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Animazione Missionaria: il viaggio continua “nel cuore del mondo”

Il percorso nel cuore del mondo prosegue nonostante la pandemia, in versione on-line!

L’incontro del 20 dicembre si è svolto nel solo pomeriggio della domenica, e ha affrontato il tema della dottrina sociale della chiesa. Tema assai complesso per il quale abbiamo fatto ricordo al prof. Fabrizio Gambaro dell’Università Cattolica di Milano. Una riflessione sulla centralità del bene comune nella politica che sogniamo, stimolata da alcune riflessioni di pensatori, economisti ed imprenditori contemporanei, attualizzata nel contesto pandemico in cui ci troviamo ancora. 

E’ stata anche l’occasione per scambiarsi gli auguri di Natale, più che mai sentiti in un bel gruppo di giovani come quello che sta camminando insieme nel cuore del mondo!

Ecco qui un breve estratto dei passaggi più significativi dell’incontro

“Il passato segnato dalla dottrina sociale della chiesa è un passato dove i Papi ma l’intera comunità dei nostri fratelli e i nostri amici hanno ragionato su cosa accadeva l’uomo. Quindi noi potremmo dire che la dottrina sociale della chiesa non è nient’altro che una riflessione antropologica, di cosa accade dell’uomo su questa terra. Ma non è solo una dottrina dell’uomo. Perchè? Le dottrine dell’uomo pensano al divenire, cioè a programmare un futuro per l’uomo mentre la dottrina sociale della chiesa pensa all’avvenire cioè all’apertura di ciò che non è programmabile ma di una fine, di uno scopo che è chiarissimo, cioè noi abbiamo un senso nella nostra vita e diamo senso alla nostra vita rispetto a un fatto che è accaduto più di duemila anni fa e di cui noi siamo oggi testimoni e quindi noi condividiamo la Fede. 

Nel divenire noi ci immaginiamo che cosa dovrebbe essere il nostro futuro tra 10/20 anni, quindi sono tutte le programmazioni socio-economiche che noi facciamo. Ad un certo punto che cosa è successo? È successo che questa pandemia ha interrotto completamente questo modello.

Dovete immaginare nella vostra vita quotidiana, che il vivere la dottrina sociale della chiesa non sia qualcosa che voi vi preparate per farlo un giorno, da adulti: la vostra vita quotidiana, le vostre relazioni, dentro la famiglia, dentro il piccolo gruppo, dentro la comunità più allargata, dentro le dimensioni relazionali in cui siete inseriti, devono essere non ispirate ma essere nel DNA della dottrina sociale della chiesa. Io non devo dire di essere Cristiano, io devo comportarmi da cristiano. Io non devo dire di avere una Fede, io devo essere la testimonianza di questa fede.

Questi elementi devono diventare un abito. L’abito vuol dire abitudine. O acquisisco un’abitudine ad agire in questo modo o quando sarà sottoposto ad una sfida che mi chiede di agire in questo modo, non riuscirò.

Noi ogni giorno ci impegniamo nell’idea di cambiare il futuro e quindi di cambiare la nostra vita sapendo comunque che l’avvenire, la storia, è guidata dal Signore e quindi sapendo che ogni cosa che noi facciamo rientri in questo contesto.”

L’incontro del 9 gennaio invece ha avuto come tema centrale la spiritualità salesiana, ve lo raccontiamo così:

Il nostro quarto appuntamento lo avevamo  immaginato così: una bella giornata di sole, carovana di macchine con destinazione Colle Don Bosco, passeggiata sulla collina alla croce missionaria. Lì dove tutto ebbe inizio. Così abbiamo chiuso gli occhi, sconfinando i limiti digitali dello schermo, e abbiamo sognato con chi dai sogni è stato accompagnato e guidato per tutta la vita: Don Bosco.

Dopo aver analizzato le varie spiritualità che conosciamo o abbiamo incontrato nella nostra vita, ci siamo soffermati su quella che ci sembra essere a noi più affine, la spiritualità salesiana, cioè la risposta che diamo al modo in cui Dio ci chiama a guardare il mondo.

Ci siamo lasciati affascinare dal sogno dei nove anni, i ragazzi ribelli da educare con mansuetudine, ripercorrendo scena per scena, provando a domandarci poi quale sia il sogno che sentiamo per la nostra vita. Quale missione ci è chiesta, qual è il nostro campo in cui operare. Per giungere al sogno missionario che Don Bosco fa nel 1871, visione di terre lontane, sconosciute, tribù di popoli che incontrano il Vangelo grazie ai giovani salesiani. Dal 1875, prima spedizione, ad oggi le testimonianze sono infinite e abbiamo avuto la fortuna di poter ascoltare quella di due salesiani: don Gianni che è stato missionario in Kenya e don Tiziano in Romania.

