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Al Don Bosco di Asti la comunità salesiana è in festa

Anche la comunità salesiana di Asti si prepara a festeggiare San Giovanni Bosco e ringraziare per la presenza dei salesiani nella città da più di cent’anni.

Di seguito l’invito da parte di Don Genesio Tarasco, direttore dei salesiani di Asti.

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A fine mese tutta la famiglia salesiana celebra la festa di don Bosco. E’ un santo che ormai è divenuto patrimonio dell’umanità: non appartiene più solo ai Salesiani, ma come prete diocesano, astigiano di nascita, appartiene alla Chiesa universale e come “Padre e Maestro” della gioventù appartiene al mondo intero. Il nostro Rettor Maggiore, don Ángel Fernández Artimez, ha lanciato a tutti i Salesiani del mondo per l’anno 2023 la strenna: “COME LIEVITO NELLA FAMIGLIA UMANA D’OGGI”. Ciò significa che per lo spirito di don Bosco non esiste esclusione alcuna e soprattutto che per garantire un futuro felice ai nostri ragazzi è necessario partire dalla famiglia.

Agli inizi della sua opera don Bosco, insieme a Mamma Margherita e ad altre mamme dei suoi ragazzi, ha voluto creare una vera famiglia per chi famiglia non aveva ed ha lasciato come stile di vita dei suoi salesiani proprio lo spirito di famiglia. Nella Società occidentale l’istituzione più in crisi oggi è la famiglia ed è necessario che, chi ha raccolto il messaggio di don Bosco e vuole diffonderlo, si preoccupi della famiglia, sia lievito che silenziosamente fa crescere una cultura positiva riguardo alla famiglia, attui politiche efficaci a sostegno della famiglia, aiuti a riscoprire quei valori che fanno della famiglia il luogo di crescita, ma anche di maggior sicurezza e conforto. La fedeltà al matrimonio, l’amore e la responsabilità verso i figli, il rispetto e la riconoscenza dovuto a chi ci ha generato alla vita sono valori irrinunciabili se vogliamo guardare ad un futuro sereno, pacifico e luminoso che si preoccupa non solo della casa comune, ma anche della casa domestica.

Il don Bosco di Asti offre due momenti importanti alla gente della parrocchia, ai giovani che frequentano l’Oratorio, a quanti della città vogliono unirsi al ringraziamento ed alla preghiera.

Domenica 29 gennaio alle ore 10.00 ci sarà una solenne concelebrazione presieduta dall’Economo ispettoriale don Giorgio Degiorgi. Docente di diritto canonico, consultore del tribunale ecclesiastico, ex direttore della Casa di Novara oggi è responsabile della gestione economica di tutte le casa del Piemonte, della Valle d’Aosta e della Lituania. A seguire saranno proposti giochi per i ragazzi, “un boccone con don Bosco”, una grande tombolata nel pomeriggio.

Il 31 gennaio, giorno della festa liturgica di don Bosco, alle ore 18.30 tutta la famiglia salesiana è invitata alla grande celebrazione presieduta dal nostro vescovo monsignor Marco Prastaro. E’ il modo con cui la nostra comunità dice grazie per il dono di don Bosco, per la presenza dei suoi figli da più di cent’anni nella città, dei sessant’anni ormai conclusi della parrocchia nel Borgo don Bosco. E’ una presa di coscienza di quante possibilità di bene ci sono in questo tempo ed in questa terra a favore dei nostri ragazzi. E’ un impegno per tutti quelli cha a don Bosco si ispirano di fare a tutti tutto il possibile perché, come era solito ripetere ai suoi ragazzi:

Ognuno sia felice nel tempo presente e beato nell’eternità.

Asti: celebrazioni del 60° di fondazione della parrocchia Don Bosco

L’8 dicembre, oltre alla festa dell’Immacolata, si ricorda al Don Bosco di Asti, il 60° di fondazione della parrocchia e non solo: i 60 anni del Vescovo Mons. Marco Prastaro, che ha presieduto l’Eucarestia.

