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Don Roberto Repole nuovo arcivescovo di Torino e vescovo di Susa

Don Roberto Repole, 55 anni, è il vescovo eletto dell’arcidiocesi di Torino e della diocesi di Susa. A darne l’annuncio sabato 19 febbraio 2022, presso il Santuario della Consolata a Torino, è stato l’arcivescovo mons. Cesare Nosiglia, alla guida della Diocesi di Torino dal 2010 e amministratore apostolico di Susa dal 2019. Di seguito il video dell’annuncio, la comunicazione ufficiale di mons. Cesare Nosiglia e il saluto di don Repole avvenuto alla Consolata pubblicati sul sito della diocesi di Torino.

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La COMUNICAZIONE di mons. Nosiglia alla comunità diocesana:

«Cari amici, sono lieto di comunicarvi che il Santo Padre ha nominato Arcivescovo metropolita di Torino e Vescovo di Susa il canonico don Roberto Repole, docente e direttore della Sezione torinese della Facoltà teologica dell’Italia settentrionale.

Il curriculum del nuovo pastore è ben conosciuto da tutti voi e per questo siamo riconoscenti al Santo Padre di questa nomina. Personalmente sono molto contento della scelta e auguro al mio successore ogni bene, mentre chiedo ai sacerdoti, religiosi e religiose e fedeli tutti di accogliere con gioia il nuovo Arcivescovo e di offrire a lui tutta la loro disponibilità a collaborare efficacemente al suo ministero, accompagnandolo fin da ora con la nostra accoglienza e la nostra preghiera.

Sono lieto di questa nomina anche perché viviamo un periodo delicato e importante che riguarda non solo la diocesi di Torino e Susa ma l’intera Chiesa, e quella italiana in particolare. Mi riferisco all’avvio del Sinodo che caratterizzerà questi prossimi anni ed è iniziato ufficialmente nelle nostre diocesi il 17 ottobre scorso con le solenni celebrazioni nel santuario della Consolata di Torino e nel santuario della Madonna del Rocciamelone a Susa.

Da parte mia assicuro a don Roberto la mia piena disponibilità a sostenerne il ministero senza alcuna interferenza. Io resterò a Torino in una realtà ecclesiale collegata alla parrocchia Madonna Addolorata, al Pilonetto. Anche qui il parroco avrà la mia piena collaborazione, se lo vorrà e come lo vorrà. Ho sempre desiderato infatti di poter servire una comunità parrocchiale. Poi, come ogni altro Vescovo emerito presente a Torino e a Susa sarò disponibile per celebrazioni di Cresime o di feste patronali o altro che i singoli parroci vorranno e chiederanno. Desidero anche assicurare i lavoratori della ex Embraco e i poveri (in particolare senza dimora, immigrati o rom) che continuerò a seguire le loro vicende con la massima cura.

Infine desidero ricordare l’incontro con i giovani di Taizè. Dopo la prima tappa a fine dicembre 2021 aspettiamo ancora i giovani d’Europa a Torino nel prossimo mese di luglio. Mi auguro che questo importante raduno possa essere accolto e seguito con cordiale attenzione da don Roberto.

In attesa dell’ordinazione episcopale di don Roberto, io svolgerò il compito di amministratore apostolico per Torino e Susa. Oggi saluto con affetto don Roberto e sono certo che il suo ministero e azione pastorale darà un ulteriore impulso alle nostre Diocesi di Torino e Susa supplendo ad ogni mia mancanza, con l’apporto del clero, dei religiosi e religiose e dei laici, per svolgere con impegno il cammino sinodale in atto e ogni altro importante rinnovamento delle due diocesi in vista della loro unità sempre più necessaria.

D’intesa con lui abbiamo deciso di comunicare la sua nomina qui nel santuario della Consolata, perché la Madonna che più sentiamo come nostra lo protegga e sostenga nel suo ministero. Con vivo saluto e augurio».

Il testo del SALUTO di don Repole:

«Carissime sorelle e carissimi fratelli, tutti: religiose e religiosi, laiche e lai-ci, diaconi e presbiteri.

Come potete anche solo immaginare, ho il cuore colmo di emozione e all’interno c’è un guazzabuglio di sentimenti. Vi è certamente una profonda e intensa gratitudine al Signore, che mi invita ancora una volta e in maniera sempre più radicale alla sua sequela e al dono di me; e al carissimo papa Francesco, che mi ha scelto con un atto di grandissima fiducia. Ma confesso anche che in questi giorni ho dovuto combattere con l’ansia, sempre frutto del Nemico quando ci separa da Cristo e dai fratelli e ci fa sentire soli.

Al di sotto però delle onde di superficie, se scendo nel profondo, laddove lo Spirito Santo mi abita, trovo una pace profonda.

Mi consolano in particolare tre cose.

