La Missione in 5 PAROLE. Conversando con il Rettor Maggiore dei Salesiani

Dall’Agenzia ANS.

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Parte oggi, 25 ottobre 2023, il nuovo format “In 5 parole”, che vuole snellire i videomessaggi del Rettor Maggiore, rendendoli più veloci, social e vicini ai giovani, senza snaturarne il contenuto e rendendoli piacevoli e confortanti anche per pubblici più ampi.

Ogni argomento verrà espresso nello stile di una challenge: quella di riuscire ad esprimerlo in 5 parole salienti. Il titolo riporta immediatamente l’argomento trasmettendo anche il mood del video e il tono di voce che avrà: quello della chiacchierata. Di volta in volta, una spalla fornirà al Rettor Maggiore i punti-spunti per esprimere il suo pensiero.

Il video si apre sempre con un momento brevissimo riassuntivo del cuore di ciò che il Rettor Maggiore esprimerà all’interno del video: una sorta di “pre-video” ripreso in soggettiva che serve a incuriosire, ma anche a settare immediatamente l’argomento di cui si parlerà.

La prima challenge è sul tema della MISSIONE. Sarà don Andre Delimarta, dall’Indonesia e missionario in Malesia, che proporrà al card. Ángel FERNÁNDEZ ARTIME le 5 parole per parlare di Missione: VOCAZIONE, IDENTITÀ, PREPARAZIONE, QUOTIDIANOMOTIVAZIONE.

La prima serie di video di “In 5 parole” è disponibile in rete dalle ore 17:00 del 25 ottobre 2023 (UTC+2). Guarda i video e dicci cosa ne pensi!

ITA

La MISSIONE in 5 PAROLE
A cura del Rettor Maggiore dei Salesiani

SPA

LA MISIÓN EN 5 PALABRAS
Por el Rector Mayor de los Salesianos

ENG

THE MISSION IN 5 WORDS
By the Rector Major of the Salesians

PRT

A MISSÃO EM CINCO PALAVRAS
Pelo Reitor-Mor dos Salesianos

Poster della Strenna per il 2024: il concorso internazionale giunge alla fase finale

Dal sito infoANS.

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Con una partecipazione di grande rilevanza – sia dal punto di vista qualitativo, sia dal punto di vista quantitativo – si è conclusa la fase di raccolta delle proposte per il Poster della Strenna del Rettor Maggiore per il 2024, che avrà per tema: «“Il sogno che fa sognare”. Un cuore che trasforma i “lupi” in “agnelli”». A giorni è prevista la scelta del vincitore da parte del Rettor Maggiore, Don Ángel Fernández Artime.

Al concorso internazionale lanciato dal Settore per la Comunicazione Sociale (CS) hanno partecipato decine di grafici, illustratori e designer di tutto il mondo. In totale le proposte pervenute negli uffici del Settore per la CS sono state 32 proposte, giunte da 20 diversi Paesi (con un paio di autori che hanno presentato due proposte diverse).

In questi giorni don Gildasio Mendes, Consigliere Generale per la Comunicazione Sociale, e i membri della sua équipe, hanno lavorato per procedere alla catalogazione e ordinamento del materiale.

Si è giunti, dunque, ora alla fase di finalizzazione, con la quale il Rettor Maggiore in persona provvede all’individuazione del Poster ufficiale della Strenna, e anche dei due altri poster individuati come seconda e terza migliore proposta. Ai primi tre selezionati, infatti, verrà assegnato, anche il premio in denaro corrispondente (2.000, 1.250 e 750 euro).

“È stata una scelta che ha premiato quella di indire questo concorso per il Poster della Strenna – ha commentato ad ANS don Gildasio Mendes –. Abbiamo riscontrato ancora una volta quanto ci sia interesse, anche al di fuori del mondo strettamente salesiano, verso la figura di Don Bosco e verso i suoi insegnamenti. E abbiamo ricevuto una quantità davvero importante di elaborati, tutti pregevoli e rappresentativi anche della globalità del nostro carisma”.

Per dare riconoscimento a tutti coloro che hanno colto questa sfida e hanno sottoposto i loro lavori creativi, il Settore per la CS rende noto, senza alcun ordine di merito, la lista dei partecipanti al concorso:

  • Francisco José Enríquez Zulaica SDB, Messico
  • Sebastian Koladiyil SDB, Kenya
  • Oscar Alberto Arévalo SDB, El Salvador
  • Nicolas Leon Lamprea, Colombia
  • Jorge Leonardo Lopez, Argentina
  • Orliany Hernández, Venezuela
  • Agustín Coca Roura, Messico
  • Kishi-Bhee (Nakamura), Giappone
  • Rodrigo Alves, Brasile
  • Federica Lavia, Italia
  • Douglas Azevedo Duarte, Portotallo
  • Dusabemungu Ange de la Victoire, Rwanda
  • Solene Tshilobo, R.D. del Congo
  • Roan Grace Lorenzo, Filippine
  • Georgia Beaumont-Jessop, Australia
  • Nuno Quaresma, Portogallo
  • Ar. Crisostomo Miguel T. Ordoño III, Filippine
  • Agustina Contreras, Uruguay
  • Regina Angela Silva, Filippine
  • Andy Batakela, R.D. del Congo
  • Jerome Quinto, Filippine
  • Maria Fernanda Bastidas, Colombia
  • Eduardo Delgado, Ecuador
  • Daniel Baldazo Sánchez, Spagna
  • Salmi Medina, Paraguay
  • Lionel Floribert, R.D. del Congo
  • Yurico Ayllon, Perù
  • Marcela Palomo, El Salvador
  • José Gomes, Portogallo
  • Selene Berit

L’annuncio ufficiale del poster vincitore del concorso è atteso a breve.

Nuovi cardinali: a colloquio con il Rettor Maggiore, Don Ángel Fernández Artime, SDB

Dall’agenzia ANS.

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(Roma, 24 ottobre 2023) – Avrebbe avuto ottime possibilità di intraprendere con successo all’università gli studi in medicina, con una borsa di studio già predisposta per l’occasione. E nei mesi estivi – almeno per un po’ – avrebbe potuto così continuare ad aiutare il padre nella pesca nel golfo di Biscaglia davanti al villaggio asturiano di Luanco. Invece – alla fine degli studi medio-superiori – sentì il richiamo religioso, divenne salesiano… con incarichi di sempre maggiore responsabilità fino a quando nel 2014 fu scelto come decimo successore di don Giovanni Bosco, santo tra i più amati. Oggi Don Ángel Fernández Artime è anche cardinale di Santa Romana Chiesa, creato da Papa Francesco il 30 settembre scorso.  In deroga al ‘motu proprio’ del 1962 di Giovanni XXIII non è stato ancora consacrato vescovo. Si presume che lo sarà dopo che il 31 luglio 2024 avrà rassegnato le dimissioni da Rettor Maggiore per assumere l’incarico prefigurato per lui da Papa Francesco.

