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All’Ausiliatrice una nuova piazza pedonale – Corriere Della Sera

Si riporta di seguito l’articolo del Corriere Della Sera di Torino sulla riqualificazione di piazza Maria Ausiliatrice.

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Un milione e mezzo di euro per la riqualificazione di piazza Maria Ausiliatrice.

Sono stati stanziati ieri dalla giunta comunale insieme al progetto che prevede la pedonalizzazione parziale degli spazi attorno alla casa madre dei salesiani di Don Bosco, la sostituzione dell’asfalto con pietra naturale, il rinnovamento del sistema di illuminazione e l’inserimento di elementi di arredo urbano, come panchine e quattro grandi aiuole che avranno anche una funzione ambientale.

Anche davanti alla scuola sarà ampliato il perimetro dell’area pedonale e sostituita la pavimentazione con calcestruzzo drenante e architettonico, saranno posizionati arredi e aiuole fiorite e realizzata una nuova rete di raccolta delle acque meteoriche.

Lavori di ammodernamento anche nel giardino su corso Regina Margherita.

«La pedonalizzazione di Maria Ausiliatrice – spiega l’assessora alla Transizione ecologica, Chiara Foglietta – rientra in una più ampia prospettiva di questa amministrazione che punta a restituire spazio alle persone e a rendere più vivibile la città, intervenendo su tutte le Circoscrizioni».

 

«Meno asfalto – aggiunge il collega al Verde e Cura della città, Francesco Tresso -, più verde, strade e spazi pubblici a misura di pedoni e bici, con soluzioni progettuali utili a contrastare l’effetto isola di calore e per una migliore gestione delle acque piovane, tematiche sempre più attuali e centrali per la resilienza della città».

“Faceva caldissimo e passai penultimo Alla fine presi 60 e fu una bella estate” – Corriere Torino

Si riporta di seguito l’articolo apparso sul Corriere Della Sera di Torino in cui il Sindaco di Torino, Stefano Lo russo, ricorda il suo esame di maturità presso l’Istituto salesiano Agnelli di Torino.

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Faceva caldissimo e passai penultimo Alla fine presi 60 e fu una bella estate

Il ricordo del sindaco Stefano Lo Russo

 

«Altro che se mi ricordo… Mi ricordo come se fosse ieri la tensione di quei momenti. Per questo alle giovani e ai giovani studenti che si apprestano a dare l’esame consiglio di provare a gestire la tensione: in fondo la prova di maturità è anche quella…».

Sono passati quasi trent’anni dal giorno in cui Stefano Lo Russo, 47 anni, ha dato l’esame di maturità all’Istituto tecnico industriale «Edoardo Agnelli». Dai salesiani —-come tiene a sottolineare.

Sindaco Lo Russo, si ricorda ancora il suo esame di maturità?

«E come si fa a dimenticare l’esame di maturità? Impossibile credo per chiunque».

Come andò?

«Mi ricordo la tensione prima del secondo scritto che quell’anno, per gli istituti tecnici industriali come il mio fu di Impianti elettrici, e soprattutto prima dell’orale».

Come è stato?

«La prima vera grande prova della mia vita».

Lei come era a scuola: copiava o faceva copiare?

«Di norma facevo copiare, ma qualche volta per i compiti più difficili ho anche copiato. Più da biglietti nascosti nel portapenne che dai compagni».

Quale tema scelse?

«Se ricordo bene, un tema relativo ai temi dell’intolleranza e dei conflitti etnici».

E l’orale come andò?

«All’orale portai come prima materia Misure elettriche. Andò bene, ma fu faticoso, anche fisicamente. Faceva caldo, molto afoso, e io passai a fine mattinata, per penultimo».

Fu una fortuna…

«I professori avevano fortunatamente tutti voglia di finire. E anch’io. Fu più veloce del previsto. Non mi fecero finire l’esposizione dell’argomento che mi ricordo ancora adesso: il diagramma circolare del motore asincrono trifase».

Temeva di essere bocciato?

«No, ma temevo di non riuscire a raggiungere una buona votazione e mi sarebbe spiaciuto molto».

Che voto ha preso alla fine?

«Un voto molto positivo. Presi l’agognato 60 e ne fui felicissimo. Quella del 1994 fu l’estate più spensierata di sempre».