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L’8 dicembre al don Bosco si è concluso l’anno giubilare della Parrocchia. 60 anni di presenza salesiana al servizio della chiesa locale e della comunità civile.

E’ la Provvidenza che ci ha voluti qui, ha esordito il direttore della Comunità salesiana nel saluto iniziale. Quanto bene, quanta grazia di Dio è stata profusa in questo rione, soprattutto a favore di tanti giovani, che i figli di don Bosco hanno incontrato sul loro cammino. Questa consapevolezza ci riempie il cuore di gioia e di riconoscenza, di fiducia nel buon Dio, che non abbandona mai il suo popolo, che non gli fa mai mancare i suoi doni di grazia.

Ha presieduto l’eucaristia monsignor Marco Prastaro, vescovo di Asti, che per una felice coincidenza proprio in questo stesso giorno ha festeggiato il suo 60° compleanno, affiancato dall’emerito monsignor Francesco Ravinale e dal cancelliere vescovile il diacono Natale Campanella.

Erano presenti alcune autorità civiche: Il Questore dott. Sebastiano Salvo, il Sindaco della città dott. Maurizio Rasero, l’assessore Giovanni Boccia, la capogruppo del Partito democratico Maria Ferlisi, il rettore del Pallio del Borgo don Bosco e consigliere comunale Marco Scassa, le Suore FMA dell’Istituto Mazzarello.

Un gran concorso di gente ha gremito la chiesa: hanno animato la funzione sacra, i giovani dell’Oratorio, un bel numero di ministranti ed il gruppo dei cantori con alcune “Vecchie glorie” tra i suonatori.

Commentando il vangelo, il Vescovo si è rivolto ai giovani ed ha sottolineato quanto sia importante in una comunità come la nostra la collaborazione tra le varie generazioni: gli anziani con la loro esperienza ed i giovani con la forza, la fantasia e la creatività della loro giovinezza. Ha ricordato loro l’importanza di una  presenza continuativa della parrocchia gestita in stile salesiano ed ha invitato i giovani a far tesoro di tanta esperienza e di guardare al loro futuro con costanza e decisione, mostrandosi cristiani senza paura e “trasgressivi” nell’accezione usata da  Papa Francesco nella sua visita ad Asti.

Al momento dell’offertorio al vescovo, è stata donata una cassetta di prodotti locali e, al termine della santa messa, i bambini del catechismo  e delle scuole della parrocchia hanno presentato i loro omaggi. Anche al Parroco i bambini hanno offerto un grazioso presepe.

Al termine della celebrazione il Vescovo ha scoperto, incastonato su una colonna d’angolo della chiesa, un frammento a forma di tessera della prima pietra di quella che era la chiesa parrocchiale di 60 anni fa. Per tanti anni è rimasto nell’ufficio del parroco ora è stato reso visibile ai fedeli come segno di continuità con la chiesa di allora e di impegno pert i prossimi 60 anni nel realizzare il progetto di Dio per la gente di oggi.

Sul sagrato della chiesa parrocchiale, è seguito il “Cerchio mariano” a ricordo dell’Ave Maria recitata da don Bosco nella sacrestia della chiesa di San Francesco d’Assisi in Torino con Bartolomeo Garelli, astigiano, l’8 dicembre del 1841. Al termine della sua vita don Bosco affermerà che tutta la sua opera era dipesa da quell’Ave Maria.

Per l’occasione la San Vincenzo della parrocchia ha allestito un’esposizione di piccoli oggetti donati e realizzati dai bambini di varie scuole cittadine, affinché il ricavato vada ai poveri della città.

Ubi missa, ibi mensa” dicevano i vecchi prelati di un tempo e così nel salone dell’Oratorio è seguito il pranzo dei collaboratori della parrocchia, presente una bella rappresentanza di giovani dell’Oratorio. Ha benedetto la mensa mons. Francesco Ravinale, affiancato dai due diaconi Natale Campanella e Pierluigi Maggiora. Sono state servite oltre 120 persone con un ricco menù irrorato da una generosa barbera locale.