Avevamo incontrato Don Ángel nel dicembre 2022 grazie alla possibilità offerta a una trentina di vaticanisti di conoscere i luoghi originari del carisma salesiano a Torino e dintorni. Giorni piacevoli tra la prima neve, tante scoperte storiche e artistiche, spirituali, sociali (le opere create a beneficio dei giovani in Piemonte e in tutto il mondo), anche gastronomiche. Al penultimo giorno la ciliegina sulla torta: l’incontro sostanzioso nei tempi e nei contenuti con il Rettor Maggiore. A distanza di una decina di mesi eccoci ora qui, davanti alla stazione Termini, a via Marsala 4,2 dove attorno alla Basilica del Sacro Cuore – anch’essa, come Santa Maria Ausiliatrice a Torino-Valdocco, voluta da Don Bosco – sorge uno dei luoghi salesiani romani più famosi…

Rettor Maggiore, Eminenza, introducendo con un saluto a Lei indirizzato la celebrazione eucaristica del primo ottobre scorso nella Basilica romana e salesiana del Sacro Cuore – era per Lei la prima Messa da cardinale – don Stefano Martoglio, il suo Vicario, ha espresso tra l’altro il senso di  gioioso stupore suscitato dalla Sua nomina: “Tu, Angel, figlio di Angel e Isabel, fratello di Rocío, Figlio di Don Bosco per vocazione, chiamato al servizio della Chiesa ad un livello grandissimo di confidenza e di responsabilità”. In questa frase emerge in primo luogo la Sua famiglia…

Sono una di quelle persone per le quali le radici sono molto importanti. E io nelle mie radici porto un grande amore per la mia famiglia, con i miei genitori già in Paradiso – mia mamma da tre mesi – per la mia origine di pescatore, per il mio essere nato e cresciuto in un paesino di pescatori, per avere avuto in famiglia cinque generazioni di pescatori, per essere andato con papà in mare nei mesi di giugno, luglio, agosto, settembre da quando avevo tredici anni…

D’estate si pesca certo di più…

E’ il miglior momento dell’anno. D’inverno è molto difficile a causa del mare, il Golfo di Biscaglia. Tutto questo che ho ricordato, come può capire, è restato impresso nella mia carne e mi ha dato forma. Mi ha aiutato a crescere fisicamente, ma soprattutto ha stimolato la mia attrazione per la bellezza della natura, la mia sensibilità per il dono della vita… come quando vedevo papà rientrare la mattina dopo una nottata a pescare. Ho imparato fin da piccolo a ringraziare Dio per questi doni. La mia era una famiglia credente e mi ricordo bene che si recitava il Rosario con la nonna. Questo è stato il mio contesto originario di vita. Lo porto nel mio dna, lo porto nel sangue. Mi sento orgoglioso delle mie origini molto semplici, molto umili.

Nel saluto di don Martoglio in evidenza anche quel “Figlio di don Bosco per vocazione”…

Io non conoscevo i salesiani: sono andato a studiare da loro perché una turista ultrasettantenne che veniva d’estate a Luanco aveva sviluppato negli anni un’amicizia solida con mio padre. Un giorno – io avevo 12 anni – gli chiese che cosa pensasse del mio futuro. Papà rispose che io avrei fatto il pescatore come lui. Lei osservò che ero ben sveglio e che conosceva  dei religiosi che si occupavano dell’istruzione dei giovani. I miei genitori obiettarono allora che non sarebbero mai riusciti a pagare la retta, ma lei li rassicurò: “Vedrete che non sarà così cara!”.

Come andò a finire?

I miei genitori accettarono di rinunciare ad avermi con loro tutti i giorni… fu una grande sofferenza specie per mia mamma. Sono così andato a studiare dai salesiani, a 200 chilometri da casa.

E poi, alla fine degli studi medi, cosa successe?

Avevo ormai ben preparato l’accesso alla Facoltà di Medicina e Chirurgia. Per me era già stata stabilita una borsa di studio consistente, dato che i miei erano di condizione modesta. La medicina la sentivo come vocazione… la sento un po’ anche oggi dentro di me… penso che sarei stato un buon medico di famiglia! Nel contempo però allora sentivo anche, sempre più forte, l’esigenza di chiarirmi con me stesso, perché gli anni dai salesiani mi erano piaciuti molto … apprezzavo tanto il loro lavoro con i giovani. All’ultima estate al mare condivisi con i genitori i miei pensieri, prospettando di diventare un religioso salesiano. Papà e mamma mi dissero: “Figliolo, è la tua vita. Se questo ti renderà felice, va’… non preoccuparti per noi”! Se mio padre mi avesse detto invece: “No, Angelavrò sempre bisogno di te, del tuo aiuto!”, io avrei rinunciato a diventare salesiano, avrei fatto il medico, d’estate avrei continuato ad aiutare papà. Il momento della domanda della turista e il ‘sì’ dei genitori, il momento della scelta religiosa e l’altro ‘sì’ dei genitori…. non posso non leggere nel nascere e nel concretizzarsi della mia vocazione due grandi interventi di Dio!

Parliamo del Suo stemma, che nella prima sezione dello scudo riporta una figura ben conosciuta…

La figura, molto cara a noi salesiani tanto che la portiamo nella croce che tutti indossiamo, è quella di Gesù Buon Pastore, che ritroviamo anche nelle catacombe di San Callisto. Datata agli inizi del III secolo, è presente dappertutto: negli affreschi, nei rilievi dei sarcofagi, nelle statue. Per noi il Buon Pastore incarna il dna di un salesiano. Nella seconda sezione dello scudo ecco il monogramma MA, Maria Ausiliatrice. Come don Bosco noi salesiani imploriamo sempre la sua protezione. Del resto è lei che ha fatto tutto per noi. Nella terza sezione vediamo l’ancora che per me ha un doppio significato. Da una parte sta nello scudo salesiano e vuole significare quella speranza e solidità che noi salesiani dobbiamo possedere; dall’altra l’ancora rimanda alle mie radici di pescatore, alla mia famiglia, al mio villaggio. Come ho detto, per me è qualcosa di molto importante.

Lo stemma riporta anche un motto: Sufficit tibi gratia mea

È stata una scelta del tutto personale, perché esprime come mi sento e come mi sono sentito per tutta la mia vita fino ad oggi. Come salesiano ho vissuto quello che io mai avrei scelto. Ispettore, qualche anno anche in Argentina, poi Rettor Maggiore. Vivo adesso il cardinalato in obbedienza a una decisione del Santo Padre. Come ha detto il Signore a san Paolo: “Ti basti la mia grazia”.

Nella Sua biografia troviamo come da Lei accennato anche un periodo da Ispettore in Argentina dal 2009 al 2013. Lei può facilmente immaginare la domanda connessa…

Certo, ho conosciuto Papa Francesco come Cardinale Arcivescovo a Buenos Aires negli anni 2009-2013 quand’ero Superiore dell’Ispettoria in Argentina. Mai questa conoscenza “anticipata” me la metterò come una medaglia di merito. Con l’allora arcivescovo di Buenos Aires ho avuto un rapporto come è stato il caso per tanti altri, sacerdoti e religiosi, Provinciali compresi. Per me era comunque sempre bello riceverlo ogni 24 maggio quando veniva nella Basilica di Santa Maria Ausiliatrice nel quartiere di Almagro: in quella zona avevano vissuto i suoi genitori e lì era stato battezzato.

