Amazzonia: periferia del mondo o paradiso terrestre? Il Diario di Viaggio di Missioni Don Bosco

Il presidente di Missioni Don Bosco, Giampietro Pettenon, sta rientrando in sede dopo il suo viaggio in Brasile per la visita alle comunità salesiane in Amazzonia. Ecco un’anteprima del suo diario di viaggio:

Viaggio missionario in Amazzonia

DA MANAUS A IAUARETÊ, PASSANDO PER SAO GABRIEL DE CACHOEIRA

“Stiamo andando alla periferia del mondo
e sembra di essere nel paradiso terrestre”

Lungo il percorso vediamo numerose comunità indigene nei piccoli villaggi
In tutti spiccano in mezzo al verde la cappella e l’edificio scolastico

Cari amici,

siamo sbarcati a Manaus, capitale dell’Amazzonia, dopo un lungo viaggio da Torino. Come capita spesso, quando si visita un capoluogo non possiamo avere percezione della vita reale delle zone interne, di coloro che vivono nelle lontane periferie.

Manaus ha circa tre milioni di abitanti, è completamene circondata dalla foresta amazzonica e si trova sulla sponda destra del Rio Negro che arriva da nord (le acque sono limpide, ma scure) in prossimità della sua confluenza con il Rio Branco che arriva da ovest (le cui acque sono di colore chiaro, sabbiose e quindi sempre torbide e limacciose, ambiente ideale per i coccodrilli) e subito dopo vi confluisce il Rio Medeira che viene da sud (con acque color marrone, come il legno). I tre fiumi formano, da Manaus all’oceano Atlantico, il grande Rio delle Amazzoni.

A Manaus i salesiani hanno numerose opere educative, ma soprattutto da questa città coordinano il lavoro delle opere missionarie fra gli indigeni dell’Amazzonia. La nostra destinazione è proprio una di queste opere missionarie: Iauaretê, all’estremo confine occidentale del Brasile, proprio di fronte al confine con la Colombia.

Per avvicinarci alla nostra meta dobbiamo prendere un altro volo aereo, fino a Sao Gabriel de Cachoeira (cachoeira significa “cascata”). Anche a Sao Gabriel ci sono i salesiani, da ben 103 anni: sono infatti arrivati nel 1915. La cittadina si sviluppa intorno al nucleo storico di edifici che furono il collegio salesiano e la sua grande chiesa, che oggi è la cattedrale della diocesi. I primi vescovi erano tutti salesiani, perché questa parte dell’Amazzonia – la regione dell’alto Rio Negro – è stata conformata dalla presenza dei Figli di Don Bosco. A Sao Gabriel si arriva solo per via fluviale risalendo il fiume con il battello in tre giorni di viaggio, oppure con l’aereo che la collega a Manaus due volte la settimana. Sao Gabriel è l’ultima, o la prima, cittadina indigena di questo immenso territorio pieno d’acqua e di vegetazione lussureggiante.

Per partire verso Iauarete dobbiamo aspettare il giorno successivo. Poiché il tempo ordinario di viaggio in barca sul fiume è di dodici ore, bisogna partire al mattino appena albeggia per essere sicuri di arrivare prima che faccia buio, la sera. Viaggiare di notte sul fiume infatti è troppo pericoloso perché non si vedono i tronchi, le rocce affioranti, i gorghi d’acqua e si rischia molto: se non in casi estremi, il viaggio si deve fare sempre alla luce del sole. Sole che picchia fortissimo, anche se non lo avverti finché corri sull’acqua e la brezza ti inganna con la sua frescura. Ma siamo all’Equatore, siamo in mezzo all’acqua che riverbera ulteriormente i raggi solari. Se non ci si copre completamente come nel deserto, alla sera i lembi di pelle esposti al sole sono rossi come peperoni e il riposo notturno ne viene compromesso.

Il viaggio in barca per tutto il giorno è per se stesso un’esperienza unica e per molti versi, straordinaria. Sveglia al mattino alle 5, veloce colazione e trasporto sul porticciolo dove ci aspetta la barca. Carichiamo i bagagli, le taniche di benzina e l’olio per il motore, qualche pacco di materiale per l’oratorio, e via!

