Istituto Salesiano Fossano – “Io lavoro”, l’evento che mette insieme chi offre e chi cerca lavoro

Si riporta la notizia pubblicata sul settimanale “La Piazza Grande”Fossano – di martedì 2 aprile 2019 riguardo alla prima edizione locale di “Io Lavoro”la manifestazione che mette in contatto imprese e persone in cerca di lavoro e offre numerose opportunità per orientarsi e informarsi, che si svolgerà giovedì 11 aprile presso l’Istituto Salesiano di Fossano.

Io lavoro, la manifestazione che mette in contatto imprese e persone in cerca di lavoro e offre numerose opportunità per orientarsi e informarsi, fa tappa a Fossano, la prima edizione locale si terrà giovedì 11 aprile presso l’Istituto Salesiano, in via Verdi 22, dalle ore 9.30 alle 17.30.

L’evento promosso dall’Assessorato all’Istruzione, Lavoro, Formazione professionale della Regione Piemonte grazie alle risorse del Fondo sociale europeo, è organizzato dall’Agenzia Piemonte Lavoro con il Centro per l’impiego di Fossano, struttura territoriale dell’Agenzia, in coordinamento con la di Città di Fossano, CNOS FAP Regione Piemonte, Centro di Formazione Cebano Monregalese, Consorzio Monviso Solidale, Adecco, Openjobmetis, I.I.S. Vallauri Fossano.

Alla manifestazione partecipano aziende e agenzie per il lavoro del territorio con le loro offerte di impiego e formative, che saranno pubblicate, da lunedì 1 aprile, sul sito web www.iolavoro.org. Per chi cerca lavoro l’iscrizione online consente di accedere a numerose opportunità: incontrare le aziende e consegnare il proprio curriculum secondo la formula elevator pitch (brevi presentazioni della durata complessiva di 30 minuti: 15 a disposizione dell’azienda, 15 del candidato). Le persone possono assistere inoltre a workshop e seminari su temi come sostenere un colloquio di lavoro, scrivere un curriculum vitae efficace, ricevere informazioni per lavorare all’estero con il servizio Eures e suggerimenti per creare un’impresa con il programma regionale MipMettersi in Proprio.

A Io lavoro Fossano c’è anche l’Orientamento ai Mestieri WorldSkills, partecipando al “Tour dei Mestieri” gli studenti di Istituti professionali e tecnici e Agenzie formative, gli alunni delle scuole medie, docenti, famiglie e i visitatori della manifestazione possono osservare le dimostrazioni pratiche, partecipare ai laboratori e ricevere informazioni sui mestieri in mostra: acconciatore, estetista, elettricista, carrozziere, meccanico d’auto, meccanico di macchine edili e agricole, operatore di macchine a controllo numerico e termoidraulico.

Sono soddisfatta – ha dichiarato Gianna Pentenero, assessora all’Istruzione, Lavoro e Formazione professionale della Regione Piemonte – che, dopo le edizioni di Bra, Cuneo e Alba, Iolavoro torni nella provincia Granda, con la prima edizione locale in programma a Fossano. La manifestazione, nata a Torino in occasione delle Olimpiadi invernali e negli anni arricchitasi sempre di più nei contenuti e nell’estensione geografica, risponde all’esigenza di far incontrare in un’unica sede domanda e offerta di lavoro. Inoltre, la presenza dell’orientamento ai mestieri consente di valorizzare la formazione tecnica e professionale che nella nostra regione ha una lunga e consolidata tradizione.

“Gli appuntamenti sul territorio piemontese della job fair Iolavoro – ha spiegato Claudio Spadon, direttore di Agenzia Piemonte Lavoro – proseguono anche nel mese di aprile, questa volta la manifestazione fa tappa per la prima edizione a Fossano. Un’occasione importante che mette in contatto in unica giornata le aziende, le agenzie per il lavoro accreditate, le agenzie formative e le associazioni della città di Fossano in sinergia con iterritori di Savigliano e di Saluzzo.

Inoltre sono presenti i servizi pubblici per il lavoro, con la partecipazione attiva del Centro per l’impiego di Fossano, che porta in manifestazione le offerte di lavoro e il servizio “SOS CV” di supporto alla redazione del curriculum vitae. Inoltre l’Agenzia Piemonte Lavoro conferma l’impegno nella promozione dell’orientamento formativo e professionale ai mestieri WorldSkills, con l’organizzazione di spazi dedicati alla conoscenza di vari mestieri, dove far incontrare studenti, docenti e famiglie, oltre a chiunque desideri mettersi alla prova in un mestiere tecnico e pratico attraverso il Tour dei Mestieri”.

“Il lavoro è il problema del momento – ha dichiarato Davide Sordella, sindaco di Fossano -. Lavoro non è solo entrata economica, ma anche dignità della persona. Il lavoro non lo creano le istituzioni, ma gli imprenditori. Quindi il nostro compito è quello di favorire i soggetti coinvolti: la formazione, le imprese, gli strumenti di supporto e ricerca del lavoro”.

“La Città di Fossano è lieta di ospitare per la prima volta Iolavoro – ha dichiarato Cristina Ballario, assessore alle politiche del lavoro e formazione professionale Città di Fossano -. Un evento che concretamente offre l’opportunità di incontro tra domanda e offerta di lavoro e va ad integrare le azioni di politica attiva messe in atto dal Comune di Fossano in questi ultimi anni con l’intensificarsi delle problematiche lavorative riguardanti particolari fasce della popolazione fossanese. Il dialogo e il confronto tra i soggetti territoriali interessati alle tematiche del lavoro, della formazione professionale e dell’istruzione sono stati adottati quali modalità al fine di individuare una strategia unitaria attraverso la formalizzazione di una rete coordinata e sistemica di informazioni e servizi in materia di riqualificazione, inserimento e reinserimento nel mercato del lavoro”.

Giornata Caritas XXX Valdocco – Carità Chiamante

Si è svolta nella giornata di sabato 30 marzo, presso il teatro grande di Valdocco, la Giornata Caritas XXX valida per il rinnovo del mandato dei ministri straordinari della comunione, dal tema “Carità chiamante”.