Un grazie sentitissimo al gruppo dei più stretti collaboratori del parroco don Jacek Jankosz, che sotto la sua sapiente regia ancora una volta ha fatto fare un “figurone” degno della circostanza alla Parrocchia, all’Oratorio ed alla Casa salesiana.

A conclusione di tutto, nel pomeriggio, i giovani hanno riportato la sala giochi alla sua funzione principale, abbellendola con gli addobbi natalizi.

Le celebrazioni sono state riprese anche in un articolo del giornale “La Nuova Provincia”, che vi alleghiamo:

Asti: “Don Bosco ritorna tra i suoi giovani”

Nella realtà salesiana di Asti, si è svolta la festa di Don Bosco che ha preso in considerazione l’Istituto di Istruzione Superiore “Alberto Castigliano”. Inoltre domenica 30 gennaio, si è svolta la solenne celebrazione in Parrocchia, presieduta da Mons. Marco Prastaro, accompagnata dal rullo dei tamburi di alcuni ragazzi degli sbandieratori del Rione Palio Don Bosco.

Di seguito l’articolo della Gazzetta d’Asti.

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Don Bosco mantiene ancora oggi la sua attualità. Ha condensato in una frase tutta la sua passione educativa ed il suo desiderio di salvezza dei ragazzi: “Basta che siate giovani perché io vi ami assai in Cristo Gesù”. In quel “basta che siate giovani”, ha abbracciato il mondo intero, ha valicato ogni vincolo spazio-temporale imprimendo alla sua azione educativa un’attualità indiscussa, adatta ad ogni stagione e ad ogni latitudine. La sua carità pastorale lo ha inserito nel perenne mandato della Chiesa di evangelizzare tutti i popoli. “Vi voglio felici nel tempo e beati nell’eternità”, diceva ai suoi ragazzi. Ora sappiamo che la strada della vera felicità, quella che può ambire all’eternità, consiste in un autentico incontro con Gesù, attraverso la Parola di Dio, i sacramenti, la devozione a Maria. Da qui il proliferare degli Oratori. Nello stesso tempo, istruzione e lavoro sono gli ambiti nei quali viene salvaguardata la dignità di ogni uomo o donna. Da qui il moltiplicarsi delle scuole di ogni ordine e grado e dei centri di formazione professionale. Nel suo testamento spirituale l’invito a restar vicini al popolo, privilegiando i ragazzi “più poveri ed abbandonati” è consegnato come garanzia di continuità e fecondità vocazionale per la sua opera. Ora i giovani di oggi sono assetati di felicità e di senso, come quelli di ieri. Cambiano le mode, le sensibilità, ma la domanda, ma il desiderio di bene che caratterizza ogni persona umana e la differenzia da ogni altro essere vivente, rimane ed è a questa domanda, a questo desiderio che don Bosco si è adoperato di dare risposta, dare compimento, per cui credo che, adattandone il linguaggio, don Bosco abbia la capacità di parlare al nostro oggi.

Con il 31 gennaio torna in evidenza il ricordo di don Giovanni Bosco. È un Santo che può parlare ancora al nostro oggi?

