Salesiani Novara: La festa di San Giovanni Bosco – Podcast Vatican News

Il 2 febbraio scorso, il podcast Doppio Click di Vatican News dedica la puntata alla ricorrenza di San Giovanni Bosco. Ospite del collegamento il direttore dell’opera salesiana di Novara, don Giorgio Degiorgi.

Di seguito l’articolo pubblicato con il podcast dedicato.

Nella “macchina del tempo radiofonica” di Doppio click in questa puntata celebreremo la festa di San Giovanni Bosco. Sono 134 i Paesi nel mondo dove la presenza dei salesiani permette ogni giorno di dare forma alle indicazioni del sacerdote piemontese: “Siate buoni cristiani ed onesti cittadini“. Ascolteremo le parole pronunciate dal Papa a Valdocco nel 2015, in occasione del bicentenario della nascita del santo. Ospite don Giorgio Degiorgi, direttore dell’istituto salesiano San Lorenzo di Novara. Spazio anche ai sogni di don Bosco, fondamentali per capirne la figura, ed al primo contratto di apprendistato in Italia, voluto anche dal fondatore dei salesiani.

Salesiani San Paolo: Una nuova “casa” per contrastare la povertà e la solitudine!

La testata giornalistica online Altra Voce dedica un articolo all’inaugurazione dell’Accoglienza Residenziale dell’Opera Salesiana San Paolo avvenuta sabato 1 febbraio. Di seguito l’articolo pubblicato, a cura di Alessandro Ritella.

TORINO: Una nuova “casa” per contrastare la povertà e la solitudine!

Sabato 1 febbraio, nel contesto della Festa di san Giovanni Bosco, i salesiani di borgo San Paolo, assieme ai superiori provinciali, hanno inaugurato la residenza temporanea per ragazzi maggiorenni, Housing sociale, e i nuovi locali del Centro Ascolto – Caritas, esistente già da molti anni. Il progetto, denominato “Questa è la mia casa“, si inserisce all’interno di un fitto programma di impegno sociale che i salesiani in questo particolare e importante quartiere di Torino svolgono. In questo caso si è voluta porre l’attenzione soprattutto su due bisogni sempre più all’ordine del giorno nel mondo di oggi: da una parte le povertà del territorio con la presenza del Centro Ascolto che, sempre con grande attenzione e generosità, è attivo nell’assistenza e nella cura dei meno abbienti e i cui volontari si prestano al servizio in molte occasioni quali possono essere la raccolta alimentare nei supermercati o la raccolta di medicinali nelle farmacie della zona. Dall’altra invece uno sguardo attento ai giovani, quelli più deboli, che, sempre più spesso, si ritrovano soli in una società che è molto cambiata.

I salesiani, ormai tre anni fa, oltre all’attività parrocchiale e oratoriana, hanno inaugurato una Comunità per Minori Stranieri non accompagnati dentro al progetto “Casa che accoglie“, che da tempo ospita, cresce e forma fino a 12 giovani minorenni accompagnati dall’Ufficio Minori Stranieri di Torino, che vivono insieme alla comunità e vengono aiutati per il conseguimento della licenza media, cercando anche di far proseguire gli studi – tempi di permanenza permettendo – in modo che abbiano capacità professionali come ristorazione o meccanica.
Si cerca inoltre di dare loro lo spazio per attività di tempo libero e sport, sia nell’oratorio salesiano che fuori. Insomma un progetto che ha dato e dà modo a salesiani, educatori e volontari della parrocchia la possibilità di confrontarsi con una realtà diversa, che ha centrato il punto sulle povertà dei giovani e che smonta giorno dopo giorno la solita retorica antimigratoria e dell’odio.

Sabato si è aperto lo spazio in cui questi giovani inizieranno ad affacciarsi alla società che li ospita e condivideranno la loro routine assieme a persone con storie ancora diverse da quelle che hanno incontrato e in cui lo scambio interculturale sarà ancora più interessante. Il nuovo housing sociale, infatti, potrà ospitare, oltre a quei giovani che, raggiungendo la maggiore età, concludono il loro percorso nella “Casa che accoglie” e stanno cercando ancora una soluzione di indipendenza, anche altri giovani come studenti fuori sede e altri.

