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La Voce e il Tempo – 12 nuovi diaconi salesiani e le ordinazioni presbiterali

La Voce e il Tempo  di domenica 21 giugno dedica un articolo all’ordinazione diaconale avvenuta sabato scorso per 12 nuovi diaconi salesiani e la nota della prossima ordinazione presbiterale che si terrà il 4 luglio presso la Basilica Maria Ausiliatrice di Torino. Si riportano di seguito i due articoli.

12 nuovi diaconi salesiani

Sabato 13 giugno, presso la Basilica Maria Ausiliatrice di Torino, si è svolta la celebrazione dell’ordinazione diaconale di dodici confratelli salesiani che hanno concluso il triennio teologico all’Università Pontifi cia Salesiana di Torino. La celebrazione è stata presieduta dall’arcivescovo di Torino Mons. Cesare Nosiglia, con la presenza degli Ispettori e di alcuni confratelli delle ispettorie di provenienza dei diaconi. I 12 diaconi provengono da ispettorie e nazioni diverse. Cinque sono italiani: dall’Ispettoria Italia Nord Est, con sede a Venezia Mestre: Giovanni Marchetti, Marco Mazzorana, Giovanni Pojer. Dall’Ispettoria piemontese, con sede a Torino viene Matteo Rupil, che è originario di Tolmezzo (Udine). Dall’Ispettoria centrale, con sede a Roma: Francesco Simoncelli e Jean Maria Karam che è Libanese. Quattro provengono dalla Slovacchia: Peter Bosko, Jan Butkovsky, Daniel Holubek e Jozef Perzel. Uno è Croato: Tomislav Lukac. Uno è Nigeriano, Daniel Omatu che ha trascorso il suo tirocinio e gli studi teologici appartenendo temporaneamente all’Ispettoria del Piemonte e Valle d’Aosta.

Sabato 4 luglio
a Maria Ausiliatrice tre nuovi preti

L’Ispettoria salesiana del Piemonte e Valle d’Aosta, e le rispettive famiglie, annunciano l’ordinazione presbiterale di Alessandro Basso, Dies Stylo Babu, Michael Pagani per l’imposizione delle mani e la preghiera consacratoria di mons. Piero Delbosco, Vescovo di Cuneo e di Fossano. La celebrazione avverrà sabato 4 luglio alle 10, presso la Basilica Maria Ausiliatrice di Torino e verrà trasmessa in diretta sui canali social dell’Ispettoria ICP (Facebook @salesianiICP).

La Voce e il Tempo: didattica a distanza – Salesiani, «la vera innovazione resta l’attenzione ad ogni ragazzo»

La Voce e il Tempo di domenica 7 giugno, nella sezione Territorio, dedica un articolo alla didattica a distanza e in particolare alle metodologie sperimentate negli istituti salesiani di Valdocco e dell’Agnelli. Si riporta di seguito l’articolo a cura di Federico Biggio.

DIDATTICA A DISTANZA – LE NUOVE METODOLOGIE SPERIMENTATE NEGLI ISTITUTI VALDOCCO E AGNELLI
Salesiani, «la vera innovazione resta l’attenzione ad ogni ragazzo»

«Project work» e «flipped classroom»: si tratta di due termini inglesi che indicano due modalità di formazione scolastica che si sono rivelate particolarmente efficaci nella «didattica a distanza», sperimentate in particolare da diversi istituti torinesi. Il primo permette agli allievi dei centri di formazione professionale di approcciarsi al mondo del lavoro, come previsto dal piano di insegnamento, e di acquisire competenze grazie alla presenza di professionisti che si affiancano ai tutor.

Il secondo inverte il tradizionale ciclo di apprendimento fatto di lezione frontale e studio individuale, chiedendo agli studenti di prepararsi su un argomento per mezzo sia dei libri di testo che di materiale integrativo, per poi, successivamente, esercitarsi collettivamente in classe con il supporto dell’insegnante. La modalità del project work è da tempo integrata nel piano formativo del Cnos-fap di Valdocco, il centro di formazione professionale fondato da don Bosco, e permette agli allievi di mettersi alla prova realizzando un progetto concreto, in accordo con le aziende.

«Questa modalità ha sostituito lo stage in questa fase emergenziale», spiega il direttore generale Lucio Reghellin, «ed è centrale nella formazione del 4° anno, in cui gli allievi si avvicinano al mondo del lavoro; purtroppo non avendo più la possibilità di fare uno stage, questa modalità è andata a integrare anche i piani didattici degli anni inferiori».

Quella della flipped classroom invece è una modalità che, all’Istituto Edoardo Agnelli di Torino era già stata sperimentata prima della pandemia:

«è un tipo di didattica innovativa perché integra e non sostituisce», spiega Giorgio Giambuzzi, insegnante di fisica nel Liceo scientifico e di elettrotecnica presso l’Istituto tecnico, «per questo la didattica a distanza non può essere considerata ‘innovativa’. Questa modalità ha permesso agli insegnanti di offrire agli studenti un mosaico di video-lezioni, pillole e interventi di esperti da seguire per conto proprio prima di discuterne in collegamento con il resto della classe».

I due istituti scolastici, tuttavia, entrambi contraddistinti dal carisma salesiano, sanno bene che questa situazione non può rimanere ordinaria e auspicano un ritorno a scuola ‘in presenza’ il prima possibile, continuando a mettere in atto l’innovazione in cui, da sempre, sono specializzati, quella sociale.