In un attimo il pilota della barca – il signor Adifino, un indigeno di Iauarete che conosce il fiume come le proprie tasche – manda il motore a tutta velocità e noi scivoliamo velocissimi sulle acque controcorrente, saltando sulle creste delle onde. I primi cinque minuti sono di panico perché non capisci se al prossimo salto ti troverai sbalzato fuori dalla barca. Ma poi, un po’ ci si abitua e un po’ le acque si calmano, e procediamo verso la meta.

Risaliamo il Rio per circa un’ora fino alla prima tappa, che si rivela molto breve. Stiamo entrando nella zona esclusivamente indigena, l’esercito controlla l’accesso al fiume e verifica che abbiamo il permesso per entrare. Il controllo super veloce quando padre Roberto Cappelletti comunica al militare che siamo tutti salesiani ed andiamo alla missione. Un sorriso, un saluto con la mano e via di nuovo a tutta velocità con la barca che sfreccia a pelo d’acqua.

 

La Voce E Il Tempo: arriva la nuova rubrica che dà voce ai penitenziari torinesi

Il prossimo numero de “La Voce e il Tempo” del 24 Giugno 2018 sarà arricchito da una nuova rubrica, a cura di Marina Lomunno, che darà spazio e “voce” a chi quotidianamente vive, a diverso titolo, dietro le sbarre.

Ecco l’articolo di presentazione:

 

NUMERO, NELLA FESTA LITURGICA DI SAN CAFASSO PATRONO DEI DETENUTI,
IL NOSTRO GIORNALE DÀ VOCE AI PENITENZIARI TORINESI

CARCERE
Giulia di Barolo torna dietro le sbarre

«Il Cafasso raccomandava ai volontari ‘di dimostrare stima ai detenuti, di trattarli bene, da galantuomini, con dolcezza e carità, senza offendersi se maltrattati, e soprattutto senza mai denunciarli ai custodi per comportamenti scorretti’». Giuseppe Tuninetti, San Giuseppe Cafasso, Elledici, Biografie, Torino 2010) .
Il giornale inaugura questa settimana la rubrica «La Voce dentro» perché il 23 giugno la Chiesa ricorda, nella liturgia, san Giuseppe Cafasso, «il prete della forca», come ricorda il monumento a lui dedicato al «rondò» di corso Regina, crocicchio delle opere dei santi sociali torinesi (don Bosco, Cottolengo, Murialdo, Giulia e Tancredi di Barolo…). Con queste pagine il nostro giornale desidera entrare «dentro» le carceri torinesi («Lorusso e Cutugno» e «Ferrante Aporti») e dare «Voce» a chi vive dietro le sbarre a diverso titolo.

I detenuti innanzi tutto, ma anche gli agenti penitenziari, i volontari, gli educatori, i diversi operatori, i cappellani, l’amministrazione, la direzione: insomma tutto l’ambiente carcerario che più volte il nostro Arcivescovo e i suoi predecessori hanno indicato come «uno spicchio della nostra comunità diocesana» e, come tale, parte integrante delle nostre attenzioni pastorali. La nostra rubrica sarà aperta ai contributi di tutti coloro che hanno a cuore il reinserimento nella società dei ristretti – e, se credenti, il dettato evangelico «ero carcerato e siete venuti a trovarmi».

Vogliamo sottolineare questo collegamento con san Giuseppe Cafasso perché egli non fu soltanto un «cappellano dei carcerati» ma anche un maestro del clero, ispiratore di quelle idee e di quelle intuizioni a cui tutti i santi sociali, a cominciare da don Bosco, diedero attuazione.

«Prete della forca» perché accompagnava al patibolo i condannati a morte confortandoli col messaggio di speranza del Vangelo; prete dei più disperati, i detenuti delle prigioni senatorie torinesi, con cui il Cafasso teologo «prete colto» e formatore di sacerdoti trascorreva gran parte delle sue giornate a confortare e, come scrivono i biografi , «trattenendosi fino a tarda notte a confessarli o ad asciugare le loro lacrime». Per questo il 9 aprile 1948 papa Pio XII proclamò Giuseppe Cafasso patrono dei carcerati.