Il progetto è stato dunque lungamente pensato e realizzato con l’aiuto di tanti parrocchiani e in particolare di un benefattore che ha voluto rimanere nell’anonimato.

Come è stato ricordato sabato anche dall’ispettore dei salesiani del Piemonte e della Valle d’Aosta, don Enrico Stasi, quella del San Paolo non è la prima esperienza di housing sociale che i salesiani a Torino aprono; infatti pochi mesi fa in zona San Salvario ne è stata inaugurata una e da alcuni anni ne è attiva un’altra in zona Mirafiori presso l’istituto Agnelli.

Alessandro Ritella

Oratorio San Paolo: inaugurazione “Accoglienza residenziale” – La Voce e Il Tempo

La Voce e il Tempo di domenica 6 febbraio, riporta un articolo sull’apertura dell’appartamento dedicato all’accoglienza temporanea presso la comunità dell’Opera Salesiana San Paolo. Di seguito l’articolo dedicato, a cura di Marina Lomunno.

 

La comunità dell’Opera salesiana San Paolo, che prende il nome da una delle borgate più antiche e popolari della città, sempre più in prima linea per affrontare le emergenze del territorio. Come avrebbe fatto oggi il santo dei giovani. Per questo con lo slogan «Questa è la mia casa», la casa di don Bosco, è stato inaugurato, sabato 1 febbraio, un appartamento per l’«Accoglienza residenziale temporanea» che potrà ospitare fino a 7 giovani maggiorenni. La nuova struttura, in cui trovano spazio anche i rinnovati locali della Caritas, si aggiunge alla comunità alloggio aperta nell’ottobre 2016 in cui sono stati accolti 12 Msna, minori stranieri non accompagnati (11 egiziani e un albanese) affidati ai salesiani dall’Ufficio minori stranieri del Comune. I nuovi servizi sono stati avviati ufficialmente non a caso all’indomani della festa liturgica di don Bosco, celebrata venerdì 31 nella Basilica di Maria Ausiliatrice con la Messa per i giovani con il Rettor Maggiore don Ángel Fernández Artime e, in serata con la concelebrazione presieduta dall’Arcivescovo Cesare Nosiglia.

«Circa tre anni fa eravamo qui per inaugurare la nuova comunità per minori stranieri»

ha detto il direttore del San Paolo, don Alberto Lagostina, al taglio del nastro a cui hanno partecipato, tra gli altri don Enrico Stasi, ispettore salesiano del Piemonte e della Valle d’Aosta, don Stefano Mondin, responsabile della Pastorale giovanile dell’Ispettoria e Sonia Schellino, vicesindaco di Torino e assessore ai Servizi sociali. Il Comune di Torino contribuisce al progetto di sostegno all’autonomia dei minori e dei giovani affidati ai salesiani con il «Piano di inclusione sociale» che mette in rete tutti gli attori del territorio.

«Già allora avevamo il desiderio di fare qualcosa di più, per quanti di loro hanno ancora bisogno di un periodo di sostegno prima di affrontare la vita in completa autonomia. È nata così questa Accoglienza, un appartamento riservato a sette neomaggiorenni, italiani e stranieri, alcuni cresciuti nell’attigua comunità per minori o già inseriti nei nostri oratori: studenti, universitari o lavoratori che necessitano nel loro cammino verso l’indipendenza di una residenza temporanea e che vogliano condividere un tempo della loro vita con giovani di altre nazioni e con la comunità dei salesiani e della parrocchia».

Don Lagostina ha sottolineato come la nuova Casa, resa possibile grazie al contributo di un benefattore, rientra nel cammino di accoglienza della parrocchia e dell’oratorio che contribuiscono con tanti volontari alla gestione pratica ed educativa delle due Comunità per i giovani più fragili e del Centro di ascolto della Caritas «salvagente» per le crescenti le necessità delle famiglie del quartiere.