«Uno degli aspetti che abbiamo considerato centrale in questo periodo è stato quello della vicinanza alle famiglie», spiega Nino Gentile, direttore dell’Ufficio comunicazione Cnos-Fap, «a tutte è stato inviato un questionario per mappare i bisogni e le possibilità di connessione alla rete, tenendo conto delle criticità economiche del momento, ma anche delle opinioni sul tipo di formazione più opportuna da mettere in atto, poiché è solo attraverso l’attenzione ad ogni ragazzo e la solidarietà che possiamo ‘innovare’ in senso salesiano per non lasciare indietro nessuno».

 

Il progetto Bella Presenza: con gli oratori la Scuola arriverà nelle strade – La Voce e il Tempo

La Voce e il Tempo di oggi dedica un articolo al progetto nazionale “Bella Presenza” in cui è impegnata l’Educativa di Strada dell’Oratorio Salesiano del San Luigi di Don Bosco San Salvario. Di seguito l’articolo, a cura di Stefano Di Lullo.

A Torino con gli Oratori la Scuola arriverà nelle strade

Contro la dispersione scolastica – Con il progetto nazionale “Bella Presenza” gli insegnanti di alcune scuole torinesi attingono all’esperienza dell’Educativa di strada per non perdere i giovani nel disagio più colpiti dall’epidemia: «per loro la didattica a distanza non è sufficiente»

A Torino alcune scuole usciranno dai propri cancelli fisici e tecnologici e approderanno, grazie alla sinergia con gli oratori e la collaudata esperienza dell’Educativa di strada, nelle vie e nelle piazze per raggiungere i ragazzi che fanno più fatica «a stare dentro» ai percorsi scolastici, soprattutto in questo tempo di pandemia che ha generato disorientamento in particolare in chi è più fragile.

È uno dei frutti del progetto nazionale «Bella Presenza», selezionato dall’impresa sociale «Con i bambini» nell’ambito del Fondo per il contrasto alla povertà educativa minorile, che è stato portato avanti dal 2018 in Piemonte, Campania e Toscana raggiungendo oltre 3.330 minori e quasi mille nuclei familiari, con il coinvolgimento di 700 insegnanti ed educatori.

Il punto sul piano, della durata di 4 anni, è stato fatto martedì 12 maggio nel corso di un seminario on line sul tema «Sconfinamenti. Per una scuola fuori dall’emergenza da costruire insieme».

In Piemonte, a Torino, Cuneo e Racconigi, una rete di associazioni, coordinata dalla cooperativa sociale «Labins», che ha sede in via Maria Vittoria a Torino, negli anni scolastici 2018-2019 e 2019-2020 ha messo in campo azioni, in sinergia con gli istituti scolastici coinvolti e diversi enti del Terzo settore, per riattivare una comunità educante in grado di prendersi carico e accompagnare tutti gli studenti, in particolare chi è più fragile, prevenendo l’insorgere del disagio nelle aule scolastiche che sempre più spesso porta gli adolescenti a smettere di studiare, a vivere alla giornata senza alcun progetto per il proprio futuro.

Le scuole coinvolte a Torino, nelle Circoscrizioni 1, 7 e 8, sono il liceo scientifico Gobetti, il Convitto statale Umberto I e gli istituti Giulio, Pertini, Giolitti e Gozzi Olivetti, a cui si è aggiunta una sperimentazione sull’Istituto comprensivo Gabelli nel quartiere Barriera di Milano.

«La pandemia», sottolinea Patrizia Gugliotti, presidente di Labins e coordinatrice di «Bella Presenza» per il Piemonte, «ha portato ancora di più allo scoperto diseguaglianze e povertà in ambito educativo. Ed ecco l’importanza di una rete che pone al centro il ragazzo. Non è più possibile pensare a percorsi educativi per minori a compartimenti stagni: ovvero da un lato la scuola, dall’altro l’educativa di strada, i servizi sociali, le associazioni, ma è opportuno un lavoro di squadra che accompagni gli studenti in difficoltà partire dalle proprie potenzialità. La distanza fisica dalla scuola apre uno ‘spazio del possibile’, ovvero la possibilità concreta di ripensare l’agire educativo in modo nuovo, aperto ed  inclusivo. Se già nella società prima del Covid-19 il progetto ‘Bella Presenza’ nasceva dalla necessità di mescolare saperi e competenze di insegnanti ed educatori, tempo vissuto dentro e fuori la scuola, ragazzi e territori diversi, quelli fragili insieme a quelli più forti, oggi si ritiene che ‘sconfinare’ debba diventare la regola per costruire interventi educativi e non solo didattici, reticoli di prossimità, educazione porta a porta, metodi creativi e inclusivi che non lascino davvero indietro nessun bambino o bambina, nessun ragazzo o ragazza».

Il progetto in primo luogo punta sull’orientamento a partire dalla scuola media portato avanti con numerose associazioni del territorio attraverso il coinvolgimento attivo delle famiglie e del Terzo settore. Si lavora poi a prevenire il disagio prima che insorga.

L’esperienza dell’educativa di strada portata avanti dagli oratori ha offerto un contributo essenziale, per evitare che in questo tempo di epidemia i ragazzi si perdessero.

«Abbiamo attivato», spiega Marta Romano, educatrice dell’Oratorio salesiano San Luigi di San Salvario, «un’attività di monitoraggio costante con le scuole per capire come i ragazzi stessero vivendo il lockdown, chi si connettesse e chi no con la didattica a distanza. Ed ecco che attraverso i contatti personali, instaurando una relazione, abbiamo supportato la scuola e le famiglie dei ragazzi più in difficoltà proponendo delle attività di laboratorio a partire dalle competenze e dai desideri di ciascuno».

Centrale l’attività realizzata in piazza Galimberti nell’ambito del progetto «Bella Presenza» su iniziativa dell’Istituto comprensivo Pertini nella zona delle palazzine dell’ex villaggio olimpico Moi.