Della loro testimonianza colpisce la concretezza e la gioia di una vita donata. La fatica e la bellezza di riuscire ad entrare in un mondo nuovo in punta di piedi, inserendosi nella realtà così com’è, senza pensare che debba essere proprio come l’avevo immaginata.

L’incontro (a volte scontro) con una realtà giovanile lontana dalla nostra necessita di dialogo e confronto, tenendo conto della situazione politica, sociale, religiosa del luogo. Questo necessita di maturità: (per non lasciarsi andare ai sentimentalismi) i giovani che incontri  non sono dei “poveretti” da aiutare e a cui donare le caramelle, rispetto: sono dei fratelli da amare e per farlo mi devo impegnare anche un po’ io a conoscere qualcosa della loro lingua almeno per poterli salutare e chiedere come stanno, adattarmi alle loro tradizioni e alla loro cultura, consapevolezza: che è un dono reciproco, non solo io che vado a donare qualcosa ma forse soprattutto vado a ricevere qualcosa.

Quello che proviamo a fare deve essere proprio sullo stile e carisma di Don Bosco che con gioia e creatività va a cercare le anime per educarle, per portarle a Gesù e questa è la salvezza.

Con queste immagini nel cuore e tanta speranza, al termine della giornata, abbiamo riaperto gli occhi per continuare a sognare ad occhi aperti consapevoli che “il sogno è un evento che si realizza continuamente” e a noi sta solo lasciarci sorprendere.

E il viaggio continua… con l’equipe AM

Novena di don Bosco

Voci dall’animazione missionaria.
Un dono se è condiviso si moltiplica. Questa è la legge di sempre.
Una regola che ci ha insegnato don Bosco e che spesso sentiamo ripetere da papa Francesco “la vita si rafforza donandola e si indebolisce nell’isolamento”.

Nasce così l’idea della novena a don Bosco da parte dell’animazione missionaria.
Dopo la condivisione che abbiamo vissuto all’interno dell’incontro sulla spiritualità salesiana nel mese di gennaio, ci è sembrato troppo poco trattenere solo per noi la ricchezza di quanto il Signore ha donato ad ognuno.
Da qui la proposta di far risuonare sul web quanto don Bosco ci ha suggerito dalla condivisione del sogno dei 9 anni.
Il sogno continua…

Cagliero 11 – “Promuovere la dignità umana” Febbraio 2021

Si riporta Cagliero 11 e l’intenzione missionaria salesiana del mese di Febbraio 2021.

Intenzione Missionaria Salesiana, alla luce dell’intenzione di preghiera del Santo Padre.

CAGLIERO 11 – N°146, FEBBRAIO 2021

Cari confratelli e amici,

In questo anno, 2021, celebriamo il centenario della morte di don Paolo Albera, secondo successore di Don Bosco. Il Rettor Maggiore ha proclamato un intero anno dedicato a lui.

Albera, che era chiamato “il piccolo Don Bosco”, ci colpisce per la sua semplicità e la sua spiritualità profonda. Un uomo che parlava e scriveva non solo in francese, ma anche in inglese, conosciuto bene per la sua visita durata 3 anni a tutte le case dell’America e per il suo modo paterno di accompagnare gli oltre 1500 Salesiani che furono direttamente coinvolti nella Prima Guerra Mondiale.

Buona festa di Don Bosco a tutti voi! Che possiamo diventare, come don Albera, dei “piccoli Don Bosco”.

Ivo Coelho SDB
Consigliere Generale per la Formazione

E’ stata una meravigliosa avventura: il ricordo di don Italo e don Vincenzo

Nella serata di domenica 24 gennaio, l’Animazione Missionaria ICP ha dedicato un incontro online in memoria di Don Italo Spagnolo e Don Vincenzo Marrone, entrambi sacerdoti salesiani missionari mancati nell’ultimo periodo. Due uomini, due sacerdoti, due confratelli salesiani fioriti in terra africana, che sono stati padri, maestri e amici per tantissimi giovani che in loro hanno incontrato don Bosco.

“Quando avviene che un salesiano muore lavorando per le anime, la congregazione ha riportato un grande trionfo”

(C. 54)

Di seguito il video completo dell’incontro sulla testimonianza cristiana e salesiana di Don Italo Spagnolo e Don Vincenzo Marrone, condotto da don Fabio Mamino e don Theophilus Ehioghilen.

“Esci dalla tua zona di comfort”: il messaggio di don Alfred Maravilla

Sul sito di ANS viene riportato il messaggio missionario per il mese di gennaio 2021 del Consigliere Generale per le missioni don Alfredo Maravilla sull’importanza di abbandonare la proprio zona di comfort nonostante le difficoltà.