«In un tempo dove si enfatizza la diversità, dove nascono nuove forme di razzismo, dove si colpiscono fasce deboli come gli immigrati, facendoli diventare causa di tutti i mali, riteniamo importante porre piccoli segni che però parlano. Così è questa nuova residenza per giovani che si affacciano alla vita adulta dove si intende porre il segno della condivisione tra diverse nazionalità, italiana compresa».

È l’impegno dei salesiani in città, che continuano ad essere in prima linea negli oratori delle periferie multietniche nella «lotta contro la povertà educativa per far rialzare i ragazzi che hanno avuto di meno». Le difficoltà e i pregiudizi si combattono aprendo le comunità, andando a cercare i ragazzi per le strade come facevano i santi sociali.

«Far sentire a casa chi ha bisogno di sostegno: questa è la sfida del San Paolo: dobbiamo riscoprire la vita comunitaria. Qui funziona perché la comunità parrocchiale, l’oratorio, la comunità degli educatori e la Casa di accoglienza sono integrate, sono un’unica famiglia dove ciascuno si prende carico uno degli altri»

sottolinea don Stefano Mondin. Fabrizio Spina, educatore, consacrato salesiano è uno dei responsabili del nuovo appartamento, «un laboratorio» come lo definisce «in cui ho la fortuna di sperimentare insieme a questi ragazzi, italiani e stranieri, che hanno fatto un pezzo di strada nelle nostre opere, un percorso verso l’età adulta in stile salesiano: una famiglia di giovani che hanno bisogno ancora di una stampella per fare il salto verso l’autonomia. C’è chi lavora, chi ha ripreso gli studi, chi sta cercando la sua strada. Ci aiutiamo, la comunità parrocchiale ci aiuta, non siamo soli. Sono ragazzi che meritano fiducia, la condivisione di valori comuni è uno stimolo forte alla crescita». Durante l’inaugurazione, don Stasi ha ricordato che oggi don Bosco avrebbe fatto lo stesso richiamando le parole dell’omelia dell’Arcivescovo in Basilica, davanti all’urna del santo dei giovani:

«Don Bosco non ha mai considerato un ragazzo irrimediabilmente perduto, tanto da non tentare un ricupero, da non concedergli fiducia, da non dirgli con forza: ‘Talità Kum’, alzati e cammina come ha detto Gesù alla figlia di Giairo. Nessun ragazzo e ragazza è dunque considerato ‘morto’, perduto per sempre, da parte di Gesù. Nessuno è considerato così difficile da non tentare un ricupero, da non concedergli fiducia, da non dirgli con forza: ‘Alzati dalla tua situazione e prendi in mano la tua vita con gioia e coraggio’».

Don Bosco Châtillon: le esperienze degli stage aziendali all’estero dei ragazzi al TGR

“Consentire agli studenti di fare una esperienza di vita e di lavoro all’estero per acquisire nuove competenze professionali e linguistiche” è l’obiettivo del progetto organizzato dall’Istituto Salesiano Don Bosco di Châtillon che anche quest’anno ha permesso a 17 studenti delle classi quarte e quinte di svolgere uno stage aziendale in alcune città della Spagna e della Francia.

Il 31 gennaio scorso, nel giorno della ricorrenza di San Giovanni Bosco, l’edizione del “Buongiorno Regione” del TGR della Valle d’Aosta ha dedicato un servizio alle esperienze di stage all’estero vissute dai ragazzi dell’Istituto. Ospite in studio per commentare il progetto, il direttore dell’opera don Vincenzo Caccia.

(Servizio TGR sull’Istituto Don Bosco di Châtillon dal minuto 14.13 al minuto 20.20)

Gli stage della durata da 1 a 3 mesi sono stati finanziati dalla Sovrintendenza agli studi della Regione Valle d’Aosta e dalla Fondazione CRT.

Uno degli obiettivi principali di questa esperienza è il poter imparare a vivere in autonomia.

La nostra soddisfazione è stata quella di vedere che ad alcuni ragazzi è stata proposta un’assunzione direttamente da queste ditte all’estero. Ci fa piacere e vuol dire che stiamo andando nella direzione giusta.