«Lo scorso anno», evidenzia la dirigente scolastica Elena Cappai, «ho segnalato all’educativa di strada la presenza di nostri studenti in piazza Galimberti durante o al di fuori dell’orario scolastico. Ed ecco che gli educatori del San Luigi che animavano attività presso la postazione Spazio Anch’io al Parco del Valentino hanno iniziato a frequentare la zona e intercettare gli adolescenti».

«Lo scopo», continua l’educatrice Romano, «è intraprendere un percorso educativo a partire dalle competenze che gli adolescenti già posseggono. Siamo quindi partiti da laboratori come quello di lettering, che ci hanno permesso di stringere un legame. Abbiamo anche offerto percorsi alternativi alla sospensione scolastica. In questo momento stiamo strutturando delle proposte per l’estate, quando potremo riprendere le attività in strada, in modo da continuare a stare accanto ai ragazzi».

«Data l’efficacia del progetto», prosegue la preside Cappai, «ho proposto  dal prossimo anno di intraprendere attività didattiche in luoghi fuori dalla scuola o alternativi alla didattica a distanza, quindi anche nelle piazze: un piano certamente da strutturare in sinergia con i diversi attori del progetto fra cui l’educativa di strada. La pandemia spinge, infatti, il mondo scolastico a trasformare e ripensare i metodi didattici  tradizionali: è l’unico modo per non perdere nessuno studente soprattutto in questo periodo in cui il rischio della dispersione è aumentato in modo esponenziale».

Oratorio Valdocco: nel «cortile virtuale» nessuno è lasciato solo – La Voce e il Tempo

La Voce e il Tempo di questa domenica, 19 aprile 2020, dedica un articolo ai gruppi creati su piattaforme digitali e alle attività a distanza messe in campo dall’Oratorio salesiano di Valdocco. Di seguito, l’articolo pubblicato a cura di Stefano Di Lullo.

Il primo oratorio di don Bosco a Valdocco è chiuso, come tutti, ma continua ed essere casa che accoglie, avvia alla vita e dove incontrarsi fra amici. Il cortile, infatti, ora è spalancato fra le case dei sacerdoti, degli educatori, dei ragazzi e giovani. Tutti gli appuntamenti settimanali dell’oratorio guidato da don don Jacek Jankosz, nell’emergenza della pandemia, sono rimasti invariati, si sono semplicemente trasferiti sulle piattaforme digitali.

«Gli incontri formativi per i gruppi delle medie e delle superiori», spiega Davide Torrente, uno degli educatori, «si tengono regolarmente nei giorni in cui i ragazzi erano soliti incontrarsi in oratorio. Con il biennio e il triennio delle superiori ci diamo appuntamento il venerdì dalle 18.30 in poi sulle piattaforme Zoom e Google meet per momenti di riflessione sul periodo difficile che ognuno sta vivendo. In particolare abbiamo accompagnato i gruppi nel tempo quaresimale con diverse attività e durante il Triduo pasquale li abbiamo invitati a seguire le funzioni del Papa o quelle trasmesse dalla Basilica di Maria Ausiliatrice. Abbiamo quindi aiutato i ragazzi a comprendere insieme il significato delle diverse celebrazioni e a prepararsi, quindi, alla Pasqua».

C’è poi il «cortile virtuale»: gli educatori tengono i contatti con ciascun ragazzo attraverso telefonate, chat di whatsapp sia singolarmente che a piccoli gruppi per aiutarli nei compiti scolastici, nello studio, e per confrontarsi sulle loro paure e incertezze, ma anche sui propri sogni.

«Non vogliamo che nessun ragazzo si senta abbandonato», prosegue Torrente, «ma continui a sentirsi accompagnato passo passo anche se non è possibile incontrarsi di persona».

Gli animatori lanciano poi giochi e sfide con classifiche settimanali.

Don Artime ancora sei anni per i giovani più poveri – La Voce e il Tempo

La Voce e il Tempo dedica nella giornata di oggi, giovedì 19 marzo, un articolo con l’intervista al Rettor Maggiore, don Angel Fernandez Artime, rieletto dal Capitolo Generale come 10° successore di Don Bosco. Si riporta di seguito l’intervista, a cura di Marina Lomunno.

Intervista – Il 28° Capitolo generale della Congregazione dei Salesiani ha riconfermato rettore il 10° successore di san Giovanni Bosco: don Angel Fernandez Artime, spagnolo, nato il 21 agosto 1960 a Gozon-Luanco nelle Asturie, figlio di una famiglia di pescatori.

Don Ángel Fernández Artime, al 2014 Rettore maggiore dei salesiani, è stato rieletto al primo scrutinio dal 28° Capitolo generale della Congregazione dei salesiani a Valdocco, interrotto nei giorni scorsi a causa dell’emergenza coronavirus. Ordinato sacerdote il 4 luglio 1987, si è laureato in Teologia Pastorale e con Licenza in Filosofia e Pedagogia. Nel 2009 è stato nominato Ispettore dell’Argentina Sud, dove ha conosciuto e collaborato personalmente con l’allora arcivescovo di Buenos Aires, card. Jorge Mario Bergoglio.

Don Artime cosa significa essere confermato il 10° successore di don Bosco in questo momento della sua vita religiosa?