Dicevamo dell’influenza che san Cafasso ebbe nell’ispirare i santi sociali torinesi: fu lui che invitò don Bosco a frequentare «La Generala», oggi il carcere minorile «Ferrante Aporti» dove il santo dei giovani maturò l’idea del «sistema preventivo». E fu proprio il Cafasso il confessore della marchesa Giulia Falletti di Barolo che, insieme al marito Tancredi, poi sindaco di Torino, fece del loro Palazzo un centro di accoglienza e riscatto per «gli scarti della città». Alla marchesa in particolare stavano a cuore i carcerati: narrano i biografi che era tormentata dalle urla delle prigioniere delle carceri senatorie, quelle frequentate dal Cafasso. Giulia si fa nominare Sovrintendente delle carceri delle Forzate, dove riunisce solo le donne, riuscendo a conquistare la loro fiducia, operando per il loro recupero. E di lì la sua opera a favore della dignità dei detenuti che versavano in condizioni penose non si fermò facendo diventare il Palazzo un punto di riferimento per il reinserimento delle recluse nella società.

E proprio in questi giorni, dopo 150 anni, nello spirito di Giulia, l’Opera Barolo è rientrata in carcere: martedì 29 maggio. L’Arcivescovo, attuale presidente dell’Opera (che sulle orme dei marchesi continua ad operare per la promozione delle fasce più deboli della città), ha convocato per la prima volta nella sua storia il Consiglio di amministrazione presso la Casa Circondariale «Lorusso e Cutugno». «Il nostro progetto, fortemente voluto da mons. Nosiglia, è quello di collaborare con le istituzioni per accelerare i processi di reinserimento dei detenuti» spiega Tiziana Ciampolini, delegata del Distretto sociale dell’Opera Barolo (la «cittadella» fondata dai marchesi nel 1829 e che oggi opera in collaborazione con agenzie del Terzo Settore e con gli Enti locali) «per gli interventi nei penitenziari cittadini nella convinzione – come detta la Costituzione che il carcere, extrema ratio, deve essere luogo dove la pena ha funzione riabilitativa. Per questo abbiamo chiamato i nostri interventi ‘Progetto di giustizia di Comunità’ dove la comunità si attiva tra carità e giustizia. In sinergia con l’Uepe (Ufficio esecuzione penale esterna) sperimenteremo collaborazioni con la rete del mondo del sociale di reinserimento lavorativo, aggregativo per far sentire i detenuti e le detenute una risorsa e non un peso».

«Sono lieto che l’Opera Barolo si sia attivata in questo campo così caro a Giulia che ha sorpreso i suoi amici e concittadini del suo tempo in quanto lei nobile e ricca frequentava le carceri soprattutto femminili subendo anche tante umiliazioni da quelle poverette che vivevano in un ambiente disumano» precisa mons. Nosiglia. «Il suo obiettivo, che è anche oggi il nostro impegno, è salvaguardare e promuovere la dignità della persona che, certo, ha sbagliato, ma ha il diritto di potersi riscattare, per ritrovare vie dicambiamento a servizio della comunità. L’impegno dell’Opera Barolo insieme alla Città, alla Caritas, ai cappellani del carcere e all’amministrazione penitenziaria sarà dunque quello di attivare misure alternative per l’esecuzione penale, con un proficuo accompagnamento dei detenuti per un reinserimento sociale, mediante disponibilità di alloggi e di lavoro. Ci auguriamo che le comunità cristiane e civili della città siano solidali con questo progetto accogliendo le persone con rispetto amore».