(Don Vincenzo Caccia in studio al TGR – Direttore dell’Istituto Don Bosco di Châtillon)

Avvenire – Una casa di accoglienza per giovani nel segno di don Bosco

Si riporta la notizia proveniente da Avvenirequotidiano di ispirazione cattolica – di sabato 1 febbraio, riguardo all’inaugurazione della comunità di San Paolo, un appartamento per l’«accoglienza residenziale temporanea» che potrà ospitare fino a 7 giovani maggiorenni, e della messa tenutasi in Basilica Maria Ausiliatrice a Valdocco presieduta dall’Arcivescovo di Torino, Mons. Cesare Nosiglia, in occasione della festa di don Bosco del 31 gennaio 2020 (clicca qui per saperne di più). Articolo a cura di Marina Lomunno.

«Questa è la mia casa» fa il bis. La comunità dell’Opera salesiana San Paolo, che prende il nome da una delle borgate più antiche e popolari della città, inaugura nel pomeriggio un appartamento per l’«accoglienza residenziale temporanea» che potrà ospitare fino a 7 giovani maggiorenni. La nuova struttura, in cui trovano spazio anche i rinnovati locali della Caritas, si aggiunge alla comunità alloggio aperta nell’ottobre 2016 in cui sono stati accolti 12 minori stranieri non accompagnati (11 egiziani e un albanese) affidati ai salesiani dall’Ufficio minori stranieri del Comune. I nuovi servizi vengono avviati non a caso all’indomani della festa liturgica di don Bosco, celebrata ieri nella Basilica di Maria Ausiliatrice con la Messa per i giovani con il rettor maggiore don Ángel Fernández Artime e in serata con quella presieduta dall’arcivescovo di Torino, Cesare Nosiglia.

«Circa tre anni fa eravamo qui per inaugurare la nuova comunità per minori stranieri» anticipa il direttore del San Paolo, don Alberto Lagostina parlando dell’inaugurazione di oggi.

«Già allora avevamo il desiderio di fare qualcosa di più, per quanti di loro hanno ancora bisogno di un periodo di sostegno prima di affrontare la vita in completa autonomia. È nata così questa Accoglienza».

Don Lagostina sottolinea come la nuova Casa, resa possibile grazie al contributo di un benefattore, rientra nel cammino di accoglienza della parrocchia e dell’oratorio che contribuiscono con tanti volontari alla gestione pratica ed educativa delle due Comunità per i giovani più fragili e del Centro di ascolto della Caritas “salvagente” per le crescenti le necessità delle famiglie del quartiere.

«In un tempo dove si enfatizza la diversità, dove nascono nuove forme di razzismo, dove si colpiscono fasce deboli come gli immigrati, facendoli diventare causa di tutti i mali, riteniamo importante porre piccoli segni che però parlano. Così è questa nuova residenza per giovani che si affacciano alla vita adulta dove si intende porre il segno della condivisione tra diverse nazionalità, italiana compresa». È l’impegno dei salesiani in città, che continuano ad essere in prima linea negli oratori delle periferie multietniche nella «lotta contro la povertà educativa per far rialzare i ragazzi che hanno avuto di meno».

Come avrebbe fatto oggi don Bosco, ha evidenziato l’arcivescovo Nosiglia in Basilica davanti all’urna del santo dei giovani: «Don Bosco non ha mai considerato un ragazzo irrimediabilmente perduto, tanto da non tentare un ricupero, da non concedergli fiducia, da non dirgli con forza: Talità Kum, alzati e cammina come ha detto Gesù alla figlia di Giairo. Nessun ragazzo e ragazza è dunque considerato “morto”, perduto per sempre, da parte di Gesù. Nessuno è considerato così difficile da non tentare un ricupero, da non concedergli fiducia, da non dirgli con forza: “Alzati dalla tua situazione e prendi in mano la tua vita con gioia e coraggio”».

 

 

Don Jabloyan, «l’Oratorio di Aleppo unica speranza nella guerra» – La Voce e il Tempo

La Voce e il Tempo di questa domenica, 2 febbraio, riporta un articolo dedicato alla testimonianza di don Pier Jabloyan, direttore della Casa Salesiana in Siria, durante la giornata di formazione congiunta tra salesiani ed educatori a Valdocco. Di seguito l’articolo dedicato, a cura di Stefano Di Lullo.