L’incontro, iniziato alle 8.30 e terminato attorno alle 13.00, ha seguito questo programma:

  • Parola che chiamaProclamazione, ascolto e testimonianze a partire dalla Parola di Dio.
    Don Marco Calvo, direttore della Caritas di Casale Monferrato.
  • Carità che oggi chiama la chiesa torineseLe prospettive pastorali della chiamata alla carità.
    Mons. Cesare NosigliaArcivescovo.
  • Testimonianza che chiama“Anche noi, noi più di tutti, siamo cultori dell’uomo”.
    Provocazioni dalla saggezza di Paolo VI, il Santo che diede vita a Caritas.
  • Chiesa a servizio del mondo – Sfide, prospettive e strategie della carità.
    Alberto Chiara, giornalista, conduce un confronto di esperienze ed opinioni, con la partecipazione di Francesco Marsico – Responsabile area nazionale Caritas Italia.
  • Carità che chiama ad amare davveroSpunti di riflessione per a formazione personale e comunitaria.
    Pierluigi Dovis, direttore Caritas Diocesana Torino.

Ecco le parole di Mons. Cesare Nosiglia:

Cari amici operatori della carità, vi esprimo anzitutto dal profondo del cuore il ringraziamento dell’intera Chiesa di Torino e del vostro vescovo per quanto fate e per ciò che rappresentate nella nostra realtà ecclesiale e sociale. Quest’assemblea intende rendere manifesto a tutti il vostro impegno, riconoscendo a ciascuno di voi un ministero di fatto, che fonda il vostro servizio e ne fa una via per edificare la comunità nella carità, rendendola dunque sempre più credibile nella sua missione di servizio agli uomini.

—1. Intendo presentare brevemente un tema che giudico molto importante per voi e per la nostra Chiesa. È il servizio che, come comunità cristiana, offriamo ai poveri e a tutta la comunità civile, considerandolo una via privilegiata di educazione alla fede e alla vita. Quando parliamo di formazione e di educazione, siamo soliti riferirci a quell’impegno proprio di ogni famiglia, della scuola e della catechesi, che hanno il compito di sostenere il cammino intellettuale, morale e civile delle nuove generazioni. La carità, essendo una realtà molto concreta e meno astratta, si colloca nell’ambito del fare, più che del pensare. In realtà, la Chiesa ha sempre considerato la carità una via privilegiata di educazione e formazione alla fede e alla vita cristiana di ogni credente. Del resto, lo scopo per cui è nata la Caritas nella Chiesa italiana è quello di essere strumento per rinnovare l’azione educativa della Chiesa proprio mediante la carità, considerata via di formazione di mentalità e di stile di vita per il suo esercizio da parte sia di ogni singolo cristiano, sia anche dell’intera comunità cristiana.

La Caritas, allora, non è uno dei gruppi di volontariato, che, numerosi, svolgono il loro prezioso servizio nelle parrocchie o sul territorio, ma è segno e via che manifesta l’impegno di tutta la comunità nel campo della testimonianza della fede. Ricordiamo l’apostolo Giacomo, che dice: «A che serve, fratelli miei, se uno dice di avere fede, ma non ha le opere? Quella fede può forse salvarlo? Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano e uno di voi dice loro: “Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi”, ma non date loro il necessario per il corpo, a che cosa serve? Così anche la fede: se non è seguita dalle opere, in se stessa è morta. Al contrario uno potrebbe dire: “Tu hai la fede e io ho le opere; mostrami la tua fede senza le opere, e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede”» (Gc 2,14-18). Il seme, che va gettato nel campo del mondo e del vissuto di ogni persona, è la Parola di Dio, da cui nasce la forza dell’amore fino al dono totale di sé, che deve caratterizzare l’azione della comunità cristiana verso ogni creatura debole, indifesa, succube del peccato e di ogni forma di ingiustizia e
di sopraffazione. Questa unione stretta ed indissolubile tra Parola e Amore, verità e carità, è contenuta nel Vangelo che siamo chiamati a donare; è Cristo la Parola eterna del Padre, è lui l’Amore, che s offre fino al dono totale di se stesso.

“Fare la verità nella carità”: questa è la via fondamentale di ogni cristiano e di ogni comunità. «In Cristo verità e carità coincidono. Nella misura in cui ci avviciniamo a Cristo, anche nella nostra vita verità e carità si fondono. La carità senza la verità sarebbe cieca; la verità senza la carità sarebbe “come un cembalo che tintinna” (1Cor 13,1)», ha affermato il card. Ratzinger prima di essere eletto Papa (Omelia alla Messa pro eligendo pontifice, 18 aprile 2005). Sono espressioni chiare che ci fanno guardare sempre al nostro servizio caritativo nel sociale come via privilegiata di evangelizzazione e di educazione, spesso addirittura di prima evangelizzazione, per tante persone che solo così possono incontrare il volto paterno di Dio.

—2. Se la carità è dunque legata alla verità dell’annuncio del Vangelo e alla fede in Cristo, diventa decisiva la vostra formazione permanente, cari operatori della carità, per essere cristiani con una fede adulta, per poter vivere l’amore vero e promuovere un nuovo umanesimo integrale, che dia risposte piene a tutte le esigenze dei poveri e sofferenti. Non tralasciate mai la vostra formazione cristiana, unita all’impegno a prepararvi bene sul piano anche delle competenze, per rispondere così alle necessità sempre nuove e complesse delle povertà oggi esistenti sul nostro territorio.

Tutto questo va inserito dentro un cammino di Chiesa, perché è la comunità ad operare nella carità, prima delle singole persone. Occorre dunque puntare decisamente all’obiettivo che da tanti anni stiamo tentando di perseguire: pensare la carità in grande, come espressione ed impegno della nostra comunità ,resa soggetto protagonista e responsabile in questo ambito, il quale ne rappresenta l’anima più profonda e vera, il cuore pulsante di amore per ogni persona.

