Salesiani Casale: “Un sogno chiamato Oratorio” – La Vita Casalese

La comunità salesiana del Sacro Cuore di Gesù di Casale in questo particolare periodo, ha proseguito la sua missione educativa con nuove iniziative rispettando le norme Covid vigenti, preparandosi inoltre all’incontro del 31 gennaio in onore di San Giovanni Bosco.
Si riporta di seguito l’articolo pubblicato su “La Vita Casalese” di oggi (giovedì 21 gennaio 2021) dedicato alle diverse proposte della comunità salesiana di Casale per celebrare il Santo dei Giovani.

“Un sogno chiamato Oratorio”

CASALE – Cosa avrebbe “inventato” don Bosco in un tempo così particolare come questo, per far sentire forte il suo affetto ai tanti ragazzi che si affidavano a lui? Come avrebbe reso presente e concreta la paternità del Signore, che lui stesso aveva sperimentato così fortemente nella sua vita? La comunità salesiana del Sacro Cuore di Gesù non ha smesso di interrogarsi rispetto alla sua missione educativa sul territorio e sulla significanza del carisma in tempo di pandemia. Con fantasia, coraggio e giusta prudenza ha continuato ad inventare e proporre iniziative e occasioni per permettere a bambini, ragazzi, giovani e famiglie di condividere lo spirito di famiglia e il cammino comunitario al Valentino.

Pensando all’anno appena concluso, l’edizione 2020 della festa di Maria Ausiliatrice ha visto affacciarsi sul sagrato della chiesa la bellissima statua, per permettere a tutti di pregare e di affidarsi alla Madonna. L’estate ha regalato una splendida esperienza di Centro Estivo, realizzato con tutte le misure atte a garantire la sicurezza di grandi e piccoli, a riprova che tutto si può realizzare coniugando prudenza e legittimo desiderio di stare insieme.

In autunno è ripreso il catechismo, un altro ambito che ha richiesto e continua a richiedere inventiva e strategie originali, per far crescere e maturare la fede dei bambini e delle famiglie: con questo spirito sono state celebrate le Prime Comunioni e la Prima Confessione. Anche il periodo dell’Avvento e del Natale è stato vissuto all’insegna della preghiera e della solidarietà, con una Novena molto partecipata e la raccolta di prodotti per l’igiene da destinare alle carceri di Alessandria e Vercelli.

Il mese di gennaio, tradizionalmente, è dedicato alla preparazione della solennità del Santo fondatore dei salesiani, don Bosco, maestro di intraprendenza e di coraggio nel prodigarsi a favore dei giovani più poveri e bisognosi del suo tempo. Proseguendo la missione sulle sue orme, la comunità si prepara a celebrare questa figura così carismatica, riscoprendo le caratteristiche peculiari che hanno reso don Bosco e la sua congregazione una realtà viva e attiva in più di cento Paesi del mondo.

Facendo ricorso alle “Memorie” redatte dal Santo, nelle quali si ritrovano più di 70 racconti dei suoi sogni, alcuni gruppi del catechismo e delle superiori proveranno a realizzare un Contest raccontando attraverso dei video alcune delle visioni più profetiche di don Bosco, che tanto hanno da dire anche ai nostri giorni. Attraverso i video si ripercorreranno le tappe più significative della vicenda di don Bosco, e il video più votato sarà proclamato vincitore del concorso.

Il programma delle iniziative proposte nell’imminenza della festa (compatibilmente con l’aggiornamento delle misure previste dalla normativa Covid) prevede inoltre un triduo di preghiera, un incontro di riflessione a cura dei Salesiani Cooperatori dell’Opera, le Sante Messe di orario nella domenica 31 gennaio , con la gradita presenza di Monsignor Vescovo Gianni Sacchi che presiederà le celebrazioni delle 10 e delle 11.15, la benedizione dei bambini e la distribuzione del pane di don Bosco. Don Bosco è vivo: viva don Bosco!!!

Avvenire: “Di più a chi ha avuto meno” – Il Rettor Maggiore all’indomani delle Giornate di spiritualità

“Di più a chi ha avuto meno”. È la sintesi della riflessione del Rettor Maggiore don Àngel Fernàndez Artime all’indomani della chiusura della 39 edizione delle Giornate di spiritualità della Famiglia Salesiana celebrate dal 15 al 17 gennaio. Si riporta di seguito l’articolo dedicato, pubblicato oggi su Avvenire, martedì 19 gennaio 2021, a cura di Marina Lomunno.