Don Bosco mantiene ancora oggi la sua attualità. Ha condensato in una frase tutta la sua passione educativa ed il suo desiderio di salvezza dei ragazzi: “Basta che siate giovani perché io vi ami assai in Cristo Gesù”. In quel “basta che siate giovani”, ha abbracciato il mondo intero, ha valicato ogni vincolo spazio-temporale imprimendo alla sua azione educativa un’attualità indiscussa, adatta ad ogni stagione e ad ogni latitudine. La sua carità pastorale lo ha inserito nel perenne mandato della Chiesa di evangelizzare tutti i popoli. “Vi voglio felici nel tempo e beati nell’eternità”, diceva ai suoi ragazzi. Ora sappiamo che la strada della vera felicità, quella che può ambire all’eternità, consiste in un autentico incontro con Gesù, attraverso la Parola di Dio, i sacramenti, la devozione a Maria. Da qui il proliferare degli Oratori. Nello stesso tempo, istruzione e lavoro sono gli ambiti nei quali viene salvaguardata la dignità di ogni uomo o donna. Da qui il moltiplicarsi delle scuole di ogni ordine e grado e dei centri di formazione professionale.  Nel suo testamento spirituale l’invito a restar vicini al popolo, privilegiando i ragazzi “più poveri ed abbandonati” è consegnato come garanzia di continuità e fecondità vocazionale per la sua opera. Ora i giovani di oggi sono assetati di felicità e di senso, come quelli di ieri. Cambiano le mode, le sensibilità, ma la domanda, ma  il desiderio di bene che caratterizza ogni persona umana e la differenzia da ogni altro essere vivente, rimane ed è a questa domanda, a questo desiderio che don Bosco si è adoperato di dare risposta, dare compimento, per cui credo che, adattandone il linguaggio, don Bosco abbia la capacità di parlare al nostro oggi.

Il 2022 è stata una festa che abbraccia il nostro territorio? Qual è il filo comune degli eventi dedicati al santo dei giovani?

La festa di don Bosco del 2022 ad Asti è caratterizzata da un evento particolare: l’ingresso nelle aule della vecchia scuola, adeguatamente restaurate, di una sezione dell’Istituto di Istruzione Superiore “Alberto Castigliano che prepara i giovani ad operare nel settore Socio Sanitario. La presenza dei ragazzi e dei giovani nei nostri ambienti, nelle nostre opere è di vitale importanza, sono loro la ragione del nostro esistere. E proprio per questo, con un senso di profonda gratitudine, i Salesiani che operano nell’Astigiano vogliono condividere con tutto il territorio il loro grazie a Dio per il dono di don Bosco. Vorremmo avvicinare tutti i giovani possibili per far conoscere il messaggio che il “loro” santo continua a lanciare a tutti senza distinzione alcuna, tentando di vincere quella noia e quel non senso che purtroppo intristisce la vita di diversi nostri ragazzi, invitandoli caparbiamente a sperare in un futuro bello ed appagante. Infine desideriamo creare comunione con tutti gli “operatori del bene”, soprattutto se hanno come destinatari i ragazzi.  San Giovanni Paolo II ha dichiarato don Bosco “patrimonio della Chiesa universale” e quindi mi sembra giusto che i festeggiamenti di don Bosco non rimangano chiusi negli stretti confini delle nostre opere, ma si allarghino a tutto il territorio.

Quali sono stati i momenti di spicco della festa?

Prima di tutto la solenne concelebrazione delle 10,00 di domenica 30 gennaio in Parrocchia, presieduta dal nostro Vescovo Mons. Marco Prastaro, accompagnata dal rullo dei tamburi di alcuni ragazzi degli sbandieratori del Rione Palio Don Bosco. Il coro animato dai giovani dell’Oratorio, la presenza delle Figlie di Maria Ausiliatrice del Mazzarello di Asti, gli ex-allievi ed i Cooperatori, la presenza numerosa di parrocchiani hanno dato spessore ad una celebrazione in cui le parole del vescovo sono risuonate come invito a fare ciascuno la propria parte per attuare quanto Dio ci chiede ogni giorno, secondo le nostre possibilità.

Nel pomeriggio per tutti i ragazzi c’è stata la rievocazione del miracolo del pane.

“Non c’era pane in casa per i suoi figlioli, e il fornaio non voleva mandarne, se prima non gli era saldato il credito. Don Bosco prese il cesto, che conteneva una ventina di pagnottelle e incominciò a distribuirle. Con grande meraviglia riuscì a distribuire le pagnottelle a tutti i presenti. Quando ebbe terminato, nel cesto vi erano ancora le venti pagnottelle, senza che fosse stato messo altro pane nel cesto”. 

“Un’altra volta durante la santa messa Don Bosco apre la pisside per dare la comunione ai suoi ragazzi, ma le ostie sono troppe poche, lui comincia a distribuirle ed allora vede moltiplicarsi le Sacre Particole in modo da poter comunicare tutti i presenti”.