Possiamo dire che soggetto ed oggetto della Caritas non sono solo i poveri, ma in primo luogo la stessa comunità. Per questo, presidente ne è il vescovo, a livello diocesano, ed il parroco, a livello parrocchiale, ed il suo compito consiste nello svolgere un ministero, quello della comunione e del servizio che educa e fa crescere in tutta la comunità la consapevolezza e l’impegno di fare la carità come primaria via di formazione dei fedeli e della loro testimonianza nel mondo. L’azione caritativa rappresenta infatti il punto di partenza e di arrivo di un ampio lavoro capillare nel settore della solidarietà e dell’animazione e formazione delle nostre comunità cristiane ed esige il più forte e convinto appoggio dei consigli pastorali e di tutti i battezzati.

Animare, coordinare, promuovere il vasto campo dell’azione caritativa di una parrocchia; mantenere uno stretto collegamento con le altre realtà caritative delle parrocchie dell’unità pastorale; formare gli operatori, sensibilizzare le comunità, monitorare di anno in anno l’evolversi delle nuove povertà, promuovere interventi mirati per far fronte ad urgenze o situazioni di particolare disagio sul territorio: questo è il compito vasto e complesso di chi opera generosamente in tale ambito pastorale, così decisivo e necessario per l’evangelizzazione e la testimonianza.

—3. Questo riferimento alla dimensione ecclesiale della carità si radica e si attua sempre più a partire della stessa Eucaristia, centro vivo e cuore di tutta la vita della comunità e della sua missione. Il punto di partenza è la forte esortazione dell’apostolo Paolo alla comunità di Corinto, rimproverata di mangiare indegnamente il Corpo del Signore, perché non riesce a riconoscere Gesù nella comunità di coloro che condividono lo stessa fede e sono uniti nello stesso amore. Una comunità fatta di poveri e dunque bisognosi di essere accolti e sfamati alla stessa mensa del Signore, che è la carità.

Quando parliamo di carità, pensiamo subito alle cose da fare e da dare nella concretezza dei gesti e delle iniziative. Dunque, sembra che l’Eucaristia non c’entri con la carità e questa venga dopo la celebrazione, ne sia il risultato o meglio il frutto. È certamente vero che la carità scende per le strade e i luoghi dove la gente soffre e fatica, a causa di malattie e di miserie umane e sociali. Essa, tuttavia, non è per i cristiani solo una buona azione di solidarietà, anche se efficace sul piano dei servizi. La carità è amore che si dona ad ogni uomo e che nasce dall’amore di Dio accolto nell’Eucaristia, in quello spezzare il pane che conduce alla condivisione con tutti. Viene così superata la consueta contrapposizione, che a volte resta nella mentalità di tanti fedeli: da una parte c’è il culto e dall’altra la vita, da una parte la preghiera e dall’altra l’azione concreta.

Nella comunione eucaristica troviamo uniti strettamente insieme l’essere amati e l’amare gli altri.In sintesi, possiamo ben dire che «un’Eucaristia che non si trasforma in amore concretamente praticato è in se stessa frammentata» (cfr Benedetto XVI, Deus caritas est, 14). Ma chiediamoci allora: i poveri oggi sono realmente accolti con gioia nelle nostre assemblee liturgiche (cfr. Gc 2,2 ss.), fanno parte dei nostri incontri parrocchiali o di gruppo, delle nostre riunioni e feste, usufruiscono delle nostre mense? Se cerchiamo una risposta a partire dall’impegno concreto che le nostre comunità vivono, possiamo dire che la carità è non solo presente, ma rappresenta un elemento forte e visibile tra i più efficaci. Mi piace chiamarla la “perla preziosa” che ho trovato nelle parrocchie e in moltissimi gruppi, comunità religiose e civili, che si dedicano con un capillare volontariato ad alleviare le sofferenze e i bisogni dei poveri, degli emarginati, degli immigrati, dei senza dimora, dei disabili. Se invece guardiamo alla comunità nel suo complesso, all’utilizzo delle strutture stesse delle parrocchie e di tante comunità, c’è ancora molto da fare per rendere più ampia e capillare l’azione caritativa. La formazione alla carità, l’animazione della comunità e il coordinamento, che sono tra i compiti principali della Caritas, restano, a volte, in ombra e rischiano di perpetuare un’idea di carità-elemosina, che lascia il carico poi dell’azione concreta ai volontari, gente generosa, certo, ma che “ha tempo e voglia”, direbbe qualcuno. Preoccupa in questo il fatto, ad esempio, che a portare avanti gli impegni caritativi in molte parrocchie siano poche persone, che, da anni e anni, si impegnano con una dedizione veramente ammirevole, supplendo alla carenza dei giovani e delle famiglie.

Manca, o non è ancora penetrata nella mentalità e nel costume di vita delle assemblee domenicali edunque nella comunità, la convinzione che la carità non è un optional o un lavoro per addetti, ma un debito-dovere di ogni cristiano sul quale saremo giudicati e dal quale soltanto possiamo trarremotivo di credito davanti a Dio. Non è dunque solo questione di attivare in ogni parrocchia la Caritas o la san Vicenzo, ma di educare il popolo di Dio ad assumere in questo ambito una più decisa responsabilità collettiva, superando la delega. Su questo punto, credo che molto possano fare le unità pastorali, attivandosi in collaborazione con la Caritas diocesana per sviluppare un’opera di formazione, di coordinamento e di animazione, necessaria a sostenere le comunità ed i vari gruppi che ispirano la loro azione al Vangelo, e per ottimizzare le risorse, mirando alle povertà più urgenti e bisognose di aiuto sul territorio e ricercando altresì quelle sinergie e raccordi necessari con i Servizi sociali dei comuni, con le ASL e con ogni altro organismo civile interessato.

—4. Ho incontrato in questi anni tante realtà che operano nel sociale sul territorio e sono rimasto ammirato dalla capillarità e dalla grande generosità dei volontari ed operatori che le animano. Ci sono però ancora dei passi da fare tutti insieme, che vanno attivati con impegno e costanza.