Di più a chi ha avuto meno

Il Rettor maggiore dei salesiani : sull’esempio di don Bosco e dei richiami del Papa «Là dove siamo il nostro compito è dare speranza e lavorare per la giustizia»

All’indomani delle Giornate di spiritualità per la prima volta online, parla don Àngel Fernàndez Artime: mafie, guerre, fame, pandemie croniche da estirpare. Non tutto è male nella rete se la mettiamo a servizio dell’uomo.

“Questa pandemia che sta affliggendo la nostra umanità finirà ma ci sono altre pandemie croniche che come cristiani abbiamo il dovere di contribuire ad estirpare: le guerre, le mafie, la fame, la povertà che sta disumanizzando chi è costretto ad immigrare per dare futuro ai propri figli e viene torturato o muore al gelo, la disoccupazione giovanile… Ecco il nostro compito laddove come famiglia salesiana siamo chiamati ad essere presenti: dare speranza e lavorare per la giustizia per “dare di più a chi ha avuto di meno”, come ci ha raccomandato don Bosco e come ci richiama papa Francesco”.

Sono parole del rettor maggiore dei salesiani, don Àngel Fernàndez Artime che, all’indomani della chiusura della 39 edizione delle “Giornate di spiritualità della Famiglia Salesiana” celebrate dal 15 al 17 gennaio, traccia con Avvenire un bilancio di un avvenimento inedito ma che ha dato frutti inattesi.

Per la prima voltale “Giornate, a causa dell’emergenza coronavirus, si sono tenute online e i lavori congiunti (con collegamenti compatibili ai fusi orari dei 5 continenti) sono stati seguiti in più lingue sulla pagina Facebook di Ans (l’Agenzia di informazione salesiana e su AnsChannel) dai i 132 Paesi dove sono presenti le opere salesiane.

Più di 8 mila gli iscritti alle Giornate, in rappresentanza dei 32 gruppi in cui è articolata la famiglia salesiana, che hanno partecipato ai lavori via web raggiungendo circa 100 mila persone che si sono messe in contatto per gli appuntamenti in diretta streaming da Roma, come la Messa dalla Basilica salesiana del Sacro Cuore di domenica, l’intervento del vescovo di Pinerolo monsignor Delio Olivero che ha rischiato di morire a causa del Covid e ha parlato dei motivi della speranza o il tour virtuale del “Museo Casa Don Bosco” da Valdocco.

Tema delle Giornate, guidate dal rettore maggiore e organizzate da don Joan Llufs Playà i Morera, delegato mondiale per la Famiglia Salesiana (con coordinamenti locali a Roma, Madrid, Lisbona, Chennai, Brasilia, Quito, Vietnam, Timor Est) il messaggio della Strenna per il 2021: «Mossi dalla speranza:”Ecco, io faccio nuove tutte le cos e ” ^ 21,5)».

«La strenna di quest’anno, prosegue il successore di don Boscosa proprio come tema, in un momento in cui c’è tanta sofferenza, quello del dovere della speranza di fronte ad una realtà mondiale che ci interpella e che non possiamo ignorare: come famiglia salesiana siamo chiamati ad essere buoni cittadini e rispettare le regole anticontagio ma anche buon cristiani e, dove c’è bisogno di aiuto, a non rinchiuderci in casa ma a stare vicini in sicurezza a chi è in difficoltà. E così stiamo facendo nelle nostre opere, laddove incombe la guerra o qui a Roma, come nella nostra parrocchia del Sacro Cuore dove la sera i giovani portano cibo, coperte e conforto a chi non ha un tetto per dormire. Una spinta alla solidarietà, come abbiamo sentito dalle testimonianze dal mondo, che in questi mesi di emergenza Covid si è tradotta anche nella raccolta nelle nostre opere di ben 9 milioni di euro che invieremo nelle nostre missioni in 68 nazioni per finanziare 120 microprogetti per i giovani e le famiglie».