Papa Francesco L’ha ricevuta l’11 luglio scorso, dopo l’annuncio della creazione a cardinale. Per l’occasione Lei ha rievocato così l’udienza concessa al Capitolo generale salesiano che L’aveva eletta per il prìmo mandato da Rettor Maggiore: “Santo Padre, mi permetta di ricordarle una cosa: 10 anni fa, Lei mi disse: ‘Eh, gallego, che cosa ti hanno fatto!’. Adesso sono io a dirglielo: ‘Santo Padre, che cosa mi ha fatto Lei!’.  Mi è venuta una curiosità: perché il Papa l’ha definita gallego se Lei non è della Galizia ma delle Asturie?

Il fatto è che per gli argentini ogni spagnolo è un gallego, perché le prime grandi migrazioni di spagnoli erano di galiziani… in Galizia c’era tanta fame, specie dopo la fine della Guerra civile. Un contadino con un piccolo pezzo di terra non era in grado di far vivere una famiglia con quattro o cinque figli. L’Argentina era un porto sicuro. D’altra parte in quegli anni era una potenza guidata da Juan Domingo Peron e generosamente aiutava la Spagna inviando frumento e burro. Lo sa anche che ogni italiano è chiamato tano? Perché?

…Non riesco a trovare il nome di una regione che suggerisca di usare tano

Difatti tano è il finale di un appellativo che riguarda una città: Napoli. Napoletano è troppo difficile e lungo da pronunciare… Perciò gli argentini dicono tano per ogni italiano. E l’emigrazione italiana è stata la più numerosa in Argentina. Italiani e spagnoli sono popoli che hanno sperimentato sulla propria pelle gioie e dolori, speranze e delusioni dell’emigrazione…

Al centro del carisma salesiano stanno i giovani. Dopo nove anni di Rettorato Lei ha visitato almeno 110 Paesi…)

Saranno 120 a novembre, sui 135 in cui siamo presenti.

… Dunque ha conosciuto giovani di origini diversissime. C’è qualcosa di comune a tutti i giovani nel mondo? Alla recente GMG di Lisbona è emerso questo filo rosso, caratterizzato però da una fede profonda in Gesù Cristo. Nelle loro scuole e nei loro centri professionali i salesiani ospitano giovani di ogni provenienza… secondo la Sua esperienza c’è comunque qualcosa che unisce tutti nel profondo?

Sì. Le culture sono diverse, le lingue sono diverse, gli ambienti di vita sono diversi. Se confrontiamo la vita di un giovane della Cambogia, di uno di Madrid, di un terzo, un giovane indio Shuar dell’Ecuador la differenza è enorme anche in un mondo come il nostro, che è stato definito ‘villaggio globale’.  Però, dopo quasi dieci anni di incontri in tanti Paesi, mi sono ormai convinto di una cosa: tutti i giovani del mondo, quando vedono che un adulto si avvicina con uno sguardo di amicizia, di apertura di cuore, si avvicina pensando al loro bene e per essere al loro servizio, si rivelano molto accoglienti. I giovani mai chiudono le porte. I duri siamo noi adulti, quelli che portano tante ferite di guerra nella vita siamo noi adulti… E’ vero: tanti giovani a volte si sono persi per i peccati strutturali del nostro mondo… però i giovani hanno un cuore accogliente.

Sto pensando a tanti giovani africani: perché emigrano? Non ci sono possibilità reali, concrete che possano restare nei loro Paesi per collaborare al loro sviluppo? Voi salesiani avete tante scuole e centri di formazione professionale anche in Africa… che cosa Le suggerisce la Sua esperienza? Tanti giovani seguono i pifferai magici che descrivono loro l’Europa come quell’Eldorado che spesso invece non è…

Bellissima domanda. Credo che la mia risposta sarà pure molto chiara. Parlo dapprima di noi Salesiani, che siamo presenti in quasi tutte le nazioni africane e cerchiamo di evangelizzare anche attraverso educazione e formazione. Sono delle priorità per noi. Sono stato in Africa tante volte da Ispettore…per esempio nel Senegal… Qual era e rimane la nostra intenzione? Fornire ai giovani una formazione adeguata in tre anni di studi, riuscire a dare a ciascuno uno scatolone con l’attrezzatura per poter lavorare, così che sia possibile per loro condurre una vita dignitosa, guadagnare qualche soldo, restare in contatto con la famiglia. L’abbiamo fatto e continuiamo a farlo.  Infatti sono in tanti a non essere emigrati, perché grazie a noi – e a molti altri che lavorano come noi – hanno trovato una sistemazione onorevole.

Un servizio il vostro che è stato e resta preziosissimo… però, se passiamo a un livello generale africano, la situazione è diversa…

Bisogna aiutare in modo più incisivo lo sviluppo di tanti Stati africani. Gli investimenti fatti ad esempio dall’Unione europea, dando fiumi di denaro all’uno o all’altro Paese per costruire strutture che frenino l’immigrazione – insomma campi di migranti –sono destinati al fallimento poiché gli ospiti prima o poi andranno via considerate le prevedibili condizioni di vita nel campo. Per contro l’Unione europea dovrebbe considerare con più attenzione, con maggiore serietà gli investimenti sulla formazione professionale dei giovani, finanziando la rete di chi già opera in quel campo (lo ripeto: non siamo solo noi, siamo ormai in tante istituzioni!): questo è, secondo me, un investimento che darebbe molti buoni frutti!  In sintesi: dobbiamo fare tutto il possibile perché le mafie non possano più portare per 2, 3, 5mila euro su barche artigianali persone che sono attratte dal presunto Eldorado che si chiama Europa.

Prima accennava a un’esperienza significativa, molto istruttiva, ancora in Senegal…  

Sì, torniamo al Senegal, un Paese che conosco bene. Conosco anche le sue coste e l’incredibile cultura della pesca che si registra non solo in riva al mare. Ottanta anni fa, anche quaranta, nessuno avrebbe mai pensato a una emigrazione massiccia, dato che in Senegal la pesca dava da vivere dignitosamente. In anni più recenti, tuttavia, numerose flottiglie di pescherecci esteri – purtroppo ci devo mettere anche quelli spagnoli – hanno ridotto del 70% la possibilità di pesca dei senegalesi. Certo ciò è avvenuto attraverso accordi tra governi. Però la conseguenza è che i figli dei pescatori non hanno più in molti casi la possibilità di guadagnare quel tanto che basta per una vita dignitosa. Noi europei dobbiamo prendere veramente sul serio le nostre affermazioni sull’aiuto ai popoli africani in loco per evitare le migrazioni. Gli aiuti in dollari ai governi non servono. Perché invece – e lo ripeto – non investire invece nella formazione professionale dei giovani?