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India: il salesiano, Padre George, lancia una tempesta di preghiere in Paradiso per la pace in Yemen

Con preoccupazione seguo la sorte drammatica delle popolazioni dello Yemen, già stremate da anni di conflitto…”. Le parole del Papa dopo la recita dell’Angelus di domenica scorsa hanno focalizzato l’attenzione su un Paese stremato da oltre tre anni di guerra civile, che ha causato circa 15.000 vittime e che ha costretto alla fuga più di tre milioni di persone: praticamente oggi uno yemenita su 8 vive lontano dalla propria casa. Nel Paese hanno servito come missionari per diversi anni anche i Salesiani dell’Ispettoria indiana di Bangalore, che oggi rilanciano l’invito del Papa alla preghiera in favore della popolazione yemenita.

È don George Muttathuparambil, attuale Ispettore di Bangalore, a manifestare tutta la gravità della situazione e l’urgenza della preghiera. “Questa guerra è ingiusta. Le persone soffrono in modo atroce” racconta il Salesiano.

“Ho visto l’orrore della guerra in Yemen. Dobbiamo pregare per la pace”, prosegue, rilanciando così l’appello di Papa Francesco e di mons. Paul Hinder, il Vicario apostolico dell’Arabia meridionale – che si estende su Emirati Arabi Uniti, Oman e Yemen – che aveva a sua volta rinnovato, nella giornata di lunedì 18 giugno, l’appello del Pontefice.

Il Paese mediorientale don Muttathuparambil lo conosce bene: vi è stato dal 2010 al 2016, dapprima a Hodeidah e poi a Taiz. Era lì quando, il 4 marzo del 2016, presso Aden, un gruppo islamista rapì dalla casa per anziani delle Missionarie della Carità il suo confratello don Tom Uzhunnalil, massacrando anche quattro religiose e altre 12 persone. Viste le pericolose condizioni nel Paese, il 30 marzo 2016 il sacerdote è stato costretto a lasciare la missione per fare ritorno in India, ma attende di tornare al servizio della popolazione yemenita.

La vicinanza spirituale alla popolazione dello Yemen i Salesiani di Bangalore la esprimeranno, in particolare, nella giornata di sabato prossimo: “Il 23 giugno – spiega don Muttathuparambil – offriremo una Messa e un’adorazione eucaristica in solidarietà [con la popolazione]. Insieme alla mia comunità, tempesterò il Paradiso [di preghiere] per la pace in Yemen. Preghiamo Dio affinché egli intervenga e porti giustizia e pace”.

Conclude, infine il religioso: “La situazione è molto grave, le persone hanno bisogno di cibo, acqua, medicine. Tutto è stato distrutto. Ci uniamo a mons. Hinder nella preghiera. Egli è molto preoccupato per la regione e per i cristiani che vivono nelle quattro parrocchie” – Sana’a, Taiz, Hodeidah e Aden.

(Articolo tratto da ANS – Agenzia Info Salesiana)

Si riporta, qui di seguito, la notizia di Asianews.it a cura di Nirmala Carvalho, che riporta la testimonianza di Padre George Muttathuparambil, superiore provinciale dei salesiani a Bangalore, in Karnataka, il quale ha svolto in Yemen la sua missione fin dal 2010.

Salesiano indiano:
“Ho visto l’orrore in Yemen. Preghiamo per la pace”

P. George Muttathuparambil è il superiore provinciale dei salesiani a Bangalore, in Karnataka. Nel 2016 era in Yemen quando un gruppo islamista ha rapito p. Tom Uzhunnalil e massacrato quattro suore di Madre Teresa. “Questa guerra è ingiusta. Le persone soffrono in modo atroce”.

Mumbai (AsiaNews) – Ho visto l’orrore della guerra in Yemen. Dobbiamo pregare per la pace. Lo dice ad AsiaNews p. George Muttathuparambil, salesiano indiano e superiore provinciale di Bangalore, in Karnataka. Accogliendo l’appello di papa Francesco, che all’Angelus del 17 giugno ha invocato la pace in Yemen, e a mons. Paul Hinder, vicario apostolico dell’Arabia meridionale (Emirati Arabi Uniti, Oman e Yemen), che ieri ha fatto altrettanto, il sacerdote sostiene: “La sofferenza delle persone è inimmaginabile. Il 23 giugno offriremo una messa e un’adorazione eucaristica in solidarietà [con la popolazione]. Insieme alla mia comunità, tempesterò il Paradiso [di preghiere] per la pace in Yemen”.