Don Àngel sottolinea come una prima testimonianza di speranza delle Giornate sia stata la possibilità – mai accaduta prima-di far partecipare e incontrare migliaia di persone che condividono il carisma di don Bosco:

«La crisi causata dalla pandemia si è trasformata, grazie alla creatività delle nostre opere che stanno portando avanti molte iniziative online, in un’opportunità di incontro e comunione utilizzando le moderne tecnologie: sono convinto che don Bosco, che è stato un missionario, oggi utilizzerebbe il web per comunicare il bene, per fare arrivare in tutto il mondo il messaggio di Gesù. Non tutto è male nella rete se la mettiamo a servizio dell’uomo: lo abbiamo sperimentato anche nei giorni scorsi, annunciando in tutte le nostre opere la Strenna 2021 dalla casa generalizia della Figlie di Maria Ausiliatrice, raggiungendo 198 mila persone fino all’Oceania».

Vita pastorale gennaio 2021: don Rossano Sala – Il nuovo spazio dell’annuncio cristiano

Dalla “tradizione” alla “convinzione”: il nuovo spazio dell’annuncio cristiano. Un tema che durante il Sinodo sui giovani ha trovato ampio eco tra i padri sinodali. Un cambiamento lento e inesorabile che riguarda la vita intera della cristianità occidentale e che trova nei giovani una realizzazione più evidente che in altri strati della popolazione. Si riporta di seguito l’articolo a cura di don Rossano Sala sdb (professore ordinario di Teologia pastorale e Pastorale giovanile presso l’Università Pontificia Salesiana) pubblicato sul mensile “Vita pastorale” (periodico San Paolo) di questo mese, gennaio 2021.

Rossano Sala sdb
«Vita pastorale» 1 (2021) 54-55

SCELTA DI VITA CONVINTA

Dalla “tradizione” alla “convinzione”: è questo il nuovo spazio dell’annuncio cristiano

Non siamo più nella cristianità!

Era una cosa che gli studiosi andavano dicendo da tempo, ma adesso è di dominio pubblico: «Fratelli e sorelle, non siamo nella cristianità, non più! […] Abbiamo pertanto bisogno di un cambiamento di mentalità pastorale, che non vuol dire passare a una pastorale relativistica. Non siamo più in un regime di cristianità perché la fede – specialmente in Europa, ma pure in gran parte dell’Occidente – non costituisce più un presupposto ovvio del vivere comune, anzi spesso viene perfino negata, derisa, emarginata e ridicolizzata». Queste le parole di Papa Francesco del 21 dicembre 2019, durante il tradizionale discorso alla curia romana per gli auguri di Natale. Il nostro tempo si trasforma: non è diventato “secolare” – dove il religioso non avrebbe più alcuno spazio – ma “post-secolare”, contraddistinto cioè dalla persistenza e dalla metamorfosi del fenomeno religioso.

Dalla “tradizione” alla “convinzione”

Come possiamo descrivere questo processo in atto? Per usare un’immagine, proviamo a pensarci mentre navighiamo su un fiume seguendo la direzione della corrente. Tutto è facile, perché anche se non remiamo la nostra imbarcazione sarà naturalmente portata ad andare avanti. In un contesto del genere ci possono certo essere difficoltà, e potremo anche essere chiamati a superare diversi ostacoli, ma in discesa. Immaginiamo ora la situazione rovesciata, navigando cioè controcorrente. Il fiume magari è lo stesso, ma le difficoltà e le fatiche aumentano perché siamo chiamati a salire. Questo è il mutamento epocale: se prima era scontato crescere in un mondo orientato cristianamente, oggi sembra essere ovvio esattamente il contrario. Se prima si poteva evitare di prendere posizione, lasciandosi trasportare dalla corrente della tradizione, oggi è necessario scegliere attraverso una decisione.

I giovani nel nuovo contesto

Allo stesso modo in cui un testo è comprensibile nel suo contesto, la vita concreta dei giovani lo è solo all’interno dell’ambiente in cui nascono, vivono e crescono. I giovani sono sismografi e sentinelle, perché percepiscono prima e meglio di altri i cambiamenti in atto. Non è più ovvio crescere in un’ambiente sociale connotato da un contesto religioso; non è più normale che i loro genitori siano i primi testimoni della fede; tante volte nell’ambiente scolastico e universitario c’è ostilità verso la fede. Se poi assommiamo a questo la digitalizzazione in atto e l’elevata mobilità a livello globale, è facile rendersi conto che i giovani più di altri siano lasciati a sé stessi da tutti i punti di vista. La fede sarà per loro possibile, più che per altre categorie sociali, solo come il frutto di una ricerca spirituale personale e di una scelta di vita convinta.