* La formazione dei volontari e degli operatori. È richiesta una formazione essenziale sul piano spirituale e sociale e di “professionalità specifiche”. Ho sempre richiamato l’esigenza che ogni unità pastorale solleciti le parrocchie a mandare ogni anno alcuni operatori o volontari ai corsi di formazione della Caritas diocesana, per prepararsi bene attraverso un cammino serio e qualificato. Se questo impegno manca, la formazione si riduce a ben poca cosa, lasciando tutto come prima. —->Competenza professionale, dunque, ma anche grande umanità, quella che il Papa chiama “attenzione del cuore”.

* La necessità di un coordinamento di unità pastorale, che dia vigore e forza alle varie iniziative e faccia dialogare ed incontrare le realtà e le persone. Ho sentito che questa è un’esigenza, anche se difficile da concretizzare, visti gli impegni di tutti. La Caritas potrebbe, però, proporsi come gruppo di animazione e di coordinamento, per offrire stimolo e forza all’impegno di unità e comunione, che deve guidare quanti agiscono in quest’ambito. —-> La carità comporta unità, altrimenti si frammenta in tanti rivoli, che disperdono le forze ed impediscono di affrontare seriamente e con le dovute risorse le povertà vecchie e nuove del territorio.

* La grande sfida della missione, su cui la Chiesa oggi è impegnata anche nel nostro Paese, comporta annunciare Cristo ed il Vangelo dell’amore ad ogni uomo piagato nel corpo e nello spirito. Chi operanella carità e nella solidarietà è di per se stesso portato a vivere la missione sulla strada, andando a trovare la gente nelle situazioni e nei luoghi dove si vivono miserie e povertà. Da qui occorre ripartire per far sì che l’azione caritativa sia vissuta non solo come un “di più” generoso, un frutto della buona volontà di pochi, ma come un compito di tutti i fedeli, che se ne fanno protagonisti e responsabili proprio sul piano missionario, per diventare una Chiesa in uscita e dunque aperta ad ogni persona povera e famiglia del proprio territorio, da servire nelle sue necessità spirituali e materiali.

—->* L’impegno a suscitare volontariato e vocazioni alla carità. È necessario restare sempre aperti al nuovo che lo Spirito suscita, anche in un singolo cristiano, e non fossilizzarsi sulle realtà già esistenti e ben impiantate. Il sangue nuovo è linfa, che dà vigore e rilancia l’azione caritativa. La Caritas deve riconoscere questo, promuoverlo, dare sostegno, affinché crescano anche gli apporti più umili. Essa non è una multinazionale della carità, che raggruppa tutti e tutto in un unico contenitore, ma una realtà di animazione e di promozione di ciascuno con la sua specificità e ricchezza. Da tutti deve imparare, prima che insegnare.

>—->>>* la promozione del welfare di inclusione sociale che è stato oggetto della recente Agorà, il quale opera per ridare dignità e autonomia ad ogni povero, sia esso senza dimora, o immigrato, malato o anziano solo, disabile o bisognoso di una casa o di un lavoro. Solo così, infatti, potremo dire di mettere al centro del nostro servizio la persona in quanto tale e la sua FAMIGLIA, aiutandole a diventare soggetti attivi e responsabili del proprio domani. Desidero soffermarmi sul tema FAMIGLIA perché voi tutti avete l’esperienza quotidiana di quanto siano aumentate le FAMIGLIE IN DIFFICOLTA’ che si rivolgono ai centri di ascolto delle nostre parrocchie e realtà ecclesiali: dobbiamo farci carico delle famiglie reali e concrete che in questo momento soffrono situazioni di grave disagio,sono a volte prive del lavoro, o il cui figlio non lo trova e deve andare all’estero, non hanno le risorse appropriate per mettere al mondo un figlio (e la denatalità nel nostro paese sta raggiungendo percentuali molto preoccupanti), non riescono a garantire ai figli un curricolo di studi appropriato al loro futuro professionale, hanno il problema della casa una vera sciagura per molte famiglie della nostra città e altri territori della Diocesi. Chiedono il pacco spesa perché persino procurarsi il cibo è diventato un problema. Hanno da accudire i loro anziani e malati, ed è sempre più difficile accedere a cure mediche appropriate e spesso costose, comprare medicine che diventano un lusso per tante famiglie come ha denunziato il Banco farmaceutico; alcune hanno figli disabili che non hanno le dovute attenzioni da parte delle istituzioni.

—->Manca la volontà concreta di una politica che metta la famiglia al centro e non come al solito dia le briciole per la sua promozione e sostegno. —->Parliamo di accoglienza delle famiglie, ma dal punto di vista politico si tratta di slogan vuoti di contenuto reale, belle parole a cui non seguono scelte concrete conseguenti che affrontino le diverse criticità di cui soffre oggi la famiglia.

* Giustizia e carità. È un binomio unitario che va qualificato e promosso. Non si può dare per carità ciò che è dovuto per giustizia per cui la Caritas ha il compito oltre che di collaborare con i servizi sociali dei Comuni e le circoscrizioni in città, le USL nel campo della sanità ,di promuovere quella coscienza critica e positiva in tutte le componenti della nostra società, politici, industriali e uomini di cultura, istituzioni e terzo settore, volontariato laico, che operano sullo stesso territorio per fare rete e aiutarsi a dare risposte concrete e permanenti ai poveri e ad ogni persona e famiglia in difficoltà sia del nostro Paese come di altri portatori di valori,religioni e culture diverse .

In sintesi occorre che perseguiamo insieme il triplice fine di: prevenire le povertà andando alle sue radici e operando su di esse; accompagnare ogni persona e famiglia in un percorso di autonomia gestionale della propria vita e del proprio futuro; integrare i poveri con pari diritti e doveri nella società perché se ne sentano responsabili e attivi protagonisti non solo debitori di altri ma resi loro stessi capaci di contribuire al bene comune e al progresso di pace, di giustizia e solidarietà su cui si fonda la convivenza della cittadinanza.