Dobbiamo sfidare noi stessi a uscire dalle nostre zone di comfort, facendo piccoli passi, come imparare a capire e apprezzare il modo in cui gli altri vedono le cose, che è diverso dal mio punto di vista.
don Alfredo Maravilla – Consigliere Generale delle missioni

Di seguito si riporta il messaggio riportato dalla notizia di ANS (fonte: AustraLasia)

(ANS – Roma) – Don Alfred Maravilla, Consigliere Generale per le Missioni, ha pubblicato un messaggio missionario, per il mese di gennaio 2021. Il centro della sua riflessione è la necessità di lasciare la propria zona di comfort, anche se questo può essere molto impegnativo per ciascuno di noi.

Si riporta di seguito il messaggio.

Si sente spesso dire “esci dalla tua zona di benessere”, ma che cos’è? La nostra “zona di comfort” è quell’area della nostra vita in cui non sentiamo stress e ansia, perché ci sentiamo familiari e in pieno controllo del nostro ambiente. Tutto ciò che è al di fuori della nostra zona di comfort è sempre molto impegnativo per noi. Ma c’è anche quella piccola voce nella nostra testa, che ci fa venire in mente mille ragioni per cui la nostra nuova idea o il nostro nuovo modo di fare fallirà, è pericoloso, non deve essere assecondato, deve essere evitato…

Così saremo sempre bloccati nella nostra zona di comfort, non andremo mai avanti e non cresceremo mai. Non ci concediamo di scoprire ciò di cui siamo capaci. Per questo, continuiamo a fare cose che abbiamo sempre fatto senza renderci conto che in realtà siamo diventati ciechi di fronte al fatto che non stiamo più producendo risultati.

Dobbiamo sfidare noi stessi a uscire dalle nostre zone di comfort, facendo piccoli passi, come imparare a capire e apprezzare il modo in cui gli altri vedono le cose, che è diverso dal mio punto di vista. Imparare a mangiare cibo di un’altra cultura o imparare un’altra lingua straniera è un altro piccolo passo. Lo è anche vivere in un’altra cultura, in un altro Paese. In effetti, è solo facendo tanti, piccoli passi che saremo in grado di rompere la nostra zona di benessere e andare avanti.

Una nave è fatta per navigare in alto mare, non per essere sicura in porto. Anche noi siamo stati progettati per andare in profondità, per spingere più in là i confini di ciò che possiamo raggiungere e sbloccare le nostre potenzialità di ‘discepoli missionari’. Così, Papa Francesco ha insistito sul fatto che “seguire Gesù non è un educato protocollo da rispettare, ma un esodo da vivere“. Infatti, se noi stessi vogliamo trovare Gesù, “bisogna lasciare la paura di mettersi in gioco, l’appagamento di sentirsi arrivati, la pigrizia di non chiedere più nulla alla vita. Occorre rischiare, semplicemente per incontrare un Bambino” (Omelia, 6 gennaio 2018).

E’ stata una meravigliosa avventura: ricordando don Italo e don Vincenzo, fra memoria e speranza

Don Italo Spagnolo e Don Vincenzo Marrone: due uomini, due sacerdoti, due confratelli salesiani fioriti in terra africana, che sono stati padri, maestri e amici per tantissimi giovani che in loro hanno incontrato don Bosco. L’Animazione Missionaria dell’Ispettoria propone un momento di memoria a loro dedicato per domenica 24 gennaio, rivolto a tutti i confratelli salesiani. Di seguito la comunicazione dell’iniziativa:

“Quando avviene che un salesiano muore lavorando per le anime, la congregazione ha riportato un grande trionfo”

(C. 54)

Come dice bene questo articolo della nostra costituzione, la morte di un salesiano è un’ occasione di grande celebrazione. È passato poco più di un mese da quando don Italo Spagnolo e don Vincenzo Marrone ci hanno lasciati, dopo quasi quarant’anni di una vita donata fino all’ultimo respiro nella terra di missione in Africa. Due uomini, due sacerdoti, due confratelli fioriti in terra africana, che sono stati padri, maestri e amici per tantissimi giovani che in loro hanno incontrato don Bosco.
Vogliamo fare memoria della loro vita e, tramite le testimonianza di coloro che li hanno conosciuti, cogliere la loro eredità per rilanciarci con gioia e speranza in un rinnovato impegno missionario qui ed ora.
Vi invitiamo a seguirci il 24 gennaio alle 21.00 sulla pagina del sito dedicata alle dirette.

L’Equipe di Animazione Missionaria

L’appello missionario 2021 del Rettor Maggiore

Martedì 8 dicembre 2020, data cara a tutti salesiani poiché ricorda l’inizio dell’opera di Don Bosco per i giovani poveri ed abbandonati, il Rettor Maggiore don Ángel Fernández Artime, ha rivolto a tutti i confratelli l’appello missionario per l’anno 2021.

