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Missioni Don Bosco: lettera a Mapendo per la Giornata Mondiale del Bambino Africano

Si pubblica di seguito il Comunicato Stampa di Missioni Don Bosco per la Giornata Mondiale del Bambino Africano.

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COMUNICATO STAMPA

13 giugno 2023

Lettera a Mapendo, bambino africano

di don Daniel Antúnez, presidente di Missioni Don Bosco

 

Ben trovate tutte, ben trovati tutti.

In vista della imminente Giornata del bambino africano indetta dall’Onu, il presidente di Missioni Don Bosco, don Daniel Antúnez esprime le sue considerazioni rivolgendo una lettera a Mapendo, un bambino dell’Africa che incontrò nel suo viaggio lo scorso anno nella Repubblica democratica del Congo.

Nel testo, don Antúnez ricorda il primo incontro:

All’inizio mi guardavi con curiosità, ma anche con paura – non ti nascondo che ero un po’ a disagio. A poco a poco, ti sei avvicinato, ci siamo avvicinati, e ci siamo riconosciuti: siamo uguali, non abbiamo differenze… mi sono sentito accettato, meno alieno alla tua realtà, meno straniero, più vicino: il tuo sorriso mi ha riempito l’anima”.

La lettera completa e alcune fotografie scattate in occasione del viaggio di don Antùnez in Congo R.D sono allegate a questo comunicato e  siamo a disposizione per qualsiasi approfondimento.

Riteniamo utile corredare l’informazione con alcuni dati statistici sull’azione salesiana in Africa e sui progetti in corso sostenuti da Missioni Don Bosco.

Grazie per la vostra attenzione.

Buona giornata.

Missioni Don Bosco: lettera aperta del presidente Antúnez per i 10 anni dall’elezione di Papa Francesco

Si pubblica di seguito il comunicato stampa di Missioni Don Bosco con la lettera aperta del suo Presidente, don Daniel Antúnez, inviata a Papa Francesco per i 10 anni dalla sua elezione.

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9 marzo 2023

Nella ricorrenza dei 10 anni dall’elezione a Papa del cardinale Bergoglio il presidente di Missioni Don Bosco don Daniel Antúnez, anch’egli argentino, invia a Francesco una lettera aperta.

 

Caro Francesco,

celebro con te e con tutti i battezzati la tua missione, e soprattutto il servizio, di guida della nostra Chiesa in cammino. Incredibilmente sono passati già 10 anni da quella sera dell’uscita sul balcone della basilica di San Pietro, quando si annunciò il tuo nome come Padre-Fratello-Pastore di tutti noi credenti.

Mentre aspettavamo l’annuncio, l’ansia e il cuore acceleravano, per vedere il nuovo vescovo di Roma. Sentire pronunciare il tuo nome: “Jorge Mario Bergoglio”, è stata una cosa inaspettata. Tutti i fedeli in piazza e nel mondo si chiedevano: di dove è? chi è? chi lo conosce? qual è la sua origine? La risposta cominciò a risuonare: è un Argentino.

La scelta del nome Francesco è stato il primo segnale di una volontà che con il tempo è diventata segno di identità. Vederti apparire quella sera non fu soltanto una gioia. Quando si aprì la finestra avvertii come l’aria cominciava a circolare. Ho sentito una grande speranza e una profonda, intima fiducia quando hai fatto gli auguri di buona notte e di buon riposo: quanta umanità in quelle poche parole!

In questi anni ci hai tramesso ciò che è fondamentale: l’amore per i poveri, i bisognosi, i peccatori, soprattutto lo stimolo a vedere in loro un Dio misericordioso, tenero e vicino. E sei andato oltre, promuovendo una Chiesa povera e al servizio, che non deve seguire le strade del potere e dei beni materiali, ma deve essere una Chiesa capace di mostrare al mondo il volto di un Dio che invita ad andare incontro all’altro.

Come hai detto, tu arrivi dalla fine del mondo dove il vento ti spinge ad andare avanti; così è il vento in Patagonia: non ti lascia stare in piedi, fermo. È un’aria che rinnova, rimuove e, soprattutto, ti muove. In questo mi sento di dire che tu sei così, un vento che soffia e che vuole che la Chiesa, con ognuno di noi, possa sentire questo vento come una nuova Pentecoste. Non dobbiamo avere paura, lasciamo operare lo Spirito che rinnova tutte le cose!

Che la Madonna sia per tutta la Chiesa e per la tua vita ragione di speranza.

Prego per te.

Grazie, Francesco.
Don Daniel Antúnez, salesiano di Don Bosco

Il nostro presidente, don Daniel Antúnez, la sera dell’elezione a Papa di Jorge Mario Bergoglio si trovava insieme con mons. Joaquín Mariano Sucunza, vescovo vicario di Buenos Aires, a seguire la diretta televisiva da piazza San Pietro.

Ricorda che il cardinale argentino era dato fra gli eleggibili al soglio pontificio, ma l’attesa dei suoi diocesani rimase sotterranea fino a che il 13 marzo 2013 non fu pronunciato l’Habemus Papam da mons. Jean-Louis Pierre Tauran.

Mentre i fedeli presenti in Vaticano nella loro gran maggioranza si interrogavano sull’identità del nuovo successore di Pietro, in tutta l’Argentina e l’America Latina fu un’esplosione di gioia e fu subito colto il senso della scelta del Sacro Collegio.

Il ricordo – ma soprattutto il messaggio ancora vivo di quel momento – viene espresso da don Antúnez, allora membro dell’Ispettoria salesiana dell’Argentina oggi alla guida di Missioni Don Bosco, nella lettera aperta a papa Francesco.