Termino con UN AUGURIO, che è anche certezza fondata nella mia coscienza di pastore: se la nostra Chiesa continuerà a privilegiare gli ultimi, se con coraggio profetico non si sottrarrà alle nuove sfide di tante miserie morali e materiali proprie del nostro tempo, non dobbiamo temere: la fede non verrà meno, l’Eucaristia che celebriamo si tradurrà in pane spezzato nell’amore, il Vangelo sarà sempre più credibile via di cambiamento anche sociale.

Grazie e buona Quaresima.

Mons. Cesare Nosiglia,
Arcivescovo di Torino

Iniziata la Consulta Mondiale sull’Emarginazione e i Giovani a Rischio

Iniziata mercoledì 27 marzo  la Consulta Mondiale della Pastorale Giovanile a Roma che si concluderà domenica 31 marzo. L’obiettivo è quello di riflettere sul tema: “I giovani a rischio”.

Ecco l’articolo proveniente da Info Ans:

(ANS – Roma) 

Abbiamo avviato la Consulta Mondiale della Pastorale Giovanile che ha l’obiettivo di riflettere su uno dei temi fondamentali per noi salesiani: i giovani a rischio.

Ha manifestato don Fabio Attard, Consigliere Generale per la Pastorale Giovanile, accogliendo il selezionato gruppo di salesiani provenienti da tutto il mondo che si incontrano presso la sede del Sacro Cuore a Roma: un incontro iniziato nel pomeriggio del 27 marzo e che si concluderà domenica 31 marzo.

Don Daniel García, del Dicastero per la Pastorale Giovanile, ha espresso la sua gratitudine, come responsabile di questo evento, per la partecipazione di Salesiani e laici giunti per partecipare a quest’incontro. “Siamo un totale di 30 persone provenienti dalle diverse Regioni della Congregazione: Africa-Madagascar, Asia Est-Oceania, Asia Sud, Interamerica, America Cono Sud, Europa Centro e Nord e Mediterranea. Siamo uniti da un unico obiettivo, da un’unica visione: i nostri giovani a rischio. Quello su cui vogliamo riflettere in questi tre giorni sono tre domande: quali sono le principali sfide che incontrano e quali sono le risposte salesiane? Quali sono le sfide future? E infine: quali sono i processi che dobbiamo intraprendere e attivare profeticamente per rispondere a queste sfide future nelle opere e nei servizi sociali salesiani?”.

Don Attard ha espresso la sua gioia “per il lavoro dei Salesiani e dei Laici che lavorano per riscattare migliaia e migliaia di giovani che vivono lungo le strade e nelle piazze”. Quindi ha spiegato:

È un momento importante per approfondire l’impegno che la Congregazione ha in questo campo, soprattutto per approfondire come possiamo conoscerci e conoscere le esperienze e fare tesoro di tutto ciò che stiamo facendo in favore dei giovani. D’altra parte, in questo incontro vogliamo dare alla Congregazione le linee guida e offrire le esperienze che stiamo facendo, in nome del carisma salesiano, al servizio dei giovani che il Signore ci ha dato.

Da parte sua don García ha anche aggiunto che:

Tutti i partecipanti nel mondo sono persone che lavorano direttamente in opere e servizi in favore dei giovani vulnerabili, con problemi e difficoltà, giovani a rischio che percorrono le strade del mondo. Desideriamo che le conclusioni di quest’incontro possano essere un valido contributo al prossimo Capitolo Generale 28 della Congregazione. E ci auguriamo vivamente che questo incontro serva a presentare le sfide, le opportunità e i processi che dobbiamo attivare nelle nostre opere e nei servizi delle nostre Ispettorie e in ogni presenza dove c’è un salesiano o un laico con il cuore di Don Bosco.

A tutto vapore! I passi dell’inno del sussidio Estivo

È online il video tutorial dell’inno estivo proposto dalla Editrice Elledici nel sussidio “L’incredibile viaggio”.

– A tutto vapore –

Scopri di più sul sussidio estivo:

 

 

Adma Giovani Torino – I Love you

Si pubblica la notizia proveniente dal gruppo dell’Adma don Bosco in cui viene lanciato il nuovo ciclo di incontri dal titotlo: “I Love You” – destinato ai ragazzi delle superiori, centrato sui temi dell’affettività e della sessualità.

Ma quale potrà mai essere la missione specifica dell’AdmaGiovani, nata in seno al cammino delle Famiglie ADMA?

Siamo ormai certi della risposta: L’EDUCAZIONE DEL CUORE. Mai come oggi i giovani hanno bisogno di imparare ad amare, amare se stessi come gli altri e Dio al di sopra di tutto. Con questo obiettivo è nato il ciclo di incontri I LOVE YOU, destinato ai ragazzi delle superiori (ma con ampia partecipazione anche di universitari), centrato sui temi dell’affettività e della sessualità. Non un corso come tanti altri, perché gli spunti di riflessione proposti da don Roberto Carelli sono stati concretizzati e arricchiti da numerose testimonianze di coppie sposate, fidanzati e giovani che hanno guidato i laboratori e curato i momenti di gruppo nei tre incontri organizzati (due sabato pomeriggio e una domenica intera).

Dopo un primo incontro sull’ambivalenza, la bellezza e la delicatezza della sessualità e dell’affettività dell’uomo, che non è né angelo né animale, che è fatto di terra ma tende al cielo, il secondo incontro ha approfondito i molti significati della differenza uomo-donna, maschio-femmina, in un tempo in cui la cultura tende a sottovalutarla o cancellarla. Il terzo e il quarto incontro sono stati dedicati rispettivamente alle tappe della maturazione affettiva e agli orientamenti morali sui temi specifici della sfera sessuale: una parola cristiana su tutti i principali “punti caldi” dell’amore umano.

L’ampia partecipazione di più di cento iscritti ha confermato l’urgenza di questo tipo di formazione e il bisogno di confronto su temi da cui dipende la felicità e la riuscita della vita dei nostri ragazzi, alla scuola di Dio, Maestro di Amore, e di chi, con la sua Grazia, cerca di viverlo nella quotidianità del nostro tempo.

 

Editrice Elledici – Le illusioni dei pazzi

Si riporta il Comunicato Stampa proveniente dalla Editrice Elledici inerente alla pubblicazione del libro-disco “l’illusione dei pazzi” del cantante Marco Spaggiari e la sua band Controtempo, in collaborazione con il Centro Sportivo Italiano.