Con questo appello, il Rettor Maggiore invita tutti i salesiani di tutte le Ispettorie del mondo a rivivere la generosità e la vitalità missionaria all’inizio della Congregazione, e a rispondere alle esigenze missionarie, in particolare:

– nelle presenze in Amazzonia e in alcune frontiere missionarie dell’America Latina;

– nelle presenze salesiane al servizio dei rifugiati e nelle nuove frontiere dell’Africa;

– in Lituania, Bulgaria e nelle altre nuove frontiere del Progetto Europa;

– in Azerbaijan, Laos, Nepal, Mongolia, Jacuzia;

– nelle numerose presenze nelle isole dell’Oceania.

“Miei cari confratelli prego per questo e affido questa intenzione all’intercessione della nostra Madre Immacolata e Ausiliatrice, chiedendo a Don Bosco di continuare ad alimentare nei suoi salesiani lo stesso ardore missionario da lui vissuto”.
(Rettor Maggiore – don Ángel Fernández Artime)

Cagliero 11 dicembre 2020 e un ricordo per don Italo Spagnolo

Alle porte dell’Avvento, portando nel cuore la tristezza per la scomparsa, a così breve distanza, di due “grandi Padri” dell’Africa salesiana: don Italo Spagnolo e don Vincenzo Marrone. Partiti insieme quasi 40 anni fa, sono nuovamente partiti insieme anche per l’ultima Casa, quella eterna!

Un ricordo di don Italo scritto da don Theo a nome dei confratelli AFW:

Caro don Italo, sei stato un fedelissimo figlio di Don Bosco con un cuore ardente per i giovani soprattutto i più poveri.
Tu hai vissuto fino alla fine il DA MIHI ANIMAS CETERA TOLLE, da quel giorno in cui hai detto il tuo primo sì fino all’ultimo sì, alla morte, un sì alla vita eterna.
Hai trasmesso la spiritualità salesiana con gioia ed entusiasmo. Per te tutto era davvero meraviglioso. Vedevi tutto con gli occhi di Dio. Sia nella gioia che nel dolore, tutto era “wonderful”! Proprio questo ci hai trasmesso con la tua vita, vissuta buona parte con i poveri di Ondo, Sunyani, Akure ed Ijebu-Ode. Attorno a queste città andavi anche nelle periferie più lontane, perché c’erano dei giovani a cui sentivi il bisogno di portare l’amore di Dio, facendo carne le parole di don Bosco: Anime! Anime!
Sei stato un grande costruttore di edifici che servano ai giovani, ma soprattutto sei stato un costruttore delle anime.
Sei stato una finestre tramite la quale entra la luce di Dio raggiunge tutti i giovani.

Ecco il messaggio di don Italo del 20 novembre, a un confratello Nigeriano che gli aveva scritto. Gli risponde: “Grazie del messaggio. Ti spero sempre impegnato e gioioso. Credo che il coronavirus abbia modificato un po’ i tuoi progetti, ma “nulla ti turbi”. Sempre disponibili alla volontà di Dio, come Don Bosco. Ti abbraccio con fraterno affetto. CIAO”

Queste parole riassumono la spiritualità di questo fedelissimo figlio di Dio e figlio di don Bosco Carissimo: come i servi fedeli del Vangelo, senti anche tu adesso le parole di Dio che ti dice “Bene servo buono e fedele; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. ( Mt 25,23).
Don Bosco e tutti i salesiani nel cielo ti accolgano con le loro braccia spalancate! Ti diciamo soltanto grazie!

Di seguito l’intervista “Un caffè con Don Italo“.

 

Si riporta Cagliero 11 e l’intenzione missionaria salesiana del mese di Dicembre 2020.

Intenzione Missionaria Salesiana, alla luce dell’intenzione di preghiera del Santo Padre.

CAGLIERO 11 – N°144, DICEMBRE 2020

IL NOSTRO MESSAGGIO È CRISTO!
Don Alfred Maravilla SDB, Consigliere Generale per le Missioni

