottolineato Don Giovanni D’Andrea, presidente di Salesiani per il Sociale. «Realizzando questo ebook crediamo di essere dentro il solco della memoria ed allo stesso tempo dell’innovazione, dello stare “al passo coi tempi”. Ci auguriamo possano essere da stimolo per una riflessione che aiuti il cammino della vita a partire dall’interiorità di ciascuno».

L’ebook è scaricabile gratuitamente  in formato epub (per lettori di libri digitali) o in pdf (per dispositivi Windows o Macintosh).

Note di PG: n° speciale della rivista in preparazione al Sinodo 

La XV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi si terrà nell’ottobre del 2018 sul tema: “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale“.
Il tema – riferisce Papa Francesco in una nota – “intende accompagnare i giovani nel loro cammino esistenziale verso la maturità affinché, attraverso un processo di discernimento, possano scoprire il loro progetto di vita e realizzarlo con gioia, aprendosi all’incontro con Dio e con gli uomini e partecipando attivamente all’edificazione della Chiesa e della società”.​

Proprio in vista del Sinodo uscirà un numero speciale di “Note di Pastorale Giovanile”, che sarà valorizzato anche in occasione del Convegno di PG della CEI.
Nella lettera firmata da don Rossano Sala, direttore di NPG, ci sono tutte le indicazioni di contenuto e di costi.


La dinamica è la stessa adottata in occasione della pubblicazione speciale del numero estivo: ogni Ispettoria, Ufficio ed Ente indica quante copie ne prende e lo comunica all’indirizzo mail di don Giancarlo: giadeni@gmail.com oppure 064940442.
Il numero speciale sarà pronto per la metà di febbraio e potrà essere consegnato nelle singole ispettorie,uffici o enti.
I lineamenta del Sinodo usciranno a metà gennaio, per cui il team redazionale sarà nei tempi giusti per affrontare il tema e farne oggetto di lettura, studio e condivisione.
La scadenza per la prenotazione del numero speciale è venerdì 20 gennaio 2017.

Inoltre, si rinnova l’invito ad abbonarsi a NPG, uno strumento di formazione e di accompagnamento nel proprio servizio educativo-pastorale. La scadenza della promozione per l’abbonamento a 35 euro è lunedì 16 gennaio 2017.