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Festa don Bosco 2018

La voce del Vescovo a chi non ha voce

Si pubblica, di seguito, il servizio giornalistico realizzato nel periodo natalizio da M. Lomunno della redazione de “La Voce e Il Tempo”, in particolare si segnala il racconto della vigilia di natale nel carcere minorile torinese «Ferrante Aporti».

GLI APPELLI DI NATALE

La voce del Vescovo a chi non ha voce

«La nostra città vive in un’apnea che sembra non avere sbocchi positivi di superamento, per cui predomina la rassegnazione, che si traduce in stagnazione sotto tanti punti di vista e tarpa le ali della speranza di una ripresa che stenta a decollare». Sono parole dell’Arcivescovo mons. Cesare Nosiglia, pronunciate al crepuscolo di San Silvestro presso il santuario della Consolata, durante il tradizionale canto del Te Deum a conclusione dell’anno.

Torino, città in apnea. Parole troppo forti? Troppo pessimiste? Dipende dai punti di vista.
Il punto di osservazione di mons. Nosiglia e della comunità cristiana torinese non può che essere quello degli ultimi, più che quello di chi si sta preparando per il cenone di fine anno nella seconda casa in montagna. Il punto di vista del nostro Arcivescovo è quello di chi non ha né prime né seconde case, di chi non ha denaro per pagare affitto e bollette perché ha perso il lavoro, è quello delle migliaia di giovani che non trovano lavoro e che per questo se ne vogliono andare via da Torino al più presto, è quello dei Neets, i ragazzi che un’occupazione non la cercano neppure. Già
in altre occasioni l’Arcivescovo aveva denunciato il rischio di «due città» che non si parlano e nemmeno si guardano – una che sta fuori dalla crisi, e non vuol sentire parlare di difficoltà economiche, disoccupazione, mancanza di casa e di lavoro; e un’altra, sempre più numerosa, che invece nella crisi sta affondando, così come affonda nel silenzio
e nell’indifferenza.
Ecco allora il senso della Corona d’Avvento che mons. Nosiglia ha iniziato il 9 dicembre e termina il 6 gennaio 2018 nella solennità dell’Epifania, come segno di vicinanza della Chiesa torinese a chi è a i margini e a chi soffre. È il punto di osservazione delle periferie, dove vive la gente che fa fatica, i carcerati, i senza dimora, gli ammalati soli, i migranti, i nomadi come ha documentato il no- stro giornale in queste settimane.
Fra i tanti incontri vorremo sottolinearne alcuni, più emblematici:

Ferrante Aporti – Domenica 24 dicembre, ad esempio, abbiamo partecipato alla Messa della Vigilia con i ragazzi detenuti nel carcere minorile torinese «Ferrante Aporti»: mons. Nosiglia, accolto dal direttore Gabriella Picco, dal procuratore dei minori del Piemonte e della Valle d’Aosta Anna Maria Baldelli, dal garante regionale per i minori Rita Turino e dal cappellano, il salesiano don Domenico Ricca, ha salutato uno per uno i 30 giovani detenuti -cattolici, ortodossi e musulmani – che hanno voluto partecipare alla celebrazione. E a ricordo dell’incontro, l’Arcivescovo ha consegnato l’immagine dei suoi auguri natalizi, i tre Re Magi, «persone come voi di religioni diverse che hanno alzato lo sguardo e hanno seguito la stella, insieme, in pace e hanno trovato il Signore».

Ricordando come grazie al «sì» di Maria «una giovane minorenne come voi, povera e umile, Gesù è potuto nascere», l’Arcivescovo ha espresso ancora una volta il suo punto di vista invitando i ragazzi detenuti a considerare come i protagonisti del Vangelo siano le persone che la società scarta: «questi realizzano il disegno del Signore perché
nulla è impossibile a Dio se ci crediamo».