Uno dei cardini della nostra scelta religiosa è l’obbedienza pertanto ero pronto a continuare il servizio alla mia congregazione come Rettor Maggiore se questa fosse stata la richiesta dell’Assemblea capitolare, cercando nella fede di trovare la volontà di Dio per assolvere al meglio il mio compito. Ma ero anche pronto a terminare questo incarico per cedere il testimone all’11° successore di don Bosco e accettare un altro impegno con tutta la semplicità con cui serviamo i nostri fratelli. Questa conferma e rielezione indica non tanto che il mio servizio di guida e animazione è stato sereno, ma piuttosto segna la maturità e la concordia che in questo momento regnano nella congregazione, in tutto il mondo. Un tempo di serenità nelle scelte prioritarie che si esplica nel confermare sempre più la nostra identità carismatica, perché c’è bisogno di essere fedeli al Signore come ci ha insegnato don Bosco. E conferma che la scelta della congregazione è di assoluta comunione con tutta la Chiesa universale nella persona, adesso, di Papa Francesco: al 28° Capitolo abbiamo rinnovato questa adesione perché don Bosco ci ha raccomandato di essere fedeli a Papa. Infine il Capitolo – e questo sarà il mio impegno prioritario per il prossimo sessennio – ha dato l’indicazione molto forte di «essere per i giovani e tra questi i più bisognosi, i più poveri». Sono gli stessi giovani di tutto il mondo presenti al Capitolo in delegazione che ce lo hanno chiesto: «siate uomini di Dio capaci di mostrare che Dio ci ama». Vogliamo continuare su questa strada e a questo mi dedicherò nei prossimi 6 anni.

Le sue prime parole dopo la rielezione sono state appunto per i giovani, in sintonia con il tema del 28° Capitolo «Quale salesiano per i giovani d‘oggi». Cosa accomuna i ragazzi e le ragazze dei 134 paesi in cui sono presenti le vostre opere?

Rispondo con le parole dei giovani presenti al Capitolo: «Non abbiamo bisogno di voi per amministrare case e servizi, di salesiani gestori o organizzatori di attività, questo possiamo farlo noi. Abbiamo invece bisogno di presenza, di amici, fratelli e anche di papà». I giovani oggi hanno bisogno di paternità ci hanno chiesto in assemblea: «Cari salesiani, vi chiediamo di essere anche i nostri padri: noi vi amiamo, abbiamo bisogno di essere amati anche da voi». Un’altra richiesta che ci hanno comunicato i delegati, giovani dai 25-30 che provenivano da tutti i 5 continenti, è il bisogno di crescere nella fede con il nostro aiuto, con la guida «di uomini consacrati per mostrarci che Dio ci ama». Credo che questo valga per i delegati che hanno intrapreso un cammino di fede ma anche e soprattutto per tutti gli altri. Amare i giovani ed essere per loro, come ci raccomandava don Bosco vale per tutti i giovani, di tutte le religioni, quelli che si sono allontanati o che sentono Dio vicino e quelli che Dio non l’hanno ancora scoperto. Infine al Capitolo abbiamo rafforzato la nostra convinzione che siamo e dobbiamo essere salesiani per i ragazzi, le ragazze e i giovani più bisognosi, scartati e più sfruttati. Per questo sono nati i salesiani e questo sarà il mio primo impegno nel governo della congregazione dei prossimi sei anni.

Era anche questo che intendeva Papa Francesco quando da Valdocco in occasione della sua visita a Torino per il Bicentenario di don Bosco ha invitato i salesiani ad essere concreti…

Il Papa nel messaggio che ci ha inviato per il 28° Capitolo ci ha scritto: «Cari salesiani mi piace la scelta di celebrare il vostro capitolo Valdocco; l’’opzione Valdocco’ significa tante cose: la prima è che Valdocco è segno di presenza in mezzo ai giovani: Valdocco oggi vuol dire ‘salesiani in mezzo ai giovani’». Il Papa inoltre ci ha raccomandato di «non permettere che il clericalismo sia presente nella vostra congregazione» e di far conoscere l’internazionalità della nostra famiglia come già facciamo in tutte le culture e con tutte le lingue. E infine ci ha invitato a valorizzare nelle nostre opere la presenza delle donne come è successo qui a Valdocco con Mamma Margherita e tutte le mamme dei ragazzi di don Bosco da Cagliero a Domenico Savio all’Arcivescovo Gastaldi. Ecco la concretezza salesiana a cui ci invita ancora una volta Francesco.

Il Capitolo si è concluso anzitempo per evitare contagio da coronavirus secondo le disposizioni del Governo. Nel 1854 durante l’epidemia di colera che colpì Torino gli storici narrano che don Bosco per far fronte all’emergenza cittadina ospitò a Valdocco alcuni gli orfani e invitò i suoi giovani a soccorrere gli ammalati…

Quando si sono diffuse le prime notizie del coronavirus abbiamo invitato tutte le nostre opere ad affidarci a Maria Ausiliatrice chiedendo la sua protezione per noi, per la gente, per gli ammalati, per i defunti. Al Capitolo abbiamo avuto il dono di non aver nessun contagiato ma, quando sono stati vietati incontri e raduni, abbiamo chiesto il permesso alle autorità preposte per finire i lavori con le elezioni e, quando in tutt’Italia è stata stabilita zona rossa, abbiamo sospeso il Capitolo anche se il termine era fissato per il 4 aprile. Tutti i 242 capitolari provenienti dalle nostre opere presenti in 134 nazioni nei 5 continenti stanno cercando di tornare nei loro paesi. Abbiamo chiesto a tutte le nostre comunità nel mondo di accogliere con grande senso di cittadinanza e responsabilità le direttive dei Governi dei singoli paesi: è il nostro modo di vivere questo periodo come buoni cristiani e onesti cittadini sulle orme di don Bosco. Ho letto sui giornali in questi giorni qualche commento ironico: «prima si pregava Dio adesso si chiudono le chiese»… Io dico che è necessario chiudere le chiese, è una questione di responsabilità: chiudere la chiesa non significa chiudere la possibilità di pregare e di affidarsi a Dio.