Dopo il tormento, la liberazione…. Che consiglio dà a un giovane che si sta preparando per la maturità e che magari si avvicina a quella prova con tutta l’ansia del caso?

«Ai ragazzi che si apprestano a dare l’esame, consiglio di provare a gestire la tensione. Non c’è un metodo univoco e ognuno deve trovare il suo. In fondo oltre che le nozioni apprese e la capacita di esporle, se ci pensiamo bene, la maturità che va dimostrata è anche quella».

L’oratorio del Michele Rua festeggia un secolo di vita in mezzo ai giovani – Corriere Torino

1922 – 2022: l’oratorio salesiano di Barriera di Milano festeggia un secolo di vita in mezzo ai giovani. Sono ormai trascorsi 100 anni da quando don Lunati aprì le porte dell’oratorio salesiano Michele Rua, un luogo di culto e gioco che accoglieva numerosi bambini, figli delle tante migrazioni che hanno colorato il volto del quartiere.
Di seguito l’articolo pubblicato su Corriere della sera – Sezione Corriere Torino, a cura di Paolo Coccorese.

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Torino, il Michele Rua compie 100 anni

L’oratorio salesiano di Barriera di Milano festeggia un secolo di vita in mezzo ai giovani

Oggi sul campo sintetico rincorrono il pallone bambini e bambine di trenta nazionalità diverse. All’oratorio salesiano Michele Rua le differenze hanno sempre fatto parte del gioco fin dalla sua fondazione, 100 anni fa. Un secolo trascorso in mezzo ai giovani di Barriera di Milano. Tra i figli delle tante migrazioni che hanno colorato il volto del quartiere senza modificarne il dna. Dal 1922 in poi, tra gli immigrati veneti, toscani, poi quelli pugliesi di Cerignola o Corato, fino agli albanesi, romeni e marocchini. Fanno parte anche loro della comunità del Michele Rua che quest’anno festeggia l’anniversario della fondazione.

La storia del Michele Rua è quella del quartiere. Anche dal punto di vista urbanistico. Il «Ricreatorio Mamma Margherita Bosco» nasce nel 1917. L’impresario Luigi Grassi mette a disposizione di don Lunati un capannone in via Candia 9. A seconda della necessità, la baracca si trasforma in sala giochi, cappella, spazio musicale. Finché il costruttore non decide di abbatterla per erigere nuovi alloggi. I salesiani sono costretti a spostarsi. A finanziare la fondazione del Michele Rua di oggi sono i più importanti imprenditori dell’epoca. Il 19 giugno 1921 il cardinale Richelmy benedice la prima pietra. Via Paisiello non è quella di oggi. Non ci sono altri palazzi. Intitolata all’erede di don Bosco, nasce letteralmente una parrocchia di frontiera. Ancora oggi lo è, immersa nelle difficoltà e nei sogni di riscatto del quartiere. Ne è convinto anche Dario Licari, 47 anni, diventato educatore dell’oratorio in cui è cresciuto. «La missione è rimasta la stessa delle origini. Don Bosco diceva: “Voglio creare buoni cristiani e onesti cittadini” perché credeva in una comunità che fosse non solo religiosa, ma anche educativa». Certo, non è stato facile.
Venticinque anni fa, i salesiani, prevedendo il presente, aprirono le porte dell’oratorio agli educatori professionali. La crisi delle vocazioni e l’età del disimpegno hanno obbligato molte parrocchie a rinunciare all’accoglienza dei più giovani. Non in via Paisiello, dove il doposcuola, complice la dad degli ultimi due anni, è sempre più partecipato e necessario. Il cinemateatro (di seconda visione), il Monterosa con la sua insegna a bandiera, continua a proporre spettacoli per tutte le tasche. In tanti anni, il Michele Rua non ha rinunciato neanche allo sport. «Il campetto di via Boito è stato calcato da migliaia di ragazzi. Da qui è passato il rapinatore Cavallero, professori universitari e anche calciatori», ricorda Beppe Beraudo, lo storico di Barriera. Sono tantissimi. Per esempio, Cesare Valinasso, il portiere juventino degli anni Trenta, Antonio Maggioni, Claudio Garella (numero 1 del Napoli di Maradona), Domenico Maggiora. Era un giovane del Michele Rua anche Raf Vallone che al calcio preferì il cinema. Il futuro pone nuove sfide. «Tre, in particolare. Il sostegno alle famiglie, quella culturale e quella dell’inserimento lavorativo», spiega don Stefano Mondin, il direttore del Michele Rua.