P. Muttathuparambil conosce bene lo Yemen, dove ha svolto la sua missione fin dal 2010. Nel Paese arabo le Missionarie della Carità gestivano quattro parrocchie a Sana’a, Taiz, Hoddai e Aden. Egli si trovava nella chiesa di Taiz quando il 4 marzo 2016, nel mezzo dell’escalation della guerra, un gruppo islamista rapiva p. Tom Uzhunnalil, suo confratello [poi liberato nel settembre 2017, ndr], e massacrava quattro suore di Madre Teresa nella casa per anziani di Aden. Di quel tragico giorno ricorda: “Sister Sally [unica sopravvissuta al massacro, ndr] mi ha telefonato. Piangeva, e intanto diceva che i corpi di quattro missionarie giacevano in terra nel recinto nella casa, mentre p. Tom era disperso. A quel punto ho chiamato subito mons. Hinder, la casa generalizia delle missionarie a Calcutta e la casa provinciale dei salesiani a Bangalore e li ho informati di quanto accaduto. In seguito qualcuno mi ha riferito che p. Tom era stato portato via”.

Viste le pericolose condizioni nel Paese, il 30 marzo 2016 il sacerdote ha lasciato la missione per fare ritorno in India e qui ancora attende di tornare al servizio della popolazione yemenita. “Persone innocenti soffrono in modo atroce – sostiene –. Questa è una guerra ingiusta, preghiamo Dio affinché egli intervenga e porti giustizia e pace. La situazione è molto grave, le persone hanno bisogno di cibo, acqua, medicine. Tutto è stato distrutto”.

Secondo le ultime stime, il conflitto ha provocato oltre 10mila vittime e a rischio vi è la vita di almeno 250mila persone. P. Muttathuparambil conclude: “Ci uniamo a mons. Hinder nella preghiera. Egli è molto preoccupato per la regione e per i cristiani che vivono nelle quattro parrocchie”.

(Articolo tratto da AsiaNews.it)

“Dare il meglio di sé”: nuovo documento vaticano sulla visione cristiana dello sport e della persona

Il Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita consegna alla comunità degli sportivi un Documento utile alla “costruzione di un sport umano e sempre più autentico”.

L’attenzione per lo sport non è nuova alla Chiesa, che ha sempre manifestato un particolare riguardo verso tutte le attività che hanno al centro la persona. In questo senso il titolo del Documento è rivelatore dell’essenza e della ragione dell’interesse e dell’impegno della Chiesa verso lo sport.

Al centro vi è infatti l’essere umano, nella sua unicità fatta di corpo e spirito; vi è il bisogno che ogni sua attività, compresa quella sportiva, sia sostenuta da un corredo di virtù e buone qualità, che gli permettano di elevarsi e mai di cadere nei pericoli che possono insidiare ogni umana attività.

Il primo concetto richiamato non a caso è quel “fare del proprio meglio” che Papa Francesco ha più volte citato in molti suoi discorsi, invitando soprattutto i giovani a “non accontentarsi di un pareggio” nella vita.

Lo sport poggia su questo valore dell’impegno, del sacrificio, sull’idea di superare i propri limiti lavorando  duramente, senza imbrogliare, inseguendo la vittoria – ma non a tutti i costi – e, al tempo stesso, imparando a gestire la sconfitta senza farsi abbattere.

Le cinque sezioni che compongono il documento non hanno l’ambizione di comprendere ogni aspetto del variegato comporsi dell’attività sportiva, ma vogliono offrire una prospettiva cristiana dello sport, rivolgendosi a chi lo pratica, a chi vi assiste come spettatore, a chi lo vive come tecnico, arbitro, allenatore, alle famiglie, ai sacerdoti e alle parrocchie.

