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Agnese: «Quello che perdiamo con la didattica a distanza» – La Voce e il Tempo

Scuola e didattica a distanza. Di seguito la testimonianza di Agnese, una studentessa maturanda del liceo salesiano Valsalice riportata su la Voce e il Tempo.

Agnese: «Quello che perdiamo con la didattica a distanza»
Scuola e pandemia – Abbiamo chiesto ad una maturanda del liceo salesiano Valsalice di Torino di scrivere come si vive l’ultimo anno delle superiori «a distanza»

(Di Redazione – 12 Marzo 2021)

Se mi chiedessero: «Agnese, preferisci la sveglia alle 6 e la corsa per non perdere il pullman oppure accendere la web-camera del tuo computer e sederti al tavolo della tua camera, ancora in sonno veglia?», probabilmente risponderei d’istinto: la seconda opzione. Ma la verità è che, per quanto sia bello passare dall’essere ancora in pigiama all’essere «già» in pigiama, la didattica a distanza è solo un’eco lontano della vera scuola.

A parer mio, la nuova modalità non ha nulla a che vedere con la scuola tradizionale. Mi spiego: la scuola è la chiacchierata con la compagna mentre aspetti l’apertura delle classi; è lo sguardo che si incrocia per le scale; è la battuta che provoca la risata; è il volto turbato prima dell’interrogazione; è il «face to face» col professore; è l’attesa della campanella; è il mettersi ogni secondo in discussione. Insomma, la scuola è relazione, apprendimento, gioia, tristezza, crescita personale… è vita!

Al contrario, la lezione da remoto diviene un mero meccanismo di ascolto – prendo appunti – capisco – ripeto. E tu sei quel quadretto a piè di schermata, solo, stereotipato e un po’ fragile, con le tue angosce e le tue felicità che non puoi condividere; con tanti desideri, tanti aneliti, tante parole, tanti perché e tanti come, che pian piano rinchiudi in te stesso e divengono calore di fiamma lontana.

Non si può dunque paragonare il vivere della scuola col vivacchiare della didattica a distanza, la lezione in presenza con quella da remoto, l’immensità con la limitatezza. Dico questo e ne sono convinta, perché arrivati in quinta liceo sembra un lontano ricordo la scuola ordinaria, tra i banchi, senza mascherine, con i professori e i volti «nudi» dei compagni.

Ma «di necessità, virtù» dicevo all’inizio, e, da maturanda ringrazio sia di esser riuscita a fare la maggior parte dei miei anni di liceo nella normalità, sia per lo sforzo cercato per creare una modalità che non disperdesse nel nulla gli anni passati.

Nessuna luce in fondo al tunnel? Beh, sì: la maturità. Infatti, se pur l’incertezza sia stata la linea guida di questi ultimi mesi, sembra che, in questa situazione, proprio la maturità sia l’unica piacevole certezza. Innanzitutto, perché la prova finale promuove la messa in gioco del candidato, che dà voce di sé con una relazione iniziale personale. Quindi i professori valutano le capacità acquisite e perfezionate negli anni, e non solo negli ultimi cinquanta minuti. Inoltre, l’assenza di scritti è sicuramente un ulteriore aspetto positivo, in quanto limita l’incognita e riconosce il cammino senza racchiudere l’individuo in base all’andamento della prova stessa.

Infine, la bellezza di avere, probabilmente, gli stessi professori (con cui il rapporto è divenuto un vero legame), in un momento così importante della propria vita e che per sempre sarà ricordato, è un vero e proprio onore.

Dunque, a questo punto posso dire che preferirei mille volte sentire il suono della sveglia quasi all’alba e vedere dal pullman appena preso per un fiato, la città che lentamente si sveglia mentre vado a scuola.