Grazie per l’attenzione.

Cordiali saluti,
Antonio R. Labanca, Ufficio Stampa Missioni Don Bosco

Intervista a don Daniel Antunez, Presidente di Missioni Don Bosco – L’Osservatore Romano

Il quotidiano L’Osservatore Romano, ha intervistato don Daniel Antunez, Presidente di Missioni Don Bosco, sulla missione dei salesiani nella Repubblica Democratica del Congo.

 

Dall’articolo di Igor Traboni:

Condividere la vita con i poveri, giorno per giorno, nei villaggi dove spesso non c’è acqua né luce, lontano dalle grandi città: è questa la scelta precisa — all’interno della quale si innesta ovviamente l’educazione dei bambini e dei ragazzi — fatta dai circa 100 salesiani che vivono in una dozzina di comunità nella Repubblica Democratica del Congo.

«E ci aspettiamo di essere rinforzati nella mostra missione e nella nostra vocazione dalla visita di Papa Francesco. Rinforzati da un Papa che ha i piedi per terra e il cuore in cielo. Rinforzati dalla testimonianza di un uomo che porta il bene, che ha una sensibilità per i poveri che è evangelica, è il Vangelo!. Andare in Congo e incontrare quella povertà nuda, guardare ai tanti bisognosi, farà bene anche a noi. E inoltre farà conoscere al mondo quella situazione, che neppure io conoscevo prima del mio viaggio in Africa dell’estate scorsa che per me ha significato anche dire un grazie alla vita che mi ha donato tanto»

afferma subito, simpaticamente perentorio, don Daniel Antunez, 63 anni e presidente di Missioni Don Bosco dal settembre 2021, che il termine “rinforzati” lo usa ancora diverse volte, con quel tipico accento che è poi lo stesso di Papa Francesco: «Sì, anche io sono dell’Argentina, a dicembre sono stato anche in Vaticano per incontrare il Papa, sa che cosa portiamo avanti nel Congo».

Una presenza, quella dei salesiani nella Repubblica Democratica del Congo, che risale al 1911, quando i figli di don Bosco fondarono la prima missione, dedicandosi subito all’istruzione dei bambini, mentre oggi, racconta don Antunez «abbiamo una varietà di impegni missionari, dagli oratori alle parrocchie, dai gruppi sociali alla coltivazione degli orti. E sempre, ci tengo a sottolinearlo, nei villaggi dove vive la gente più povera. Per noi sono questi i destinatari delle missioni, sempre nello spirito di don Bosco. I miei confratelli potevano anche fare un’altra scelta, andare altrove, ma hanno scelto i più bisognosi, la povertà estrema. E io quando sono andato in Congo ho avuto modo di toccarla con mano quella povertà che non si riesce neppure a descrivere».

E se proviamo a chiedere un episodio particolare che lo ha colpito, don Daniel sceglie quello che per tanti congolesi è la vita-non vita di ogni giorno. E di ogni notte:

«Noi aspettiamo il giorno per le tante cose che abbiamo da fare, per organizzarci, per pensare a questo o a quell’altro. Loro invece non hanno sogni, non possono sognare. È come se non avessero una vita e non riescono neppure ad immaginare come potrà essere. Non riescono a pensare al domani, ad un domani, a sognare».

Ecco perché, rimarca il presidente di Missioni Don Bosco, è urgente dare una risposta a tante necessità, a cominciare da quelle dei bambini:

«Adesso per esempio stiamo costruendo un’altra scuola perché in tanti non hanno un’istruzione. Certo, dovranno fare molti chilometri a piedi per raggiungerla, ma almeno avranno una possibilità. Perché noi possiamo dar loro cibo, vestiti e medicine come in effetti facciamo, però noi siamo educatori, con la scelta precisa, come dicevo prima, di vivere in mezzo a loro».

Nel suo viaggio in Africa, accompagnato dalla fotoreporter Ester Negro, una delle realtà di estrema povertà toccata con mano da don Antunez è stata quella di Mbuji Mayi:

«Lì ci sono 4 milioni di persone povere e solo il 20 percento ha l’acqua e la luce. Ho visto gente camminare sempre al buio. E allora lì non serve stare a pensare a chissà che cosa: bisogna dar da mangiare a quei bambini, portare loro l’acqua».

In quella missione don Daniel ha incontrato don Mario Perez, venezuelano, nella Repubblica Democratica del Congo da oltre 40 anni per occuparsi di violazione dei diritti dei bambini, in particolare del fenomeno dei bambini stregoni. «Bambini di età compresa tra gli 8 ed i 14 anni — ha poi scritto don Antunez nel suo diario di viaggio in Congo messo online sul sito di Missioni Don Bosco — spesso orfani, disabili, albini che vengono accusati di stregoneria, spesso dai loro genitori, che individuano in loro la causa di ogni male, vengono additati come demoni, capaci di portare malattie, maledizioni, povertà. Bambini costretti a lasciare le proprie case e a vivere per strada. I missionari salesiani frequentano quotidianamente le strade per poter entrare in contatto con loro e cercare di convincerli ad accompagnarli nel centro di protezione e accoglienza dove possono garantire loro cure mediche e cibo in totale sicurezza. In un secondo momento, cercano di integrarli in un percorso di istruzione, che si aggiunge a giornate dedicate alla condivisione e al gioco con gli altri bambini accolti. Padre Mario Perez è il “papà” di tantissimi bambini e bambine accusati di stregoneria, un missionario che ogni giorno si spende per garantire vita e speranza ai più piccoli».