La festa di Natale ci porta nel cuore della nostra fede cristiana. Tuttavia, quando si elimina ogni riferimento alla nascita di Cristo, non è più Natale. Infatti, non c’è Natale senza Gesù Cristo! Siamo spesso invitati ad aprire una presenza salesiana in molti luoghi perché apprezzano la nostra pastorale per i giovani poveri e abbandonati, la formazione tecnica nei nostri centri o il nostro lavoro sociale a favore dei rifugiati, dei giovani emarginati e degli sfollati. Questa è una grande benedizione. Ma potrebbe anche diventare un rischio. Noi salesiani potremmo rischiare di concentrarci così tanto sul nostro lavoro per la promozione umana e lo sviluppo dei poveri e degli emarginati che potremmo finire meno come evangelizzatori e più come operatori sociali o fornitori di servizi sociali. Se questo accade, presto il desiderio di fare del bene si affievolirà e la gioia di evangelizzare non si sentirà più. Non c’è missione senza Cristo! Infatti, “Non c’è vera evangelizzazione se il nome, l’insegnamento, la vita, le promesse, il Regno, il mistero di Gesù di Nazareth, Figlio di Dio, non siano proclamati”! (S. Paolo VI, Evangelii Nuntiandi, 22).

Certamente, “Nessun credente in Cristo, nessuna istituzione della Chiesa può sottrarsi a questo dovere supremo: annunziare Cristo a tutti i popoli” (Redemptoris Missio, 3). Ma ci sono situazioni o contesti in cui non possiamo nemmeno menzionare il nome di Gesù né esibire simboli cristiani. In questi casi, anche se non è prudente parlare di Gesù, non dobbiamo mai perdere quel desiderio interiore e quell’intenzione intima di fare ciò che facciamo per testimoniare Gesù. La sfida è vivere in modo tale che la nostra testimonianza di vita diventi un mezzo per suscitare l’interesse a scoprire la persona di Gesù. Infatti, “all’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva.” (Benedetto XVI, Deus Caritas Est, 1). Vivere oggi lo spirito missionario di Don Bosco significa rinnovare ogni giorno il nostro incontro personale con Gesù Cristo non per predicare noi stessi ma per essere credibili portatori del Messaggio che portiamo: nostro Signore Gesù Cristo!

Domande per la Riflessione e la Condivisione

  • Mi prendo cura di nutrire la mia fede in Gesù?
  • È credibile la mia testimonianza di vita come cristiano o come persona consacrata?

Testimonianza di santità missionaria salesiana

Don Pierluigi Cameroni SDB, Postulatore Generale per le Cause dei Santi Attilio Giordani (1913-1972), Salesiano cooperatore e missionario in Brasile visse da cristiano le diverse stagioni della sua vita: durante il Fascismo cerca la libertà nell’oratorio, nell’Azione Cattolica; in tempo di guerra e dopoguerra, quando per la politica e per i partiti si vive in un clima di contrapposizione e di conflitti, inventa la crociata della bontà; in tempo di contestazione, quando i giovani si appropriano del terreno che i vecchi lasciano vuoto d’ideali, egli appoggia l’Operazione Mato Grosso che i suoi figli gli hanno portato in casa. E tutto questo lo condivide con Noemi, la sua fidanzata e poi sposa, che si lascia coinvolgere fino alla fine dall’entusiasmo travolgente del suo Attilio: “Cara Noe, il Signore ci aiuti a non essere dei buoni alla buona, a vivere nel mondo senza essere del mondo, ad andare contro corrente”.

Nel cuore del mondo, quando l’economia è davvero “di casa”!

Un sabato pomeriggio molto intenso in Zoom per il gruppo del nuovo percorso #nelcuoredelmondo 2020-2021. 

Le limitazioni imposte dalla formula online non hanno spaventato la 30ina di giovani partecipanti, che si è data come appuntamento questa occasione di formazione nel campo dell’economia. 

L’incontro, pensato in origine come un weekend, è stato concentrato nel solo pomeriggio di sabato 31 ottobre in due momenti: un primo momento dedicato ad una panoramica globale su temi e numeri circa l’abitare, la sanità, l’istruzione e l’alimentazione; un secondo momento centrato invece attorno all’intervento del dott. Ivan Vitali, storico amico del nostro itinerario, il cui curriculum richiederebbe una pagina a parte (https://www.scuoladieconomiacivile.it/ivan-vitali/).

La grande competenza del nostro ospite, unita alla sua cordialità e freschezza espositiva, molto vicina agli ascoltatori e capace di creare coinvolgimento ed interesse immediato, ha acceso l’attenzione su tantissime tematiche di attualità economica, tenendo sempre il discorso nel concreto dell’emergenza che stiamo vivendo (e continueremo a vivere) quanto alla gestione della “casa comune”.

Il gruppo è stato molto colpito dalla definizione di economia come scienza della felicità pubblica: il fondatore della Scuola di economia civile ci ha introdotti, infatti, in un mondo nel quale l’economia potrebbe non risultare un ostacolo alla giustizia o un’oscura variabile, bensì un utile e nobile strumento a beneficio di tutti, dove nessuna dimensione dell’umano è tagliata fuori.