Agnese DONNA
III Liceo Classico, Valsalice

Personaggi in cerca d’autore: Carolina Kostner – Il Salice

Nasce una nuova rubrica in collaborazione con Valsonair dal titolo “Personaggi in cerca di autore“. La prima storia ad essere raccontata è quella di Carolina Kostner, campionessa del pattinaggio su ghiaccio. La parte più interessante della sua storia sta nel suo percorso, nel duro cammino che si trova dietro alle sue vittorie. Riportiamo l’articolo pubblicato il 20 febbraio 2021 su “Il Salice“, di Carola Cogno.

Inizia con Carolina Kostner una rubrica in collaborazione con Valsonair. Si intitola “Personaggi in cerca d’autore” ed è uno storytelling che settimana dopo settimana i nostri redattori scriveranno su una personalità a loro cara nell’ambito dello sport, della politica, della società o della letteratura. Dopo alcune lezioni propedeutiche sul racconto, ogni redattore scriverà uno storytelling che poi leggerà ed interpreterà in radio a Valsonair prima di essere intervistato dai dj. Di seguito trovate lo script e al fondo il podcast da ascoltare se preferite la voce alla parola scritta.

La pista è un po’ come un palcoscenico. Ci sono gli spettatori, ci sono i giudici: mille sguardi puntati su di te e milioni di occhi che ti seguono da lontano, da uno schermo. Ma diversamente dai teatri, dove il pubblico si nasconde nell’ombra, nel pattinaggio domina la luce. Luce che illumina gli spalti, che illumina la pista e si riflette sul ghiaccio. Puoi vedere tutti, incrociare ogni sguardo.

Altra differenza: nei teatri ci si aspetta che gli attori e i ballerini si muovano e recitino su un palco, in una posizione rialzata rispetto agli spettatori che li possono osservare solo frontalmente.  Nel pattinaggio non è così: ti ritrovi invece risucchiata in una voragine, al centro di un cono rovesciato, circondata dal pubblico. Dai tutta te stessa perché sei osservata nella tua totalità, proprio a trecentosessanta gradi. Ti tremano le gambe, ti viene la nausea e hai veramente freddo con quel vestitino di tulle. Per fortuna hai i guanti, ma non servono a molto: tremi lo stesso, (più per la paura che per la temperatura in realtà).

Ecco allora che entri lentamente in pista, un piede dopo l’altro, ma improvvisamente non ti ricordi nemmeno più come si faceva ad andare avanti ed è come se dovessi reimparare a pattinare. Sei a Vancouver nel 2010, stai partecipando alle Olimpiadi.  Ti chiami Carolina, Carolina Kostner. Hai lavorato tanto per essere lì, in Canada: ti è costato tanto sudore, tanta fatica e allenamento. Ma ormai sei arrivata. Sei pronta, sei preparata. La musica inizia, ma qualcosa non va. Cadi, cadi, cadi e cadi di nuovo.  Cadi per quattro volte e scivoli all’ultimo posto. Non puoi fare altro che prenderti la testa tra le mani e scoppiare in lacrime. Hai deluso tutti: il tuo paese, i tuoi cari, i tuoi genitori e soprattutto te stessa.

I Media, tra testate giornalistiche e Social, non fanno che scagliarsi contro di te, criticare e mettere in dubbio le tue capacità, tanto che su Facebook vieni addirittura definita Cadolina. Cosa farne allora di questo pattinaggio? Perché non smettere e mollare tutto? Voi cosa avreste fatto, vi sareste rialzati? Perché Carolina l’ha fatto, mossa da una passione infinita per lo sport, da un amore che ha sempre fatto trasparire in tutti i modi. Non solo a parole, ma proprio anche nei gesti, nel suo modo di pattinare. Proprio quell’ amore senza cui non sarebbe andata avanti e non avrebbe raggiunto grandi risultati anche dopo Vancouver.