Passiamo alla condizione dei giovani europei: la loro quotidianità è diversa rispetto a quella di tanti coetanei africani, ma i problemi cui sono confrontati sono pure complessi e anche drammatici. Se pensiamo alla religione, da una parte sempre più giovani europei – bombardati da messaggi culturali individualisti che indeboliscono la persona umana (di cui si riduce pure la sacralità) attraverso un allentamento delle relazioni sociali e un indebolimento dell’identità anche sessuale – stanno perdendo la fede, rifiutando esplicitamente il cristianesimo o chiudendosi in un indifferentismo molto inquietante…

Quello che ha rilevato è certamente vero, ma per avere un quadro completo della complessa condizione giovanile europea oggi, che poi può portare alla perdita della fede, c’è da aggiungere un altro elemento essenziale: dobbiamo confrontarci con giovani fragili sì, eppure in genere molto più istruiti delle generazioni precedenti o almeno potenzialmente più competenti. Parlano più lingue e sanno muoversi molto di più al di là delle proprie frontiere, sono flessibili grazie anche all’utilizzazione di nuovi strumenti preziosi di conoscenza e operativi che ai nostri tempi non esistevano. E tuttavia questa generazione di giovani porta un macigno sulle proprie spalle: il proprio futuro …

In effetti come possono programmare la propria vita se molti di loro – non per scelta propria – vivono nella precarietà?

Secondo dati che sono frutto di indagini recenti, Spagna e Italia hanno un’età media di emancipazione dalla famiglia tra 28 anni e mezzo e 32. Ma a 32 anni si è uomini o donne, non si è più catalogabili tra i giovani! Si abita ancora con i genitori, perché non si ha modo di costruirsi una vita al di fuori della famiglia. Lo dico con dolore per la mia Spagna: il 40% dei giovani spagnoli non trova lavoro. In Italia meno, ma è sempre una percentuale molto alta. Manca la stabilità che consente la formulazione di un programma esistenziale.  Certo non è una questione solo di lavoro, ma anche di senso della vita. A volte le scelte si devono fare… ma, se il futuro è incerto, si tende a rimandarle… con la conseguenza che nei giovani si sta affievolendo ad esempio il senso della maternità e della paternità. Davanti alle grandi scelte tanti giovani oggi sono titubanti, prendono tempo, perché non sanno quello che ciò potrà comportare per loro… anche il matrimonio, l’avere un figlio…

Questo dei giovani e dei loro problemi in una società fluida e contraddittoria come la nostra è un tema che meriterebbe un ancor maggiore approfondimento. Però questa intervista la dobbiamo pur concludere e allora non possiamo né vogliamo ignorare un tema che oggi ci lacera non solo per il dolore ma anche per l’apparente impossibilità concreta di ridurne l’impatto sulla quotidianità di noi tutti: il tema della guerra…

Questo tema ci fa soffrire. La penso come papa Francesco e altri che ne condividono il pensiero: stiamo vivendo una nuova Guerra mondiale, ma a pezzetti. Ho maturato nella mia vita una convinzione: nessuna guerra ha senso. Oggi se possibile ancora di più. Una volta le guerre erano più frequenti, ma paradossalmente meno pericolose. Tu trafiggevi con una spada chi ti stava di fronte, mentre adesso premi un bottone e puoi mandare un missile senza sapere chi e quanti ne ucciderai.

Nel dibattito pubblico spesso si osserva che non tutte le guerre sono uguali…

Ripeto: la guerra è assurda di per sé. Si può dibattere sulle colpe dell’uno e dell’altro, su chi ha incominciato e su chi ha reagito, sulla ferocia del fondamentalismo… ma la domanda (e constatazione) fondamentale resta una sola: quanti morti ci siamo già caricati sulle spalle in Ucraina, quanti soldati e civili ucraini e russi? E di quanti morti di ogni provenienza e di ogni età ci siamo caricati in Terrasanta con il terrorismo di Hamas e la risposta di Israele?  Quanti morti? Quanti morti? Migliaia e migliaia. Ma ricordo che già una sola vita è sacra.

Realisticamente si può nutrire la speranza che un giorno le spade saranno spezzate per farne aratri?

Mi rendo conto che tutto quanto faremo nell’investimento per la pace non sarà mai abbastanza. Dico di più: mi fa male l’assenza di una azione più ferma, più determinata, più forte per la pace da parte di tanti governi, da parte delle superpotenze, da parte degli organismi internazionali. E sul dilagare del terrorismo – anche noi salesiani ne soffriamo in primo luogo in Africa, con molte vittime – non posso che ribadire: il terrorismo non ha nessuna giustificazione, nessuna. Per concludere: dobbiamo investire molto di più non negli armamenti, ma per dare la possibilità a tutti di vivere dignitosamente nei propri Paesi di origine, in Africa e non solo. In caso contrario le migrazioni si moltiplicheranno così come i drammi umani spesso ad esse legati. Già oggi – sentivo l’altro ieri la radio spagnola – il fenomeno coinvolge giornalmente ben più di cento milioni di persone. Non c’è dunque tempo da perdere: investiamo non in missili, ma nell’educazione e nella formazione professionale dei giovani, soprattutto là dove la carenza emerge impedendo loro di programmare un futuro di stabilità.

Giuseppe Rusconi

Italia – L’evento inaugurale della rete salesiana “Don Bosco Tech Europe”

Dall’agenzia ANS.

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(ANS – Roma) – Venerdì 20 ottobre 2023, a Roma, presso il Grand Hotel Palatino di via Cavour, si è tenuto l’evento inaugurale della rete salesiana “Don Bosco Tech Europe” (DB Tech Europe) che ha visto la partecipazione di oltre 100 persone e la presenza del Cardinale Ángel Fernández Artime, Rettor Maggiore dei Salesiani.

La rete “DB Tech Europe” è una realtà di coordinamento e sviluppo nell’ambito della formazione professionale che racchiude al suo interno 211 Centri di Formazione Professionale in 22 Paesi collocati in Europa e nel bacino del Mediterraneo (Albania, Belgio, Bosnia-Herzegovina, Egitto, Francia, Germania, Irlanda, Israele, Italia, Libano, Kosovo, Marocco, Moldavia, Montenegro, Palestina, Polonia, Portogallo, Romania, Slovacchia, Spagna, Ucraina, Ungheria) i quali contano complessivamente una popolazione scolare di 86.200 giovani e 7.085 collaboratori (docenti, formatori, personale).

La mattina è incominciata con il saluto istituzionale del presidente della rete, don Miguel Angel García Morcuende, Consigliere Generale per la Pastorale Giovanile salesiana, ed un suo intervento sull’originalità del rapporto di Don Bosco con il mondo del lavoro, caratterizzata dalla intenzionalità educativa che cura la totalità della persona nel giovane, dalla concezione promozionale che punta sulla abilitazione e professionalità e dalla dimensione sociale etica (la formazione dell’“onesto cittadino”).

