I salesiani formano nel mondo i nuovi lavoratori del tessile – La Repubblica
Si riporta di seguito l’articolo a cura di Marta Borghese apparso su La Repubblica.
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Da un lato Confindustria moda, la federazione che unisce le imprese del settore tessile e dell’accessorio italiano. Dall’altra i Salesiani, con la loro rete nazionale e internazionale di centri di formazione professionale.
Ad unire le due realtà, un accordo di durata triennale che mette al centro un sapere caro a Don Bosco: l’intelligenza delle mani.
Si tratta di uno dei primi partenariati di questo tipo ed è basato su due dati inequivocabili del mondo contemporaneo: l’inverno demografico (che il vice presidente di Confindustria Gianni Brugnoli definisce «un’era glaciale») e la previsione dei pensionamenti.
Entro il 2030 in Italia andranno in pensione 1,9 milioni di lavoratori, di cui il 6 per cento nell’industria della moda e dell’accessorio. Nello stesso arco temporale, si stima che ci sarà un calo di studenti pari a 1,3 milioni.
Ad oggi, inoltre, in ambito manifatturiero il tasso di mismatch, cioè di mancato incontro tra domanda e offerta, è pari al 48 per cento.
«Quasi un lavoratore su due – afferma Brugnoli – non si trova».
E, paradossalmente, dall’altro lato della medaglia
«le nuove generazioni spesso non riescono a trovare un percorso che le abiliti alle professioni di qualità in cui l’industria investe»,
aggiunge don Giuliano Giacomazzi, direttore generale della CNOS-FAP, la rete formativa salesiana.
Così, salesiani e imprenditori hanno deciso di avvicinare il mondo dell’imprenditoria a quello educativo, favorendo l’incontro tra la formazione e le esigenze dell’industria.
In sostanza, il manifatturiero esprimerà le proprie necessità e metterà a disposizione anche le competenze necessarie per l’insegnamento dei mestieri.
I salesiani, dal canto loro, potenzieranno i laboratori esistenti e metteranno in piedi nuovi corsi, a cominciare dalla sartoria. A Valdocco, ma non solo.
Oggi infatti la rete salesiana è attiva in 133 Paesi e a Il Cairo, ad esempio, è già operativa una scuola di cucito.
L’accordo, dunque, apre anche ad un’altra forma di immigrazione, regolare e legata al mercato del lavoro.
«Ritengo che questo sia un passo storico – commenta il presidente di Confindustria Moda Ercole Botto Paola – Siamo un Paese manifatturiero e nei prossimi anni ci sarà una grave mancanza di figure professionali. Allora dovremmo anche cominciare a pensare a come l’Italia possa accogliere le persone in modo virtuoso».
Firmando l’accordo insieme a Botto Paola, don Giacomazzi conferma:
«C’è un mondo che si affaccia all’Europa e ha bisogno di affrontare il percorso in maniera qualificata e non disperata. Perché ciò sia possibile non bastano le risorse economiche: ci vogliono soggetti che se ne facciano carico e servono le competenze».
Già avviati i primi contatti con il settore tessile del Biellese. Il resto è in divenire: dalle scarpe alle rifiniture, dalle componenti per gli occhiali alla gioielleria, il panorama è ampio e le offerte non mancano, ma, dicono da Confindustria,
«bisogna tornare a credere nella formazione tecnica e professionale come ascensori sociali».
Una fiducia, quella nelle professioni manuali e artigiane, che aveva anche don Bosco:
«Lui stesso imparò la professione di sarto a soli quindici anni – ricorda don Leonardo Mancini, Ispettore dei Salesiani in Piemonte – e ne apprese molte altre, compresa quella di gelataio. Già nel lontano 1874 qui a Valdocco erano attivi 850 artigiani e studenti, che imparavano i mestieri del calzolaio, del sarto, del falegname, del cappellaio e del tipografo, oltre a 600 esterni che erano i discoli della città, esclusi dalle pubbliche scuole».
Oggi, negli stessi luoghi di allora, comincia un nuovo percorso.