Si perché dovete sapere che Carolina è caduta tante volte, letteralmente e metaforicamente, nel corso della sua carriera. Carriera che è stata proprio costellata di vittorie e sconfitte e che potremmo immaginare, non come una linea retta sempre in crescendo, ma come un’onda con tutte le sue discese e salite. Successi incredibili ma anche ultimi posti, squalifiche, cadute su cadute e tante, tante critiche. Carolina, prima italiana a vincere l’oro ai mondiali, terza a Sochi, campionessa italiana per nove volte e europea per cinque, medagliata altre cinque volte ai Campionati del mondo. E potremmo andare avanti, ma non basterebbe a elencarne le vittorie, così, senza un contesto, senza contestualizzare. Sarebbe troppo arido, troppo scialbo.

La parte più bella della sua storia sta nel suo percorso, in quel duro cammino che si cela dietro i suoi podi conquistati. Prendiamo il 2012 per esempio, quando ha vinto i mondiali. È stata perfetta. Non una caduta, non una mano per terra o un piede fuori posto. Eppure era la decima volta che partecipava ai mondiali. La decima! Ciò significa che dopo dieci anni di tentativi, per quell’unica volta è riuscita a salire sul podio più alto.  E usciva tra l’altro da un periodo molto difficile della sua carriera, dopo le olimpiadi di Vancouver del 2010.  Una Vancouver che per lei è stata un disastro totale, come sappiamo.

Ma dopo Vancouver la rinascita nel 2012, con la vittoria ai mondiali e agli europei. Poi Sochi e la medaglia di bronzo. Immaginatevi la gioia per una vittoria così significativa, un vero e proprio riscatto dopo Vancouver. Un 2014 che quindi sembrava essere la stagione di Carolina, l’anno in cui aveva raggiunto l’apice della sua carriera, ma che in realtà si rivelò lungi dall’essere tutto rosa e fiori.  Finite le Olimpiadi infatti si innescò tutto un complesso meccanismo che portò Carolina alla squalifica. Un anno e quattro mesi senza gareggiare per un atleta che in dodici anni non aveva perso un mondiale.  Per una sua azione, un suo errore? Sì e No. Carolina fu infatti accusata di complicità e di omessa denuncia nel caso di doping del suo ex-fidanzato, Alex Schwazer. Alex, marciatore dei 50 km e vincitore a Pechino nel 2008, risultò positivo al test anti-doping effettuato poco prima dell’inizio delle olimpiadi di Londra 2012.

Un’altra sfida quindi per Carolina, questa volta giudiziaria. Ma indovinate un po’? Nel Dicembre del 2016 aveva già ripreso gli allenamenti, pronta a rientrare in gara a gennaio dello stesso anno.  E ha continuato a pattinare, partecipando alle gare delle stagioni successive e alle olimpiadi di Pyongyang. Nemmeno la pandemia e un infortunio all’anca l’hanno fermata, per cui ad oggi non si è ancora ritirata.  Vancouver, la squalifica, la pandemia, l’infortunio. Eventi che non l’hanno allontanata dal ghiaccio, ma che certamente hanno lasciato il loro segno, un segno che si percepisce anche nel suo modo di pattinare.  Forse è semplicemente dovuto alla maggiore età, o a una maggiore esperienza, ma io credo che anche le sconfitte subite abbiano giocato un ruolo decisivo nella sua maturazione.

Sebbene infatti abbia sempre avuto un’eleganza innata, è stata comunque capace di coltivare la sua artisticità e accrescerla con il tempo, tanto da essere capace di toccarti, di emozionarti.  E questo è cruciale. Non dimentichiamoci infatti che in questa disciplina l’interazione con il pubblico è fondamentale, perché il pattinaggio non è solo uno sport, ma anche un’arte, molto vicina al teatro e alla danza. Non parliamo infatti solo di una serie di movimenti e virtuosismi fini a se stessi, ma un’armonia di gesti che sono in qualche modo volti ad emozionare. Ecco Carolina ha sempre insistito tanto su questo aspetto, migliorando tantissimo a livello di interpretazione ed espressività e diventando la portavoce del lato più artistico del pattinaggio. Forse anche grazie alle sue cadute, alle sue sconfitte.