Il primo capitolo spiega le ragioni dell’interesse della Chiesa verso lo sport e della necessità di una pastorale sportiva, ricordando che questo rapporto poggia su tre pilastri: lo sforzo fisico necessario perché l’atleta possa esprimersi, le qualità morali che devono supportare il suo impegno, il desiderio di pace, fratellanza e solidarietà che lo sport deve aiutare a diffondere.

Nel secondo capitolo il Documento traccia le linee salienti del fenomeno sportivo e la sua contestualizzazione nella società attuale: sport come una sorta di costante antropologica e come fenomeno universale compatibile con quasi tutte le culture.

Nel terzo capitolo è approfondito il tema del significato dello sport per la persona. Si parte da considerazioni su temi già noti al dibattito cattolico sullo sport (corpo-anima-spirito) per allargare la prospettiva di analisi ad alcune qualità insite nello sport; sentimenti che fanno parte del Dna sportivo e che spesso vengono dimenticati: lo spirito di sacrificio, il senso di responsabilità, il rispetto delle regole, la capacità di lavorare in squadra, la gioia, il coraggio, la solidarietà, l’armonia.

Il quarto capitolo è dedicato alle sfide aperte, al desiderio di contribuire attraverso lo sport alla promozione di valori autentici, che possano fornire a ciascuno sportivo un patrimonio per sconfiggere i molti pericoli che lo sport moderno si trova sovente ad affrontare, come il doping, la corruzione e il tifo violento.

Il quinto e ultimo capitolo è dedicato al ruolo della Chiesa come protagonista in questo percorso di umanizzazione attraverso lo sport. In casa, in famiglia, a scuola, in palestra, in parrocchia: sono tanti i luoghi in cui si esprime una pastorale dello sport che vuole sviluppare in ciascun soggetto, praticante o spettatore, quel corredo di buone qualità e virtù che caratterizzano un bravo sportivo, un bravo cittadino e un bravo cristiano.

La formazione professionale salesiana nel mondo è uno spot su La7

Nell’ambito delle cosiddette “Settimane Sociali” che si terranno, dal 17 al 30 giugno, l’emittente nazionale La7 trasmetterà uno spot televisivo circa l’attività di formazione professionale che i salesiani realizzano in tutto il mondo: il cuore della comunicazione di Missioni Don Bosco. Lo spot offre una carrellata di riprese effettuate in tutto il mondo e conservate nella fototeca e nella videoteca di Missioni Don Bosco.

L’attività educativa dei Figli di Don Bosco comprende fin dalle origini una particolare attenzione all’insegnamento di competenze tecniche, rivolta soprattutto ai ragazzi in difficoltà nei loro percorsi scolastici o decisamente esclusi da questi. Nei Paesi di missione, le scuole di formazione professionale costituiscono una delle migliori opportunità per guadagnare capacità spendibili nei processi di sviluppo agricolo, artigianale e industriale.

L’inserimento nelle scuole, spesso integrato con servizi di ospitalità per chi abita lontano o presenta difficoltà economiche, permette agli allievi di perseguire i loro obiettivi esistenziali, di gettare le basi per il loro futuro lavorativo.

L’azione educativa, che completa i percorsi scolastici, costituisce nei Paesi più poveri una potente azione di contrasto ai pericoli di diversa natura in cui possono incorrere i giovani. Trovandosi spesso in situazioni estreme, i salesiani intervengono anche per la cura e per la prevenzione contro il consumo di droghe e l’inserimento nelle reti di distribuzione di queste, contro le organizzazioni di ingaggio nella prostituzione e in bande armate, contro la messa in schiavitù e l’espianto di organi.

Missioni Don Bosco sostiene numerosi progetti di gestione di queste scuole, affidate a operatori che mirano – beninteso – a raggiungere condizioni di autosostentamento anche in Africa, Asia, Sud America. Non mancano tuttavia emergenze derivanti dai fenomeni naturali (eruzioni vulcaniche, alluvioni, siccità), dai conflitti armati, dallo sfruttamento dissennato dei territori, da politiche sbagliate dei governi: anche in questi casi l’aiuto finanziario e l’invio di beni fanno parte del sostegno che Missioni Don Bosco eroga grazie ai suoi sostenitori.