Don Jabloyan, «l’Oratorio di Aleppo unica speranza nella guerra»

VALDOCCO – LA TESTIMONIANZA DEL DIRETTORE DELLA CASA SALESIANA IN SIRIA ALLA GIORNATA DI FORMAZIONE CONGIUNTA PER SALESIANI ED EDUCATORI

La scorsa settimana presso la Casa madre dei Salesiani di Valdocco a Torino si è tenuto il secondo incontro dedicato al percorso di formazione congiunta tra Salesiani ed educatori di oratorio. La prima parte dell’incontro ha riguardato la relazione sul tema «I giovani alla luce dello sguardo di don Bosco» a cura di don Mario Fissore, incaricato dell’oratorio San Luigi a San Salvario che ha affrontato il tema partendo da ciò che Don Bosco racconta della sua giovinezza e adolescenza.

«La comprensione di fede dei propri anni giovanili, l’esperienza pastorale nella Torino dell’Ottocento, l’approfondimento di operette di spiritualità giovanile – ha detto don Fissore -hanno infatti portato in don Bosco a radicare la certezza che i giovani godessero di una speciale predilezione da parte di Dio. Per don Bosco la giovinezza è un’età quanto mai preziosa in funzione dell’esistenza della singola persona e del futuro della società, anche perché è facile constatare come la strada intrapresa negli anni della gioventù, difficilmente si abbandona in età adulta».

La seconda parte del percorso di formazione ha riguardato invece la testimonianza di don Pier Jabloyan, direttore della Casa Salesiana di Aleppo che si trova nella zona ovest della città, dal 2011 dilaniata dalla guerra. Don Pier ha parlato dell’importante ruolo che ha avuto l’oratorio salesiano di Aleppo nell’accogliere i giovani della città nelle situazioni più drammatiche e devastanti del conflitto che ha lasciato tracce indelebili nel tessuto cittadino che sta cercando di risollevarsi con coraggio e tenacia.

«In alcune occasione siamo stati costretti a chiudere l’oratorio per motivi di sicurezza», ha raccontato don Pier, «appena possibile abbiamo sempre ripreso le attività con coraggio, aprendo le porte ai giovani. Non abbiamo fatto cose straordinarie, ma normali, che durante una guerra diventano certamente straordinarie. Per questo lo spirito di Don Bosco per noi che viviamo l’esperienza della guerra ha significato testimoniare una vita gioiosa».

Lo scorso novembre è partito il gemellaggio fra i giovani dell’Ispettoria dei Salesiani di Piemonte e Valle d’Aosta e quella del Medio Oriente, in particolare con le Case salesiane di Aleppo e Kafroun in Siria. Un progetto che punta a favorire legami di fraternità formati da aiuti concreti e dalla preghiera gli uni verso gli altri.

Stefano DI LULLO

Museo etnologico Missioni Don Bosco: il nuovo allestimento – La Voce e il Tempo

La Voce e il Tempo di questa domenica, 2 febbraio, riporta un articolo dedicato al Museo etnologico Missioni Don Bosco inaugurato lo scorso autunno a Valdocco. Di seguito l’articolo dedicato, a cura di Federico Biggio.

San Giovanni Bosco nel mondo, museo a Valdocco

NUOVO ALLESTIMENTO – VISITABILE ANCHE NEI GIORNI DELLA FESTA

Nei giorni della festa di Don Bosco con celebrazioni quasi ad ogni ora a Valdocco (tra le altre venerdì 31, alle 18.30, la solenne concelebrazione con i giovani del Movimento giovanile salesiano presieduta dal Rettor Maggiore, e alle 21 la concelebrazione presieduta da mons. Cesare Nosiglia), la riflessione e la preghiera al santo ben si possono accostare alla visita al Museo etnologico Missioni Don Bosco inaugurato lo scorso autunno a Valdocco.