Ed eccolo, il potere della sconfitta. Ti distrugge, ti lascia a pezzi, ma è potente. Credo che Carolina sia ben conscia di questo e anche ben consapevole di quanto alcune esperienze siano state significative per lei. Significative perché le hanno permesso di crescere, di raggiungere altri obiettivi.

D’altronde le sconfitte possono lasciarci un qualcosa di positivo: tutto sta in come le affrontiamo. Lei non è rimasta ferma, statica, non ha mollato. È andata avanti, stagione dopo stagione.  Qualche volta è stato il suo momento ed è stata capace di afferrarlo, altre volte invece non è andata altrettanto bene. Molti per questo l’hanno definita incostante, io la definirei umana.  Cosa sarebbe infatti il pattinaggio senza le cadute?  Chiedete a qualsiasi pattinatore: dietro ogni salto eseguito alla perfezione, si celano migliaia di cadute. Cadere vuol dire imparare, vuol dire prendere confidenza con il ghiaccio. Senza caduta non c’è tecnica, non ci sono salti, né trottole né passi. Senza cadute non c’è nulla.  Mi ricordo ancora una delle mie prime lezioni sui pattini: ci sedevamo sul ghiaccio, per imparare a conoscerlo e a non temerlo.

Ecco credo che cadere abbia lo stesso effetto, ti aiuta semplicemente ad affrontare la paura.  Vedete Carolina è sempre stata definita come un angelo, una libellula, perché lei non pattina, ma vola, levita. E forse questa sua capacità deriva proprio dal suo percorso: è caduta, caduta, caduta e ricaduta, ma poi ha  imparato a volare.

Per sentire il podcast su Valsonair clicca qui

Valsalice, lo spettacolo con gli studenti diventa un talent per il web – la Repubblica

Si è concluso sabato scorso, 13 febbraio, il talent show a distanza “TuSiQueValsales 2021” del Liceo Salesiano di Valsalice. Il quotidiano la Repubblica nella sezione di Torino di oggi dedica un pezzo all’evento con alcuni interventi del direttore dell’Opera don Pier Majnetti. Di seguito l’articolo a cura di Ottavia Giustetti.

Valsalice, lo spettacolo con gli studenti diventa un talent per il web

Nell’era Covid, “Tu si que Valsases” è l’alternativa della scuola salesiana
Il direttore: “Una soluzione tecnologica per riprendere vecchie abitudini”

Tra le tante abitudini che la pandemia ha mandato in soffitta nell’ anno passato, c’è lo spettacolo di fine anno dei figli a scuola. Ma qualcuno che proprio non ha voluto rinunciarvi, ha inventato una ingegnosa alternativa, che si è rivelata sorprendentemente di successo. E’ il caso della scuola salesiana Valsalice di Torino che per mantenere la tradizione di uno spettacolo annuale che coinvolge gli studenti di talento nel giorno della festa di Don Bosco, ha messo su un talent show con selezioni e finale e tanto di diretta su youtube per amici e parenti.

Una trovata ben riuscita grazie a lavoro, passione e ironia di ragazzi e professori che in men che non si dica hanno messo in piedi un vero studio di registrazione, e che alla fine ha messo a segno numeri da record se si paragonano a quelli di un normalissimo spettacolo scolastico. Sabato sera, quando era il momento di votare l’esibizione da far vincere, erano collegati alla diretta web circa 1800 utenti, e oltre 1400 hanno concretamente inviato la propria scelta per determinare il podio finale. “Tu si que Valsales”, così è stato battezzato il talent, richiamando il titolo del format, nato in Spagna e trasmesso in Italia da Canale 5. E come su quel palcoscenico si sono viste esibizioni di ogni tipo, dalla recitazione, al ballo al canto.