Le illusioni dei pazzi

Il romanzo, le canzoni. Con CD musicale
di Marco Spaggiari e la band musicale Controtempo
(Editrice ELLEDICI – pagine 168 – € 13,90)

 

«Poi c’è chi dice di no e grida che non si può per controllare chi sogna, ma un artista di strada suona quel che gli va…».

Sono le parole contenute nel brano Le illusioni dei pazzi che dà vita all’omonimo libro-disco del cantante Marco Spaggiari e la sua band Controtempo, in collaborazione con il Centro Sportivo Italiano.

Un innovativo progetto multimediale che intreccia la bellezza della musica cantautoriale con un percorso di crescita personale. Il libro-disco è pensato, infatti, anche come percorso utile ad incontri formativi ed educativi con i giovani su diverse tematiche di attualità, grazie anche ai materiali e alle schede di approfondimento presenti nella sezione dedicata sul sito Elledici.

Il progetto contiene un libro-album con un romanzo inedito di 20 capitoli ai quali corrispondono 20 canzoni in CD e il canzoniere con i testi e gli accordi. Ogni canzone diventa anche il titolo del rispettivo capitolo della storia narrata nel romanzo, che contestualizza e allarga il tema della canzone.

Tutti i brani sono proposti nella forma testo + accordi in un canzoniere che inizia dalla parte opposta a quella della copertina principale, facendo incontrare romanzo e canzoni all’interno del libro.

Le tracce musicali dell’opera “Le illusioni dei pazzi” sono fruibili attraverso il CD fisico allegato oppure in digitale attraverso i QR code posti sotto al titolo di ogni testo del canzoniere e del romanzo, che rimandano ai relativi video su Youtube.

Una storia intensa che un capitolo dopo l’altro tocca grandi temi, come quello dello sport, della musica, del successo, della fede, della crisi economica, dello sfruttamento, del consumismo, della dignità del lavoro, della comunicazione mediatica, della vita filtrata dagli schermi, della forza nascosta dietro alla disabilità e del viaggio. Un viaggio che, passando da Roma, Assisi e dalla via Emilia, finisce per intrecciarsi con la secolare magia del cammino di Santiago, in una storia capace di portare a raggiungere mete che diventano sempre nuove partenze.

Un testo da ascoltare, guardare, leggere, cantare e suonare. Da qui il titolo, provocatorio “Le illusioni dei pazzi”, dall’omonimo brano dell’album che propone metaforicamente la “pazzia” come quell’elemento positivo che apre ad una creatività fuori dagli schemi.

Contatto diretto:

L’autore del libro Marco Spaggiari e la band musicale Controtempo si rendono disponibili per organizzare concerti o incontri di presentazione.

Per informazioni:

contattare il numero 339 7764113

Sito della band Controtempo:

www.controtempo.info

L’autore:

Marco Spaggiari, nato a Imola nel 1983, è il fondatore, cantante, chitarrista, compositore e autore del progetto rock cantautorale “Controtempo”. Ha esordito sulla scena musicale italiana nel 2011. La sua passione per il calcio si è intrecciata con il lavoro musicale, dando via a una sinergia di valori e contenuti e a una stretta collaborazione con il CSI (Centro Sportivo Italiano).

Scopri la Editrice Elledici:

Suor Carla De Noni, la spia dei servizi segreti partigiani

Si riporta qui l’articolo a cura della redazione del Corriere di Torino del 18 marzo il quale tratta della storia di Suor Carla de Noni emersa grazie alla pubblicazione del libro “Resistenza Svelata” del giornalista-scrittore Daniele La Corte.

È la storia di una donna e di una religiosa che, pur con tutte le difficoltà di vestire la tonaca lotta per la libertà contro il nazifascismo stando al fianco dei partigiani: è la vicenda di Suor Carla De Noni (1910-1999), un vero e proprio agente segreto.

Emerge grazie alla penna del giornalista-scrittore ligure Daniele La Corte. L’avvincente storia della religiosa nata il 18 giugno 1910 tra le dolci pendici delle Precalpi Trevigiane nel  Comune di Ravine lago.

Una donna di fede che durante la seconda guerra mondiale ha saputo con grande coraggio fare scelta difficilissima, abbracciando la ad alcune consorelle e amici sacerdoti.

INTELLIGENCE INGLESE

Già staffetta partigiana, entrò a far parte del cosiddetto “Servizio X”: organizzazione di agenti segreti italiani collegata ai servizi inglesi, operativa dal febbraio 1944, in grado di coordinare informazioni e missioni dei “ribelli” operanti in più parti d’Italia ma prevalentemente tra la Liguria, Piemonte e Lombardia.

Le rischiosa imprese di Suor Carla ora emergono dal libro di La Corte, “resistenza svelata-l’agente segreto suor Carla de Noni” (Fusta Editore), che verrà presentato sabato 24 novembre nel paese natale della religiosa.

Ma chi era davvero suor Carla? Perché il suo ruolo nella Resistenza emerge solo ora?

“In realtà io avevo sentito parlare di questa suora straordinaria fin da bambino” confida La Corte, la cui madre era originaria di Villanova di Mondovì, piccolo paese in provincia di Cuneo dove dal Veneto finì la suora trevigiana insieme alle consorelle, a causa di “incomprensioni” con un sacerdote.

Però a Villanova di lei si parlava soprattutto a causa di un miracolo, avvenuto il 20 aprile del 1945, cinque giorni prima della Liberazione: il treno su cui viaggiava suor Carla venne colpito da un aereo americano.

La religiosa ne uscì sfigurata e per giorni lottò tra la vita e la morte.

A salvarla furono le preghiere della superiora Maria Virginia Lazzari.

Secondo i documenti della chiesa Cattolica risolutiva sarà l’invocazione a don Filippo Rinaldi, sacerdote salesiano, terzo successore di Giovanni Bosco, morto in onore di santità e poi beatificato da Papa Giovanni Paolo II.