In via Paisiello è stato inaugurato un maker lab, un laboratorio di sartoria digitale con stampante 3D. Arrendersi è vietato. Come nel 1932 quando i fascisti misero i sigilli al primo circolo. I giovani di allora non si lasciarono intimorire e, saltando il muretto, continuarono le loro attività. Il loro motto era «W Don Bosco, W l’Italia».

IUSTO: «Faccio scuola agli psicologi 4.0» – Corriere Torino

Si riporta la notizia, a cura della giornalista Chiara Sandrucci, apparsa sul Corriere Torino in cui Claudia Chiavarino, Direttrice accademica dell’Istituto Universitario Salesiano di Torino (IUSTO), presenta il nuovo corso di laurea in Psicologia applicata all’innovazione.

Di seguito l’articolo del “Corriere Torino”.

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La tecnologia si sdraia sul lettino «Faccio scuola agli psicologi 4.0» Allo Iusto di Torino parte un corso di laurea in Psicologia applicata all’innovazione. Claudia Chiavarino è la coordinatrice del programma di studi che si pone l’obiettivo di rimettere al centro l’uomo ai tempi del machine learning e degli algoritmi.

Formiamo i professionisti della mente che saranno al fianco degli informatici Prima di lanciare un corso di laurea in Psicologia applicata all’Innovazione digitale è andata a verificare se ne esistevano altri simili, ma non ne ha trovati. Unico nel suo genere, formerà professionisti in grado di gestire la corsa della tecnologia in questo mondo «new normal». Sempre più ibrido, sospeso tra reale e virtuale, in continua evoluzione. La psicologa torinese Claudia Chiavarino, 44 anni, è la direttrice accademica dell’Istituto Universitario Salesiano di Torino (IUSTO) che da quest’anno prepara esperti in grado di «mantenere l’essere umano al centro dei processi innovativi e tecnologici e di implementare i valori etici applicabili all’innovazione».

Si occuperanno solo in parte di psicopatologia del digitale, piuttosto sarà la tecnologia a stendersi sul lettino. «Ho sempre avuto la passione per la ricerca scientifica applicata alla psicologia», spiega Chiavarino che si è laureata in Psicologia all’Università di Torino con una tesi sulle «Proprietà topologiche della negligenza spaziale unilaterale». Durante gli studi ha trascorso un anno Erasmus in Olanda e poi 4 anni in Inghilterra per il dottorato all’Università di Birmingham. «Dal 2007 mi sono fermata qui, Torino mi richiama sempre, è una città molto vivace e capace di reinventarsi, soprattutto ora in campo tecnologico, è un buon terreno per far crescere iniziative nuove». Sostiene che la psicologia è una di quelle scienze in cui c’è ancora tanto da scoprire. «Ci vuole particolare attenzione nel derivare le conclusioni, un grande rigore metodologico».

Allo IUSTO, 670 studenti e 100 docenti tra i corsi di Psicologia e Scienze dell’educazione, è arrivata quasi per caso come docente «conquistata dall’approccio pedagogico integrale tipico dei salesiani e dalla vivacità progettuale dell’Istituto». Già nel 2012 è diventata responsabile del Centro innovazione e ricerca, nel 2018 vice preside e dal 2020 è lei il direttore accademico. «Avevamo l’idea di una laurea in Psicologia applicata all’innovazione digitale ancora prima del Covid, poi il lockdown ci ha convinto che fosse il momento giusto». La tecnologia è sempre stata appannaggio dei tecnici, ma ora sta andando così veloce da imporre un’attenzione più ampia. Non solo a posteriori. «C’è bisogno di psicologi che si inseriscano all’inizio del processo di innovazione quando si sviluppano nuove tecnologie, per ottenere prodotti che facciano stare bene gli utenti finali», sostiene la direttrice.