Dai manufatti della Patagonia e della Terra del Fuoco, appartenenti a popolazioni oggi estinte e risalenti alla prima missione salesiana nel 1875, ai diademi Bororo del Brasile, che spiccano al centro della sala accanto a statue tradizionali e ventagli giapponesi, il museo ripercorre, attraverso gli oggetti esposti, la storia culturale delle popolazioni indigene incontrate in 150 di missioni salesiane in sud America, in Asia, in Oceania e in Africa. Questi oggetti – utensili, arredi, abiti e ornamenti – costituiscono il «racconto di un incontro», come l’ha definito Elisabetta Gatto, antropologa di Missioni don Bosco e responsabile dell’allestimento.

Un racconto di storie di invenzione creativa, che ha portato diversi popoli ad adattarsi all’ambiente, trasformando le poche risorse disponibili in manufatti dall’enorme valore etnografico, per rispondere alle esigenze di vita quotidiana o per la realizzazione delle pratiche culturali e rituali. Collocati all’interno di teche e armadi ‘reliquiari’ (sono gli stessi che precedentemente erano siti nel museo delle Camerette di don Bosco), questi oggetti raccontano anche di uno spostamento geografico, che dalla loro terra di origine li ha portati oggi ad essere presenti in Italia, a Valdocco, nel cortile in cui il carisma salesiano è nato, grazie al lavoro dei missionari che, nel corso degli anni, li hanno ricevuti in dono da parte delle popolazioni indigene incontrate, supportate ed evangelizzate, nel rispetto delle culture religiose locali. Lo stesso spostamento che, ancora oggi, pellegrini provenienti da ogni parte del mondo, giungendo a Torino, a Valdocco, continuano ad alimentare anno dopo anno, da 150 anni.

Il museo inoltre è anche stato pensato seguendo un percorso cromatico che rappresenti, metaforicamente, la contrapposizione e il reciproco richiamo fra la terra ed il cielo. Gli oggetti esposti e le teche richiamano la terra cruda e diverse tonalità del marrone; le tavole descrittive, i colori dell’arcobaleno. Costituisce una ricchezza scientifica per lo studio etnografico che approda in città (la più completa collezione si trova al colle don Bosco) e si apre al pubblico, tutti i giorni, festivi compresi, dalle 8 alle 18.

Federico BIGGIO

Oratorio Michele Rua: Il ragazzo di Barriera che battè Kobe e in premio ebbe le sue «Crazy 8»

Nel lontano 1997, un educatore dell‘oratorio salesiano Michele Rua, Dario Licari sfidò ad un torneo il campione di basket Kobe Bryant recentemente scomparso in un tragico incidente, il quale gli promise che se avesse vinto gli avrebbe regalato le sue famose scarpe, le Crazy 8 dell’Adidas. Oggi quell’educatore ne conserva il ricordo insieme ad una foto scattata quel giorno.

Si riporta di seguito l’articolo pubblicato oggi sul “Corriere della Sera“.

Per i collezionisti di sneakers, le Crazy 8 sono le prime scarpe indossate da Kobe Bryant in campionato. Anno 1997, quelle Adidas raccontano lo scomparso asso dei Lakers prima del successo. Ma per Numinato «Dario» Licari, 45 anni, educatore dell’oratorio Michele Rua, le Crazy 8 sono la prova che non è inventata la leggenda del ragazzo di Barriera di Milano che battè il campione.
Per gli adolescenti di inizio Duemila, l’Adidas Streetball era l’appuntamento che segnava l’inzio dell’estate. Un torneo «griffato» capace di radunare migliaia di giovani da tutto il Piemonte. Col basket come pezzo forte e i canestri montati al Lingotto.

«Io ho partecipato a tre edizioni. Nel 1997 con i miei amici dell’oratorio c’eravamo iscritti al torneo di calcio. Siamo arrivati in finale, con la squadra: “Numi il rabbino e i suoi discepoli”. Nome ispirato ai miei capelli di allora».

A 23 anni Licari è uno sportivo, ma ancora di più un personaggio.

«Avevo le treccine, giravo per gli stand con un cappello da vichingo e un cartello con su scritto “Applausi” e “non vi sento”».

Che gli ha permesso di arrivare alle finali internazionali di Milano senza aver vinto sul campo.