Con immenso stupore dei medici che la davano ormai defunta, suor Carla, il cui volto era per metà sfigurato, guarì. L’osso mandibolare si ricostruì da sé e il miracolo venne ufficilamente riconosciuto dalla Chiesa.

LA MISSIONE IN TRENO

Pochi però sanno che suor Carla in quel treno viaggiava da agente segreto, per portare cibo, medicinali e preziose comunicazioni ai partigiani.

Si può dunque dire che fu vittima di “fuoco amico”.

A svelare il lato nascosto della vicenda è stato un altro eroe della Resistenza, Aldo Sacchetti, decorato al valor militare, scomparso pochi giorni fa a Carrara. Aveva 97 anni.

I suoi ricordi, raccolti in extremis, sono stati per La Corte un’autentica folgorazione, l’ultimo atto di una storia iniziata tanti anni prima, nel paese della mamma, dove Daniele allora bambino andava tutte le estati a trovare i nonni.

Sembra quasi che suor Carla abbia più volte tentato di inviare messaggi allo scrittore, facendogli incontrare a Villanova una professoressa autrice di un libretto.

In quell’opera però si parlava soprattutto degli aspetti religiosi della sua vita: la vocazione, il miracolo, il ruolo di madre superiora, la diffusione dell’Ordine in Romania. Non era il primo segnale: qualche anno prima c’era stato l’incontro con una rivista speciale, in un mercatino dell’antiquariato.

LA SCOPERTA

Sfogliavo una vecchia Domenica del Corriere e ho visto la tavola in cui era descritto l’evento miracoloso. Il treno, la suora sfigurata che si vedeva e non si vedeva: era lei! “. Raccontare la sua storia è diventata una necessità, un dovere nei confronti di una donna eccezionale che va ricordata a tutto tondo.

Il romanzo storico segue il percorso di Suor Carla (all’anagrafe Caterina Giuseppina detta Ninetta) da Revine a Mondovì, attraversando gli anni bui della Grande Guerra, l’impatto con la morte, la povertà l’ingresso in convento nel 1927 sulle orme del fratello Giacomo già sacerdote, i diplomi per diventare insegnante ed infermiera, i voti nella congregazione delle Servite prima, passando nel 1940 a vestire l’abito delle Suore Missionarie della Passione di Gesù, istituto fondato da Virginia Lazzari.

Fu con la superiora Madre Virginia che suor Carla operò a Villanova e nel vicino Santuario di Santa Lucia: una svolta importante nella sua vita poiché, proprio nel Santuario, suor Carla cominciò ad accogliere, nascondere, rifocillare e aiutare i primi partigiani collaborando con alcuni preti antifascisti, rischiando la vita.

DON BRUNO

Fondamentale fu l’incontro con il prete combattente don Bruno.

Negli stessi anni la suora infermiera lombarda, Artemisia, curava di nascosto a Pietra Ligure gli uomini della resistenza feriti, nascondendoli in un padiglione segreto dell’ospedale di Santa Corona.

Il merito di Daniele La Corte è quello di aver dato giusto valore e dignità ad una donna, come suor Carla De Noni, insignita alla fine della Seconda guerra mondiale della medaglia d’argento al valore militare per il ruolo attivo svolto durante la Resistenza e poi dimenticata.

Eppure il servizio X era considerato all’epoca importantissimo, come ha testimoniato Sacchetti, il partigiano di Carrara (romano d’origine) che l’8 settembre del 1943 si unì alla banda “Italia Libera” di Duccio Galimberti e nel 1944, in valle Pesio con il capitano Piero Cosa, assunse il comando della brigata, poi della III Divisione Alpi, divenendo anche capo collegiale del Servizio X con l’avvocato Dino Giacosa.

L’autore scava nei pensieri della giovane suora, al tempo poco più che trentenne, in una girandola continua di flashback, per accompagnare il lettore attraverso le varie missioni che lei e altri “ribelli” mettono a segno.

Un monito a non dimenticare, perché la Grande storia non è costruita su date e numeri ma resa tale delle azioni di uomini e donne in carne ed ossa, con pensieri, sogni, aspirazioni, paure.

Donne e uomini che hanno fatto la differenza.

Vercelli Isola – La cena “inter” parrocchiale, un successo del proteiforme Don Augusto Scavarda

Si riporta qui l’articolo pubblicato su CuneoOggi.it il 18 marzo 2019, il quale tratta della cena “inter” parrocchiale svoltasi a Vercelli Isola. Questa è stata caratterizzata dalla supervisione delle Suore Pianzoline, ma è stata soprattutto il frutto del successo di Don Augusto Scavarda (parroco della Parrocchia isolana S.Antonio da Padova).

Proteiforme, eclettico, vulcanico.

Oppure, semplicemente Parroco e, soprattutto – senza nulla togliere agli altri – Parroco Salesiano: Don Augusto Scavarda anche quest’anno stupisce.

Perché è riuscito nella composizione di un vero e proprio “cubo di Rubik” liturgico: non violare il precetto del Mercoledì delle Ceneri, di non forzare troppo gli argini della Quaresima, di unire la Festa della Donna e quella del Papà (l’allungo evocativo arriva fino a S.Giuseppe), unendo – infine – tutto in una sincretistica, fantastica cena parrocchiale, nel giorno consacrato alle cene, il sabato, 16 marzo.

Il 16 marzo fu ordinato Sacerdote, nel lontano 1907 indovinate chi?

Proprio lui, il Beato Don Francesco Pianzola, di cui parleremo tra poche righe.

Dunque la grande cena parrocchiale preparata nell’ampio salone all’Isola: tutto cucinato rigorosamente “in house” da un gruppo di Volontari veramente bravi, con la supervisione delle Suore “Pianzoline”.

Ci ricordiamo chi siano le Suore Missionarie dell’Immacolata Regina Pacis?

Sono le “Suore delle Mondine”.

Perché nel Dopoguerra, quando la Congregazione fu costituita, c’era ancora la necessità di dare assistenza alle giovani donne protagoniste della migrazione stagionale da tutta l’Italia del Nord, per lavorare qui, in risaia.