Il piano di studi del corso di laurea, partito ad ottobre, ha visto il confronto, fra gli altri, con l’Innovation Center di Intesa Sanpaolo. Include Elementi di programmazione, Psicologia dell’interazione uomo-macchina, Machine learning e reti neurali, Tecnologie immersive, Tecniche per l’innovazione sistematica. «Non per trasformare gli psicologi in informatici, ma per dar loro una forma mentis e un linguaggio tali da potersi interfacciare con un programmatore che produce algoritmi». L’idea è che diventino «psicologi startupper», che lavorino nelle startup o nelle aziende a fianco degli informatici per la creazione e lo sviluppo di nuovi prodotti e servizi. Gli algoritmi predominano nella concessione dei prestiti, la selezione del personale, il marketing, nei servizi proposti da colossi come Amazon o Netflix. «Ma la fiducia delle persone nell’intelligenza artificiale sta calando, c’è diffidenza e questo si traduce in un mancato utilizzodelle tecnologie – riflette Chiavarino -. Le aziende confermano il bisogno di psicologi come i nostri per concepire prodotti attenti alle persone».

Due esempi. È già in corso un progetto di «robotica assistiva» per gli anziani in collaborazione con il Politecnico, dove la domanda a monte è «di che cosa hanno veramente bisogno?». Gli psicologi, esperti dei processi mentali e del comportamento umano, trovano le risposte con gli utenti. Designer e ingegneri realizzano. Altro ambito, la robotica educativa e l’uso dei dispositivi da parte dei bambini. «Sapendo che le tecnologie cambiano il modo in cui il nostro cervello funziona, indebolendo la nostra capacità di lettura e riflessione profonda, possiamo produrne di nuove che compensino questi effetti», spiega la psicologa che ha una bimba di 8 anni a cui concede il tablet un’ora al giorno. «È una svolta: prima ci si chiedeva dove potessimo arrivare con la tecnologia, mentre ora la domanda è in che direzione vogliamo che vada».

Chiara Sandrucci

Le radio clandestine al tempo della Resistenza – Corriere Torino

Le radio clandestine dei partigiani, utilizzate per la trasmissione di informazioni strategiche, furono di fondamentale importanza durante la liberazione di Torino dall’occupazione nazifascista. Tra le prime radio vi era quella dell’Oratorio Salesiano di Valdocco, che non essendo mai stata trovata dai tedeschi salvò la vita a molti partigiani e fiancheggiatori della Resistenza. Di seguito l’articolo pubblicato il 14 aprile 2021 dal “Corriere Torino“.

Fabbriche, oratori e parrocchie a Torino: ecco dove erano nascoste le radio partigiane clandestine

Si trasmetteva dalle Concerie Fiorio e dalla Microtecnica di via Madama. E poi c’erano don Borghezio e don Cocco, sacerdoti disposti a rischiare la vita per sostenere la Resistenza.

di Luca Rolandi

Nella storia della liberazione di Torino dall’occupazione nazifascista hanno un posto di rilievo le radio clandestine dei partigiani: lo strumento che la Resistenza e le truppe anglo-americane di liberazione utilizzavano per scambiarsi informazioni strategiche contro i tedeschi.

Una stazione di trasmissione radiofonica era nascosta nelle Concerie Fiorio di via Durandi 10, che era sede di una delle sezioni del Comitato di Liberazione Nazionale (oggi l’edificio ospita i corsi di formazione professionale della Piazza dei Mestieri). Un’altra radio si trovava presso la fabbrica Microtecnica di via Madama Cristina 149. Un’antenna con apparecchio trasmettitore venne collocata nel sottotetto della parrocchia di San Massimo in via Dei Mille 28. Un’altra presso l’Oratorio Salesiano di Valdocco.

Come spiega Luciano Boccalatte, direttore dell’Istituto Storico della Resistenza, «operavano a Torino varie radio clandestine, alcune legate alle missioni inglesi, altre alle missioni americane». Un ruolo di primo piano ebbero i preti disposti a rischiare e a ospitare gli apparecchi trasmettitori in parrocchia. «La radio installata nel sottotetto di San Massimo è oggi custodita dall’Istituto Storico della Resistenza, che l’ha ricevuta in dono da Luigi Segre. Quella che operava nell’Oratorio di Valdocco è conservata presso il Polo del ‘900, dono di Franco Cerrato».