Il dato statistico più evidente

L’abbandono della pratica religiosa ufficiale è l’effetto più visibile della fine della cristianità. Come dire, quando si tratta di remare controcorrente i più si tirano indietro. Ne rimangono pochi, un piccolo resto, una minoranza. E i giovani sono i primi a non partecipare più alla vita ordinaria della comunità cristiana. È il dato più eclatante, tra l’altro previsto da alcuni teologi, tra cui il giovane J. Ratzinger nel lontano 1969. Per lui era l’effetto della necessaria purificazione operata dal Concilio Vaticano II: la Chiesa del futuro «diventerà più piccola, dovrà ricominciare tutto da capo. Essa non potrà più riempire molti degli edifici che aveva eretto nel periodo della congiuntura alta. Essa, oltre che perdere degli aderenti numericamente, perderà anche molti dei suoi privilegi nella società. Essa si presenterà in modo molto più accentuato di un tempo come la comunità della libera volontà, cui si può accedere solo per il tramite di una decisione» (Fede e futuro, Queriniana, Brescia 20053, 115).

Un tempo per la purificazione

Non è quindi un male la fine della cristianità occidentale. Dice solo che il contesto entro cui vivere la fede si è trasformato. Non si tratta di giudicare questo fatto, ma di prendere atto della diversità di condizioni di accesso alla fede rispetto alle epoche precedenti. Per esempio, a proposito della pandemia che sta accelerando questo processo, in una recente intervista all’agenzia AdnKronos del 30 ottobre 2020, Papa Francesco ha affermato: «Ho saputo di un vescovo che ha affermato che con questa pandemia la gente si è “disabituata” – ha detto proprio così – ad andare in chiesa. […] Io dico che se questa “gente”, come la chiama il vescovo, veniva in chiesa per abitudine allora è meglio che resti pure a casa. È lo Spirito Santo che chiama la gente. Forse dopo questa dura prova, con queste nuove difficoltà, con la sofferenza che entra nelle case, i fedeli saranno più veri, più autentici. Mi creda, sarà così».

Lo spazio promettente dell’autenticità

Secondo Charles Taylor, uno dei maggiori pensatori cattolici viventi, il nostro è “il tempo dell’autenticità”: significa che le cose che faccio devono essere il frutto di una mia libera elezione, che nelle mie opzioni di vita – che oggi si sono moltiplicate a dismisura – non posso né devo essere costretto da nessuno. Questo significa per lui “autenticità”: una scelta realmente personale, frutto di una convinzione, esito di un discernimento. I giovani oggi sono immersi in questo “contesto di autenticità”: chi potrebbe, nel mondo occidentale, imporgli qualcosa? È questo il nuovo spazio dell’annuncio cristiano, perché oggi «nelle società secolari assistiamo anche a una riscoperta di Dio e della spiritualità. Questo costituisce per la Chiesa uno stimolo a recuperare l’importanza dei dinamismi propri della fede, dell’annuncio e dell’accompagnamento pastorale» (Documento finale del Sinodo sui giovani, n. 14).

Don Bosco Borgomanero: Personal Reporter News e la puntata LES-Liceo della Musica Don Bosco

Personal Reporter News, la testata giornalistica online dedicata alle dimensioni dell’arte e dalla cultura, del design e della moda, ha riservato un collegamento online al Liceo della Musica Don Bosco di Borgomanero. Per l’occasione sono stati intervistati Lorenzo Cominoli, docente di musica, e Matteo Leonardi, vicepreside del Liceo salesiano. Si riporta di seguito il comunicato stampa dell’iniziativa pervenuto dall’Istituto Don Bosco di Borgomanero.

Personal Reporter News dedica una puntata al LES-Liceo della Musica Don Bosco.

Riccardo Alessandro Reina ha intervistato Lorenzo Cominoli e Matteo Leonardi.