DB Tech Europe, un’organizzazione formativa salesiana in rete, risponde ad un’istanza pedagogica umanistica, con respiro di integralità personale, orientata a vincere prospettive e vedute formative puramente didattiche, tecniche e funzionali. Don García Morcuende ha fatto notare che la formazione professionale nei nostri centri salesiani oggi è, di fatto, anche un luogo di incontro delle culture, delle confessioni religiose; più largamente, rappresenta una sfida di grandi proporzioni per la società, oltre ad essere una risposta intelligente al disagio giovanile.

A seguire, il Direttore esecutivo, dott. Piero Fabris, ha illustrato il cammino lungo dodici anni che ha portato alla creazione di questa nuova organizzazione che si propone di essere un attore di primordine per le altre reti salesiane mondiali (DB Tech Africa, Americas, Asean, India) ed un partner affidabile per istituzioni pubbliche, private e per le aziende su molti temi relativi la formazione professionale; ad esempio: opportunità di lavoro per i giovani e gli adulti più vulnerabili, riqualificazione professionale, tirocini esteri, programmi “Erasmus+” e programmi “Horizon” per innovazione e digitalizzazione.

Dopo un momento di scambio fra le aziende e i responsabili dei progetti nell’ambito dell’Unione Europea provenienti da molti Centri di Formazione Professionali (CFP) salesiani e dalle istituzioni europee presenti all’evento, c’è stata la relazione conclusiva del Rettor Maggiore e neo-cardinale, Don Ángel Fernández Artime, che ha posto l’accento su come le sinergie internazionali siano fondamentali per avere dei centri di formazione che provvedano ad accompagnare giovani più bisognosi verso un futuro segnato nel solco cristiano del lavoro e nell’onestà.

Il Rettor Maggiore ha aggiunto anche che in un mondo dove sempre più spesso gli oggetti sostituiscono i valori famigliari ed etici, i salesiani continuano a rinnovarsi pur rimanendo saldi nella loro identità e tradizione, che li vede impegnati nel rimanere sempre al fianco dei giovani ed impegnati ad aiutarli a scoprire i loro sogni e a realizzarli.

Infine, ha concluso il suo intervento con un richiamo ad alcune esperienze di successo dei CFP salesiani nei contesti africani e ha ribadito l’importanza di accompagnare i giovani europei con la presenza e la testimonianza degli educatori.

 

Missioni Don Bosco: Conferenza Stampa di presentazione “Corsa dei Santi” il 31 ottobre a Roma

Si pubblica di seguito il Comunicato Stampa di Missioni Don Bosco.

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Comunicato Stampa
24 Ottobre 2023

Conferenza stampa con don Daniel Antúnez

Sarà presentata il 31 ottobre la Corsa dei Santi a Roma
Quest’anno è a sostegno dei ragazzi della Guinea Conakry

SMS solidale con Missioni Don Bosco per finanziare il progetto
di un polo sportivo nel plesso scolastico Don Bosco a Kankan

 

La 15ma edizione della Corsa dei Santi, evento podistico con partenza e arrivo in Piazza San Pietro in Vaticano mercoledì 1 novembre, è dedicata a un progetto di sviluppo sociale attraverso lo sport in Guinea Conakry, nella città di Kankan.

Lo propone Missioni Don Bosco, la onlus di Torino-Valdocco che sostiene i missionari salesiani nel mondo.

La conferenza stampa di presentazione si terrà

martedì 31 ottobre alle ore 11:00

alla Sala Benedetto XVI del Pontificio Collegio Teutonico Vaticano
(nei pressi dell’Aula Nervi)

con la partecipazione di don Daniel Antúnez, presidente di Missioni Don Bosco, e di Roberto De Benedittis, presidente di ACSI Italia Atletica, ente organizzatore della manifestazione sportiva.

All’evento del 1° novembre parteciperanno le campionesse Fiona May (testimonial di Missioni Don Bosco), Sara Simeoni e Danielle Madam.

Per l’accredito in Vaticano è necessario confermare la presenza alla conferenza stampa entro venerdì 27 ottobre all’Ufficio Stampa di Corsa dei Santi:

Federico PASQUALI

L’ingresso in Vaticano è fissato alle ore 10.30 da piazza del Sant’Uffizio, alle spalle del colonnato a destra della Basilica.

Nel nostro sito trovate tutte le informazioni sul progetto solidale: a Kankan, dopo la realizzazione di un complesso scolastico, che è arrivato ad accogliere quasi 400 studenti, il programma educativo prevede ora la costruzione di un nuovo centro multisportivo che sarà disponibile anche per le attività dei bambini e dei ragazzi del quartiere, attualmente costretti a giocare per la strada, con tutti i pericoli connessi, senza la cura di adulti.

A sostegno del progetto sarà attivo il numero telefonico 45594 per l’invio di un SMS solidale dal 29 ottobre al 5 novembre.

Il programma “Mattino Cinque” condotto da Federica Panicucci si collegherà a più riprese con Piazza San Pietro per seguire l’andamento della Corsa e per ascoltare le interviste di Paolo Capresi.

Antonio R. Labanca
Ufficio Stampa Missioni Don Bosco

Stati Uniti – Si conclude a Los Angeles l’edizione 2023 del DBGYFF

Dall’agenzia ANS.

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(ANS – Los Angeles) – Il “Gran Finale” del Don Bosco Global Youth Film Festival (DBGYFF) a Los Angeles, la capitale mondiale dell’intrattenimento, si è svolto nel pomeriggio di venerdì 13 ottobre 2023, presso il “Don Bosco Youth Centre” di Los Angeles, con la partecipazione di varie personalità e l’annuncio dei vincitori globali del DBGYFF.

Mentre in più di 200 località di quasi 60 Paesi del mondo salesiano si è celebrato questo festival, mostrando gli sforzi creativi dei nostri giovani, la finale a Los Angeles è stata davvero unica e ha mostrato come il Don Bosco Global Youth Film Festival possa essere un festival cinematografico che fa la differenza, in grado di far riecheggiare il tema dell’Amore, della Pace e della Solidarietà in un mondo creativo e incisivo.

A rendere la serata ancora più memorabile è stata la presenza e la partecipazione entusiasta di diverse personalità: don Mel Trinidad, Ispettore dei Salesiani di Don Bosco degli Stati Uniti Ovest (SUO); Stanley NG, Direttore Artistico e Supervisore di Effetti Visivi (VFX) ad Hollywood; don Ricardo Campoli, del Settore Comunicazione Sociale di Roma; e del Direttore del Festival, don Harris Pakkam.

Il festival è iniziato con un video tematico che ha messo in evidenza come l’amore possa costruire la pace e la solidarietà, seguito dai videomessaggi del Cardinale Rettor Maggiore, Don Ángel Fernández Artime, decimo successore di Don Bosco, e di don Gildásio Mendes dos Santos, Consigliere Generale per le Comunicazioni Sociali, da Roma. Don Mel Trinidad, a sua volta, ha dato il benvenuto ai presenti e ha espresso la soddisfazione dell’Ispettoria per poter ospitare il festival e così far sentire la voce dei giovani del mondo salesiano a Los Angeles. Don Ricardo Campoli, nel suo messaggio, ha sottolineato che questo festival ha unito i giovani di tutto il mondo e ha dato loro l’opportunità di condividere i loro sogni e la loro passione creativa sul tema offerto. Mentre il Direttore del festival, don Pakkam, ha affermato come Don Bosco, che in vita sua parlava da Torino, in quel momento stesse parlando da Los Angeles, grazie ai giovani del DBGYFF. “Gli sforzi dei nostri giovani, in un modo ricco di simboli, oggi sono celebrati e riconosciuti al più alto livello” ha infine concluso.