La parrocchia di San Massimo era un centro importante della Resistenza. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 il parroco don Pompeo Borghezio mise a disposizione la canonica per le riunioni clandestine del Cln. Era un prete combattivo, durante tutta la guerra prestò aiuto agli ebrei, ai renitenti e ai partigiani. Finché nel marzo 1945 — nelle fasi decisive della liberazione — don Borghezio accettò di ospitare nella casa parrocchiale l’apparecchio radio ricetrasmittente della missione americana «Pom». Le trasmissioni furono affidate al sergente cecoslovacco Joseph Panek. Scopo della missione era fornire agli alleati informazioni circa la consistenza numerica delle formazioni partigiane e i loro fabbisogni, e inoltre trasmettere notizie riservate sui tedeschi. Proprio dalla postazione radio di San Massimo, con l’aiuto di due interpreti, fu possibile conoscere e diffondere l’organigramma delle SS tedesche di stanza nel famigerato Albergo Nazionale dietro a piazza San Carlo.

A Valdocco operava un’altra radio, sotto la vigilanza del salesiano don Luigi Cocco, vicedirettore dell’Oratorio. Don Cocco era stato cappellano militare e dopo l’armistizio, rientrato a Torino, si era messo in contatto con i militari entrati nella Resistenza nelle valli di montagna. Con don Cocco operavano alcuni salesiani cecoslovacchi, che avevano preso contatti con truppe di loro connazionali, arruolate inizialmente dai tedeschi, poi passate alla Resistenza in Val Sangone. La radio al Valdocco era nascosta nell’intercapedine di un muro utilizzato anche per nascondere i ricercati dai tedeschi. Trasmetteva informazioni al governo di Roma e agli alleati. L’apparecchio fabbricato in America, era arrivato a Torino nei primi mesi del 1945, fatto sbarcare in Liguria dopo un viaggio avventuroso; accompagnava la «Spring», una missione dei servizi della Marina Militare italiana. Don Cocco imparò a cifrare e a trasmettere. Un giorno gli informatori gli notificarono un notevole concentramento di mezzi tedeschi nella zona boschiva a ridosso di Villastellone, verso il Parco dei De Maistre. Toccava a lui diffondere l’informazione, ma decise di non farlo: sapeva che gli aerei alleati non sarebbero andati troppo per il sottile e avrebbero devastato Villastellone con tutta la popolazione. Scelte difficili. Giorni tragici. I tedeschi sapevano dell’esistenza della radio di Valdocco, la cercavano, ma non la trovarono mai. Così questa radio poté salvare la vita a tanti partigiani e fiancheggiatori della Resistenza. (…)

C’era in Piemonte anche una emittente partigiana rivolta a tutta la popolazione. Trasmetteva clandestinamente dalle montagne di Biella, si chiamava «Radio Libertà», utilizzava un’antenna rubata dai partigiani nell’aeroporto di Cameri. Ogni sera alle 21 le prime dieci note della canzone Fischia il vento, suonate da una chitarra scordata, aprivano le trasmissioni: «Attenzione Radio Libertà, libera voce dei volontari della libertà. Si trasmette tutte le sere alle ore 21 sulla lunghezza d’onda di metri 21». All’annuncio veniva aggiunta una precisazione: «Non abbiano dubbi coloro che ci ascoltano, siamo partigiani, veri partigiani. Lo dice la nostra bandiera: Italia e libertà. Lo dice il nostro grido di battaglia: Fuori i tedeschi, fuori i traditori fascisti. Ecco chi siamo: null’altro che veri italiani».

Didattica a distanza: “Noi prof trasformati tutti in YouTuber” – l’esperienza dell’Agnelli

Il quotidiano Corriere Torino nella giornata di ieri, 15 febbraio, ha dedicato in primo piano un’inchiesta sugli effetti della Didattica a Distanza che le scuole italiano hanno dovuto affrontare e stanno portando avanti in questo periodo di emergenza sanitaria. A Torino gli istituti superiori statali sono una quarantina e in 18 hanno risposto al questionario proposto dal Corriere Torino sugli effetti della Dad a un anno dall’inizio della pandemia. In 10 scuole su 18 le pagelle di quest’anno non hanno riservato sorprese rispetto al passato: il rendimento è stabile. Emergono tuttavia diverse problematiche: malessere psicologico in crescita e aumento delle richieste agli sportelli di sostegno. Di seguito il focus sulla Dad dell’Istituto Salesiano Agnelli di Torino che è stato riportato nell’articolo, a cura di Giorgia Mecca.