Due testimonianze tratte dalle memorie biografiche e confermate nel processo di canonizzazione da testimoni oculari, che danno la cifra di come all’Oratorio lo straordinario era diventato ordinario e come si svolgeva la vita dei ragazzi nella Casa di don Bosco: un pane materiale che non si limitava al solo aspetto gastronomico, ma era un mestiere, uno studio che avviasse alla vita e desse dignità alla persona; un pane spirituale che era medicina e sostegno per il desiderio di infinito che è presente da sempre nel cuore di ogni uomo, ragazzo o adulto che egli sia.

Il tutto condito con tanta allegria, “noi qui all’Oratorio facciamo consistere la santità nello stare molto allegri”, espressione di quella gioia profonda che riempiva il cuore dei suoi ragazzi, un cuore in festa perché in pace con Dio, in pace con se stessi, in pace con gli altri.

Don Bosco voleva che ogni festa fosse sottolineata anche a tavola con una fetta di salame, magari sottile, perché il salame era poco e le bocche erano tante, ma era sempre un segno che concorreva a far cogliere la bellezza e la straordinarietà dell’evento.

Per questo dopo la funzione in chiesa i ragazzi del nostro Oratorio hanno potuto farcire il pane benedetto con una fetta di salame o di prosciutto od una bella spalmata di nutella, il tutto accompagnato da un buon bicchiere di the caldo.

Lunedì 31 gennaio, ricorrenza liturgica di don Bosco, i festeggiamenti si sono conclusi con un incontro fraterno e cordiale con tutto il presbiterio della vicaria urbana ed alla sera con una solenne  concelebrazione in onore del santo presente tutta la famiglia salesiana di Asti, presieduta dal direttore dell’Opera.

I giovani sono ancora affascinati dalla figura di don Bosco?

Io penso proprio di sì, anche se sono cambiati i tempi e la stessa cultura rispetto a quanto don Bosco è vissuto. Forse nei nostri contesti si fa più fatica, ma là dove le condizioni sociali si avvicinano di più a quelle in cui lui si è trovato, la sua figura affascina. Tutto dipende da quanto lo si fa conoscere e da quanto si è fedeli al suo carisma. In Asia, in America Latina, in Europa, dove si è fatta la scelta dei più poveri, degli orfani, di “quelli che nessuno contende”, lì la figura di don Bosco emerge come punto di riferimento, come speranza, come guida che aiuta a traghettare l’oggi, il momento presente.

Se si parla di don Bosco, impossibile non pensare ai Salesiani e alle Figlie di Maria Ausiliatrice. Come è espressa oggi la loro presenza nell’Astigiano?

La Comunità salesiana risiede ad Asti in corso Dante 188 , dove si occupa della Parrocchia, dell’Oratorio del Centro Sportivo e del Cinema Lumière. Le figlie di Maria Ausiliatrice si dedicano ai bambini della Scuola dell’Infanzia e delle Elementari al Mazzarello. I Cooperatori, gli Ex-allievi, l’associazione dei Devori di Maria Ausiliatrice, una folta schiera di Volontari fanno da supporto a tutta l’Opera. Il nome di don Bosco in altre parole coagula ancora attorno a sé molte forze, per lo più del ceto popolare, molti benefattori, che affascinati dall’ottimismo e speranza che la sua presenza ha sempre suscitato in chi è entrato in relazione con lui, riescono a realizzare il suo sogno di essere segni e portatori dell’amore di Dio ai giovani. Vinta la pandemia, certamente il nostro Oratorio, la nostra Opera potrà esprimere in tutta la sua potenzialità quella volontà di bene che ci è stata consegnata come testimone dal nostro amato padre don Bosco. Per questo preghiamo, questo ci auguriamo.

Don Jacek Jankosz nominato nuovo parroco della parrocchia Don Bosco di Asti – VercelliOggi.it

Vercelli Oggi.it dedica un articolo a Don Jacek Jankosz che da domenica 19 Settembre 2021 è stato nominato nuovo parroco della parrocchia Don Bosco di Asti.