E poi ci sono le donne, le mamme:

«La loro situazione è disastrosa — riprende il racconto il religioso argentino — e le aiutiamo dando loro la possibilità di coltivare degli orti, così danno da mangiare ai figli e possono vendere qualcosa al mercato».

Per ragazze e madri in difficoltà i salesiani portano avanti anche dei programmi di formazione professionale e nei mesi scorsi ben 166 giovani si sono diplomate in taglio e cucito, parrucchiere, cucina. Ma la situazione generale resta a dir poco disastrosa, anche e soprattutto dal punto di vista sanitario: il covid, l’ebola che periodicamente torna a riaffacciarsi e quella malaria che in Congo fa ancora più morti delle altre malattie.

Un quadro rispetto al quale i salesiani non arretrano di un millimetro, anzi, intensificando ad esempio lo sforzo missionario nei territori dove esiste ancora lo sfruttamento dei minori nelle miniere, secondo quello spirito che sta contrassegnando anche l’anno pastorale in corso, assieme alle suore Figlie di Maria Ausiliatrice e che ha come modello la vita e l’operato di sant’Artemide Zatti e quel suo prendere la bicicletta e andare verso i poveri e i bisognosi, come ha ricordato di recente don Guillermo Basañes, superiore dell’ispettoria africana

«I nostri missionari — riprende il concetto a lui caro don Daniel Antunez — sono convinti di quello che fanno e di come lo fanno. Certo, c’è anche una sensazione di impotenza e una grande preoccupazione per la sopravvivenza di tanti bambini, di tanti poveri. Però guardiamo al futuro. E il nostro futuro è rinforzato da tanti benefattori in tutto il mondo. Ma adesso lo sarà soprattutto dalla vista di Papa Francesco, un grane pontefice missionario, che cammina lungo lo stesso nostro binario».

Missioni Don Bosco: giornata mondiale dell’alfabetizzazione

Di seguito il Comunicato Stampa di Missioni Don Bosco relativo alla giornata mondiale dell’alfabetizzazione.

Comunicato stampa
7 settembre 2022

8 settembre, Giornata mondiale dell’alfabetizzazione

Al centro dell’attenzione soprattutto le bambine

Missioni Don Bosco scommette sulla formazione scolastica contro la disuguaglianza di genere – Il caso del Congo

“Nelle realtà del mondo dove tocchi con mano l’impotenza di risolvere alla radice i problemi che causano povertà e marginalità, la presenza salesiana nel campo della formazione scolastica è maggiormente preziosa”

Questo il commento di don Daniel Antúnez, presidente di Missioni Don Bosco, alla vigilia della Giornata Internazionale dell’Alfabetizzazione indetta dall’Unesco e dopo il viaggio nelle missioni nei due Congo, Kinshasa e Brazaville. La condizione ordinaria dei bambini e dei ragazzi in questi Paesi si costruisce nelle periferie, come Mbuji-Mayi dove solo il 20% delle famiglie può godere di acqua e di energia, e non sempre di entrambe queste risorse. La vita è per strada, necessariamente; l’abbandono dei piccoli con qualsiasi pretesto (un occhio diverso dall’altro, una malattia incomprensibile, l’albinismo) li trasforma in “stregoni” e dunque in una minaccia per le comunità. I salesiani come don Mario Perez li accolgono, li difendono e li aiutano a darsi un futuro, così come succede per i piccoli schiavi delle miniere dove si estraggono minerali, preziosi all’industria e alla vanità dei Paesi ricchi.

Nel diario del viaggio di don Antúnez – che si è compiuto nelle settimane centrali di agosto scorso – le pagine si sono riempite di note e di progetti. Se le situazioni estreme richiedono di essere affrontate con una fantasia e con un coraggio speciali, quelle ordinarie chiedono una dose analoga di perseveranza e di fiducia. Come a Masina, cintura della capitale del Congo Repubblica Democratica. Un’area di 10 km2 accoglie più di 4.000.000 di abitanti con circa 2.200.000 minori. Si stima che il numero dei giovani tra i 6 ei 13 anni sia di circa 350.000 e che, tra questi, 193.000 non vadano a scuola.

A pagare più degli uomini sono le donne: l’80% degli analfabeti è costituito dalle appartenenti al sesso femminile, costrette a occuparsi della prole abbandonata dai mariti e della casa considerata uno suo esclusivo onere.

“Il messaggio che vorremmo dare nella Giornata mondiale dell’alfabetizzazione”

sottolinea il presidente di Missioni Don Bosco

“è di mettere al centro dell’attenzione la scuola soprattutto per le bambine. Attraverso di loro si fa davvero un investimento sul futuro della società”.

Le ripercussioni si vedono a proposito di educazione sanitaria, di pianificazione familiare, di cura dei bambini ma anche di coscienza civile e di imprenditorialità legata ai bisogni effettivi. Con le risorse che i salesiani del Congo, guidati da padre Ghislaine Nkiere, mettono insieme anche con l’aiuto dei donatori italiani, a Masina sono stati organizzati quattro corsi scolastici. Partendo dall’oratorio che coinvolge circa 3.000 persone, sono stati attivati 4 cicli formativi che durano 10 settimane. Sono coinvolte 124 ragazze alla volta (110 adolescenti fra i 15 e 18 anni e 14 ragazze madri dai 18 ai 20 anni) che imparano i rudimenti della lettura, della scrittura e del calcolo. Avranno così l’opportunità di approcciarsi alla vita e al futuro dei loro figli con più coscienza di sé e del mondo che le circonda. Al termine, si sottoporranno a un test di verifica.