La testata giornalistica online Personal Reporter News, che condivide in Rete notizie di cronaca da tutto il mondo, con particolare attenzione alle dimensioni dell’arte e dalla cultura, del design e della moda, ha dedicato una puntata al neonato Liceo della Musica Don Bosco, nuova “curvatura” del Liceo Economico Sociale borgomanerese, che dall’anno prossimo si aggiungerà alle curvature storiche di Gusto e di Innovazione.

Riccardo Alessandro Reina, fondatore della testata, ha intervistato Lorenzo Cominoli, docente di musica, e Matteo Leonardi, vicepreside del Liceo, che hanno illustrato le ragioni di questa importante novità. Il professor Cominoli ha spiegato che la formazione musicale non è soltanto apprendimento tecnico dell’uso di uno strumento ma educazione alla sensibilità e al rigore, che quando si coniugano generano il miracolo dell’arte e rendono cittadini più maturi.

Le ore spese nel laboratorio musicale accosteranno dunque alla pratica strumentale e alla teoria musicale la conoscenza della storia musicale a partire dai generi contemporanei, la registrazione e manipolazione informatica della musica, il management legato all’economica musicale, dalla produzione alla gestione e alla promozione di un evento musicale. Il Liceo Economico Sociale è infatti una scuola che proietta i suoi studenti nella contemporaneità, per aiutarli a divenire cittadini consapevoli e attivi, nonché attori competitivi nel mondo lavorativo liquido di oggi

È possibile vedere la puntata dedicata al Liceo della Musica all’indirizzo:

A seguire: frame della puntata.

Coronavirus, la resistenza della formazione professionale

Su La Voce e il Tempo, Marina Lomunno ha scritto un articolo su come la Formazione professionale sia sopravvissuta alla prova della didattica a distanza. Nell’articolo, intervista a suor Manuela Robazza, presidente nazionale del CIOFS.

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I docenti hanno imparato a insegnare a distanza, ma gli studenti hanno imparato ad apprendere?»: è una delle domande che poneva Tommaso De Luca sullo scorso numero de La Voce e il Tempo (10 gennaio 2021, pagina 2) intervenendo sull’acceso dibattito di questi giorni sul «pericolo» di scollamento tra la scuola reale e quella virtuale che incombe su centinaia di migliaia di studenti costretti a seguire le lezioni da casa. Una modalità ancora necessaria dal momento che la Pandemia non sembra allentare la morsa, ma che per molti studenti, il cui corso di studi prevede esercitazioni pratiche, laboratori e tirocini in azienda, è ancora più penalizzante.

Da quando l’emergenza Coronavirus ha imposto la didattica a distanza (Dad) ci si è soffermati poco sulla realtà degli studenti che, come li definiva don Bosco, «hanno l’intelligenza nelle mani»: sono i ragazzi e le ragazze che frequentano i corsi di formazione professionale (fp), nati a Torino nell’Ottocento grazie alla felice intuizione dei Santi sociali e che ancora oggi formano ad un mestiere migliaia di giovani – molti dei quali hanno abbandonato i percorsi scolastici dell’obbligo e/o provengono da famiglie fragili – e riqualificano i troppi lavoratori disoccupati o che vengono espulsi dal mondo del lavoro perché non riescono a star dietro al continuo mutare della tecnologia.

Abbiamo chiesto a suor Manuela Robazza, presidente nazionale del Ciofs, l’ente di fp salesiano delle Figlie di Maria Ausiliatrice, e a Marco Muzzarelli, ingegnere, direttore nazionale Fondazione Engim, l’ente di formazione professionale (fp) dei Giuseppini del Murialdo, come la fp sta «sopravvivendo alla Dad». «Per fortuna per la maggior parte dei nostri corsi la normativa anticovid ha permesso ai nostri ragazzi di proseguire in presenza i laboratori» spiega Muzzarelli, che abbiamo incontrato presso il Centro di fp Engim Artigianelli di Torino, in corso Palestro 11 dove san Leonardo Murialdo nell’800 avviava ad un mestiere i giovani orfani e poveri delle periferie cittadine. «Questo permette ai nostri formatori di incontrare gli allievi una, due volte la settimana. Non solo: oltre ai formatori responsabili dei laboratori, gli altri insegnanti che tengono le lezioni a distanza, nei giorni di laboratorio vengono a scuola per incontrare i ragazzi e far sentire loro che ci sono. Forse noi docenti con grande sforzo di creatività abbiamo imparato a insegnare a distanza, ma anche a noi, come ai nostri allievi, manca il ‘contatto’ fisico, lo scambio di sguardi, in una parola la relazione alla base dell’insegnamento. E laddove non sono possibili i laboratori in presenza, come per gli allievi con disabilità, i formatori hanno dotato i ragazzi un kit che li metta in grado di esercitarsi a casa: ad esempio per gli elettricisti si è fornito il necessario per costruire un circuito, per i baristi un cocktail. Così i ragazzi, seguendo le indicazioni sul pc, possono gestirsi il loro laboratorio in autonomia».