La prima è che io sono certo di non aver mai cercato in alcun modo un ministero come quello che oggi mi viene affidato. Ho avuto la grazia in questi anni di avere tantissimi contatti, che mi hanno arricchito nel mio percorso teologico e nella mia vita di fede. Ma ho sempre incontrato le persone per quello che erano, senza secondi fini. E per questo, la mia nomina ad arcivescovo di Torino e vescovo di Susa era umanamente del tutto imprevedibile. Non può essere opera semplicisticamente umana. Nella fede la leggo come l’opera della fantasia e dell’estro dello Spirito. E vivo allora sicuro che come la mano di Dio non mi ha mai abbandonato in questi anni e come, anzi, la sua presenza si è fatta con il tempo sempre più intensa, così continuerà ad affiancare i miei passi. Sono con Lui; e questo è anche ciò che desidero sempre di più, quello che più davvero mi interessa nella vita.

E poi ho la grande grazia di dover servire due Chiese che conosco, pur in modo evidentemente diverso. E anche voi conoscete me, con i doni che il Signore ha voluto farmi nella sua immensa bontà e con i miei limiti. La Chiesa di Torino è la mia Chiesa, tanto amata. È qui che ho ricevuto il dono più bello di tutti, quello della fede, quello della compagnia di Cristo. Penso con profonda gratitudine a tutte le sorelle e i fratelli che sono stati e sono per me la testimonianza di Cristo vivente e del suo amore. Penso a voi, con i quali camminiamo insieme; e penso a quelli che sono già nel Signore. Ci sono anche loro, anche oggi, qui. Gabriel Marcel faceva dire ad un personaggio del suo teatro che se il mondo fosse abitato solo da quelli che noi consideriamo i viventi, l’aria sarebbe semplicemente irrespirabile. Questo è particolarmente vero per la Chiesa. La Chiesa di Susa ho avuto modo di conoscerla, invece, soprattutto attraverso diversi incontri di formazione e di ritiro dei preti. Ne ho sempre raccolto la sensazione di una comunità in cui, con semplicità, si serve il Signore e ci si vuole bene.

Ecco, mi consola sapere che lo Spirito è già potentemente all’opera e la Chiesa c’è già. Io vi svolgerò un ministero e offrirò quello che umanamente potrò dare. Ma ci saranno altri ministeri e soprattutto ci saremo tutti noi, una cosa sola in Cristo. Le Chiese di Torino e di Susa non hanno solo un glorioso passato, hanno un presente, dove Dio è all’opera perché il Vangelo raggiunga davvero tutti; e per questo, tale presente può essere persino stimolante e avvincente.

Mi consola, infine, sapere che come cristiani non siamo certamente una potenza, né dobbiamo esserlo. Non abbiamo da offrire a queste nostre città nulla di tutto ciò che esse possono trovare già altrove e in abbondanza. Possiamo offrire, però, quello che nella nostra povertà Cristo ha deposto e depone continuamente in noi: la straripante bellezza del Vangelo, che può generare senso di vita per i più giovani, sollievo e compagnia per i più anziani, vicinanza e cura per i malati, accoglienza ospitale per tutti i poveri e gli emarginati.

Con questi sentimenti, ringrazio ancora di cuore il Santo Padre, e ringrazio l’arcivescovo Cesare Nosiglia, per tutto l’impegno che ha profuso e quello che ancora deve offrire per qualche mese (senza mettere limiti per il prosieguo). Ci affidiamo tutti alla Vergine Consolata, perché continui a suggerirci quello che Cristo ci chiede.

Vi voglio bene, confido tantissimo nel vostro bene e nella misericordia che ci useremo gli uni gli altri.

Ringrazio sin d’ora le Autorità civili e militari, confidando in una buona collaborazione. Sicuramente avremo modo nei prossimi mesi di incontrarci e di iniziare un dialogo proficuo.

Mi scuso sin da adesso con i giornalisti presenti, se non aggiungo altro a questo saluto. Avremo modo di incontrarci in un clima più calmo rispetto alle emozioni di questi giorni e poterci così parlare. Grazie di cuore!».

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Leggi la notizia anche su L’Eco del Chisone e Ansa.it

Lettera del Vescovo Cesare Nosiglia ai sacerdoti torinesi

In queste settimane, molte persone consacrate  sono in prima fila per offrire il proprio servizio e sostegno. Per questo motivo l’arcivescovo di Torino ha voluto scrivere una lettera personale a tutti i sacerdoti della diocesi; e una lettera analoga è indirizzata ai preti della diocesi di Susa.

Si riporta di seguito la lettera scritta dal Mons. Cesare Nosiglia ai preti di Torino:

Cari presbiteri,

dal profondo del mio animo ho deciso di scrivervi una lettera in questo tempo difficile e certamente molto doloroso per voi e i vostri fedeli. Non è una delle solite lettere pastorali o omelie ma un aprirvi il mio cuore. Vorrei, ora più che mai, essere con voi vescovo, padre e amico.