Questo è uno dei progetti scolastici avviati da poco nei due Congo, analogo per finalità agli altri che Missioni Don Bosco sta sostenendo in questo momento in Africa a Gambella (Etiopia), a Monrovia (Liberia), a Ivato (Madagascar), a Bamako (Mali), a Namugongo (Uganda); o in India a Parulia o in Brasile a Rio de Janeiro e a Areia Branca. Sono un vettore di emancipazione in culture in cui la cura dei minori è a dir poco trascurata e la disuguaglianza di genere è pervasiva.

“Portiamo una goccia nel deserto”

osserva don Antúnez,

“ma è pur vero che qualcuno almeno riesce a dissetarsi per sopravvivere e per sostenere gli altri”.

Grazie per l’attenzione.

Antonio R. Labanca

Antonio R. Labanca

CFP Rebaudengo: Panda 4 Mission – Conclusione di un’esperienza formativa straordinaria

Ha raggiunto la cifra di 13.250 euro la vendita all’incanto della “Panda 4 Mission”, l’autoveicolo restaurato dagli allievi del Centro salesiano di formazione professionale Rebaudengo a Torino. La somma è destinata al “gemello” Centre Notre Dame de Clairvaux a Ivato in Madagascar (15 chilometri dalla capitale Antananarivo).

La ragione del progetto “Panda 4 Mission” è stata illustrata da don Luca Barone, nella presentazione dell’evento svoltasi al Toolbox di Torino:

“Quando ho alzato gli occhi sul nostro portone che affaccia sulla piazza, ho riletto la denominazione scritta sulla lapide dell’inaugurazione del 1930: “istituto missionario”. Da quel momento ho cercato di riallacciare una relazione stretta fra quanto accade in questo angolo di Torino e l’attività salesiana nel mondo”. Don Barone conosce sette Paesi africani nei quali è stato in visita da responsabile dell’animazione missionaria dell’ispettoria subalpina. Ora cura anche in questo modo, con la sollecitazione che ha dato al CFP, il suo “mal d’Africa”.

Don Daniel Antúnez, presidente di Missioni Don Bosco, ha apprezzato questa “riscoperta”. Nel suo intervento al Toolbox ha sottolineato l’importanza del legame che si crea fra i giovani che frequentano i corsi al Rebaudengo e i loro coetanei in Madagascar. È un modo per costruire l’attenzione verso chi è più sfortunato perché nato in un luogo e in un tempo dove lo sviluppo è stato frenato ed è difficile da rigenerare:

La formazione professionale è uno strumento per dare ai giovani un mestiere spendibile in quelle situazioni, riversando così sull’intera comunità a cui appartengono un avvio di benessere economico”.

Il direttore Teruggi ha sottolineato l’entusiasmo che gli allievi hanno messo per il restauro della vecchia Panda immatricolata nell’anno del centenario di Don Bosco, il 1988.

“Un sintomo è che le squadre che hanno operato sul veicolo erano sempre puntualissime agli appuntamenti. Il piacere di riattivare un mezzo che sarebbe poi tornato su strada superava l’interesse per le lezioni in cui la pratica richiedere di montare un motore e smontarlo per la lezione della squadra successiva”.

Si è accesa una solidarietà a distanza che i giovani Torinesi sperano si traduca a inizio del prossimo anno scolastico nella possibilità di collegarsi via Web con la scuola di Ivato e di dialogare con i coetanei che nel frattempo avranno ricevuto il finanziamento ricavato dal progetto “Panda 4 Mission”.

A premiare l’impegno degli allievi e dei loro insegnanti, anche la partecipazione inattesa alla serata del 9 giugno di Giorgetto Giugiaro, il designer creatore della prima Panda. Ha raccontato in maniera informale ai ragazzi presenti la genesi del modello, scaturita da una sfida per creare un veicolo dal basso costo di produzione e da offrire a un prezzo popolare.

“Finché l’avvocato Agnelli non c’è salito sopra, sembrava un’automobile di poca classe, poi è diventata un’utilitaria apprezzata anche dai professionisti più esigenti”.

Il merito di questa visita a sorpresa è di Francesco Joly della Torino Heritage, l’associazione che vuole valorizzare la cultura automobilistica maturata a Torino. Ex allievo di Valsalice, come ha tenuto a sottolineare, è sua la donazione della Panda sulla quale hanno messo mani e intelligenza i restauratori, sua la capacità di sostenere questo progetto come connessione fra il mondo dell’impresa e quello della solidarietà.

“Non voglio essere blasfemo, ma se possiamo dire che in certo modo anche gli animali hanno un’anima, anche l’automobile può averne una. E questa nasce dal lavoro di chi la progetta e di chi la costruisce”.

Dal Madagascar, don Erminio De Santis ha comunicato in video registrazione il suo grazie perché anche questo contribuito servirà a proseguire l’attività di accoglienza dei circa duecento ragazzi fra i 13 e i 18 anni ai quali, oltre all’istruzione per cinque specializzazioni professionali, riesce a dare cibo, vestiti e cure mediche.

“Qui una Panda come quella che avete messo all’asta ce la sogniamo, per gli spostamenti in un territorio dove le vie di comunicazione sono poche e disastrate”.

Una nota che dice molto sulla necessità di potenziare la cooperazione fra Rebaudengo e Clairvaoux.

Questa esperienza è stata un’opportunità eccezionale dal punto di vista della formazione per i settori coinvolti e per i ragazzi e i formatori che hanno partecipato, mettendo in campo le competenze più svariate, molteplici ore di lavoro e uno stretto rapporto con aziende partner che ci hanno aiutato nella realizzazione del progetto.