Don Jacek Jankosz è di origine polacca, ha 57 anni ed è stato ordinato sacerdote nel 1992, eletto per ben tre volte parroco della comunità pastorale astigiana che era stato in grado di valorizzare costruendo relazioni, affidando compiti e mansioni, riconoscendo specifici talenti e capacità in ognuno.

Riportiamo l’articolo completo pubblicato su VercelliOggi.it.

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Domenica 19 Settembre 2021, cambio ai vertici della parrocchia Don Bosco di Asti in corso Dante, entrata festosa di don Jacek Jankosz, accompagnato dal rionale “Palio degli sbandieratori”, dal Vescovo di Asti S.E.R. Mons. Marco Prastaro, dal nuovo Direttore e amministratore della Casa Salesiana don Genesio Tarasco e da altri confratelli.

Don Jacek Jankosz, torna per la terza volta nella parrocchia astigiana.

Nel 1994 aveva collaborato all’organizzazione dell’Estate Ragazzi in qualità di giovane sacerdote ancora studente a Roma. Dopodiché, nel 2004, via aveva nuovamente fatto ritorno per rimanervi fino al 2012, prima come incaricato dell’oratorio e poi come Direttore della Casa Salesiana.

Ora, don Jacek, dopo solo 11 mesi dal suo ingresso nella Parrocchia del Valentino di Casale Monferrato, succede a don Roberto Gorgerino, Direttore della Casa Salesiana, Responsabile dell’oratorio e, dallo scorso agosto, Amministratore parrocchiale.

Un vero dispiacere per i casalesi aver dovuto salutare don Jacek, al quale si erano affezionati: era entrato nei loro cuori; pur se breve il periodo passato nella città monferrina, il suo carisma e la sua grande fede di vero uomo di Dio avevano conquistato i fedeli.

Da uomo colto e aperto, ma dal tratto semplice, aveva saputo valorizzare la comunità pastorale costruendo relazioni, affidando compiti e mansioni riconoscendo specifici talenti e capacità in ognuno.

Mons. Marco ha detto:

Quest’uomo è un dono di Dio, vi è stato consegnato da Dio, sfruttatelo al meglio, ma non maltrattatelo. Ha proseguito con un paragone tra due calciatori famosi – Ronaldo, quando fa gol fa cenno su di sé e dice ‘Io’, mentre Messi quando fa gol fa cenno al cielo e dice ‘Dio’. Per essere dei buoni cristiani dobbiamo dire più spesso Dio e meno Io, c’è solo una ‘D’ in più, ma fa la differenza. – e rivoltosi al nuovo parroco – mi raccomando fai tanti gol.

Sicuramente don Jacek di “gol” ne farà tantissimi, come ne ha fatti in tutte le parrocchie in cui ha messo piede: Trino, Valdocco, Casale Monferrato.

L’augurio del Sindaco di Asti, Maurizio Rasero, dopo aver portato i saluti da parte dell’Amministrazione Comunale e della città tutta e ha proseguito:

Come Istituzioni è importante camminare tutti insieme, perché camminare soli è un conto, camminare insieme è un altro. Dio, come diceva il Vescovo, ce lo ha messo a disposizione, sta a noi trarne vantaggio, i presupposti ci sono tutti anche da quello che ho potuto constatare dai trinesi, qui presenti oggi e da altri centri, che hanno bei ricordi”.

Don Jacek, molto amato da tutti i suoi ex parrocchiani, ha così esordito:

Saluto tutti nel nome del Signore, nel suo nome sono stato mandato, sono stato consegnato oggi servo e guida di questa comunità…, – ha espresso riconoscenza ai suoi predecessori che guardano dalla finestra del Paradiso e ai suoi predecessori che sono in mezzo a noi, nominandoli uno a uno.
Una nota particolare per l’oratorio il suo secondo incarico – Il pomeriggio, non mi troverete in parrocchia ma in oratorio che diventerà il mio quotidiano Altare con i giovani e i ragazzi di questa comunità.
Possa il Signore darmi la grazia di essere per voi il buon Pastore. Prego per i malati e gli voglio bene, voi pregate per me perché sia all’altezza della situazione, io ricambierò ricordandovi nella messa
”.