L’Arcivescovo, ringraziando i tanti volontari presenti, gli agenti di custodia, il coro di giovani che ogni 15 giorni animano la Messa, ha esortato i ragazzi reclusi a non avere paura, come hanno fatto i Magi, ad alzare lo sguardo al Signore in questi giorni in cui si celebra la nascita del suo Figlio: «L’angelo che è apparso a Maria ha detto ‘Il Signore è con te’: lo dice anche a voi. Anche in situazioni tragiche, difficili, dove abbiamo sbagliato il Signore è con noi, anzi ci ama ancora di più perché chi è nel dolore ha ancora più bisogno della vicinanza di Dio. Credeteci, ragazzi: tutto può essere risolto, si può ricominciare sempre».

 

Cnos-fap San Benigno all’apertura dell’anno pastorale della Diocesi di Torino

I giovani fra i vigneti con lo sguardo puntato sulla città ai propri piedi. Si è aperto così il nuovo anno della Pastorale giovanile diocesana che muove i primi passi nel cammino verso il Sinodo dei Vescovi sui giovani in programma nell’ottobre 2018. I ragazzi e i rappresentanti di gruppi, movimenti e associazioni giovanili della diocesi, guidati dall’Arcivescovo mons. Nosiglia e da don Luca Ramello, direttore della Pastorale giovanile diocesana, nel pomeriggio di sabato 7 ottobre hanno visitato la Vigna reale di Villa della Regina sulla collina torinese.
(fonte: La Voce e Il Tempo, clicca qui per leggere l’articolo completo)
Ad arricchire l’appuntamento, la presenza degli allievi del Cnos-fap San Benigno, ai quali Don Luca Ramello ha chiesto di curare il rinfresco per i partecipanti dell’apertura dell’anno pastorale della Diocesi di Torino.

Sono state coinvolte due classi di terza del settore alberghiero: una di cucina e una di sala bar.

 

I ragazzi si sono occupati della preparazione delle pietanze e dell’allestimento della sala secondo il tema della giornata: “la vigna”.
Inoltre, hanno preparato due postazioni dove hanno dato vita a delle reali lezioni.
Nella prima, l’insegnante e alcuni ragazzi preparavano la pasta fresca.

Nella seconda si realizzavano tagli e composizioni artistiche di frutti.
Una bella esperienza per i ragazzi del Cnos fap di San Benigno ulteriormente valorizzata da Mons. Nosiglia, che ha molto apprezzato la loro presenza.

“Una gioia per tutti” – Messaggio di Mons. Nosiglia per gli Oratori Estivi

MESSAGGIO DELL’ARCIVESCOVO DI TORINO
MONS. CESARE NOSIGLIA
PER L’INIZIO DELLE ATTIVITÀ DEGLI ORATORI ESTIVI 2017
“UNA GIOIA PER TUTTI!”

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«Carissimi amici degli Oratori della Diocesi di Torino,
buon apertura delle attività estive!

In questi giorni, con la fine delle attività scolastiche,
sono iniziate o stanno per essere avviate le molte iniziative
dell’Oratorio estivo 2017.
Desidero perciò far giungere a tutti il mio saluto, il mio affetto e
la mia gratitudine,
per la straordinaria esperienza di gioia che i nostri Oratori sanno
sempre offrire,
soprattutto in questo tempo speciale che è l’estate.

Vorrei innanzitutto salutare i protagonisti dei nostri Oratori estivi:
voi bambini, ragazzi e, attraverso di voi, tutte le vostre famiglie e comunità.
Voi siete un dono per i nostri Oratori: sono felice che abbiate scelto
di partecipare
alle tante attività estive pensate e proposte per accompagnarvi nei
giorni delle vacanze estive,
unendo al gioco, allo sport, alle gite, ai laboratori creativi anche
la riflessione e la preghiera.
Il tempo estivo è un «tesoro» prezioso: l’Oratorio vi aiuterà a
scoprirlo e a farne dono ai vostri amici.
Ringrazio le famiglie che, in maniera sempre crescente, ci accordano
la loro fiducia:
ogni famiglia si senta “di casa” nel “suo” Oratorio!