Da Leopoli a Torino, e adesso anche ritorno – Famiglia Cristiana

Alcune famiglie Ucraine, accolte a Valdocco da Missioni Don Bosco in seguito all’emergenza della guerra in Ucraina, stanno per tornare a casa nelle zone più calme del Paese, ma la situazione rimane disperata. Di seguito l’articolo di Famiglia Cristiana a cura di Giusi Galimberti.

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Prosegue la nostra serie che accompagna il programma su Canale 5 la domenica mattina: sesta tappa, dall’Ucraina a Valdocco in fuga e accolte da Missioni Don Bosco, alcune famiglie Ucraine ora tornano a casa. “Ma solo nelle zone più calme: la situazione è ancora tragica, siamo pronti a tutto”, spiega il salesiano Don Czaban.

 

Non si può mai parlare di belle notizie quando si tratta di un Paese invaso e in guerra, ma ciò che ci spiegano i missionari salesiani di don Bosco, che da quando è iniziata l’offensiva russa in Ucraina ospitano nella sede torinese diverse famiglie di profughi, è di un certo sollievo: alcuni di loro cominciano anche a ritornare a casa. Abbiamo approfittato di un brevissimo passaggio dalla Casa di Valdocco di don Michajlo Czaban, missionario ucraino di Leopoli, per conoscere meglio la situazione nel suo Paese e comprendere insieme con l’argentino don Daniel Antúnez, presidente di Missioni Don Bosco, come vengono ora organizzate emergenza e accoglienza di chi fugge dai territori invasi.

«Purtroppo, la situazione continua a essere tragica. Dobbiamo prepararci a tempi ancora più duri: non sappiamo quanto a lungo continuerà la guerra e dobbiamo essere pronti a tutto»

dice don Michajlo.

«Ora scappano soprattutto dalle zone calde della guerra, come Kharkiv e il Donbass»,

aggiunge padre Daniel.

«Quelli che prima vivevano in aree che sembrano ora più tranquille, cercano di rientrare. Sanno che se la situazione dovesse aggravarsi anche lì, qui da noi avranno sempre qualcuno ad accoglierli: così ripartono verso l’Ucraina con uno spirito più leggero. In questo momento vivono qui a Valdocco una quarantina di persone, tutte mamme con bambini. Con i vari flussi sono passate da qui circa 80 persone. Sedici ragazzini sono ospiti della scuola. ll primo pensiero di tutti, comunque, è sempre quello di tornare a casa appena possibile. Come li abbiamo aiutati a fuggire dalla guerra, ora aiutiamo alcuni – per ora purtroppo una minoranza – a rientrare in patria. Si sta verificando ai nostri occhi una sorta di controtendenza, ma per molti una casa non c’è più. Chi ce l’ha bombardata o sa che è ancora sotto le bombe, non ha un posto dove tornare. La nostra sfida, ne abbiamo parlato con don Michajlo nella speranza che la pace arrivi pre sto, è pensare proprio al futuro di queste famiglie dopo la guerra».

«Ci sono sei milioni di ucraini fuori dal Paese» , continua don Michajlo con un nodo nella voce.

«A Leopoli abbiamo organizzato un campo che accoglie fino a 300 mila persone in fuga dal fronte. Dalla Polonia sono arrivati centinaia di container, trasformati in case per i profughi: una sorta di cittadella dove il Comune ha fatto arrivare acqua e la luce. L’abbiamo chiamata Piccola Mariupol, in onore di una delle città simbolo di questa guerra».

Nel frattempo anche a Valdocco si è creata una piccola comunità.

«A gestire l’accoglienza nella Casa di Don Bosco siamo solo noi “due Daniel”»,

dice scherzando don Antúnez, riferendosi anche al padre missionario bosniaco don Danijel Vidovic:

«Sono le mamme ucraine che a turno preparano pranzi e cene, riordinano e tengono tutto pulitissimo. Proprio come se fossero a casa loro. E devono sentirsi a casa loro: deve essere così soprattutto per i loro bambini».

 

-Giusi Galimberti

Economia di comunione tra Italia e Madagascar: il progetto “Panda 4 Mission”

È pronta ad affrontare la competizione di un’asta l’autovettura Fiat Panda 4×4, immatricolata nell’anno del centenario di Don Bosco (1988) e restaurata integralmente dagli allievi dei corsi di Meccanica Autoveicolare e Carrozzeria del Centro di Formazione Professionale di Rebaudengo, a Torino. Il giorno dopo la festività di Maria Ausiliatrice l’hanno presentata rossa fiammante alle persone coinvolte nel progetto – artigiani, imprenditori, rappresentanti delle istituzioni del territorio – oltre che al Superiore dell’Ispettoria di Piemonte e Valle d’Aosta (ICP), don Leonardo Mancini, e al Presidente della Procura Missionaria salesiana “Missioni Don Bosco” di Torino, don Daniel Antúnez.

L’intero ricavato della vendita, che sarà curata da “Aste Bolaffi” di Torino, è destinato a sostenere la scuola professionale “sorella” di Ivato, cittadina a 15 km dalla capitale del Madagascar Antananarivo, dove il salesiano don Erminio De Santis si affida alla provvidenza per offrire gratis scuola primaria e istituto professionale a oltre 400 ragazzi.