Acutis sarà beato, un libro lo presenta – La Voce e il Tempo

Il 21 febbraio scorso, Papa Francesco ha autorizzato la Congregazione delle cause dei santi a promulgare i rispettivi decreti riguardanti il miracolo attribuito all’intercessione del giovane Carlo Acutis, morto a 15 anni per una leucemia fulminante.

La Voce e il Tempo dedica un articolo al futuro beato e al libro che racconta la sua vita pubblicato dall’Editrice Elledici, a cura del salesiano don Umberto De Vanna. Si riporta di seguito l’articolo che sarà pubblicato domenica 1 marzo 2020, a cura di Michele Gota.

Acutis sarà beato, un libro lo presenta

«È stato un giovane libero e lieto, Carlo Acutis, contento della vita, capace di compassione e di gratuità. Ha vissuto i suoi 15 anni ‘alla grande’, all’altezza dei suoi desideri più veri».

Così scrive mons. Paolo Martinelli, Vescovo ausiliare di Milano, nella presentazione di questo libro.

Carlo Acutis nasce nel 1991 a Londra, dove i genitori si trovano per motivi di lavoro; poi, la famiglia si trasferisce a Milano; lui frequenta scuole cattoliche; è appassionato di sport ed informatica (realizza programmi, crea siti web, cura la redazione di giornalini); ha una valanga di amici; muore di leucemia acuta, a Monza, ad appena 15 anni, nel 2006. Per suo desiderio è sepolto ad Assisi, nel santuario della Spogliazione. Da poco, Papa Francesco lo ha dichiarato venerabile e parlando di lui, ha detto che «ha saputo usare le nuove tecniche di comunicazione per trasmettere il Vangelo, per comunicare valori e bellezza». Basterebbero questi cenni per intuire che «Carlo è il santo che non ti aspetti perché ha tutte le caratteristiche dei ragazzi d’oggi», e anche per- ché è «innamorato di Dio».

I suoi gesti, la sua testimonianza quotidiana, anche negli ultimi giorni in ospedale, lasciano tutti meravigliati. E chi lo ha conosciuto, a scuola, nell’oratorio, al Meeting di Rimini, sul web, in ospedale appunto, ne parla con le lacrime agli occhi. Una citazione tra le tante: per il suo fidato Rajesh, l’induista che vive in casa sua come domestico, Carlo è un tale esempio di spiritualità e santità – «perché un ragazzo così giovane, così bello e così ricco normalmente preferisce fare una vita diversa» – che si fa battezzare.

Ed oggi sono tantissime le persone, non soltanto in Italia, che si rifanno alla testimonianza di Carlo per vivere la fede con gioia ed entusiasmo. Un adolescente, dunque, da portare come esempio e soprattutto da imitare. In questo aiutati anche dal bel volumetto del salesiano Umberto De Vanna, autore di numerosi libri di catechesi e spiritualità giovanile e già direttore di riviste Elledici.

Il testo propone, com’è comprensibile, una biografia di Carlo, ma in modo quanto mai giovanile, con frasi, scritti, commenti suoi e delle persone che lo hanno conosciuto, alternati a tante foto a colori. Immagini quasi in ogni pagina, dove lui – già da bambino, ma ancor più adolescente – è sempre allegro e sorridente, e sembra chiedere a chi le guarda: perché non anche tu? Perché Carlo «era affascinato da una forte spiritualità che ha vissuto senza complessi, respirando il mondo della fede con la spontaneità di uno che si direbbe caduto giù dal cielo». Perché, come è stato scritto, Carlo è «il vero ‘scandalo’ di oggi: un giovane che aspira alla santità». Perché ha vissuto «la sua adolescenza come occasione per portare il Vangelo».

Sono testi e immagini che non lasciano indifferenti, anzi commuovono il lettore. A questo vanno aggiunti i suggerimenti, presenti alla fi ne di ogni capitolo, per la riflessione personale e di gruppo. Un libro, quindi, utile per conoscere la vita di Carlo, stimolante anche per i meno giovani e un valido strumento per educatori e animatori di gruppi.

Michele GOTA

Umberto De Vanna,
«Carlo Acutis. 15 anni di amicizia con Dio», Elledici

La Voce e il Tempo: Quali salesiani per i giovani d’oggi?

La Voce e il Tempo ha pubblicato nella giornata di ieri un articolo dedicato al 28° Capitolo Generale e all’apertura ufficiale avvenuta sabato 22 febbraio. Di seguito l’articolo, a cura di Marina Lomunno.

Quali salesiani per i giovani d’oggi?

Maria Ausiliatrice – Si è aperto ufficialmente, nella mattinata di sabato 22 febbraio nella Casa Madre di Valdocco, il 28° Capitolo della Società di San Francesco di Sales – Partecipano 242 padri capitolari provenienti da 66 nazioni in rappresentanza delle 7 Regioni nelle quali è divisa la congregazione presente in 134 Paesi dei 5 continenti.

«Vi incoraggio a proseguire con generosità e fiducia le molteplici attività in favore delle nuove generazioni: oratori, centri giovanili, istituti professionali, scuole e collegi. Senza dimenticare coloro che, ai tempi di Don Bosco, erano chiamati ‘ragazzi di strada’: questi erano i suoi prediletti, perché avevano tanto bisogno di speranza, di essere formati alla gioia della vita cristiana. Oggi la Chiesa si rivolge a voi, figli e figlie spirituali di questo grande Santo, e in modo concreto vi invita ad uscire, ad andare sempre di nuovo a trovare i ragazzi e i giovani là dove vivono: nelle periferie delle metropoli, nelle aree di pericolo fisico e morale, nei contesti sociali dove mancano tante cose materiali, ma soprattutto manca l’amore, la comprensione, la tenerezza, la speranza. Andare verso di loro con la traboccante paternità di don Bosco».