Interventi come questi sono sempre un po’ come i fari della costa, luci che non devono mancare – specialmente in mezzo alle tenebre e alle tempeste – per salvare dal naufragio. 

L’attività missionaria è ancora valida oggi?

Per l’animazione missionaria, pubblichiamo il Cagliero 11 di questo mese, con l’intenzione di preghiera per novembre.

***

Era giovedì 11 Novembre 1875 nella chiesa di Maria Ausiliatrice a Valdocco. Dopo il canto dei Vespri e del Magnificat, Don Bosco sale sul pulpito e traccia il programma apostolico dei partenti: iniziare con l’evangelizzazione degli emigrati italiani e puntare sull’evangelizzazione della Patagonia. Concluse con queste parole profetiche: “…chi sa che non sia questa partenza e questo poco come un seme da cui abbia a sorgere una grande pianta? Chi sa che non sia come un granellino di miglio o di senapa, che a poco a poco vada estendendosi e non abbia da produrre un gran bene?” Poi Don Bosco abbraccia a uno a uno i dieci missionari. A ciascuno è stata consegnata una copia dei “Ricordi ai Primi Missionari” che lui stesso aveva tracciato a matita sul taccuino di ritorno da un viaggio. Don Bosco accompagnò i missionari fino a Genova dove il 14 Novembre si imbarcarono sul piroscafo francese Savoie. Un testimone vide Don Bosco tutto rosso per lo sforzo di contenere le lacrime.

Questa scena, spesso romanzata, è rimasta nel nostro immaginario salesiano popolare. Ma rimangono anche le domande di molti: L’attività missionaria è ancora valida oggi? Non abbiamo abbastanza salesiani nemmeno per la nostra Ispettoria, perché mandarli come missionari in altri paesi? Poiché Dio vuole che tutti siano salvi, tutti hanno il diritto di conoscere Gesù Cristo. Quindi, la possibilità di conoscere Gesù deve essere resa concretamente disponibile a tutti. Infatti, tutti i discepoli sono esortati a predicare il Vangelo in ogni tempo e luogo (Mt 28,19-20), affinché tutti possano scoprire “le imperscrutabili ricchezze di Cristo” (Ef 3,8). Eppure, siamo tutti consapevoli che anche oggi, come in passato, molte persone non conoscono Gesù, né hanno la possibilità di conoscerlo o di accettarlo. Per questo più che mai, oggi la Chiesa è chiamata ad essere “in uscita”, con la stessa disponibilità ad ascoltare la voce dello Spirito e ad essere infiammata dallo stesso ardore e coraggio missionario che ha ispirato i missionari del passato (Redemptoris Missio 30; Evangelii Gaudium 24).

La nostra vocazione salesiana ci pone al centro della Chiesa (Cost. 6) “che è missionaria per sua stessa natura” perché “è inviata alle nazioni” (Ad Gentes 2). Don Bosco ha concepito il suo Oratorio con una prospettiva missionaria per i giovani poveri e abbandonati senza parrocchia. Animato dallo zelo missionario, ha lanciato altre iniziative: la tipografia, le Letture Cattoliche, il Bollettino Salesiano e ha fondato la Società Salesiana, le FMA, i Salesiani Cooperatori e l’ADMA. Infine, aprì una pagina completamente nuova nella vita della sua giovane Congregazione inviando i missionari salesiani nel 1875 e le FMA nel 1877. Don Bosco ha trasmesso questo ardore missionario alla sua famiglia religiosa. Così, il 19° e il 20° Capitolo Generale SDB hanno sottolineato che l ’esempio di Don Bosco indica che l’impegno missionario fa parte della natura e della finalità della nostra Congregazione (CG19, 178; CG20, 471). I missionari, quindi, non sono quelli che avanzano tra i tanti confratelli dell’Ispettoria. Né sono quelli che tratteniamo perché “qui abbiamo bisogno dei confratelli”. Il missionario salesiano è un confratello che risponde alla sua vocazione missionaria dentro la sua vocazione salesiana. Infatti, il nostro invio missionario ogni anno è l’espressione concreta della nostra fedeltà allo spirito e all’impegno missionario di Don Bosco!

Domande per la Riflessione e la Condivisione:

  • Perché l’attività missionaria è ancora valida oggi?

  • Perché la vocazione missionaria è una chiamata dentro la nostra comune vocazione salesiana?