“È una bella espressione di economia di comunione” ha commentato don Antúnez. Quando il mondo della formazione professionale si mette in diretto contatto con le iniziative promosse per prendersi cura dei più svantaggiati, il risultato non può che essere strabiliante e allo stesso tempo estremamente formativo. È il caso di questo progetto, denominato “Panda 4 Mission”, realizzato con il prezioso supporto dell’associazione “Torino Heritage”, un’associazione che promuove la cultura automobilistica attraverso la cura delle auto d’epoca.

Il progetto si è sviluppato intorno alla rinascita di una Panda d’epoca. I giovani del CFP Rebaudengo, a stretto contatto con i loro formatori e con il supporto di aziende del settore hanno avuto l’opportunità di restaurare completamente l’autovettura, mettendo a punto quanto appreso nei rispettivi percorsi formativi. Gli interni della vettura sono stati sviluppati sulla base di bozzetti ideati dai ragazzi del primo anno di corso e visionati dal cavalier Giorgetto Giugiaro, il designer che inventò la Panda nel 1980, il quale ha scelto quello da applicare su questo pezzo unico.

Mercoledì 25 maggio l’autovettura è stata presentata al Rebaudengo in una conferenza introdotta dai direttori del Centro di Formazione Professionale e dell’opera salesiana, rispettivamente Mauro Teruggi e don Luca Barone, alla quale hanno preso parte anche alcuni degli allievi che hanno collaborato al progetto, presentando la documentazione fotografica delle fasi del restauro.

“Hanno messo in pratica le competenze sviluppate nel percorso formativo finalizzato all’apprendimento dei mestieri del meccanico auto e del carrozziere” ha spiegato Teruggi. Sono intervenuti anche Francesco Joly, Tesoriere di “Torino Heritage” e donatore dell’autoveicolo; e Rocco Zito, coordinatore della Commissione Lavoro della Circoscrizione 6 di Torino.

Il momento atteso dello svelamento dell’auto da parte dei formatori che hanno coordinato il restauro è stato accompagnato dalla benedizione dei presenti da parte di don Mancini, che ha sottolineato l’importanza che i mezzi di trasporto assumono “anche per avvicinare fra loro le persone dal punto di vista della solidarietà”, che in questo caso riguarda gli allievi di una scuola di un altro continente.

Lo stesso don Mancini è poi salito alla guida dell’auto con la quale, insieme con Francesco Joly, ha compiuto un giro inaugurale nel cortile del Rebaudengo.

Nei prossimi giorni la “Panda 4 Mission” affronterà il traffico di Torino per arrivare presso il centro di “Aste Bolaffi” dove il 10 giugno prossimo verrà messa all’asta.

Missioni Don Bosco: “Il vostro 5×1000 fa miracoli nel mondo”

Il presidente di Missioni Don Bosco, don Daniel Antunez, Sdb, dà conto dell’amministrazione del 5×1000 destinato a questa Onlus in un messaggio, riportato di seguito. L’aiuto portato mediante i salesiani a bambini, famiglie e comunità in numerosi Paesi del mondo ha spesso il sapore del miracolo poiché arriva in maniera insperata in situazioni difficili. Il messaggio, trasmesso nella giornata che ricorda le apparizioni di Fatima ai tre pastorelli, persone semplici alle quali un miracolo ha cambiato la vita, è perciò particolarmente significativo.

 

Torino Valdocco, 13 maggio 2022

Festa della Madonna di Fatima

Il messaggio del presidente di Missioni Don Bosco

“Il vostro 5×1000 fa miracoli nel mondo”

Attraverso i missionari, i fondi raccolti con la donazione fiscale in Italia vanno a beneficio dei minori e delle loro famiglie nei Paesi in difficoltà

 

Possiamo dire di essere nati nel 1875, l’anno della partenza dei primi giovani salesiani da Valdocco. Li inviò lo stesso Don Bosco, anziano, caricandoli di una responsabilità per la Patagonia, dove erano diretti, e per l’intera storia missionaria dei salesiani nel mondo. Un fallimento avrebbe compromesso il sogno di estendere la proposta educativa per i giovani in America latina e nel resto del mondo. Il risultato fu positivo, se oggi io sono qui: provengo infatti dall’Argentina e di fatto sono il derivato di quella spedizione missionaria.

La Onlus Missioni Don Bosco, fondata nel 1991, prosegue in forma moderna l’azione di sostegno all’attività dei salesiani in tutti i continenti dove scuole, centri di formazione professionale, oratori e parrocchie offrono opportunità concrete alla vita quotidiana e alle prospettive di vita di oltre un milione di giovani.

Un missionario anzitutto entra in ascolto delle realtà in cui viene mandato: conoscere la lingua e la mentalità delle popolazioni, raccogliere le sfide allo sviluppo umano integrale, spesso compromesso da ingiustizie profonde e da condizionamenti che provengono purtroppo anche dalla relazione con i Paesi sviluppati.

La nostra associazione fa la sua principale scommessa sulla formazione ai mestieri di cui ha bisogno il territorio e che i giovani possono apprendere, a beneficio proprio e delle loro comunità. Il nostro slogan è:

“Il futuro è la nostra missione”.

La declinazione particolare, che appartiene al nostro carisma, è quella di dedicarci specialmente ai ragazzi e alle ragazze in difficoltà, emarginati, sfruttati.

Il 5×1000 ci consente di aggiungere qualche “miracolo” all’attività ordinaria. Ogni progetto richiede un impegno di definizione degli obiettivi e di studio di fattibilità che i missionari sostengono anche con il nostro supporto, poi cerchiamo il sostegno dei benefattori. La possibilità di destinare una parte delle tasse alla nostra organizzazione ci permette di affrontare con maggiore coraggio progetti di lunga durata e innovativi, quelli più complessi perché rivolti a destinatari diversi. Sorgono centri polifunzionali dove si concentrano i servizi per comunità vaste nelle aree periferiche delle città, nei campi profughi, nei territori sfavoriti dal punto di vista geografico. Il carattere “miracoloso” dei risultati ci viene raccontato dai missionari, che lo rilevano dal sorriso di un bambino o dalla gratitudine di una madre che vedono trasformata in positivo la loro esistenza grazie a un intervento inatteso e provvidenziale.