Il momento solenne della dichiarazione ha portato una grande sorpresa: un giovane vestito da Don Bosco, provenendo da dietro la sala, alle spalle del pubblico, ha portato il logo del DBGYFF, che è stato poi svelato da don Trinidad per dichiarare aperto il festival del cinema. Tenendo conto dei tempi, per il Gran Finale a Los Angeles è stata realizzata la proiezione di solo 24 film selezionati. Il video del conto alla rovescia del DBGYFF ha dato il via alla proiezione dei cortometraggi, uno dopo l’altro. La serata è stata ipnotizzante quando il maestro di cerimonie Mikey e la sua équipe di giovani – Caia, Catherine e Jaden – hanno coinvolto il pubblico con le loro interazioni e riflessioni spontanee prima e dopo ogni film. Anche le voci del pubblico, con le loro risposte, hanno mantenuto tutti ispirati e concentrati sul tema.

Dopo la proiezione dei corti, Stanley NG è intervenuto a nome della Gran Giuria per esprimere i suoi sentimenti. Ha incoraggiato i giovani a proseguire incessantemente con i loro sforzi e a sognare in grande, in modo che anche loro possano raggiungere i loro obiettivi, che sono raggiungibili se tutto è fatto con amore e passione.

La tanto attesa proclamazione dei vincitori dei Premi Globali ha avuto inizio in un clima di trepidazione, con la valigetta contenente la lista definitiva dei vincitori consegnata a don Trinidad e al signor Stanley. Si è così proceduto all’annuncio pubblico dei vincitori, la maggior parte dei quali ha potuto partecipare e manifestare immediatamente la propria gioia e le loro emozioni attraverso dei video-collegamenti. È stato, questo, un momento di vero orgoglio perché ha celebrato gli sforzi di tanti giovani legati a Don Bosco e al carisma salesiano di diverse parti del mondo.

I corti vincitori a livello globale del DBGYFF 2023 sono:

1.           UNITED HEARTS di Joseph Katsilizika, Malawi

2.           LIFE GOES AYE AYE, di Leander Fernandes, India

3.           HISTORIAS DE PAPEL (Paper Stories), di Juan Pablo Valencia Marulanda, Colombia

4.           VIRTUAL LIFE OR HUMAN LIFE, di Khoa Hoang, Vietnam

5.           EL PUENTE DE LA AMISTAD, di Iván Osés, Spagna

6.           LUNCH BOX, di Mang Kim Thang, India

7.           AMARA, di Sebastian Barrios Diaz, Colombia

8.           NOTHING IS LOST, di Stefany Aparecida Silva Dutra, Brasile

9.           PORTRAIT HOLDER, di Ricardo Andrés Robles Funes, El Salvador

10.         ABSOLUTE POINT, di Ritesh Tigga, India

Il festival si è concluso con i ringraziamenti di don Alphonse Vu, Coordinatore delle Scuole Salesiane dell’Ispettoria SUO, che ha espresso la sua gratitudine a tutti coloro che hanno contribuito alla pianificazione e alla realizzazione del festival. “È stato un grande sogno che si è avverato, e gli eccellenti sforzi, il lavoro di squadra, l’impegno e la pianificazione che l’équipe del festival ha mostrato sono stati molto apprezzati da tutti”, ha affermato. La seconda edizione del DBGYFF si è conclusa a Los Angeles con una serata davvero significativa e tanti ricordi che continueranno a rimanere nei cuori dei giovani protagonisti che sognano Hollywood. Guardando al futuro, questo festival cinematografico salesiano, dei giovani e per i giovani, continuerà a fungere da piattaforma unica per il loro rafforzamento e sviluppo, contribuendo al miglioramento della società e celebrando in modo adeguato i loro sforzi a livello globale.

Seminario Regione Mediterranea su Migranti e Rifugiati: un impegno dei Salesiani a favore di chi cerca una vita più dignitosa

Dal 12 al 15 ottobre, nella Casa Diocesana di Malaga, si è svolto il Seminario Internazionale sull’Accoglienza dei Migranti e dei Rifugiati,  che ha permesso di riflettere sull’opera salesiana in questo campo con il dialogo tra più di un centinaio di partecipanti provenienti da Portogallo, Spagna, Italia e Medio Oriente, insieme a diverse autorità, specialisti e rappresentanti degli enti di riferimento.

Punto di partenza della riflessione è stato il notevole incremento delle iniziative avviate dalle presenze salesiane dedicate all’accoglienza e all’integrazione dei migranti e dei rifugiati, soprattutto tra i Paesi vicini alla situazione mediterranea.

Per riflettere su queste attività, unificare le strategie e rispondere ai bisogni delle persone colpite da questa drammatica situazione, i Centri Nazionali di Pastorale Giovanile di Italia e Spagna hanno organizzato delle conferenze che hanno messo al centro questo problema: Giuseppe Riggio, con lo scenario delle migrazioni nel Mediterraneo: cause e prospettive; Alberto Ares e il motto ‘Siamo tutti migranti: verso una teologia delle migrazioni‘; e Vincenzo Salerno, sugli aspetti socio-educativi nella pastorale e sugli aspetti pastorali in opera sociale: il caso della Comunità di San Luigi – Gorizia (Italia), opera salesiana di Msna sulla Rotta Balcanica.

Nei giorni in cui si è svolto l’incontro, inoltre, c’è stata anche l’opportunità di condividere interventi, corsi e buone pratiche, come quelli di Don Bosco International (DBI), guidati da Sara Sechi con il focus sulla prospettiva salesiana dell’Europa e dell’Europa migrazioni.

Giovani immigrati e identità, di Luis Callejas, ‘Come sostenere i bisogni dei migranti nei loro processi. Dolore migratorio‘, con l’educatrice Mónica García Arboleda, oltre alla prospettiva del Coordinatore Statale delle Piattaforme Sociali (CEPSS) con ‘Lascia che ti dica una cosa: Nuove narrazioni d’amore dei migranti‘, di Roberto Trujillo, e la ‘Donna migrante e intersezionalità. Quante vite hai in una vita?“, con Marta Martín.