«Purtroppo abbiamo dovuto chiudere il teatro della scuola per molti mesi – racconta il direttore del Valsalice, don Pier Majnetti – e alla fine abbiamo pensato di trovare una soluzione tecnologica per riprendere quelle vecchie abitudini che ci erano precluse dalla pandemia. Hanno fatto quasi tutto i ragazzi con un impegno e un entusiasmo che ci ha molto favorevolmente impressionati. Alla fine il risultato è stato davvero di qualità e seguitissimo. Basti pensare che il nostro teatro conta duecento posti e, alla fine, gli spettatori sul web sono stato quasi dieci volte tanti».

I ragazzi interessati a partecipare hanno inviato video di un minuto alla scuola, nei quali si esibivano in uno sketch che gli riusciva particolarmente bene, dal ballo alle imitazioni alle ricette.

«Abbiamo invece registrato noi a scuola le esibizioni di canto per uniformarne la qualità» dice don Majnetti. Qualche piccolo investimento è stato indispensabile, «ma non molto, il più lo hanno fatto i ragazzi e i docenti con il loro entusiasmo e la professionalità».

Due puntate: una per la selezione e l’altra per la sfida finale che si è svolta addirittura in diretta.

«La differenza rispetto al passato è che molte più persone hanno potuto assistere all’esibizione del figlio, del nipote o anche solo dell’amico».

I sostenitori per raccogliere voti si sono scatenati invitando amici e parenti a tele votare.

«Alla fine ci siamo così divertiti – dice il direttore – che è già partita l’idea di replicare con i genitori sul palco».

Per rivivere l’evento

Per chi l’avesse persa, qui il link per rivedere la prima serata di TU SI QUE VALSALES e la finale.

Salesiani Valsalice: la finale di “TuSiQueValsales 2021”

Un talent a distanza per iniziare il nuovo anno e festeggiare San Giovanni Bosco nel rispetto delle norme vigenti. Infatti, se non è possibile andare al Festival, il Festival viene a casa tua! Questa l’idea che hanno realizzato i giovani del Liceo Salesiano di Valsalice, grazie all’evento “TuSiQueValsales 2021“. La prima serata si è svolta lo scorso sabato, 6 febbraio, con la diretta YouTube e la presentazione dei concorrenti. Grande finale invece prevista per questo sabato, 13 febbraio, alle 19.30 in diretta live streaming YouTube  sul canale di Valsalice.

Per chi l’avesse persa, qui il link per rivedere la prima serata di TU SI QUE VALSALES.
Complimenti ai concorrenti e un ringraziamento al dream team di Valsonair! Ora è partito il countdown per la finale di sabato prossimo!

Il prescelto – Il video di PCTO della 3 cl A Valsalice

E’ disponibile per la visione il corto realizzato dai ragazzi della 3A dell’Istituto di Valsalice dal titolo “Il prescelto“. Il corto nasce dal progetto alternanza scuola-lavoro ed ha visto impegnati oltre che i ragazzi anche Stefano Demarie e Rossella Donderi che hanno accompagnato gli studenti con le loro capacità e conoscenze cinematografiche.

Si riportano di seguito sia il testo integrale della notizia pubblicata sul sito di Valsalice che il cortometraggio insieme al video con i contenuti speciali.

 

Il 22 dicembre 2020 la terza classico A ha ricevuto il suo regalo di Natale. Dopo mesi di attesa, che hanno esaltato le aspettative e forse reso più piacevole l’effetto finale, la classe è riuscita a vedere il video definitivo a cui si erano dedicati l’anno passato come progetto di alternanza scuola-lavoro, altresì detto PCTO, in collaborazione con la Bear in glasses e grazie alle competenze cinematografiche di Stefano Demarie e Rossella Donderi che ci hanno accompagnato per tutta la durata del progetto. Solitamente questo video veniva definito dantesco perché negli anni passati partiva da tematiche presenti nella Divina Commedia. Quest’anno non è stato così. Ci siamo innovati. È stata scritta una storia diversa, ma comunque originale. Il plot iniziale è stato composto da una ragazza della classe, e poi perfezionato da noi compagni. Ciascuno aveva un ruolo a cui si è interamente dedicato: dagli oggetti di scena alle musiche, dalle locations al trucco e parrucco, insomma una vera equipe cinematografica.