Sulla stessa lunghezza d’onda suor Manuela Robazza, anche lei torinese, per molti anni insegnante e direttrice nelle scuole salesiane della nostra diocesi e per sette anni membro della Consulta Cei per la Pastorale giovanile, oggi a Roma nella sede nazionale del Ciofs dove l’abbiamo raggiunta: «la nostra principale preoccupazione è educativa perché molti dei nostri ragazzi hanno alle spalle famiglie con difficoltà economiche e relazionali e per loro i nostri centri sono come una seconda famiglia. Molto spesso non hanno la disponibilità di un pc o di un collegamento internet in casa e così per la Dad utilizzano il cellulare di mamma o papà con 10 euro di Giga che non sono mai sufficienti… E pensiamo cosa vuol dire stare collegati per sei ore di lezione con uno smarthphone…». Suor Manuela evidenzia come la fp, oltre che offrire ai ragazzi futuro lavorativo, sia anche un «salvagente» perché molti di loro sono abbandonati a loro stessi: «Temiamo che con la Dad i nostri allievi si perdano e, come fi glie di don Bosco, il nostro compito è di andarli a cercare. Per questo i formatori quando si accorgono che qualche allievo non si collega alla lezione on line li va a cercare talvolta anche casa. Abbiamo poi stipulato alcuni accordi con i gestori telefonici per venire incontro alle famiglie che non possono pagare le connessioni: i nostri insegnanti in questi mesi hanno passato ore al telefono per capire i motivi delle assenze e, laddove i problemi erano di tipo economico, abbiamo fornito Giga e supporti informatici perché tutti potessero essere connessi e seguire le lezioni. Se perdiamo i ragazzi abbiamo fallito la nostra missione salesiana che è quella di ‘Dare di più a chi ha avuto di meno’: così la fp contribuisce a contrastare la povertà educativa e gli abbandoni scolastici che in Italia hanno numeri spaventosi e che la Pandemia sta amplificando. La nostra è anche una missione che coinvolge le famiglie: alcuni formatori mi hanno riferito che spesso si collegano a lezione anche le mamme per seguire i figli che hanno qualche disabilità. L’impegno dei nostri formatori, che con la Dad si è ampliato molto al di là delle ore contrattuali, ed è davvero encomiabile: con il disagio che sta causando il coronavirus stiamo sperimentando uno dei pilastri del carisma di don Bosco e cioè che «l’educazione è cosa di cuore». Come nell’800, in un momento dove l’emergenza sociale delle fasce più povere a Torino era altissima, così oggi le conseguenze della Pandemia rischiano di ricadere drammaticamente sulle famiglie già ai margini. E oggi come allora il carisma dei Santi sociali è più che mai attuale per arginare la deriva.

Anche per san Leonardo Murialdo, amico di don Bosco, una delle preoccupazioni più urgenti era « ne perdantur » e cioè che i suoi ragazzi non si perdessero: «Per tutti i nostri allievi che erano sprovvisti di tablet , pc e connessioni, siamo riusciti con i fondi Engim e fi nanziamenti con gli enti che supportano la fp» prosegue Marco Muzzarelli a fornire circa 800 device ai ragazzi che ne erano sprovvisti in modo che potessero seguire le lezioni». Suor Manuela e Marco sottolineano come uno dei problemi più urgenti che sta penalizzando la fp sia la crisi di tante aziende che, per le nome anticontagio e per la mancanza di ordinativi che costringono molti alla chiusura, non possono più ospitare i ragazzi nelle ore di tirocinio formativo essenziali per ottenere la qualifi ca professionale. «La nostra speranza» auspica il direttore dell’Engim è che nella pianificazione della distribuzione dei fondi del Recovery Plan si tenga conto dell’alto valore sociale della fp che, oltre a qualificare migliaia giovani delle fasce più deboli (sono oltre 300 mila i ragazzi che nella penisola frequentano i corsi di Fp, ndr) riqualifi ca lavoratori adulti privi di titolo (847 mila), offre rimotivazione ai Neet (giovani che non lavorano né studiano, in Italia 258 mila tra i 18 e i 24 anni) e prepara all’inserimento lavorativo in apprendistato formativo. Per questo con «Forma», l’associazione degli Enti nazionali di formazione professionale, abbiamo inviato nei giorni scorsi al Governo una lettera indirizzata ai ministri competenti con precise richieste necessità di risorse economiche per la fp: la posta in gioco è il futuro dei nostri giovani».