È stato condiviso anche il lavoro di azioni come “Reti e migrazioni – Protagonisti”, “Immigrazione e reti culturali per il futuro“, con Koblan Amissah Bonaventure (dell’associazione Abuswan), “L’accompagnamento della dimensione spirituale e religiosa dei migranti“, con Nando Capovilla (di Pax Christi Italia), “Gorizia, modello di accoglienza nel area di confine“, con Vincenzo Salerno, “Don Bosco 2000, La Sicilia e le migrazioni circolari (con l’Africa occidentale sub-sahariana)“, con Agostino Sella. “Una proposta salesiana congiunta e sinergica per l’accoglienza, l’integrazione e l’accompagnamento di migranti e rifugiati: il caso italiano tra buone pratiche e nuove prospettive“, con Micaela Valentino (delle entità italiane VIS, SxS e CNOS-FAP), “Programma Buzzetti per bambini senza casa“, con Pepelu Aguirre della Fondazione Sociale Don Bosco Salesianos, “Prendi le redini”, con di Roberto Trujillo e Gema Rodríguez (CEPSS), “Alloggi per i rifugiati“, con Marita Guerra (CEPSS), “Egitto e rifugiati dal Sud Sudan. Libano e rifugiati siriani e iracheni: giovani adulti“, con Simon Zakerian.

Tutte queste iniziative erano rivolte principalmente ai salesiani e ai laici impegnati a realizzare iniziative mirate all’accoglienza e all’integrazione dei migranti e dei rifugiati nei diversi ambienti educativo-pastorali.

L’incontro si è concluso con un dialogo sulle politiche europee, condotto da Fco, Jesús Toronjo Benítez, Direttore Generale delle Politiche Migratorie della Junta de Andalucía, e Maria Vittoria Garlappi, rappresentante della Fondazione Europea per la Formazione, che hanno evidenziato gli strumenti a disposizione dell’Unione Europea e le linee strategiche per promuovere la cooperazione tra istituzioni pubbliche e società civile nell’accoglienza e integrazione dei migranti.

 

“La decisione della Congregazione di mettere a tema la questione dei migranti rifugiati è una scelta politica particolarmente importante -, spiega don Elio Cesari, presidente del Centro Nazionale delle Opere Salesiane che ha partecipato con una delegazione italiana al Seminario -. La questione migratoria è rilevante ed è importante anche come i Salesiani vogliono assumerla pensando alle persone che ne sono coinvolte, che non sono numeri ma sono storie di vita che meritano attenzione e rispetto. Un’azione sincronica e coordinata è la migliore risposta a quella che ormai non è più un’emergenza, perché ormai ci troviamo a viverla da molti anni”, dice ancora.

Rispetto all’esperienza del Seminario, don Elio Cesari sottolinea due questioni:
“La prima è che è stata una bella occasione di confronto, il miglior clima per permettere le azioni successive. C’è stata l’occasione di confrontarsi, conoscere tante realtà che sono già coinvolte nell’accoglienza di migranti e rifugiati e renderci conto di quante cose belle i salesiani fanno per loro. La seconda questione riguarda la necessità di una riflessione sempre più ampia e profonda per dare le coordinate migliori e interfacciarci alle realtà anche europee, quindi anche oltre i nostri muri per dire qualcosa di specifico e orientato sul Sistema Preventivo ed educativo di Don Bosco. Il Seminario è stata l’occasione per dire anche all’esterno che cosa facciamo: noi rispondiamo a questa situazione come farebbe Don Bosco oggi. Ci tengo a ringraziare in modo particolare il centro nazionale di Madrid e tutti coloro che hanno organizzato questo seminario perché sono necessarie occasioni come queste che permettono di avviare un processo”, conclude. 

José Miguel Núñez, direttore del Centro Nazionale di Pastorale Giovanile della Spagna, ha evidenziato l’importanza di fare una valutazione congiunta della realtà del servizio salesiano nel bacino del Mediterraneo riguardo ai flussi migratori e ai processi di accoglienza, protezione, promozione e l’integrazione in Europa delle persone che arrivano nel continente e nelle province ultraperiferiche, come le Isole Canarie: “Allo stesso modo, abbiamo voluto evidenziare le sfide che la realtà attuale ci pone e, di conseguenza, assumere nuovi impegni a favore delle persone che si spostano alla ricerca di condizioni di vita più dignitose”, ha spiegato.

 

 

 

Giornata Missionaria Salesiana 2023: gli esempi dei martiri salesiani Rodolfo Lunkenbein e Simão Bororo per la difesa della terra

Dal sito infoANS.

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Per la Giornata Missionaria Salesiana (GMS) 2023, dedicata al tema “Cura del creato, la nostra missione”, e in prossimità della ricorrenza mensile delle missioni salesiane, ricordiamo la testimonianza di due martiri che hanno dato la propria vita per difendere la terra: don Rodolfo Lunkenbein, SDB, e l’indigeno Simão Bororo.

A metà del XX secolo cominciarono ad emergere grandi progetti per esplorare le risorse dell’interno del Brasile e, per realizzarle, tutto ciò che era di ostacolo doveva essere eliminato. Così i gruppi indigeni più fragili iniziarono a chiedere aiuto per la natura minacciata dall’agrobusiness: i Bororo del Mato Grosso perdevano le loro terre, vedevano il loro territorio ridursi e gli splendidi paesaggi del Brasile centrale sostituiti da estesi campi di monocoltura di soia…

È in questo contesto che il giovane Rodolfo Lunkenbein inizia il suo percorso missionario a Meruri, villaggio indigeno bororo nel Mato Grosso.

Trovò un gruppo già ridotto e stanco di combattere, senza prospettive per il futuro, scoraggiato. Assumendo i nuovi orientamenti della Chiesa postconciliare, Rodolfo combatté perché si realizzasse il programma voluto dal CIMI (Conselho Indigenista Missionário): Chiesa rinnovata nella sua opera missionaria, opzione per i più svantaggiati, nel loro caso, gli indigeni, e lotta per la terra.

Fino all’ultimo momento della sua vita lavorò con i Bororo, preparando i terreni per le piantagioni; morì con abiti sporchi di terra, sudore e macchiati di sangue… la terra che cercò di recuperare affinché i Bororo potessero vivere in pace e armonia.

Nel momento supremo il suo amico Simão non ebbe paura di rischiare la vita andando a difenderlo; morì ore dopo perdonando i suoi assassini.

Simão, missionario indigeno tra la sua gente, muratore e costruttore di case, che conosceva il segreto delle erbe della campagna, che sapeva trattarle e con esse curare e lenire disturbi e malattie. Simão amico dei bambini; Simão che sognava terre fertili piene di uccelli, animali, frutti e fiumi puliti… Simão scelto da Dio per il suo momento supremo insieme a Padre Rodolfo: il martirio.

La loro memoria sopravvive e stimola ad essere custodi del creato, vivendo in armonia con la natura e in pace con tutti.

L’articolo integrale è disponibile sul libretto della GMS 2023, in italianoinglesespagnolofrancese e portoghese.

Dl immigrazione, Salesiani per il Sociale e altre associazioni: preoccupazione per i rischi di violazione dei diritti dei minori

Pubblichiamo il comunicato stampa rilanciato da Salesiani per il Sociale e da altre associazioni della società civile impegnate nella tutela dei diritti dei migranti.

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In occasione dell’avvio alla Camera dei Deputati dell’esame parlamentare del Decreto-legge, le organizzazioni sottolineano la propria preoccupazione per la prevista accoglienza di minori ultrasedicenni in centri per adulti e per i rischi di respingimento, trattenimento ed espulsione dei minorenni che arrivano soli nel nostro Paese e che potrebbero essere erroneamente considerati adulti per insufficienti garanzie nella procedura di accertamento dell’età.