Ma dal profondo del cuore esprimo la più grande riconoscenza a tutti voi,
animatori e animatrici, educatori ed educatrici degli Oratori estivi,
insieme ai vostri responsabili e coordinatori, sacerdoti, diaconi,
religiose e religiosi e laici.
Senza di voi – e il vostro insostituibile e prezioso servizio –
i nostri Oratori diventerebbero come un corpo senz’anima
e tantissimi ragazzi resterebbero senza una presenza amica e
affidabile durante i mesi estivi.
So che in tutto il territorio della nostra Diocesi siete numerosi,
generosi e appassionati.
Mentre vi assicuro la preghiera, vi esorto anche a cercare, voi per primi,
quella gioia vera che solo il Signore Gesù sa donarci.
Fate vostro lo “stile” di Gesù!
Le fatiche e i sacrifici, che inevitabilmente dovrete affrontare,
vi risulteranno più dolci e il loro carico più leggero, se saranno
portati per e con Gesù!
Sì, soprattutto voi, per primi, siate cercatori, servitori e testimoni
della gioia del Vangelo!

Ci rivolgiamo, tutti insieme, alla Madre di Gesù e Madre nostra, che
invochiamo,
in questi giorni, come Consolata e Consolatrice:
Maria ci aiuti a offrire, nei nostri Oratori, “una gioia per tutti!”.

Vi benedico di cuore.»

+ Cesare
Vescovo, padre e amico

Festa di Don Bosco – Omelia di Mons. Cesare Nosiglia

OMELIA DELL’ARCIVESCOVO DI TORINO, MONS. CESARE NOSIGLIA,
ALLA S. MESSA NELLA FESTA DI DON BOSCO
(Torino, basilica di Maria Ausiliatrice, 31 gennaio 2017)

«TALITÀ – KUM»: TE LO DICO IO, ALZATI

«L’episodio del Vangelo che abbiamo ascoltato (cfr. Mc 5,21-43) ha come protagonista una famiglia che ha una ragazzina malata. Il padre si rivolge a Gesù per ottenere la guarigione. Tra i tanti insegnamenti che possiamo attingere da questo brano evangelico, c’è anche quello che riguarda il rapporto di ogni educatore verso i giovani e ragazzi, soprattutto quelli “difficili” – come vengono chiamati. Essi portano con sé carenze dovute anche a fattori psicologici o ambientali, più che fisiche, le quali creano a volte grosse difficoltà per i genitori, i docenti, i catechisti e gli educatori adulti in genere. Eppure, proprio a questi “ragazzacci” – come venivano chiamati al tempo di san Giovanni Bosco – egli ha riservato il suo tempo e il suo cuore, trovando risposte sorprendenti e positive.

Gesù, in questo episodio della figlia di Giairo, si avvicina alla ragazza, data per spacciata e irricuperabile, con atteggiamento di amico: la prende per mano, le dice di alzarsi e l’aiuta a sollevarsi; poi, dice ai genitori di darle da mangiare. Gesù non considera dunque questa giovane perduta per sempre, ma l’aiuta a ricominciare a vivere e a credere in se stessa. Nessun ragazzo e ragazza è dunque
considerato “morto” per sempre, da parte di Gesù. Nessuno è considerato così difficile da non tentare un ricupero, da non concedergli fiducia, da non dirgli con forza: “Alzati dalla tua situazione e prendi in mano la tua vita con gioia e coraggio!”.