 

Bra: all’Istituto Salesiano è entrato in azione uno spartineve “da riciclo”

Dal sito Idea Web Tv la notizia di uno spartineve creato da un insegnante del CFP di Bra.

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Le copiose nevicate dei giorni scorsi, anche, a Bra hanno innevato i cortili dell’Istituto Salesiano di viale Rimebranze. Per ripulire tutti gli spazi, i Salesiani braidesi hanno messo in azione uno spartineve assemblato “in casa”.

Grazie al brevetto del prof. Gianfranco Morra, docente di meccanica d’auto presso il nostro CFP. Con un lavoro lungo è riuscito a realizzare questo prototipo, con la collaborazione dei colleghi e degli allievi. Il risultato è stato un assemblaggio di quattro parti, con materiale di recupero: la carrozzeria di una Ypsilon 10 in rottamazione, il motore di un Ducato, il telaio di un fuoristrada e una lama pluridirezionale. Dopo molti tentativi, il prototipo ha avuto il suo collaudo. Negli ampi cortili dell’Istituto, ha dato ottima prova di sé: agile, affidabile ed efficace. Un utilizzo che sarà limitato ai nostri spazi interni, perchè difficilmente la Motorizzazione ne consentirebbe un utilizzo in luoghi pubblici. Complimenti professore per l’ottimo lavoro!“, hanno commentato dall’Istituto Salesiano.

 

Salesiani Agnelli: l’articolo del Bollettino Salesiano dedicato all’Istituto

Si riporta di seguito l’estratto dell’articolo del Bollettino Salesiano del mese di dicembre dedicato all’Istituto Salesiano dell’Agnelli, con la presentazione di Don Claudio Belfiore, direttore dell’opera.

C’era una volta l’Agnelli… Così avrei potuto iniziare quest’articolo, se l’Agnelli (così viene familiarmente chiamato l’Istituto Internazionale Edoardo Agnelli di Torino dai genitori e dai giovani che lo frequentano) fosse un ricordo del passato. E invece c’è ancora. E gode di ottima salute. Ve ne parlo io, che sono l’ultimo arrivato.

Don Claudio Belfiore

Ho conosciuto i salesiani 42 anni fa, nel 1978, ne sono rimasto affascinato e sono diventato salesiano nel 1984. Ho girato diverse case salesiane, dentro e fuori Torino: San Luigi, Valdocco, Martinetto, San Paolo, e poi otto anni a Cuneo e dieci a Roma. Fino a due anni fa però non ero mai stato all’Agnelli. Ne avevo sentito parlare e lo osservavo da lontano con una certa soggezione, anche perché porta un nome che a Torino ha un peso storico e sociale notevole.

Benedetta fu l’obbedienza (così noi salesiani chiamiamo l’atto con cui i nostri superiori ci assegnano una nuova casa o un nuovo incarico) con cui don Enrico Stasi, allora Superiore del Piemonte salesiano, mi mandò in questa casa al rientro dal mio servizio a Roma. E dal mio arrivo all’Agnelli, in pieno agosto, con tanto di dodici bagagli tra zaino, borsoni, scatole e baule, non ho più smesso di stupirmi e di apprezzare la bellezza e la vivacità di questa casa. Proverò a descriverne una parte, ma dovrete accontentarvi di queste poche pennellate, non potrò dire tutto. Nel parlare dell’oggi seguirò l’ordine storico, con riferimento al periodo in cui sono nate le diverse attività dell’Agnelli.