Siamo pastori. Gesù ci ricorda che il buon pastore di fronte al lupo non ha paura e non fugge come un mercenario ma difende il suo gregge. Ogni pecora del suo gregge sa che può contare su di lui, pronto a donare tutto se stesso – persino la vita – per le sue pecore. So bene quanto questo da un lato ci consola perché anche noi facciamo parte del gregge del Signore e siamo da lui difesi e sostenuti; ma dall’altro siamo anche consapevoli che la nostra vocazione di pastori che vivono in mezzo al loro gregge sia oggi apprezzata, cercata e attesa dalla nostra gente spaventata e disorientata.

Siamo padri. Ed ora è il momento di vivere questo dono che abbiamo ricevuto e forse non abbiamo mai considerato abbastanza. Manifestiamo dunque la nostra paternità non escludendo alcuno dal nostro amore e dalla nostra preghiera, ma soprattutto aiutando le persone e famiglie che sono più in difficoltà. Infondiamo coraggio a chi ha subito o sta ancora lottando con la malattia e sosteniamo la sua fede e la fiducia nel Signore.

Siamo amici, come Gesù ci ha insegnato: «Non vi chiamo servi ma amici». Quante volte abbiamo sottolineato che il nostro ministero è un servizio a Dio e alla comunità che la Chiesa ci ha affidato! Oggi siamo chiamati a fare un passo in più e a considerarci veramente amici di tutti secondo l’invito di Gesù che ci dice: «non c’è amore più grande di chi dà la vita per i suoi amici». La vita che possiamo donare è la nostra serenità, fiducia e speranza nel Signore, che siamo chiamati a infondere nelle persone.Soffriamo tutti per la mobilità ridotta, i contatti personali inesistenti. È vero. Ma la vita della Chiesa è una storia delle ricchezze che proprio le difficoltà hanno stimolato e fatto crescere. Restare «connessi» fra noi, oggi, è anche un sfida alla nostra intelligenza e alla nostra ingegnosità…

Siamo persone. I compiti che la missione ci assegna non cancellano le nostre singole e umane fragilità e sofferenze. Non mancano anche tra voi, confratelli che hanno perso o sono molto preoccupati per i loro cari. Anche per noi la solitudine, i dubbi la paura sono amaro pane quotidiano. Non possiamo ignorare tali fragilità e sofferenze e non dobbiamo nasconderle. Infatti è a cominciare da questa prospettiva che testimoniamo la ricchezza dei doni del Signore: la fede e la speranza; ed è da qui che siamo chiamati a valorizzare le nostre risorse: la fortezza, la temperanza…

C’è una parola che dovrebbe diventare «virale» per tutti noi di questi tempi: ed è «confidenza». Confidenza nel Signore prima di tutto. Ma confidenza anche nei rapporti tra di noi: nessuno ha da rimanere solo. Sentiamoci, parliamo – anche solo per sapere come si sta. Teniamo viva quelle rete di stima, di amicizia, di fraternità che è la sostanza del nostro essere «clero», cioè patrimonio eletto del Signore.

Carissimi,

a questi semplici pensieri che mi partono dal cuore aggiungo un grazie che vorrei fosse accolto da ciascuno di voi. Vi ringrazio per l’impegno con cui vi rendete in qualche modo presenti soprattutto verso quelle persone che piangono i loro cari e non possono nemmeno dare loro l’ultimo saluto e una stretta di mano o una carezza.

Vi ringrazio per la costante preghiera che scandisce le vostre giornate, dalla Messa celebrata da soli ma per l’intera comunità, al rosario alla Madonna Consolata che come ci ha ricordato il Papa ha ottenuto nel passato tante grazie in occasione di eventi come questo, ed è certamente disponibile anche oggi a donarci il suo aiuto e la sua protezione.

Vi ringrazio per la vostra vicinanza, realizzata attraverso gli strumenti digitali, verso i ragazzi e giovani dell’oratorio e del catechismo, le loro catechiste e catechisti e animatori.

Ringrazio in particolare i cappellani degli ospedali,i diaconi, i medici e operatori sanitari, i volontari Caritas e quanti si prestano per alleviare la solitudine di tanti anziani soli mediante una telefonata o una preghiera fatta apposta per loro.

Il virus passerà, ne siamo certi; e tante saranno e le tragedie che si porterà dietro ma ci darà modo di riflettere profondamente sul nostro stile di vita, sul dare importanza a ciò che conta veramente rispetto a tante altre cose ritenute necessarie e in realtà superflue e secondarie.

Vi benedico di cuore e mi auguro che al più presto potremo ritrovarci insieme per continuare la nostra missione e ritrovare slancio e vigore per il nostro impegno verso e con i nostri fedeli.

Cesare vescovo, padre e amico