«Noi prof trasformati tutti in YouTuber»

Alessandro Antonioli insegna italiano e latino all’Agnelli

«Siamo dovuti diventare YouTuber».

Alessandro Antonioli ha 29 anni e insegna italiano e latino all’istituto internazionale Giovanni Agnelli, è il suo quinto anno da professore, il più faticoso.

Dai banchi agli schermi è stata stravolta anche la didattica: «Non puoi riproporre online una lezione che avevi preparato dal vivo». Di necessità virtù, nei mesi di lockdown, Antonioli e i suoi colleghi si sono inventati nuovi modi di insegnare, per tenere alta la concentrazione degli studenti: escape room che in base alla preparazione permettevano ai partecipanti di viaggiare da un’epoca all’altra, Google Meet a cui hanno invitato scrittori, intellettuali, il medico di Lampedusa Pietro Bartolo, professori universitari che hanno spiegato ai ragazzi come mai Cicerone continua ad essere così importante.

«In uno dei progetti più belli siamo stati ispirati da J.K. Rowling, (la creatrice di Harry Potter) e dal suo Animali fantastici. Basandoci sul libro, abbiamo trascritto e tradotto alcuni pezzi de L’hortus santatis, una delle prime enciclopedie di storia naturale, individuando undici specie di animali fantastici. Il risultato del progetto sarà in mostra al Museo Leone di Vercelli».

In questa situazione, è fondamentale salvaguardare la relazione con i ragazzi, pensare a progetti nuovi. L’entusiasmo non manca, ma Antonioli ammette che lo scorso anno è stata dura e lo è anche adesso.

«Mi accorgo che passo molte delle mie giornate davanti al pc, a registrare, montare le lezioni, preparare i compiti, cercando di mantenere stabile il rendimento degli alunni».

I ragazzi più bravi hanno perso motivazione, quelli meno bravi hanno avuto ancora più difficoltà.

«Temo che nei prossimi tempi ci saranno cicatrici che dovremo curare. Non solo a livello scolastico, ma psicologico. Alla fine delle lezioni cerco sempre di chiedere ai ragazzi come stanno, di farli distrarre, di parlare di campionato o delle nuove serie Netflix. Mi accorgo che molti ragazzi hanno bisogno di socialità e noi insegnanti dispiace molto quando non riusciamo a intercettare il loro disagio».

G. Mec.

Un percorso di studi in Energia, ispirato alle parole del Papa e di Greta

Sul sito dell’Istituto Agnelli viene presentato il nuovo indirizzo dell’Istituto tecnico tecnologico.  Questo nuovo indirizzo sarà in collaborazione con Iren e sarà un percorso di studi dedicato proprio all’energia, ispirato dalle parole di Greta e del Papa.

Di seguito il testo integrale della notizia di presentazione del nuovo indirizzo:

In un momento in cui di scuola si parla spesso tra polemiche e dubbi a causa della pandemia da Covid, l’Istituto Tecnico Edoardo Agnelli annuncia una nuova certezza. Dopo avere avviato nel 2019 la sezione di Informatica e dopo avere conquistato nel 2020 il primo posto tra gli Istituti Tecnici Tecnologici di Torino e provincia come percentuale di collocazione lavorativa (indagine Eduscopio), a settembre prenderà avvio l’articolazione Energia, andando così ad arricchire l’attuale offerta formativa con le sezioni di Meccanica e Meccatronica, Elettronica e Informatica.

Traguardi che non nascono dal nulla, ma che sono frutto di un lavoro costante e appassionato dei docenti e degli studenti. «La crescita di questi anni è la risultanza di tre fattori tra loro interdipendenti: professionalità e continuità del collegio docenti, costante ricerca di collaborazione con le aziende del territorio, cura della formazione personale e professionale degli studenti – commenta il prof. Giovanni Bosco, preside del Liceo Scientifico e dell’Istituto Tecnico Edoardo Agnelli -. Le famiglie ci cercano, gli studenti ci apprezzano, le aziende ci scelgono: siamo molto contenti di come stanno andando le cose. E vogliamo ancora crescere».