Per non parlare poi degli attori tra i quali, oltre agli studenti, emergono due volti noti del liceo Valsalice: il professor Bruno e la professoressa Micheletti, il cui contributo è stato fondamentale per la buona riuscita del video. Noi ragazzi, abbiamo avuto modo di conoscere i meccanismi che regolano la produzione di un corto cinematografico, e che sono alla base dei film che siamo soliti vedere al cinema o in televisione, mettendoci noi stessi le mani, faticando ma anche divertendoci insieme. Abbiamo sfruttato i mezzi che avevamo e le nostre capacità per realizzare un video che fosse quanto più professionale possibile, imparando trucchetti e comprendendo quanta attenzione sia richiesta in un lavoro di tal genere perché un minimo errore o distrazione avrebbe compromesso la veridicità dei fatti.

Le riprese sono durate due giorni interi a cui si aggiungono alcune ore in cui sono state completate delle scene mancanti di parti. Per permettere a tutti gli studenti che lo volessero, di partecipare al video, e per raccontare alcuni “retroscena” è stato deciso di registrare un video backstage, al quale si è lavorato nella parte finale dell’anno.

Il progetto era iniziato circa un anno fa, proprio con le vacanze di Natale, e gli attori hanno messo piede sul set nel mese di febbraio. A causa della pandemia Covid 19, il lavoro è stato interrotto e le scene mancanti sono state riprese nel mese di settembre così come il video backstage, al rientro a scuola.

È stata un’attività interessante e formativa e vederne il risultato finale, anche migliore di quello sperato, è motivo di orgoglio e soddisfazione.

La trama ovviamente è top secret ma possiamo anticiparvi che si tratta di una sorta di viaggio di formazione alla ricerca del nostro passato per scoprire il nostro futuro. Per saperne di più vi consigliamo di visionare il cortometraggio e poi i contenuti speciali e il backstage. Li trovate entrambi qui sotto, Buona visione!

Il prescelto – Il video

 

Il prescelto – Contenuti speciali e backstage

Intervista al Direttore del Liceo Valsalice

Sulle pagine web de ‘Il Salice‘ viene pubblicata un’intervista al Direttore del Liceo Valsalice, don Pier Majnetti, ricoverato in ospedale da un mese, che ha deciso di parlare del futuro e degli obiettivi da raggiungere.

Di seguito il testo integrale dell’intervista:

Vogliamo aprire il 2021 con un’intervista a cuore aperto con il Direttore per parlare di questo anno appena trascorso, segnato dall’epidemia. Un covid che ha colpito anche Valsalice in tutte le sue componenti e che non ha risparmiato lo stesso don Pier, ricoverato per un mese in ospedale. Con però ora un unico obiettivo: ripartire.

Allora Direttore, come sta?

Tutto bene, mi sono finalmente ricongiunto alla mia famiglia dopo l’ultimo intenso periodo.

Cominciamo con qualche considerazione generale sul 2020

La fragilità in cui improvvisamente ci siamo ritrovati immersi ci ha portati alla consapevolezza che siamo ben piccola cosa se anche qualcosa di invisibile come questo virus ha messo in ginocchio l’umanità intera.

Quale può essere un messaggio positivo che si può trarre da tutto quello che è successo quest’anno?

La consapevolezza che ciò che di più prezioso abbiamo non sono le cose, gli eventi, gli hobby o i divertimenti ma le persone che abbiamo al nostro fianco.

Cosa succederà in futuro?