Sono le parole che l’Arcivescovo Cesare Nosiglia ha inviato in occasione dell’apertura ufficiale del 28° Capitolo della Società di San Francesco di Sales avvenuta a Valdocco, nella Casa Madre della famiglia salesiana, nella mattinata di sabato 22 febbraio: dopo la solenne concelebrazione nella Basilica di Maria Ausiliatrice, dove sono venerate le reliquie di don Bosco, il Rettor Maggiore, don Ángel Fernández Artime, decimo successore del santo dei giovani, ha pronunciato il discorso di apertura.

Al termine, il Regolatore del Capitolo, don Stefano Vanoli, ha dichiarato aperti i lavori incentrati sulla risposta alla domanda «Quali salesiani per i giovani d’oggi?» che indicherà il cammino del prossimo sessennio della congregazione. «Il tema» ha precisato il Rettor Maggiore «risponde all’urgenza che abbiamo di concentrare la nostra attenzione, in questo momento della nostra storia, sulla persona del salesiano che come uomo di Dio, consacrato e apostolo, deve essere capace di sintonizzarsi il meglio possibile con gli adolescenti e i giovani di oggi e con il loro mondo allo scopo di camminare con loro, nell’educazione e formazione alla fede, aiutandoli ad essere buoni credenti – considerando che molte volte professano altre religioni – e preparandoli per la vita, accompagnandoli nella ricerca di senso e all’incontro con Dio».

La concelebrazione d’apertura del capitolo a Maria Ausiliatrice: il card. Il card. João Braz de Aviz, accanto al Rettor Maggiore don Artime e al suo predecessore, don Pascual Chávez Villanueva

E proprio sui luoghi dove incontrare i giovani, mons. Nosiglia, che sabato 29 febbraio presiederà in Basilica la Messa per i capitolari, nel suo messaggio ha richiamato come l’oratorio di don Bosco sia nato dall’incontro con i ragazzi di strada e per un certo tempo è stato itinerante tra i quartieri di Torino. «Possiate annunciare a tutti la misericordia di Gesù, facendo ‘oratorio’ in ogni luogo, specie i più impervi; portando nel cuore lo stile oratoriano di Don Bosco e mirando a orizzonti apostolici sempre più ampi».

Il lavori del 28° Capitolo nel Teatro Grande di Valdocco

Il 28° Capitolo si è aperto con la Messa in Basilica nella giornata in cui la Chiesa celebra la festa della Cattedra di San Pietro: richiamando le parole di Papa Francesco pronunciate proprio a Maria Ausiliatrice durante la sua visita a Torino per il Bicentenario di don Bosco il 21 giugno 2015, il card. João Braz de Aviz che ha presieduto la concelebrazione, nella sua omelia ha richiamato la fedeltà dei santi al successore di Pietro e il ruolo fondamentale dei salesiani nella Chiesa. «Voi siete parte viva del popolo di Dio con il particolare carisma di essere ‘pastori di giovani’, soprattutto di quelli più fragili». Accanto card. Braz de Aviz, il Rettor Maggiore don Artime, il suo predecessore, don Pascual Chávez Villanueva, i cardinali salesiani Tarcisio Bertone, Riccardo Ezzati e Oscar Andres Rodriguez Maradiaga e 10 vescovi salesiani. E poi i rappresentanti della articolata famiglia salesiana, un albero che ha radici a Valdocco e che si è ramificato in 30 gruppi tra laici e consacrati che condividono il carisma del santo dei giovani per un totale di 402.500 membri sparsi nel mondo.

Il Rettor Maggiore saluta il sindaco Chiara Appendino

Alla Messa ha partecipato anche il sindaco Chiara Appendino in rappresentanza della città di Torino accanto a madre Yvonne Reungoat, superiora generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice. «Da torinese e senza nascondere una nota di orgoglio, mi fa piacere ricordare che il seme da cui è nata questa grande pianta è germogliato proprio a Torino» ha scritto il sindaco nel messaggio inviato a Rettor Maggiore per l’inizio del Capitolo. «Questo seme che, in poco più di due secoli di storia, ha lasciato segni indelebili e contribuito a connotare in maniera forte il carattere della nostra città. La strada tracciata da don Bosco, seguita dai suoi successori, è fatta di impegno tra la gente e si manifesta ogni giorno come presenza viva e attiva tra coloro che più hanno bisogno di sostegno, di essere aiutati a diventare donne e uomini capaci di contribuire, con il proprio lavoro e l’impegno nel sociale, alla crescita della propria comunità. Un percorso che invita i giovani a impiegare le proprie migliori energie in campo professionale e all’interno della società civile, così come nel servizio al prossimo».

Il 28° Capitolo dei salesiani, che torna a Valdocco dopo 62 anni, terminerà il 4 aprile. Il prossimo appuntamento tra sei anni.

Salesiani in Capitolo: «Come servire i giovani oggi?» – La Voce e il Tempo

La Voce e il Tempo di domenica 23 febbraio dedica un articolo all’apertura del 28° Capitolo Generale avvenuta la settimana scorsa dove il Rettor Maggiore ha dato il benvenuto ai capitolari e spiegato le finalità del Capitolo che ritorna a Valdocco dopo 62 anni. Si riporta di seguito l’articolo pubblicato, a cura di Federica Bello.

Salesiani in Capitolo: «Come servire i giovani oggi?»

«Come continuare ad essere apostoli al servizio dei giovani oggi?». Questo l’interrogativo e l’obiettivo che il Rettor Maggiore dei Salesiani, don Angel Fernandez Artime, ha espresso domenica 16 febbraio a Maria Ausiliatrice nella prima celebrazione del 28°Capitolo Generale (CG28) della Congregazione Salesiana.