L’Opera comincia a esistere nel 1938 con la posa della prima pietra, frutto dei colloqui e degli scambi tra il senatore Giovanni Agnelli, nonno del più recente Gianni Agnelli, presidente della FIAT (ora inglobata in FCA) e il Rettor Maggiore don Pietro Ricaldone, quarto successore di don Bosco. I loro desideri si incontrano e si trovano d’accordo su due aspetti: fare qualcosa per i giovani operai e per il ceto popolare, e allo stesso tempo istituire un’opera in ricordo del figlio Edoardo Agnelli, morto tragicamente in un incidente aereo.

#Greenmonviso: nuovo progetto di formazione sul clima al Cnos Fap di Saluzzo

Pubblichiamo un articolo del Corriere di Saluzzo sul progetto “Project for future #Greenmonviso” sul cambiamento climatico.

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SALUZZO – Si chiama “Project for future #Greenmonviso” il nuovo progetto didattico-formativo biennale finanziato dalla Fondazione Crc, all’interno del bando “Didattica Nuova” (Educazione ambientale). La candidatura progettuale è stato presentata dall’ente salesiano di formazione professionale Cnos Fap, con la collaborazione dell’Istituto Soleri Bertoni. «L’iniziativa prevede un ciclo di incontri con 6 tematiche legate al cambiamento climatico sul territorio di riferimento, in questo caso il saluzzese – spiega Paolo Trucco, progettista del Cnos Saluzzo -; si va dalla formazione per i docenti delle due istituzioni scolastico-formative alle lezioni in aula per i ragazzi, dalle applicazioni pratiche fino alle visite didattiche. Tra i temi affrontati ci sarà il riciclo dei rifiuti e l’uso consapevole delle risorse, l’acqua, i fiumi e gli ecosistemi montani, la conoscenza del territorio, con focus sul Monte Bracco, il cambiamento climatico». Il progetto è appoggiato da diverse istituzioni ed associazioni del territorio: il Comune di Saluzzo, il Comune di Barge, il Parco del Monviso, l’associazione Vesulus, l’EnviPark di Torino.

 

Don Bosco Châtillon: Carlo Vancheri tra i nuovi Maestri del Lavoro

Tra i nuovi Maestri del Lavoro della Valle d’Aosta per l’anno 2020 si trova Carlo Vancheri, vice preside e insegnate all’Istituto Salesiano Don Bosco di Châtillon. Di seguito l’articolo pubblicato su il Gazzettamatin di oggi.

L’onorificenza, che ha riguardato anche Renato Gontier (Iseco SpA) e Francesco Schimizzi (Associazione maestri di sci), è stata istituita nel 1967 ed è conferita dal Presidente della Repubblica per premiare “singoli meriti di perizia, laboriosità e buona condotta morale dei lavoratori dipendenti di imprese pubbliche o private“.

Bra: panettoni e dolci braidesi preparati dagli allievi del Cfp

Pubblichiamo l’articolo della Gazzetta d’Alba sull’iniziativa della preparazione dei dolci natalizia da parte degli studenti del CFP di Bra.

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BRA Ricca e soprattutto gustosa la produzione degli allievi del corso agroalimentare del Cnos-Fap della scuola salesiana braidese, diretta dal professor Valter Manzone.

Con i formatori Tommaso Elia, Giacomo Raffreddato e Claudio Vaira, gli studenti delle classi dalla prima alla terza, insieme ad altri ragazzi fuori dall’orario curricolare e fermatisi al Centro di formazione professionale con il consenso dei genitori fino al pomeriggio inoltrato, hanno prodotto squisiti panettoni con cioccolato, uvetta e canditi, Braidesi al rum, maraschino e nocciola, pastiglie di vari sapori.

Si è partiti come una vera e propria panetteria-pasticceria alle sei di un giovedì mattina, effettuando gli impasti e poi tutte le altre fasi, dal taglio alla pesatura, seguita dal riposo, la lievitazione in una nuova cella acquisita poco tempo fa, la cottura in forno per 40 minuti, la copertura di ogni panettone con il cioccolato e la granella di zucchero e il confezionamento. Una realtà quella della pasticceria che è un fiore all’occhiello del Centro di formazione professionale presente all’Istituto Salesiano braidese.