Diamo conto della destinazione dei fondi del 5×100 nelle pagine del nostro sito www.missionidonbosco.org, come per ogni altro progetto che sosteniamo.

Ogni anno la difficoltà è quella di scegliere tra i tanti progetti che arrivano. Ma spesso è purtroppo l’urgenza a stabilire le priorità. Quest’anno l’Ucraina con le grandi devastazioni e migrazioni che conosciamo richiede un intervento che stiamo già attuando per l’accoglienza ma che, su pressante richiesta dei salesiani del posto, interpretiamo già in chiave di ricostruzione: il ritorno a una vita quotidiana che dovrà fare i conti con la perdita di genitori e figli, di case e lavoro, di equilibrio mentale.

La presenza dei salesiani in 134 Paesi ci tiene aggiornati sulle esigenze che permangono nelle aree più povere del mondo: bambini minacciati da fame, miseria, abbandono scolastico ed emarginazione. E spesso anche nei Paesi che consideriamo “sviluppati” si trovano quei cancri sociali che richiedono il coraggio della vicinanza, la pazienza dell’educazione, la progettualità della fantasia.

Anche quest’anno abbiamo messo a fuoco nella nostra comunicazione alcuni di questi progetti, trainanti anche per tanti altri.

Come tanti altri amici che si occupano dell’aiuto allo sviluppo nei Paesi poveri, la nostra strategia è attenta a educarci e a sensibilizzare i nostri interlocutori a intervenire sulle cause dell’arretramento economico di interi popoli.

E non possiamo mettere al primo posto le guerre che in questo momento si stanno combattendo proprio là dove, invece che armi, occorrerebbe inviare aratri: abbiamo una presenza molto significativa di salesiani in Siria e nel Medio Oriente, in Etiopia, Congo e Sud Sudan, in Venezuela e Colombia… Paesi dove gli interessi strategici di potenze grandi e piccole compromettono alla base le possibilità di conciliazione e quindi di costruzione.

Subito dopo, i cambiamenti climatici stanno disegnando il presente e il futuro di intere regioni in ogni continente. Vediamo crescere gli effetti in Madagascar e nelle Filippine, in Bolivia e in Mozambico… Mentre inseguiamo le emergenze, dovremmo convincerci e convincere i nostri governanti e i manager delle grandi imprese a una decisa inversione di rotta.

La conoscenza e la divulgazione di queste realtà, e delle soluzioni praticabili dal basso anche attraverso l’azione dei nostri missionari – ormai avvertiti dei danni dello sfruttamento delle risorse del pianeta, oltre che dei coltivatori, dei minatori, dei manovali – è la sfida che abbiamo raccolta e che ci proponiamo di affrontare con nuova intraprendenza.

-Don Daniel Antúnez

presidente di Missioni Don Bosco, Onlus

“Dalla fine del mondo per aiutare i ragazzi”: l’intervista a don Antúnez, presidente di Missioni Don Bosco

Intervista a don Daniel Antúnez, nuovo presidente di Missioni Don Bosco, su Famiglia Cristiana.

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Lo aveva detto di sé stesso papa Francesco, primo sudamericano della storia eletto Pontefice: «Vengo dalla “fin del mundo”». E ci siamo abituati a considerarla così quella terra lontana, l’Argentina, la fine della terra. Arriva proprio dal Finisterre – nato a Buenos Aires, ma missionario per 18 anni in Patagonia, dove le Americhe termina no e si affacciano verso l’Antartide – il nuovo presidente di Missioni Don Bosco, procuratore delle opere salesiane, don Daniel Antúnez. «I primi missionari salesiani arrivarono con una spedizione nel 1875 proprio in Argentina», spiega don Daniel. «Mi sento figlio di quegli italiani che dal Piemonte arrivarono in nave a Buenos Aires per fondare le prime missioni. Instancabili come i salesiani che ho incontrato in oratorio da ragazzo. Mi sembra un regalo immenso di Dio essere qui a Valdocco, nella terra di san Giovanni Bosco, a coordinare gli aiuti che dai nostri benefattori arriveranno ai bimbi e ai ragazzi poveri del mondo». Ci parla in un italiano viziato dallo spagnolo, che ben conosciamo in Bergoglio, e la gioia di chi corona un sogno.

Don Antúnez è diventato salesiano non giovanissimo: «Sono entrato in seminario dopo aver finito gli studi e iniziato a lavorare. Sono stato ordinato a 34 anni, un desiderio che avevo fin da ragazzino». Il neopresidente si racconta, ma soprattutto spiega le sue missioni. Da Buenos Aires si è spostato a operare prima per tredici anni nella Terra del Fuoco e poi per cinque a Santa Cruz.