Don Jacek Jankosz è di origine polacca, ha 57 anni ed è stato ordinato sacerdote nel 1992.

Il Piemonte ospita la 106esima Giornata del Migrante e del Rifugiato

Il Piemonte si prepara a celebrare la 106esima Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato. Di seguito l’interventi dell’Arcivescovo di Torino, Mons. Cesare Nosiglia, pronunciato durante la conferenza stampa tenutasi mercoledì scorso presso l’Arcivescovado di Torino, insieme al Vescovo di Asti e incaricato regionale Migrantes della Cep, mons. Marco Prastaro.

CONFERENZA STAMPA
160esima Giornata Mondiale
del Migrante e del Rifugiato
(Torino, Arcivescovado, 9 settembre 2020)

INTERVENTO DI MONS CESARE NOSIGLIA ARCIVESCOVO DI TORINO

Grazie della vostra presenza. Lo scopo di questo incontro non è quello di affrontare il vasto e complesso problema dei migranti nel nostro Paese ma presentare agli operatori della comunicazione il senso e le modalità con le quali stiamo operando a Torino per celebrare la Giornata Mondiale dei Migranti in programma in queste settimane con una serie di iniziative culturali, religiose e sociali che sfocerà nella Messa solenne del 27 Settembre in Duomo e trasmessa da Rai 1.Non mi dilungo sul programma che avete e in cui si possono notare diverse iniziative interessanti e qualificate come sono gli spettacoli teatrali, i cineforum, il meeting dei giovani, presentazioni di pubblicazioni sull’argomento, concerti musicali e altro ancora.

Resta tuttavia fondamentale che queste iniziative e la Giornata Mondiale stessa aiutino a riflettere sulla presenza e sulla realtà complessa degli immigrati che ci troviamo a gestire in questi mesi in particolare. Voglio aggiungere che far leva sull’allarmismo e sull’invasione come già è avvenuto in passato non aiuta ad affrontare seriamente il problema ma suscita solo paura e timore che, collegato anche al Coronavirus, suscita ancora di più rifiuti e scelte drastiche che nulla hanno a che vedere con l’accoglienza delle persone ma ne fanno dei capri espiatori di ben altre situazioni che nulla o poco hanno a che fare con i migranti.

Non è che non manchino i problemi, ma affrontarli in maniera errata ci fa dimenticare che si tratta di persone deboli e indifese senza diritti e isolati in se stessi.

Quando incontro o ho a che fare con una persona migrante, ringrazio Dio perché mi ha offerto un dono grande che mi sollecita a riconoscerlo e ad accoglierlo nella persona di tanti nostri fratelli e sorelle che sono giunti nel nostro Paese e necessitano di una costante solidarietà e prossimità, come si usa tra figli dello stesso Padre Celeste. Gli immigrati sono portatori di una ricchezza di culture, tradizioni, valori umani e spirituali, religiosi e civili, che può arricchire la nostra Comunità sia sotto il profilo culturale che sociale. Mai ci stancheremo di predicare a tutti, e con voce alta e forte, che la presenza di tanti immigrati nel nostro Paese è una risorsa positiva che non va solo accettata, ma valorizzata in tutti i suoi molteplici aspetti. Grazie al lavoro quotidiano di responsabili nelle rispettive Chiese locali dell’azione concreta di accoglienza e valorizzazione di questi nostri fratelli si offrono a tutti i cittadini e fedeli del nostro Paese un supporto e un incisivo invito a promuovere nelle comunità e nella società quello spirito di condivisione dei rispettivi problemi e necessità ma anche ricevere quanto di buono e valido essi possono fare al nostro Paese.