D. Alfred Maravilla, SDB
Consigliere per le missioni

GENEROSITÀ MISSIONARIA
Nel 1920, esattamente cento anni fa, don Albera, secondo successore di Don Bosco scriveva una fervorosa lettera agli ispettori Salesiani d’Europa per esortare lo zelo missionario ad gentes. Già allora, sembrava avverarsi, scrive don Albera, un po’ per volta il magnifico sogno fatto da Don Bosco il 30 agosto 1883, nel quale l’angelico giovanetto Luigi Colle (morto due anni prima in odore di santità) gli fece vedere, in modo misterioso l’immensa mèsse che i Salesiani avrebbero dovuto raccogliere in avvenire. «Sono migliaia, e milioni di abitanti che attendono il vostro aiuto, che attendono la fede ». A questo si susseguirono altri sogni in cui il Santo dei giovani vedeva gradualmente i suoi Salesiani curarsi delle anime in ogni parte del mondo. Ma, continua don Albera, “mi esce purtroppo dal fondo del cuore il lamento del Divino Maestro: «Messis quidem multa, operarii autem pauci»”, ricorda notando la grande necessità di operai evangelici nella immensa messe delle opere salesiane.

Poi l’invito alla generosità missionaria: “Quanto maggiore è il numero dei Missionari che un’Ispettoria può inviare dovunque abbiamo Missioni; tanto più numerose e preclare saranno le vocazioni religiose che il Signore regalerà a quell’Ispettoria. — Non è una semplice affermazione retorica; è pensiero genuino del nostro Venerabile Padre.” Non è certo un messaggio del passato, ancora e di più oggi come Salesiani e membri della Famiglia Salesiana, dobbiamo credere a queste parole e non chiudere il nostro cuore alle esigenze di quelli che ci appaiono più lontani. “Il più bel monumento a Don Bosco, il più degno del suo gran cuore d’apostolo, non è dunque il Missionario, che col Crocifisso e col Vangelo in mano va a conquistare nuovi popoli alla religione e alla civiltà?”

DIO È VERAMENTE PRESENTE IN OGNI CULTURA
Sono cresciuto in una famiglia cristiana e in un ambiente misto dal punto di vista religioso e politico, che ha influenzato il destino dei giovani. Sono stato coinvolto nelle attività religiose della Chiesa e i miei impegni durante la scuola secondaria hanno cominciato a rivelare la chiamata missionaria che c’è in me. Mentre ascoltavo con l’aiuto del mio direttore spirituale, diventava più chiaro che il Signore mi chiamava con il cuore e da lontano. Da quel momento, qualsiasi desiderio che attraversava il mio cuore veniva percepito secondo lo zelo per la missione.

Come missionario salesiano in Cina, devo affrontare una cultura diversa dalla mia. Il dolore di comunicare in cinese minaccia il mio senso dell’umorismo. La struttura gerarchica della società che si fonda sui rapporti umani e sull’esercizio dell’autorità è un’altra sfida con cui mi scontro. Ciò significa che c’è il pericolo di misurare la dignità umana sulla base dello status sociale e dell’appartenenza razziale. Le giovani vocazioni provenienti da questo tipo di contesto soffrono di una fragilità vocazionale, poiché a volte è difficile trasformare queste realtà culturali in uno stile di vita religioso.

Venendo all’attuale situazione della Cina, ci sono ancora più tensioni sociali e le nostre comunità religiose vi rispondono con la preghiera e il discernimento, ma con grande cautela per non essere coinvolte in politiche di parte. Di fronte a questa realtà, la mia vita religiosa, soprattutto l’aspetto comunitario, è posta a dura prova. Recentemente, siamo stati colpiti dall’epidemia di Covid-19 che sta minacciando la vita umana e che ha messo fine a molte attività religiose e sociali. Tutti si muovono nella paura, nella paura dell’ignoto. Queste sfide stanno riscrivendo il racconto della mia vita missionaria e influenzano il modo in cui viviamo nella comunità. I giovani non vengono lasciati fuori. Si sentono limitati a vivere la loro esuberanza giovanile in modo gioioso. E guardando tutto questo, chiedo se il dito di Dio scrive in questo modo.

Nonostante tutto questo, mi guardo indietro e trovo ancora qualche motivo per essere gioioso. Ho imparato ad apprezzare la pluralità della vita che forma uno splendido mosaico dell’immagine di Dio e di come Egli si manifesta in ogni storia, in ogni evento. Dio è veramente presente in ogni cultura. Dio è presente nei giovani, non importa quanto piccola sia la sua voce. Io stesso l’ho sentito nella vita dei giovani con cui ho condiviso la mia vita in questo luogo. Questa è la mia gioia più profonda. Questa gioia che trovo tra i giovani è per me una forza in tutte le sfide. Offro queste sfide e queste gioie a Dio nella preghiera e le condivido con la comunità. Mentre nella preghiera Dio rivela la Sua volontà diretta, nella condivisione con la comunità rivela la sua volontà attraverso i confratelli.

