Racconti di missione: Ngozi, Burundi
Dopo il rientro dalle missioni estive, i diversi gruppi partiti raccontano la loro esperienza.
Cominciamo dai partiti in Burundi, a Ngozi.
Chiamati e Inviati
Missione Ngozi, Burundi
Chiamati da Qualcuno più grande, da Chi desidera davvero il nostro bene e ripone speranza in noi, affinché possiamo trasformare la nostra vita in un capolavoro.
Inviati da una comunità pronta a sostenerci nei momenti difficili, vicina anche nella distanza, decisa ad accompagnarci in questa missione.
Perché sì, è proprio di una missione che stiamo parlando. O meglio, di esperienza missionaria. Un’esperienza che, se la accetti, ti cambia. Ti rende consapevole, ti fa crescere, ti rende una persona migliore, senza aspettarti nulla in cambio.
Sei giovani e due salesiani. Otto “musungu“- bianchi – in viaggio verso un piccolo paese nel cuore dell’Africa: il Burundi.
Qui, la terra rossa si mescola a una povertà evidente, tangibile, ma colma di umiltà. Una povertà accettata come condizione di vita, dove la mancanza di acqua corrente è normalità, l’assenza di rifornimenti di benzina è routine e fare un solo pasto al giorno è pura provvidenza.
Abbiamo incontrato una comunità segnata da una guerra passata e da una crisi economica presente, ma che ogni giorno cerca di vivere l’attimo, senza preoccuparsi troppo del domani. Il futuro? Sarà un’altra storia.
Siamo stati inviati non per cambiare il mondo, ma semplicemente per stare. Per vivere appieno il “patronage” con circa ottocento bambini. Settimane intense che ci hanno aperto gli occhi: abbiamo capito quanto siamo fortunati a sederci a tavola tre volte al giorno, a poter aprire un rubinetto e vedere l’acqua sgorgare. Ci hanno mostrato che i veri problemi della vita sono altri. Che vivere il presente, anche solo per un momento, ti fa pensare: “Quando mi ricapiterà?”
Forse, per essere veramente felici, basta davvero poco.
Ci siamo donati a bambini e ragazzi che, probabilmente, non rivedremo mai più. Con i nostri pregi e difetti, ci siamo offerti così come siamo. E, giorno dopo giorno, abbiamo compreso che, mentre noi eravamo lì per loro, erano loro a donarci qualcosa: un sorriso, una parola, un gesto. E bastava tutto questo a ripagare ogni fatica e sacrificio.
È proprio vero che “C’è più gioia nel donare che nel ricevere“, ma è solo vivendo una realtà come questa sulla propria pelle che lo si può affermare con certezza.