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“Pazzo di Dio”: il documentario su don Oreste Benzi in anteprima al Cinema Teatro Agnelli

Dal Cinema Teatro Agnelli di Torino.

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Il Cinema Teatro Agnelli di Torino presenta, in prima visione a Torino, il film “Il pazzo di Dio – La strada di don Oreste Benzi“: un documentario di Kristian Gianfreda sulla vita e le battaglie di don Oreste Benzi, il “parroco dalla tonaca lisa”, fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII. L’appuntamento è per Venerdì 20 dicembre alle ore 21.00, Domenica 22 dicembre con il doppio appuntamento alle 18.00 e alle 21.00 e Lunedì 23 dicembre alle ore 21.00.

Frutto di anni di raccolta e di realizzazione di materiali che ricostruisce la personalità di un sacerdote fuori dagli schemi:

“A me non è mai dispiaciuto essere spregiudicato. Spregiudicato vuol dire non mettere i paletti davanti al Dio che viene, all’avventura. A me è piaciuta sempre l’avventura, nel senso etimologico del termine: un qualcosa che viene, e che quindi non c’era. A me piace andare verso ciò che viene, non rimanere fermo a ciò che c’era”.

Non c’è niente di meglio di questa dichiarazione d’intenti di don Benzi per far comprendere a chi non lo conoscesse che tipo di persona fosse. Kristian Gianfreda, che lo ha conosciuto e ha lavorato con lui, ce ne mostra diversi aspetti proponendo sue dichiarazioni e mostrandocelo all’opera.

Ne emerge il ritratto di un uomo fortemente legato alle esperienze dell’infanzia fatte di gioia ma anche intrise del profondo senso di disistima del padre verso se stesso causato dalla propria condizione economica. “Pensava di non valere niente” dice a un certo punto. Da questa considerazione è nata la scintilla che ha acceso il fuoco della sua azione. Non è retorica parlare di fuoco perché basta ascoltarlo per capire quanto la sua azione nascesse da una profonda vitalità che lo spingeva ad andare di notte (come testimoniano le immagini belle perché sfuocate) a cercare i fuochi dei copertoni con un mazzo di rosari in mano per trovare quelle donne portate con l’inganno in Italia dai loro Paesi di origine e poi costrette a prostituirsi.

Gianfreda mostra le molteplici iniziative portate avanti non solo in Italia a favore degli emarginati e degli sfruttati così come non nasconde prese di posizione sulla prostituzione su cui era possibile il dissenso. Ciò che conta però è l’assoluta disponibilità di quest’uomo a mettersi in gioco per sottrarre a un’effettiva schiavitù donne che in lui hanno visto la possibilità di un mutamento della loro condizione di vita. Tutto questo spinto dalla fede in Dio, un tipo di fede che non si ferma alle enunciazioni ma è pronta a immergersi nel dolore e nella sofferenza anche correndo dei rischi per la propria incolumità.

Oggi gli sopravvive la Comunità Giovanni XXIII da lui fondata che continua l’opera che il ‘pazzo di Dio’ aveva iniziato senza una struttura alle spalle ma solo guidato dalle pagine del
Vangelo. Soprattutto da quelle che ad altri potevano sembrare ‘scomode’.

Cinema Agnelli: prima visione del film “Lala” di Ludovica Fales

Di seguito il comunicato stampa a cura del Cinema Teatro Agnelli.

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IN PRIMA VISIONE

LALA

un film di Ludovica Fales

13 luglio | ore 21.30 | Casa Nel Parco di via Panetti 1, Torino

ospite la regista Ludovica Fales e l’attrice Ivana Nikolic

 

Lala ha soltanto diciassette anni, frequenta ancora la scuola ma ha già un figlio. Nata e cresciuta in Italia, deve comunque fare i conti con i pregiudizi che quotidianamente colpiscono le ragazze come lei.

Lala è infatti una giovane rom, non ha i documenti e per questo non riesce a trovare lavoro. Non potendo avere un impiego, non ha modo di mantenere sé stessa e il figlio. Per questo motivo, il neonato viene allontanato dai servizi sociali, che lo prendono in carico per darlo in affidamento e offrirgli la prospettiva di un futuro migliore. Ma Lala non si arrende: ama suo figlio, vuole crescerlo ed è pronta a lottare per riaverlo. La prima cosa che deve fare, quindi, è procurarsi i documenti, ma non sarà un’impresa facile.

Lala è un gioco di specchi in cui si riflettono le esperienze di moltissime ragazze e ragazzi rom e sinti: una storia semplice diventa così un coro di voci in cui si compone un variopinto mosaico di umanità.

Quella di Lala è la storia di Zaga, una ragazza rom nata e cresciuta in un campo a Roma. La regista Ludovica Fales ha conosciuto Zaga quando aveva diciassette anni e viveva insieme al suo bambino in un appartamento nel quartiere di Tor Bella Monaca.

Fales aveva intenzione di filmare Zaga mentre cercava di ottenere il permesso di soggiorno. Tuttavia, dopo più di un anno ditentativi andati a vuoto, la ragazza si rese conto di non avere alcuna possibilità di successo e per questo decise di partire, senza lasciare traccia. Fales, però, non ha dimenticato Zaga e per dar voce alla sua storia, e a quella di tante giovani ragazze rom costrette a vivere le sue stesse difficoltà, ha scritto un film per raccontarla.

Nei panni della protagonista c’è Samantha, una giovane attrice rom non professionista. Samantha non si limita a interpretare Lala – alter ego di Zaga – ma contribuisce attivamente alla costruzione della narrazione: dice cosa pensa di ciò che accade al personaggio, cosa potrebbe provare e in che modo quel che succede a Lala le ricorda alcune vicende della sua stessa vita. Al coro di voci che compongono il film si aggiungono anche quelle di altri ragazzi rom e sinti che commentano a propria volta il racconto con le loro considerazioni personali e le loro esperienze.

Come si legge alla fine del lungometraggio, poco prima dei titoli di coda, ogni elemento della storia è il frutto degli incontri che i giovani attori presenti nel film hanno svolto nel corso di un laboratorio di improvvisazione teatrale durato cinque anni, in cui hanno condiviso la propria interiorità e i propri sogni.

Lala è quindi nato grazie a tutti loro e grazie a Zaga, alla cui vicenda la sceneggiatura in primo luogo si ispira. Il risultato è un gioco di specchi in cui il film riflette continuamente su sé stesso, su quel che vuole comunicare, sui sentimenti che intende veicolare.

E, in effetti, ascoltare le opinioni degli attori sulla rappresentazione della storia è la cosa più interessante di Lala: la loro spontaneità e la loro genuina commozione arricchiscono realmente le vicende mostrate e le fanno sentire più vere, più concrete.