Nelle mie ultime parole, i confratelli che stanno discernendo la vocazione missionaria stanno già ascoltando la voce di Gesù che chiama. Sono felici perché lo fanno con apertura e senza paura. Le difficoltà verranno per la loro strada, ma troveranno forza nell’unico e solo missionario di Dio – Gesù Cristo – nel quale condividiamo una sola missione per la salvezza dei giovani.

Nicolas Chibueze, missionario Salesiano in Cina

TESTIMONIANZA DI SANTITÀ MISSIONARIA SALESIANA

Don Pierluigi Cameroni SDB, Postulatore Generale per le Cause dei Santi

La Venerabile Mamma Margherita (1788-1856), segna con la sua la sua presenza femminile e materna il carisma salesiano fin dalle origini. La famiglia di Giovannino, scosso dalla sua situazione di orfano, poté godere del profondo amore di una madre, che consacrò totalmente la vita ai suoi figli, di una madre che fu per loro la prima e la più importante catechista; una donna che insegnò loro ad essere responsabili, lavoratori e onesti, caritatevoli con coloro che erano più poveri. Anche quando sarà a Valdocco aiuterà don Bosco nell’assistere i giovani poveri e senza famiglia, con l’affetto di una madre e la saggezza di una donna forte, educandoli a diventare buoni cristiani e onesti lavoratori.

 

AM: il primo incontro “Nel cuore del mondo”

Domenica 11 ottobre ha avuto inizio il percorso Missionario dell’Ispettoria con il primo incontro “Nel cuore del mondo”, un pomeriggio esteso per fare conoscenza di gruppo vedendosi di persona e per prendere confidenza col cammino. Di seguito il racconto della giornata a cura di Michele Dettoni.

Il primo incontro del “Percorso nel Cuore del Mondo” è stato una sorpresa. Dopo mesi di relazioni online, giornate spese il più possibile tra le quattro mura di casa, un’estate in cui abbiamo osato un po’ di più ma che comunque ci ha impedito di concretizzare, per esempio, le missioni nel mondo a cui i giovani dell’anno scorso si erano tanto preparati, certo non ci aspettavamo un gruppo così numeroso di ragazze e ragazzi che quest’anno vogliono mettersi in gioco in un percorso che guarda al di là di casa propria, del proprio cortile, del proprio quartiere, città, Paese.

Viene allora da pensare che forse non basta un “lockdown” mondiale a fermare i sogni dei giovani. Forse li rallenta un po’, li costringe ad avere pazienza. Forse a volte si prova delusione perché abbiamo vent’anni e non vogliamo vederci spegnere le energie da un virus che chiude le porte agli abbracci, ai baci, ai viaggi nel mondo, ai tirocini in presenza, alle lezioni all’università, agli incontri in oratorio, alle serate in compagnia. Li rallenta ma non li ferma. Anzi, forse cresce il desiderio e si cercano strade nuove per uscire, feritoie attraverso cui qualcuno possa tenderci la mano e dirci di continuare a camminare. Perché il mondo è davvero di chi cammina, nonostante.

“Perché sono qui?”, “Quali parole esprimono le tue aspettative?”, “Quali sono le testimonianze missionarie che ti è capitato di ascoltare e che cosa ti hanno lasciato?”.

Porsi insieme domande, prima di cercare le risposte, è nello stile del corso e condividerle con gli altri è ingrediente fondamentale quando si cerca la verità di se stessi. I ragazzi ascoltano le testimonianze di chi in passato è partito per il Ghana, la Romania, la Lituania e di chi l’anno scorso, non potendo vivere l’esperienza missionaria, è stato capace di indossare con coraggio l’abito tanto faticoso quanto sorprendente in ciò che ha saputo regalare del #Lìdovesei. Perché, come ci ha ricordato don Luca durante la buonanotte, missione è prima di tutto flessibilità del cuore a frantumarsi e ricomporsi per rispondere a una chiamata, a un mandato che ti invita ad accendere un fuoco che ti brucia e ti scalda dentro. Se non hai un fuoco dentro non accenderai nessuno, anzi rischi anche di spegnere chi ha una piccola fiammella. E’ un fuoco che ti fa sentire il mondo come casa tua. Significa sentire quello che capita ai fratelli e alle sorelle nella propria carne. Chi fa questo percorso per essere nel cuore del mondo deve sentire il mondo nel suo cuore. Non farsi abitare dal mondo significa essere indifferenti, non arrabbiarsi di fronte a una ingiustizia, sentire ma non ascoltare le notizie di tutti i giorni.

Quando l’altro ti appartiene non ti lascia più e la fiammella cresce bruciando egoismi e comodità, alimentando l’amicizia sociale e l’impegno per la giustizia.

Buon inizio ai giovani che al primo incontro hanno permesso a quel fuocherello di accendersi, non resta che continuare a prendersene cura.