Presto o tardi torneremo a stare insieme come prima ma spero sinceramente con il desiderio di essere più belli per chi abbiamo a fianco, più autentici e delicati. Non c’è nulla di più prezioso nella vita, nemmeno il benessere materiale, se ci sono l’amore e l’amicizia, beni preziosissimi.

Dal punto di vista cristiano?

Per i credenti una prospettiva positiva per il 2021 è che Dio c’è, ci vuol bene e condivide le sorti dell’umanità. Ho sperimentato la sua vicinanza non solo quando le cose van bene (con il pericolo di dimenticarsi di Lui e di ringraziarlo dando tutto per scontato) ma anche quando tutto va male e invochiamo il Suo aiuto. Lui in ogni caso condivide le nostre sorti anche in questo momento così faticoso.

Una speranza per il 2021?

Il 2021 nasce dalla consapevolezza che abbiamo il Signore Gesù al nostro fianco.

Abbiamo tutti sperimentato una solitudine forzata quest’anno

La solitudine non è solo tua ma anche delle persone che ti vogliono bene e che non possono fare nulla se non aspettare una telefonata che tra l’altro può andare in una direzione o nell’altra.

Come ha vissuto la solitudine di questo 2020?

Ho cercato di imparare, vedere Valsalice vuota dei suoi ragazzi è stata ed è ancora durissima da sopportare. Presto o tardi finirà, siamo stati costretti e abbiamo sperimentato quanto la solitidune sia dura e tragica; sarebbe interessante imparare a non crearla attorno a noi né con atteggiamenti che distruggono le altrui personalità né facendo terra bruciata con orgoglio e arroganza perché da soli si soffre veramente.

Dare più importanza ai piccoli gesti, alle piccole cose, ad essere più gentili?

Questo è un bell’augurio. Parte dell’umanità lo sta già facendo, molti invece si dimenticheranno in fretta perché l’arroganza non sparirà.

Siamo mai veramente soli?

Nessuno è mai così solo da essere poi privo dell’amore di Dio; l’unico problema è che il cuore deve essere aperto ad accoglierlo altrimenti vede solo solitudine.

Cosa si porta dietro da questa esperienza?

Dalla mia esperienza di malato grave mi porto il fatto che sono tornato a casa e a vivere. Dei miei compagni di stanza tre sono morti, li ho visti morire.

Cosa hanno pensato di lei?

Qualcuno mi ha dato del miracolato perché Gesù ha ascoltato le preghiere mie e per me. Ma anche per gli altri hanno pregato con la stessa intensità. Ricordiamo che non è la quantità che conta. Alla morte di Luigi, il mio primo compagno di stanza, il figlio alle 10 di sera era nel parcheggio dell’ospedale che camminava avanti e indietro con la corona del rosario in mano.

Molti hanno sentito l’assenza di Dio anziché la sua vicinanza in questo periodo?

Non so come ragiona Dio, credo che qualcuno nella disperazione abbia sentito una Sua apparente assenza. In realtà il credente crede che Lui sia comunque la risposta alla preghiera. Io ho chiesto al Signore di aprire una porta tra due: o quella del Paradiso o quella di Valsalice.

Per molti i malati sono solo numeri sulla carta e non volti, ma quali sono i loro desideri?

Adesso rispetto a prima ho dei volti davanti e so che il primo desiderio che accomuna tutti è quello di uscire quanto prima dall’ospedale. Il mio era di uscir guarito, in realtà. L’altro desiderio è quello di non soffrire. Oltre ovviamente a voler rivedere le persone care.

Per quanto riguarda il personale ospedaliero?

I volti che rivedo di più, gli occhi in realtà poiché somigliavano ad astronauti così bardati, sono proprio i loro, gli O.S.S. (operatore socio sanitario) in particolare poiché in quella solitudine sono loro che cercavano in ogni modo di riempire quella sensazione di vuoto. Dei veri e propri angeli: rivedo i loro occhi e ricordo gli incoraggiamenti e le battute. Senza dimenticare ovviamente i medici e gli infermieri. Si è stretto un bel rapporto con me che avrei potuto attaccar bottone anche con le flebo. Abbiamo anche fatto dei selfie.