«Mi assegnarono il premio simpatia, il riconoscimento “rivelazione della tappa”, ricorda, e l’invito per Milano».

Per Licari, oggi consigliere di Circoscrizione 6, quel viaggio ha un finale inaspettato.

«Dovevo fare l’animatore, c’erano 10 mila ragazzi da tutto il Mondo», racconta.

Fino alla partita che non t’aspetti.

«Prima della gara delle schiacciate, organizzarono una partitella tra star. Siccome ne mancava uno, mi sono unito. Io ho giocato con il padre di Bryant, nell’altra squadra c’erano Meneghin e il giovanissimo Kobe».

Quell’estate, il ragazzo dei Lakers non è ancora il Black Mamba della storia della pallacanestro. A maggior ragione in Italia dove il basket era uno sport per pochi e difficile da vedere in tv.

Non c’erano internet e smartphone. Ma una foto racconta quell’amichevole in cui davanti a migliaia di ragazzi, un giovane di 23 anni di Barriera ha annichilito Kobe.

«Mi sono presentato in inglese al giovane Bryant. Ma lui mi ha risposto in italiano lanciandomi una sfida. Se gli avessi fatto un canestro, mi avrebbe regalato qualcosa. Io ho puntato, da buon ragazzo di Barriera, subito alle scarpe. Lui ha accettato. Il resto? È storia».

Primo pallone, Licari deve avviare

l’azione ma, invece di passarlo, fa due-tre passi verso il centrocampo e indovina il tiro della vita.

«È scoppiato un boato incredibile, aggiunge. Poi, Kobe diede spettacolo e fece vedere le sue famose schiacciate».

Ma la sfida aveva
un altro vincitore.

«Preferivo il calcio, ma ero un amatore del basket. Quando arrivavo in oratorio, molte volte per primo, mi mettevo a palleggiare da solo. Ho sempre avuto un’abilità, per non dire altro, per le “bombe” da tre. E, quella volta, non mi sono tirato indietro».

Un canestro diventato leggenda.

«In quartiere, i truzzi di Barriera mi chiamavano quello che aveva “battuto Bryant”. Poi, negli anni, la storia è stata dimenticata e qualche volta la racconto ai bambini dell’oratorio dove lavoro ancora. Quasi non ci credono».

E le scarpe?

«Le ho conservate. Anche se hanno un numero improponibile. Ho provato a indossarle ma, anche con
due calze, mi stanno troppo larghe».

Licari mostra le Crazy 8 come una reliquia.

«Eravamo giovani e spensierati. Sono dispiaciuto per la morte di Bryant. Oggi mi ha scritto un amico d’infanzia che non abita in Italia. Abbiamo sorriso con tristezza ricordando quel giorno».

Salesiani Novara: “L’esempio di don Bosco dalla Materna al Liceo”

Il Verbano riporta un articolo dedicato all’impegno dei Salesiani a Novara nell’accompagnare i ragazzi dai banchi di scuola fino all’età adulta. Tra le realtà coinvolte, l’Istituto San Lorenzo, le scuole di via Battistini e via Gallarati delle Figlie di Maria Ausiliatrice, l’Oratorio e il CFP.

Riportiamo di seguito l’articolo pubblicato il 24 gennaio scorso a cura di Sara Sturmhoevel.

UN AIUTO PER L’EDUCAZIONE FIN DA PICCOLI

L’esempio di don Bosco dalla Materna al Liceo

A Novara: i primi salesiani arrivarono nel 1893

Stare accanto ai giovani, per guidarli dai banchi di scuola fino all’età adulta, dando loro gli strumenti per diventare cittadini consapevoli e buoni cristiani, nella convinzione che si inizia da piccoli a diventare grandi. Questo è da oltre cento anni lo scopo dei Salesiani a Novara. Un lavoro quotidiano, accanto ai giovani, che passa dalle aule scolastiche dell’Istituto San Lorenzo e delle scuole di via Battistini e via Gallarati, dall’Oratorio e dai centri per la formazione professionale, fino ad arrivare, grazie a un lavoro di costante alleanza con le famiglie, alle case dei ragazzi.