C’era bisogno di assistenza non solo spirituale, ma anche materiale: portare dai medicinali ai presìdi igienici femminili, aiutare anche i Patronati (non dovranno essere mai dimenticate persone come Sarina Francese, Firmina Pellizzari e Rosina Osenga a Trino, epicentro dell’attività assistenziale cattolica) che mettevano anche a disposizione delle Suore Pianzoline il celeberrino furgoncino “Leoncino”, attrezzato come se fosse un ufficio ambulante di Patronato, ma anche attrezzato per dispensare i generi sanitari.

Qui a Vercelli le ricordiamo all’Oratorio di San Salvatore, impegnate ad aiutare Don Nicola Rulla e Don Eusebio Viretto che mandavano avanti l’avamposto (allora la città arrivava praticamente fino in Via Paggi e non oltre.

Via Trino era campagna: così fino a che non si iniziò la grande fabbrica dell’Ospedale S.Andrea.

Figure indimenticabili come Suor Fiorangela e Suor Emma.

Poi, purtroppo, la memoria non ci assiste se non per dare voce ai sentimenti di gratitudine doverosa nei confronti di tutte.

Ecco, le Suore Pianzoline ci sono ancora, per fortuna e sabato hanno animato la serata.

Che è stata un’occasione per ritrovarsi tutti, i parrocchiani della grande parrochia “estesa” come ormai sono le Unità Pastorali: dall’Aravecchia, al Belvedere.

Un grazie di cuore per avere invitato VercelliOggi.it a riprendere qualche immagine.

Il menù delle grandi occasioni: antipasti, pasta al forno (poi l’inatteso fuori programma: l’ interposizione di spaghetti all’arrabbiata, così per stuzzicare ancora un po’), coniglio e pollo al forno con patate e verdure.

Poi il vino che, quando si è in compagnia, ha ragione di tanti quaresimali propositi, che saranno puntualmente osservati già a partire dal giorno seguente.

Non poteva mancare la lotteria: il ricavato alle Missioni Salesiane.

Insomma, una grande serata.

Grazie a Don Augusto, grazie ai Volontari, grazie di cuore alle Suore Pianzoline, che hanno fatto rivivere momenti indimenticabili.

3 giorni al Colle don Bosco per i volontari del Servizio Civile

Nelle giornate del 15-16-17 marzo 2019, si è svolta la Formazione Generale dei volontari del Servizio Civile dei Salesiani del Piemonte e Valle d’Aosta presso il Colle don Bosco. Obiettivo della tre giorni, quello di una crescita personale e culturale per ogni giovane prestante servizio nei vari ambienti educativi.

La formazione generale è un percorso didattico ed educativo che ogni operatore volontario impiegato in un progetto di Servizio Civile è tenuto a frequentare, in quanto offre gli strumenti e le chiavi di lettura necessari per affrontare l’esperienza del servizio e costituisce una valida occasione di trasmissione e promozione ai giovani dei valori e dei diritti universali dell’uomo.

Ecco le parole di Rosanna Todisco,  Responsabile del Servizio Civile dei Salesiani del Piemonte e Valle d’Aosta, con un riassunto delle giornate vissute al Colle:

Per il secondo anno abbiamo proposto agli Operatori Volontari impiegati nei progetti di Servizio civile dell’Ispettoria Salesiana di Piemonte e Valle d’Aosta la possibilità di una formazione generale “residenziale” al Colle don Bosco. Sono 108 i giovani operatori che nelle giornate del 13-14-15 marzo scorso, si sono ritrovati insieme per la formazione: uno spazio di riflessione e di confronto che ha aiutato i giovani a prendere maggiore consapevolezza della loro scelta e del loro ruolo all’interno del progetto nel quale sono coinvolti, sottolineando l’importanza che assume un’esperienza di cittadinanza attiva e responsabile di questo tipo.

Nella macroarea tematica “Mission e Valori dei Salesiani” gli operatori volontari hanno compiuto un percorso di formazione sulla storia di don Bosco con don Stefano Mondin e don Fabiano Gheller, anche attraverso la visita dei luoghi del Colle; hanno ascoltato diverse testimonianze di impegno concreto e di incontro con l’esperienza salesiana nelle diverse Opere attraverso la voce di don Luca Barone e Agostino Albo.

Hanno poi ricevuto importanti nozioni riguardanti le modalità di intervento del VIS, Volontariato Internazionale per lo Sviluppo con Alessandro Brescia. Nella prima giornata hanno lavorato su “Animazione: tecniche, strumenti e atteggiamento” con Egidio Carlomagno.

Nella giornata centrale del residenziale il setting della formazione è stato quello del laboratorio di Teatro Sociale di Comunità, condotto da 4 operatori professionisti del Social Community Theatre Centre dell’Università degli Studi di Torino, dove attraverso attività che hanno coinvolto mente e corpo gli operatori volontari hanno vissuto un’esperienza di apprendimento che ha coniugato il gioco, la comunicazione verbale e non verbale e l’espressione di sé.

Ha introdotto la giornata la lectio magistralis di Alessandro Pontremoli, professore ordinario dell’Università degli Studi di Torino, parlando di corporeità, alterità e relazione.

I principali temi affrontati sono stati la presenza e la consapevolezza corporea ed emotiva in una relazione educativa. Si tratta di strumenti funzionali a vivere consapevolmente il cambiamento, sono molto utili al lavoro di team, ad una relazione positiva con i destinatari dei progetti e aiutano a leggere e reagire positivamente alle situazioni, anche inaspettate, che si possono presentare in un anno di Servizio civile.

Entusiasmo, ascolto e voglia di mettersi in gioco sono stati gli elementi trainanti dei tre giorni al termine dei quali gli operatori volontari hanno potuto proiettare nel futuro e quindi nel proprio contesto reale di riferimento e valenze formative, le opportunità di apprendimento, le acquisizioni interiori esperite.

Rosanna Todisco,

Responsabile del Servizio Civile dei Salesiani del Piemonte e Valle d’Aosta

Scopri qui sotto tutte le foto della tre giorni!