Con il nuovo anno scolastico 2021-2022 l’offerta formativa dell’Istituto Tecnico Tecnologico si arricchirà quindi ulteriormente, avviando un percorso di indubbio interesse e attualità: l’articolazione Energia. Il prof. don Fabrizio Gallarato ne illustra i punti principali: «È sufficiente indicare alcuni dei temi innovativi che arricchiscono il curriculum formativo di questa nuova sezione per coglierne il valore aggiunto: energie rinnovabili (fotovoltaico, solare termico, geotermia…), efficientamento energetico di edifici e impianti, tecniche di accumulo dell’energia, sistemi di supervisione e conduzione di impianti mediante app e da remoto».

L’articolazione Energia è il punto di arrivo della collaborazione sviluppata in questi anni con il Gruppo IREN, che si è sviluppata grazie a stage e percorsi di PCTO (ex alternanza scuola-lavoro), che hanno coinvolto molti studenti: negli ultimi due anni dieci di loro sono stati assunti e alcuni progetti hanno concorso a livello nazionale. «È il punto di arrivo di un bel cammino fatto con il Gruppo IREN. Ci auguriamo e desideriamo che sia punto di partenza per un percorso ancora più coinvolgente – aggiunge don Claudio Belfiore, direttore dell’Istituto Edoardo Agnelli -. Ci tengo a sottolineare che un peso rilevante nella scelta di avviare la nuova sezione Energia hanno avuto i richiami e le sollecitazioni di Papa Francesco con la Laudato sii sulla cura della casa comune e la crescente attenzione sociale al rispetto dell’ambiente provocata da Greta Thunberg e dalle manifestazioni giovanili. Crediamo sia giusto e doveroso che tali sensibilità diventino professionalità, occupabilità e capacità di ricerca di nuove soluzioni».

Le iscrizioni per la nuova articolazione Energia sono aperte. È possibile acquisire ulteriori informazioni e iscriversi partecipando ai prossimi Open Day (in presenza e online) dell’Istituto Tecnico previsti nel corso di questo mese di gennaio: venerdì 15, sabato 16, giovedì 21 e sabato 23. Per contatti e informazioni è possibile telefonare allo 011-6198311 oppure scrivere a segreteria@istitutoagnelli.it.

 

Festa di San Giovanni: Il cercatore di melodie che fa suonare le campane

C’è chi si diverte a strimpellare la chitarra con gli amici e chi ama cantare. Ma c’è anche chi preferisce spingersi oltre il pentagramma, per dirigersi su scale più alte. Oggi, per la festa di San Giovanni, le campane di Torino si sono animate con le melodie di Marco Di Gennaro, insegnante di religione di 34 anni che per passione “va a caccia” di antiche melodie della tradizione liturgica.

Si è cominciato al Cottolengo (alle 9.00), con un concerto di 12 campane. Poi alla Basilica di Maria Ausiliatrice (alle 9,30) alla Cattedrale di San Giovanni (alle 10), fino a San Gioacchino (11.30) e il concerto grosso, alle 12.00, con la suonata in simultanea di tutti i campanili. L’ultimo concerto, alle 18.45 alla Chiesa delle Stimmate di San Francesco in Parco Dora.

Marco Di Gennaro, direttore d’orchestra e prima voce del gruppo Campane To, collabora con la Diocesi e le parrocchie allo scopo di far risuonare antiche melodie.
Più che un musicista vero e proprio Marco Di Gennaro si vede come «un cercatore di melodie», laureato con una tesi in filosofia sul suono delle campane nella tradizione locale.

«Sono un organista per diletto, per vivere insegno religione e lettere all’Istituto dei Salesiani. Ho imparato a suonare grazie ai campanari del Monferrato, che gestiscono una piccola scuola per appassionati. Ma da anni inseguo il sogno di recuperare la voce di tutti i campanili di Torino».

Per San Giovanni sono quasi 200 le campane che hanno suonato a festa. Di queste il gruppo Campane To ne ha riprogrammate più di una ventina. Ma otto su dieci sono sotto la supervisione artistica di questi giovani. Il lavoro è completamente volontario.

«Ascoltare le campane è come ascoltare il suono di Dio, mi spiace davvero quando qualcuno si lamenta delle campane, per rintocchi di appena 35 secondi ».

(Tratto dall’Articolo pubblicato domenica 23 giugno su Corriere Torino dedicato al rintocco delle campane di Torino, a cura di Cristian Benna)