La Patagonia ce l’ha nel cuore, con la sua natura straordinaria: «Da noi vengono da tutto il mondo per vedere i pinguini, i guanaco, animali simili ai lama, e soprattutto i giganti del mare e del cielo: le balene e gli splendidi albatros. La città dove lavoravo, Ushuaia, è una località dove arrivano tanti turisti, anche per andare a sciare. Ma mentre il centro è elegante, nelle periferie ci sono le capanne di legno e plastica dei poveri, che di inverno (lì fa freddissimo) rischiano di morire di gelo. O peggio per gli incendi provocati da riscaldamenti di fortuna». Attraverso i suoi occhi sembra di essere lì, tra quelle meraviglie natura li tra porti e montagne, ma di ascoltare anche, purtroppo, i gemiti per il freddo degli emarginati. Quelli che per anni don Daniel ha aiutato. Ora per lui si apre una nuova vita. «Sarà una grande sfida. Noi di Missioni Don Bosco siamo solo un mezzo, che mette in contatto il cuore generoso dei benefattori e le persone che hanno bisogno. Sembra incredibile, ma all’alba del 2022 ci sono bimbi e ragazzi che con le loro famiglie non hanno acqua né cibo, né vestiti. Solo dopo aver offerto loro l’indispensabile si può pensare a dotarli di scuole, educazione, preparazione al lavoro. C’è chi non ha nulla, e chi troppo, e la pandemia ha aumentato le disuguaglianze. Ho visto migliaia di persone fare la fila per un piatto alla mensa dei poveri dove ho fatto il cuoco, a Buenos Aires, ma anche gente dormi re per strada nelle vostre città, Torino, Milano… C’è tanto da fare e per quel che posso sono pronto».

 

Vaticano – “Coraggiosi, i salesiani!”. Papa Francesco riceve organizzatori e artisti del Concerto di Natale in Vaticano 2021

Dal sito dell’agenzia ANS.

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(ANS – Città del Vaticano) – Al mattino di oggi, mercoledì 15 dicembre, Papa Francesco ha ricevuto in udienza i promotori, gli organizzatori e gli artisti del Concerto di Natale in Vaticano, promosso dalla Congregazione per l’Educazione Cattolica, e il cui ricavato sarà devoluto a favore della Fondazione Pontificia “Scholas Occurrentes” e della Procura Missionaria salesiana “Missioni Don Bosco” di Torino. Da parte salesiana hanno partecipato all’udienza il Rettor Maggiore, Don Ángel Fernández Artime, e don Daniel Antúnez, Presidente di “Missioni Don Bosco”, insieme con don Simon Zakerian, Direttore dell’opera di Al Fidar, in Libano, e don Danijel Vidović, incaricato dell’accoglienza presso la Casa Madre dei Salesiani a Torino.

“Il Natale ci invita a fissare lo sguardo sull’evento che ha portato nel mondo la tenerezza di Dio – una parola che sottolineo, tenerezza, ci manca tanto – e così ha suscitato e continua a suscitare gioia e speranza. Tenerezza, gioia, speranza: sentimenti e atteggiamenti che anche voi artisti sapete ravvivare e diffondere con i vostri talenti. Grazie” ha esordito il Pontefice, creando subito un clima di grande apertura con l’uditorio.

Poi, dopo aver richiamato le espressioni di tenerezza presenti nella vita quotidiana (le carezze tra fidanzati, la cura dei genitori per i propri figli), così come nella scena del presepe, il Papa ha parlato della gioia frutto dell’amore: quella stessa gioia che sanno suscitare sempre i bambini, cioè i destinatari dei progetti sostenuti dal Concerto di Natale.

“Nel Concerto di Natale voi offrite le vostre qualità artistiche per sostenere progetti educativi, destinati soprattutto a bambini e ragazzi in due Paesi che versano in condizioni assai precarie: Haiti e il Libano” ha continuato il Santo Padre, che non ha mancato di dare lui stesso una carezza ai salesiani, aggiungendo: “Coraggiosi, i salesiani, che sempre inventano qualche cosa per andare avanti. E questa è promessa di vita”.

Con uno sguardo alle tante difficoltà del mondo di oggi, il Santo Padre ha poi rimarcato che “la pandemia ha purtroppo aggravato il divario educativo per milioni di bambini e adolescenti esclusi da ogni attività formativa. E ci sono altre ‘pandemie’ che impediscono il diffondersi della cultura del dialogo e della cultura dell’inclusione. Oggi domina la cultura dello scarto, purtroppo”.

Ma a fronte di questo, “la luce del Natale ci fa riscoprire il senso della fratellanza e ci spinge alla solidarietà con chi è nel bisogno. E voi nell’arte subito create fratellanza; davanti all’arte non ci sono amici e nemici, siamo tutti uguali, tutti amici, tutti fratelli. È un linguaggio fecondo il vostro”.

L’intervento del Pontefice si è chiuso con un autentico inno all’educazione, che ogni salesiano potrebbe fare proprio: “Investire nell’educazione significa far scoprire e apprezzare i valori più importanti e aiutare i ragazzi e i giovani ad avere il coraggio di guardare con speranza al loro futuro. Nell’educazione abita il seme della speranza: speranza di pace e di giustizia, speranza di bellezza, speranza di bontà; speranza di armonia sociale”.

Dopo i ringraziamenti finali, il Papa si è congedato dai presenti augurando a tutti loro “Buon Natale di fraternità e di pace”.

Il Concerto di Natale in Vaticano 2021, giunto alla 29° edizione, avrà luogo domani, giovedì 16 dicembre, alle ore 19:00 (UTC+1) presso l’Auditorium Conciliazione a Roma, e verrà mandato in onda alla Vigilia di Natale su Canale 5, in prima serata. Le grandi voci internazionali del pop, del rock, del soul, del gospel, della lirica, si esibiranno per festeggiare insieme la ricorrenza del Natale in un concerto che ripropone i motivi più classici e più evocativi della festa e che ogni anno costituisce anche uno sprone alla solidarietà.