È questo uno dei tratti più caratteristici dell’azione educativa di Don Bosco, che lo rende imitatore di Gesù e suo discepolo. Dal suo Maestro divino, egli impara a trattare con i ragazzi e giovani scapestrati e rifiutati, quelli meno considerati, scorgendo in essi un fondo di bontà e di forza capace di farli risorgere dalla loro situazione. Si tratta di “ragazzi difficili”, come vengono anche oggi chiamati, e di cui sentiamo sempre più parlare nei mass media, ma pur sempre ragazzi che attendono da noi segnali concreti di prossimità, di amore nella verità e di dialogo sincero e attento alle loro esigenze più profonde, che manifestano a volte anche con modi, linguaggi, scelte e comportamenti giudicati paradossali e trasgressivi da noi educatori.

Don Bosco ascolta questi ragazzi che parlano, anche quando sembrano assenti e indifferenti. Essi lo fanno con linguaggi inusuali, forse, ma molto chiari per chi sa interpretarli e se ne fa carico. Solo accogliendo ed intercettando questi linguaggi si può sperare di entrare nel loro mondo interiore e stabilire un contatto non solo esteriore, ma profondo ed amicale. Il problema è non lasciarsi fermare o scandalizzare dalle loro volute e cercate provocazioni verso il mondo degli adulti e da tutto ciò che contestano. Nel profondo restano ragazzi in ricerca del senso della vita, di affetti sinceri, di gioia e speranza per il futuro. Mettono alla prova i loro educatori, per vedere se dalle belle parole sanno passare ai fatti, se oltre a parlare di amore, di rispetto e di tolleranza, sanno per primi
esercitare queste virtù verso di loro, accettandone i comportamenti non come “difficili o da giudicare” secondo i nostri schemi adulti, ma da comprendere nelle loro cause più profonde e da gestire con serenità, pazienza e fiducia.

La conoscenza di chi sono i ragazzi e di come interpretare le loro ansie, problemi e situazioni di vita è importante, ma non è tutto. Occorre scendere poi nel concreto della proposta da fare. L’educatore deve rapportarsi con loro sapendo bene che cosa dire e come dirlo, perché passino contenuti ed esempi di vita.

È certamente importante, poi, fare esperienze con i ragazzi, ma anche saper riflettere con loro sulle esperienze fatte e cogliere in esse i valori positivi o critici. Ciò su cui siamo oggi più carenti, sono proprio le convinzioni ed i contenuti che dobbiamo comunicare ai ragazzi. Essi se ne accorgono subito, quando siamo incerti nella proposta e timidi nell’offerta di valori e messaggi convincenti, che incrocino le loro attese e speranze in una prospettiva anche del loro domani. Per questo non si possono dimenticare, entrando nel loro vissuto concreto, alcuni ambiti delicati e fondamentali per la loro crescita armonica, libera e responsabile.

Mi riferisco ai temi dell’affettività, con il massiccio bombardamento mediatico che veicola idee, pseudo-valori e immagini di ogni tipo, senza alcuna valenza etica e religiosa. Così come il tema delle devianze, di cui sono sempre più schiavi i ragazzi delle scuole medie e superiori. E, infine, il tema dell’utilizzo critico dei social network e della via digitale, che affascina e cattura la curiosità
delle nuove generazioni (e non solo, perché anche tanti adulti non danno esempio di farne a meno). Occorre, partendo dalla Parola di Dio o giungendo ad essa, porre in risalto non tanto e solo i pericoli, ma le possibilità che vengono offerte dal saper gestire bene questi ambiti di vita, illuminati dal Vangelo e con il dialogo e confronto costante con gli educatori.

Ma dobbiamo anche chiederci sinceramente: la nostra società ama i ragazzi e i giovani? A giudicare da quanto investe in risorse e concrete possibilità offerte loro sul piano educativo e lavorativo,
direi proprio di no. La sempre più scarsa considerazione sia sul piano economico, sia su quello del loro valore sociale, da parte anche delle istituzioni pubbliche, nei confronti delle scuole paritarie e degli oratori – due realtà su cui Don Bosco ha scommesso e che anche oggi rappresentano una frontiera avanzata di formazione e incontro del mondo dei ragazzi e giovani –, conduce inevitabilmente a una loro marginalità e insignificanza. La povertà crescente, poi, che attanaglia molti ragazzi e giovani, privati di una giusta autonomia per il loro presente e futuro, rappresenta un ulteriore segno del degrado sociale, che colpisce anche il nostro territorio.