Nella basilica gremita il Rettor Maggiore ha dato il benvenuto ai capitolari e spiegato il senso e la finalità di un incontro e di un confronto che «per la presenza dello Spirito è diverso da qualunque altro congresso» e che ritorna a Valdocco dopo 62 anni.

Il Capitolo che si sviluppa su 7 settimane (si concluderà il 4 aprile) coinvolge 242 capitolari di 66 nazioni, in rappresentanza delle 7 Regioni (oltre 130 paesi) nelle quali è divisa la congregazione, che saranno dunque impegnati a rispondere alla domanda guida del Capitolo: «Quali salesiani per i giovani d’oggi?».

Nella prima settimana i lavori sono rivolti soprattutto all’ascolto e alla riflessione in merito alle relazioni del Rettor Maggiore e del suo Consiglio sullo stato della Congregazione, oltre che alla creazione di un clima di discernimento. Al mattino di sabato 22 è invece prevista la cerimonia di apertura ufficiale del Capitolo.

«Noi ci chiederemo», ha spiegato il Rettor Maggiore, «nelle prossime settimane come essere oggi salesiani di Don Bosco, consacrati da Dio, capaci di testimoniare il suo Amore, specialmente ai giovani, a quelli oggi più poveri e bisognosi. Sappiamo che la missione che il Signore ci ha affidato ha un obiettivo che supera le nostre povere forze; però non siamo soli. È Sua l’iniziativa generosa. Ci chiama alla missione salesiana nella vita religiosa e stabilisce il suo patto di Alleanza con noi nella consacrazione, che penetra il nostro modo di essere e agire. Oggi il nostro CG28 intende aiutare la Congregazione a mostrare come continuare ad essere oggi quegli apostoli dedicati al servizio dei giovani in questo mondo oggi e nei contesti di oggi».

E dall’obiettivo ad un programma fondato su tre parole: docilità allo Spirito, fedeltà e speranza:

«Nella speranza con cui contempliamo, alla luce della fede, il futuro, il nostro Dio ci darà la forza di continuare a sognare, come Don Bosco, il meglio per i nostri giovani, specialmente quelli che hanno più bisogno di noi».

Su www.infoans.org video, foto e documenti per seguire giorno per giorno i lavori del Capitolo.

Torna a splendere la Cappella dell’Oratorio di Valdocco – La Voce e il Tempo

La Voce e il Tempo di domenica 16 febbraio, riporta un articolo dedicato alla nuova Cappella del Buon Pastore dell’Oratorio di Torino Valdocco, inaugurata lo scorso 2 febbraio. Di seguito l’articolo a cura di Stefano DI LULLO.

VALDOCCO
Torna a splendere la Cappella dell’Oratorio

Un dono e un impegno. Così don Jacek Jankosz, direttore del primo oratorio di don Bosco a Valdocco, definisce la nuova cappella all’interno del complesso oratoriano (via Salerno 12) inaugurata domenica 2 febbraio dopo i lavori di completa ristrutturazione.

Il nuovo luogo diventerà punto di riferimento principale per le diverse attività portate avanti dall’oratorio salesiano dove i giovani e gli educatori potranno ritrovarsi insieme a pregare. Nella celebrazione di benedizione, avvenuta in occasione della festa di san Giovanni Bosco del 31 gennaio, don Enrico Stasi, Ispettore dei Salesiani di Piemonte e Valle d’Aosta, ha ringraziato don Jacek

«per aver voluto rinnovare questo ambiente e renderlo bello, perché la bellezza apre il nostro cuore a Dio».

La piccola chiesa dell’oratorio è stata dedicata al Buon Pastore, che è anche il filo conduttore degli affreschi della giovane pittrice Silvia Allocco con cui sono decorate le pareti. «Il Buon Pastore», spiega don Jankosz:

«anzitutto conosce le sue pecore. È bello soffermarci su questa qualità: secondo il linguaggio biblico conoscere è molto più di un semplice acquisire e gestire delle informazioni. La conoscenza comporta lo stare insieme e il condividere. A imitazione di Cristo ogni salesiano e animatore, ogni allenatore e catechista, deve quindi contraddistinguersi per queste virtù: la vicinanza e la pazienza, l’ascolto e il sostegno, la fermezza e la dolcezza, l’attenzione ai piccoli e agli ultimi, l’ottimismo e la dedizione».

I riquadri sulla parte laterale raffigurano quattro giovani dell’Antico Testamento che hanno ricevuto una chiamata particolare da Dio: Samuele, Davide, Giuseppe e Geremia. Entrando nella cappella salta subito all’occhio l’immagine del Padre Misericordioso che corre per abbracciare suo figlio. Nelle parole di Gesù, scritte al centro della chiesa, vi è incisa un’altra caratteristica che deve avere ogni pastore: quella di un amore responsabile che imita Gesù, il Buon Pastore per eccellenza, che offre la vita per i suoi discepoli.

«A partire da don Bosco stesso», conclude il direttore Jankosz, «così hanno fatto i Salesiani e i loro collaboratori passati in questo oratorio, sulle parole di Gesù: ‘nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici’ (Gv 13, 15). Gesù ci insegna ad avere una dedizione sincera e un’attenzione costante verso le persone che frequentiamo. La regola fondamentale è sempre la stessa: trattare l’uomo come un fine e mai come un mezzo. Solo su questa base un oratorio può funzionare veramente».

Stefano DI LULLO

Oratorio San Paolo: inaugurazione “Accoglienza residenziale” – La Voce e Il Tempo

La Voce e il Tempo di domenica 6 febbraio, riporta un articolo sull’apertura dell’appartamento dedicato all’accoglienza temporanea presso la comunità dell’Opera Salesiana San Paolo. Di seguito l’articolo dedicato, a cura di Marina Lomunno.