Quest’ultimo anno l’ha cambiata?

Il desiderio adesso è quello di avere ancora più cura delle persone che ho accanto e che mi sono affidate. Poi vi è il desiderio ancora più ardente di essere più Salesiano in mezzo ai ragazzi. Vorrei spendere ancora di più la mia vita totalmente per voi ragazzi. Questo mi ha dato la spinta per cercare di essere ciò che fu don Bosco ai suoi tempi.

Il 2020 ci ha fatto diffidare gli uni degli altri e ci ha fatti allontanare?

Quando incontri una persona istintivamente ti viene voglia di andare dall’altra parte della strada. Mi sono detto che non scappiamo dalla persona ma da un potenziale contagio. Questo diventa un comportamento di salvaguardia per noi e per gli altri: allontanandoci fisicamente ci avviciniamo ancora di più.

Prospettive future di Valsalice?

Sono meravigliose! Saremo pieni di ragazzi! Abbiamo raggiunto nelle iscrizioni il massimo di ciò che può contenere Valsalice. Non ci sta più nessuno! Stiamo terminando di mettere a posto l’ultima aula nell’ex WebRadio. Saranno 30 classi di liceo e 9 di medie.

Due parole sulla DAD?

La Dad non è scuola, che è invece fatta di relazione e vicinanza con compagni e professori. Detto ciò, meno male che c’è perché ha permesso di mantenere quel sottile filo rosso che continua a unirci ad una parvenza di normalità permettendo di continuare a livello didattico. È uno strumento e come tale va usato né osannato né vituperato.

Ha già ricominciato a fare scuola?

Ho fatto un’ora in tutte le classi del liceo prima delle vacanze, mentre le terze medie le ho incontrate con i loro genitori. Quando torneremo si farà religione cercando di recuperare quanto si è perso.

Una parola per descrivere la vita?

“La vita è una cosa meravigliosa” e io preferisco vederla così, come un dono meraviglioso di Dio. Nessuno di noi ha scelto di nascere, siamo un dono, ci siamo ritrovati a vivere. Dopo aver visto la morte in faccia mi rendo conto di quanto dovremmo essere più felici di quello che siamo proprio perché siamo in vita. Vita che però senza i legami, con Dio e tra noi, per quanto dono meraviglioso non ha senso.

Una parola per la morte?

Una porta, che grazie a Dio si spalanca su una vita ancora più bella, la vita eterna. L’uomo è l’essere per la vita e non l’essere per il nulla come sostenevano i filosofi nichilisti.

Dal punto di vista cristiano?

Questo è il motivo per non perdere mai la speranza. La vita eterna. Il cristiano non può essere disperato, ossia senza speranza, perché comunque dopo la morte c’è la vita.

Cosa possono fare ora i giovani?

Potrebbero smettere di essere narcisisti e salvaguardarsi per apparire come vorrebbero gli altri. Scendere dal divano e andare incontro a chi è più in difficoltà. Non possiamo abbellirci davanti allo specchio e dimenticarci di chi soffre. Inoltre potrebbero tornare ad un impegno socio-politico per cercare di cambiare quello che è il volto delle nostre città, prendendosi cura del bene comune.

Un consiglio per tutti?

Dovremmo fare di tutto per essere delle belle persone per gli altri, questo genera allegria e l’allegria a sua volta genera ottimismo. Perché in fondo la ricchezza più grande siamo noi stessi per gli altri.

La scienza?

L’umanità vincerà, grazie all’intervento della scienza, la comunità scientifica internazionale che si è battuta insieme per trovare il rimedio a questo virus. Spero che questo ci insegni che la scienza al servizio dell’umanità è una cosa meravigliosa.

In una parola il 2020?

Tremendo.

Il 2021?

Speranza.

Francesca Battaglia