Tali criticità sono collegate – e spesso anche conseguenti – a una situazione ancora più grave, che è la preclusione dei giovani dal mondo del lavoro, o il prevalere per essi di impieghi saltuari e
precari. Don Bosco ci insegna ad accompagnare ogni ragazzo e giovane nella sua crescita, formando quelle competenze necessarie a impostare bene il suo futuro, mediante uno sbocco professionale. Nell’Agorà del sociale, che abbiamo vissuto nel mese di novembre scorso, i giovani hanno chiesto a tutte le componenti della nostra società di essere accompagnati sia nella scelta degli studi da fare, sia nella successiva ricerca di un lavoro, oggi spesso assente o precario, che impedisce a tanti di avere un progetto di vita meno insicuro.

La voce di Don Bosco si è levata forte anche su questo piano e per questo egli si è preoccupato di dare vita a scuole professionali e a nuovi lavori, che permettessero ai giovani di formarsi e operare
attivamente nella società. Oggi, con tutti i mezzi e le risorse industriali e commerciali, agricole e del terzo settore che abbiamo a disposizione, ci stiamo perdendo in chiacchere nei confronti dei
giovani, senza affrontare seriamente questo tema del lavoro, lasciato alla mercé di un mercato selvaggio, che cerca solo i propri interessi economici e finanziari. Ci sarebbe bisogno di un moderno “Piano Marshall” nel nostro Paese, ma anche a livello di Comunità europea, per affrontare finalmente alla radici questo problema e trovare una soluzione adeguata alla gravità della situazione.

In conclusione, vorrei notare come al capezzale di tanti ragazzi e giovani si affollano esperti di ogni genere, che scrivono libri su libri e sentenziano in modo assoluto su questo o quel metodo per risuscitarli alla vita. Don Bosco sapeva bene – perché stava con loro ogni giorno – che la fonte prima del loro risveglio è in loro stessi. E per questo faceva leva sulle loro risorse interiori, per ridare la voglia di vivere, di amare, di gioire. Questo è il grande e attuale insegnamento del Santo dei giovani; questa deve essere anche la nostra convinzione profonda che ci anima: non ci sono solo ragazzi difficili; ci sono – e siamo noi – adulti difficili e complicati, incerti nella nostra testimonianza, indecisi e tiepidi nella fede e paternalistici nell’amore. Solo l’educatore che sa mettersi in crisi, a partire da se stesso, può trovare nell’umiltà la via che apre all’incontro con i ragazzi e i giovani e sa comunicare con il loro mondo interiore.

Mi auguro che la figura di Don Bosco e la sua testimonianza e insegnamento suscitino in tutti noi, sacerdoti, genitori ed educatori, l’umiltà di farci discepoli dell’unico maestro di vita che è Cristo. Discepoli insieme agli stessi ragazzi, per camminare con loro sulla via che conduce al Signore e trovare in Lui le risposte più vere ed attese dal cuore di ciascuno

+ Cesare Nosiglia
Arcivescovo di Torino».

Torino, 31 gennaio 2017

13 dicembre 2016 – S. Messa di Natale per il mondo universitario

Si rinnova anche quest’anno la tradizionale Messa in preparazione al Natale per il mondo universitario celebrata in Cattedrale dall’Arcivescovo mons. Cesare Nosiglia.

L’appuntamento è per il 13 dicembre 2016 ore 19 in Duomo – P.za S. Giovanni Battista
La celebrazione quest’anno sarà animata dal coro universitario della parrocchia di S. Teresa di Gesù Bambino formato da studenti universitari fuori sede. Come ogni anno è prevista la partecipazione di rappresentanze degli studenti, dei docenti e del personale tecnico amministrativo degli atenei cittadini.

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