Il DL Immigrazione e Sicurezza, sul quale inizia oggi, presso la Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati, la discussione per la conversione in Legge, desta grave preoccupazione poiché, tra le altre cose, modifica in senso peggiorativo due disposizioni della L.47/2017 sulla protezione dei minori non accompagnati.

Questo l’allarme di 25 organizzazioni della società civile attive per i diritti dei minori migranti – ActionAid, Amnesty International Italia, ARCI, ASGI, Caritas Italiana, Centro Astalli, CeSPI ETS, Cir Onlus, CIES Onlus, CNCA, CISMAI, Cooperativa CIDAS, Cooperativa CivicoZero, Defence for Children International Italia, Emergency, INTERSOS, Medici del Mondo, Medici Senza Frontiere, Oxfam Italia, Refugees Welcome, Salesiani per il Sociale APS, Save the Children Italia, SOS Villaggi dei Bambini, Terre des Hommes Italia, UNIRE – che si appellano al Parlamento affinché agisca stralciando tali norme dal testo.

Per la prima volta dalla sua emanazione, un Governo ha deciso di intaccare il sistema di protezione per i minori non accompagnati rappresentato dalla L. 47/2017, adottata ad ampia maggioranza parlamentare e alla cui progressiva attuazione hanno contribuito in questi anni le istituzioni competenti di livello centrale e territoriale, le organizzazioni della società civile e singoli cittadini e cittadine che, come tutori e tutrici volontari, famiglie affidatarie, volontari e attivisti, sostengono ogni giorno bambini, bambine e adolescenti che arrivano soli in Italia.

Contrariamente a quanto disposto dalla Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza per l’accoglienza dei minorenni soli, che deve avvenire in affidamento in famiglia o in centri loro riservati, il Decreto-legge in esame prevede che, in caso di indisponibilità di strutture dedicate, i Prefetti possano collocare i minori migranti non accompagnati ultra16enni in centri per adulti. Stiamo parlando di strutture di grandi dimensioni e prive degli standard (in termini di personale, di servizi garantiti ecc.) stabiliti per i minorenni, dove gli stessi non avranno accesso all’assistenza legale e psicologica né a corsi di lingua italiana. Una scelta, questa, che si pone in drammatico contrasto con il principio del rispetto del superiore interesse del minore, oltre che rappresentare una grave discriminazione tra minorenni italiani e stranieri.

Inoltre, rispetto alla determinazione dell’età in fase di identificazione, il testo prevede una deroga alla procedura disposta dalla L.47, in caso di arrivi consistenti, multipli e ravvicinati, a seguito di attività di ricerca e soccorso in mare, di rintraccio alla frontiera o nelle zone di transito e di rintraccio sul territorio nazionale a seguito di ingresso avvenuto eludendo i controlli di frontiera. Si tratta di ipotesi tutt’altro che eccezionali, come abbiamo potuto vedere anche nell’ultimo periodo, nelle quali l’autorità di pubblica sicurezza potrà disporre “rilievi antropometrici o […] altri accertamenti sanitari, anche radiografici” che, in casi di particolare urgenza – non meglio definita dalla norma – potranno essere autorizzati anche oralmente dalla Procura minorile, con autorizzazione scritta soltanto successiva. Questa disposizione, peraltro, non considera necessaria l’autorizzazione scritta del tutore e neanche la sua avvenuta nomina – nonostante si tratti di accertamenti sanitari anche invasivi, come le radiografie. Inoltre, in questi casi non sarebbe necessariamente prevista la presenza di un mediatore linguistico culturale, essenziale per garantire un consenso informato della persona agli accertamenti sanitari richiesti.

Considerando che nessun metodo disponibile, neanche medico, consente la determinazione esatta dell’età, è inoltre molto preoccupante che la norma eluda il principio dell’approccio multidisciplinare, e che preveda un’eccezione alla regola secondo la quale gli accertamenti sanitari, in particolare se caratterizzati da invasività, debbano essere utilizzati soltanto se strettamente necessari e in seguito a metodi meno invasivi, quali il colloquio psico-sociale con l’interessato.

Le organizzazioni ricordano inoltre che la procedura di accertamento dovrebbe essere disposta solo in caso di “fondato dubbio” sulle dichiarazioni dell’interessato e non a libera discrezione delle forze di pubblica sicurezza, sulle quali tale ampia discrezionalità farebbe ricadere una responsabilità eccessiva, oltre che gravosa, nell’ambito dell’identificazione.

Si evidenzia infine che questa procedura, la quale rischia di rivelarsi tutt’altro che eccezionale, unita alla permanenza in centri per adulti e ai termini ristrettissimi per impugnare il verbale di polizia in cui viene dichiarata l’età – 5 giorni – può facilmente portare al respingimento, alla detenzione e alla successiva espulsione di minori dichiarati maggiorenni per errore, aprendo le porte a un destino rischioso e a possibili gravi violazioni dei loro diritti fondamentali, in particolare per i minorenni provenienti da Paesi cosiddetti “sicuri” e quindi sottoposti a procedure accelerate in frontiera qualora erroneamente considerati adulti.

Tutto questo avviene, sorprendentemente, nonostante l’Italia sia stata condannata più volte dalla Corte Europea dei diritti umani per aver collocato minorenni non accompagnati in centri per adulti e aver condotto procedure di accertamento dell’età senza garanzie procedurali sufficienti.

Per chiunque abbia a cuore i diritti dei minorenni queste modifiche normative sono inaccettabili e si fa appello al Parlamento affinché vengano eliminate dal testo durante l’iter di conversione in Legge. Ammettere deroghe al principio di equità di trattamento tra minorenni italiani e stranieri fuori famiglia rispetto all’ospitalità in affido familiare o in centri loro dedicati, e sottoporre potenziali minori a procedure che non abbiano il rigore e le garanzie necessarie per ogni procedimento che riguardi un minorenne, significa incidere non soltanto sul destino di migliaia di adolescenti migranti che hanno già alle spalle anni di viaggio e di sofferenze profonde, ma anche mettere in discussione il principio della protezione del minore in quanto tale, vigente nel nostro Ordinamento giuridico, e quindi la tenuta complessiva del sistema di tutela di chi rappresenta il futuro del Paese.

 

Guerra in Medioriente: l’appello di don Alejandro Leon, ispettore del MOR, per la pace

“Voglio ringraziare di cuore tutti gli amici della Famiglia Salesiana e i giovani del MGS soprattutto per la vostra preghiera”: don Alejandro Leon, ispettore del MOR, attraverso un video rivolge un appello e un ringraziamento alla Famiglia Salesiana, ai giovani del MGS per la vicinanza e la preghiera di questi giorni.
“La nostra è in una situazione di tensione ma vi sentiamo vicini: affidiamoci a Don Bosco e a Maria Ausiliatrice perché possa arrivare presto la pace”.