Provengono da paesi e culture diverse ma questo fatto invece di creare divisione e impedimento deve suscitare amore e impegno comune a costruire una società che trova la sua ricchezza nelle persone che la compongono prima che nel pure necessario sviluppo economico e sociale.Ma soprattutto dobbiamo mettere l’accento più in quello che ci unisce che in quelle diversità di cui ciascuno è portatore.

Verso quelli che sono cristiani poi, nelle comunità etniche che sono presenti sul territorio ne scaturisce un obbligo ancora più stretto perché, se siamo uniti nei doni di Grazia, così decisivi ed importanti per la salvezza, come non possiamo esserlo in altri aspetti del vissuto quotidiano? Possiamo, come cristiani e credenti in Gesù Cristo, professare nelle chiese la stessa fede e lo stesso amore e poi dividerci nella vita di ogni giorno, quando i problemi, le necessità e i bisogni familiari e sociali ci interpellano e rappresentano spesso, per molti di voi, situazioni di fatica e di difficoltà?

Interrogativi che devono attraversare la coscienza e la vita delle nostre comunità per stimolare la ricerca di vie ed impegni concreti di accoglienza, integrazione e solidarietà verso tutti gli immigrati presenti nel nostro territorio.Il lavoro che si compie giorno per giorno nelle sedi diocesane della Migrantes o della Caritas è un segno di grande speranza, perché conferma quanto il Vangelo ci annuncia, mostrandoci che la fede in Cristo è fonte prima di comunione e di salvezza per tutti.

L’immigrazione ci invita a considerare ogni popolo ed ogni uomo una ricchezza per tutta l’umanità. Operare e lavorare su questo significa anche riconoscere a tutti quei diritti fondamentali che sono propri di ogni persona umana e di ogni famiglia, superando discriminazioni, indifferenza, rifiuti preconcetti ed estraneità sia sul piano religioso che civile: il diritto alla cittadinanza in primo luogo a partire dai minori nati nel nostro Paese, il diritto al lavoro che in questo tempo di crisi sta diventando sempre più precario o è assente del tutto, alla casa, il diritto alla scuola per i ragazzi, alla salute e così via; diritti che la Costituzione italiana pone a fondamento del vivere civile del nostro popolo.

Prevenire, gestire ed accompagnare le persone immigrate e, se ci sono, le loro famiglie in difficoltà, è il compito di tutti.La solidarietà va di pari passo con la giustizia perché “non è possibile dare per carità ciò che prima è dovuto per giustizia”.Nello stesso tempo non dobbiamo mai dimenticare che ogni persona abbisogna di un sostegno morale e spirituale altrettanto e a volte anche più importante di quello materiale per avere la forza di affrontare situazioni di abbandono, di divisione e di sofferenza.
Per cui l’accompagnamento deve essere a tutto campo e gli stessi operatori hanno bisogno di una preparazione etica e spirituale, per gestire il rapporto con umanità e fraterna condivisione, badando a tutta la persona e alle sue necessità più profonde.
Preghiamo il Signore affinché questo obiettivo sia raggiunto presto nel nostro Paese e si possa guardare per il futuro ad una società multietnica, fatto positivo e arricchente per tutti. Ringrazio sentitamente la Migrantes diocesana per il generoso e capillare lavoro che svolge a servizio delle comunità cristiane degli immigrati e ringrazio i sacerdoti, i catechisti e i responsabili delle varie comunità etniche per quanto fanno a favore della formazione e della crescita umana e spirituale di ciascun immigrato e della sua famiglia.

Speriamo che il prossimo grande evento che celebreremo a Torino, la Giornata Mondiale del migrante e rifugiato possa suscitare interesse e partecipazione da parte di tutta la popolazione oltre che l’assunzione di impegni precisi da sottoporre alle competenti istituzioni e alle nostre Diocesi piemontesi e comunità, per affrontare e promuovere una accoglienza sorretta da una nuova cultura e mentalità che apra vie condivise ed efficaci sia nei confronti dei migranti come di ogni altra povertà e criticità di cui soffre tanta popolazione povera del nostro Paese.

Torino,9 settembre 2020

✠ Cesarevescovo, padre e amico