 

La comunità dell’Opera salesiana San Paolo, che prende il nome da una delle borgate più antiche e popolari della città, sempre più in prima linea per affrontare le emergenze del territorio. Come avrebbe fatto oggi il santo dei giovani. Per questo con lo slogan «Questa è la mia casa», la casa di don Bosco, è stato inaugurato, sabato 1 febbraio, un appartamento per l’«Accoglienza residenziale temporanea» che potrà ospitare fino a 7 giovani maggiorenni. La nuova struttura, in cui trovano spazio anche i rinnovati locali della Caritas, si aggiunge alla comunità alloggio aperta nell’ottobre 2016 in cui sono stati accolti 12 Msna, minori stranieri non accompagnati (11 egiziani e un albanese) affidati ai salesiani dall’Ufficio minori stranieri del Comune. I nuovi servizi sono stati avviati ufficialmente non a caso all’indomani della festa liturgica di don Bosco, celebrata venerdì 31 nella Basilica di Maria Ausiliatrice con la Messa per i giovani con il Rettor Maggiore don Ángel Fernández Artime e, in serata con la concelebrazione presieduta dall’Arcivescovo Cesare Nosiglia.

«Circa tre anni fa eravamo qui per inaugurare la nuova comunità per minori stranieri»

ha detto il direttore del San Paolo, don Alberto Lagostina, al taglio del nastro a cui hanno partecipato, tra gli altri don Enrico Stasi, ispettore salesiano del Piemonte e della Valle d’Aosta, don Stefano Mondin, responsabile della Pastorale giovanile dell’Ispettoria e Sonia Schellino, vicesindaco di Torino e assessore ai Servizi sociali. Il Comune di Torino contribuisce al progetto di sostegno all’autonomia dei minori e dei giovani affidati ai salesiani con il «Piano di inclusione sociale» che mette in rete tutti gli attori del territorio.

«Già allora avevamo il desiderio di fare qualcosa di più, per quanti di loro hanno ancora bisogno di un periodo di sostegno prima di affrontare la vita in completa autonomia. È nata così questa Accoglienza, un appartamento riservato a sette neomaggiorenni, italiani e stranieri, alcuni cresciuti nell’attigua comunità per minori o già inseriti nei nostri oratori: studenti, universitari o lavoratori che necessitano nel loro cammino verso l’indipendenza di una residenza temporanea e che vogliano condividere un tempo della loro vita con giovani di altre nazioni e con la comunità dei salesiani e della parrocchia».

Don Lagostina ha sottolineato come la nuova Casa, resa possibile grazie al contributo di un benefattore, rientra nel cammino di accoglienza della parrocchia e dell’oratorio che contribuiscono con tanti volontari alla gestione pratica ed educativa delle due Comunità per i giovani più fragili e del Centro di ascolto della Caritas «salvagente» per le crescenti le necessità delle famiglie del quartiere.

«In un tempo dove si enfatizza la diversità, dove nascono nuove forme di razzismo, dove si colpiscono fasce deboli come gli immigrati, facendoli diventare causa di tutti i mali, riteniamo importante porre piccoli segni che però parlano. Così è questa nuova residenza per giovani che si affacciano alla vita adulta dove si intende porre il segno della condivisione tra diverse nazionalità, italiana compresa».

È l’impegno dei salesiani in città, che continuano ad essere in prima linea negli oratori delle periferie multietniche nella «lotta contro la povertà educativa per far rialzare i ragazzi che hanno avuto di meno». Le difficoltà e i pregiudizi si combattono aprendo le comunità, andando a cercare i ragazzi per le strade come facevano i santi sociali.

«Far sentire a casa chi ha bisogno di sostegno: questa è la sfida del San Paolo: dobbiamo riscoprire la vita comunitaria. Qui funziona perché la comunità parrocchiale, l’oratorio, la comunità degli educatori e la Casa di accoglienza sono integrate, sono un’unica famiglia dove ciascuno si prende carico uno degli altri»

sottolinea don Stefano Mondin. Fabrizio Spina, educatore, consacrato salesiano è uno dei responsabili del nuovo appartamento, «un laboratorio» come lo definisce «in cui ho la fortuna di sperimentare insieme a questi ragazzi, italiani e stranieri, che hanno fatto un pezzo di strada nelle nostre opere, un percorso verso l’età adulta in stile salesiano: una famiglia di giovani che hanno bisogno ancora di una stampella per fare il salto verso l’autonomia. C’è chi lavora, chi ha ripreso gli studi, chi sta cercando la sua strada. Ci aiutiamo, la comunità parrocchiale ci aiuta, non siamo soli. Sono ragazzi che meritano fiducia, la condivisione di valori comuni è uno stimolo forte alla crescita». Durante l’inaugurazione, don Stasi ha ricordato che oggi don Bosco avrebbe fatto lo stesso richiamando le parole dell’omelia dell’Arcivescovo in Basilica, davanti all’urna del santo dei giovani:

«Don Bosco non ha mai considerato un ragazzo irrimediabilmente perduto, tanto da non tentare un ricupero, da non concedergli fiducia, da non dirgli con forza: ‘Talità Kum’, alzati e cammina come ha detto Gesù alla figlia di Giairo. Nessun ragazzo e ragazza è dunque considerato ‘morto’, perduto per sempre, da parte di Gesù. Nessuno è considerato così difficile da non tentare un ricupero, da non concedergli fiducia, da non dirgli con forza: ‘Alzati dalla tua situazione e prendi in mano la tua vita con gioia e coraggio’».