«La presenza salesiana a Novara risale al 1893, quando a Novara arrivò il primo salesiano, e da quel momento, seguendo l’esempio di don Bosco, si è sempre impegnata per la formazione e l’educazione dei più piccoli – ricorda don Giorgio De Giorgi, direttore del San Lorenzo -. Animati dal carisma di Don Bosco e attenti ai cambiamenti della società, con i nostri insegnanti ed educatori accompagniamo i ragazzi in un cammino educativo che va oltre all’orario scolastico».

I salesiani all’Istituto San Lorenzo si occupano dell’istruzione di 630 giovani, che frequentano la scuola secondaria di primo grado, il Liceo Scientifico e i corsi del Centro di formazione professionale e che sono ospitati presso il Convitto universitario.

Condividono con l’Istituto San Lorenzo l’impegno educativo nei confronti degli adolescenti le Figlie di Maria Ausiliatrice dell’Istituto Immacolata di via Gallarati.

«Siamo impegnate nel servizio educativo dei ragazzi, a partire dalla scuola elementare – spiega la direttrice suor Cecilia Berra -. L’impegno formativo continua attraverso l’attenzione per i 216 adolescenti e gli adulti disoccupati, circa 50, che seguono i corsi del CIOFS-FP».

Per 215 bambini della primaria, 155 ragazzi della secondaria e per gli studenti del CIOFS-FP, le 19 religiose, assieme agli insegnanti ed educatori, sono un punto di riferimento. Il servizio per l’educazione dei bambini incomincia, però, già alla scuola materna. Ad occuparsene sono le Figlie di Maria Ausiliatrice di via Battistini, nella parrocchia del Sacro Cuore di Novara.

«Con i più piccoli ci mettiamo in gioco ogni giorno per rendere concreta la nostra vocazione educativa – dice suor Daniela Rei, direttrice dell’Istituto di Via Battistini -. Seguiamo 470 bambini alla scuola primaria e a qulla per l’infanzia, e cerchiamo di essere d’aiuto in parrocchia».

Ed è così che la vocazione educativa della Famiglia salesiana a Novara si trasforma in un servizio alla comunità.

Sara Sturmhoevel 

Collaborazione AslTo3 e IUSTO – La Stampa

L’Azienda Sanitaria Locale di Collegno e Pinerolo (Asl To3) e l’Istituto Universitario Salesiano di Torino (IUSTO) collaboreranno alla sperimentazione di un servizio di Psicologia all’interno delle Case della Salute. Lo prevede l’accordo siglato nei giorni scorsi dal Direttore generale dell’Asl To3 Flavio Boraso e dal Direttore generale di IUSTO Alessio Rocchi.

Si riporta di seguito l’articolo pubblicato ieri da La Stampa in merito alla nuova collaborazione.

Nelle case della Salute dell’Asl To3 arrivano gli psicologi dell’Università salesiana

L’istituto cattolico metterà a disposizione psicologi e tirocinanti post-laurea, dottorandi di ricerca ed educatori

COLLEGNO. Nelle Case della salute dell’Asl To3 arriveranno gli psicologi dell’Istituto Universitario Salesiano di Torino (Iusto). L’accordo di collaborazione è stato siglato tra il Direttore generale dell’Asl To3 Flavio Boraso e dal Direttore generale di Iusto Alessio Rocchi. Il progetto, finanziato dalla Compagnia di San Paolo, riguarderà le Case della Salute di Beinasco, Collegno, Cumiana, Pianezza e Vigone, ovvero le Case della Salute strutturali dell’Asl To3 che prevedono la presenza stabile di medici di base e pediatri. Iusto metterà a disposizione psicologi e tirocinanti post-laurea, dottorandi di ricerca ed educatori.
L’obiettivo
L’obiettivo è offrire un supporto psicologico alle persone che si rivolgono alle strutture, aiutando i pazienti ad aumentare la conoscenza della propria malattia (specie nella cronicità), ad adottare comportamenti e stili di vita più appropriati e ad applicare in modo adeguato le terapie, al fine di migliorare il benessere dell’individuo e riducendo oltretutto la medicalizzazione e l’uso improprio di farmaci e di esami diagnostici.