Arriva il nuovo numero di MondoErre

Il numero di giugno e luglio 2018 della rivista per ragazzi “Mondoerre”, ecco le anticipazioni di questa edizione:

Siemens Italia e Cnos-Fap insieme per formare nuovi profili professionali 4.0

Si pubblica, qui di seguito, la notizia pubblicata dalla rivista specializzata, BM BeverageMachines, riguardante l’accordo stretto tra Cnos-Fap e Siemens Italia finalizzato alla formazione per i tecnici e gli imprenditori del futuro.

Firmato l’Accordo di collaborazione tra Siemens Italia e CNOS-FAP, con obiettivo lo sviluppo delle conoscenze e competenze tecnico-professionali di Industria 4.0 per studenti e insegnanti.

Tra le sfide lanciate dall’Industria 4.0 c’è la richiesta di professionisti formati e qualificati non solo sulle tecnologie di automazione ma anche sulla digitalizzazione e sull’integrazione del software industriale e dell’Information Technology, quali fattori chiave per la competitività: su queste basi si fonda l’Accordo di collaborazione tra Siemens Italia, azienda che si distingue per eccellenza tecnologica, innovazione, qualità, affidabilità e focalizzata nelle aree dell’elettrificazione, dell’automazione e della digitalizzazione, e la Federazione CNOS-FAP, Associazione che coordina i Salesiani d’Italia impegnati a promuovere un servizio di pubblico interesse nel campo dell’orientamento, della formazione professionale, dei servizi al lavoro a favore di giovani, adulti e operatori.
Attraverso attività in grado di coniugare le finalità educative del sistema Istruzione e Formazione con le nuove esigenze del mondo produttivo, l’Accordo si pone l’obiettivo di migliorare le conoscenze e le competenze tecnico-professionali ed operative di studenti e insegnanti, in particolar modo nel settore delle macchine utensili a controllo numerico e dell’automazione industriale, nella prospettiva di facilitare l’inserimento dei primi nel mondo del lavoro e tenere costantemente aggiornati i secondi.
Numerose sono quindi le iniziative e le risorse che Siemens Italia e CNOS-FAP mettono a disposizione per formare i tecnici e gli imprenditori del futuro – dalle attività di formazione per gli studenti e di aggiornamento per i docenti, all’elaborazione di corsi didattici specifici e coerenti con i nuovi profili professionali 4.0, ad incontri con il mondo dell’impresa allo scopo di creare collaborazioni più estese, ad attività di alternanza scuola-lavoro, importantissime per rispondere alle esigenze degli studenti e di un mercato del lavoro e delle professioni in rapida evoluzione.

Giornata Mondiale dell’Ambiente con La Bibbia dell’Ecologia

In vista della Giornata Mondiale dell’Ambiente del 5 giugno, da un grande esperto di tematiche sull’ambiente, esce in libreria un nuovo libro con consigli utili e pratici per prendersi cura ogni giorno del nostro pianeta: “La Bibbia dell’Ecologia – Riflessioni sulla cura del Creato” di Roberto Cavallo  edito da Editrice Elledici.

Dio disse:
«Vi do tutte le piante con il proprio seme,
tutti gli alberi da frutta con il proprio seme.
Così avrete il vostro cibo. Tutti gli animali selvatici,
tutti gli uccelli del cielo e tutti gli altri viventi che
si muovono sulla terra mangeranno l’erba tenera».
E così avvenne. E Dio vide che tutto quel che aveva
fatto era davvero molto bello.
(Genesi 1, 29-31)

Chi avrebbe pensato che la soluzione per la salvaguardia del nostro pianeta fosse contenuta nell’Antico Testamento? Dio ci ha donato una casa speciale: tutte le indicazioni per viverci al meglio sono nella sua Parola. Questo nuovo saggio, intitolato La Bibbia dell’ecologia. Riflessioni sulla cura del Creato, di Roberto Cavallo, contiene consigli utili e pratici da applicare, per prendersi cura ogni giorno del nostro pianeta.

Quando visitiamo una casa che non è la nostra, chiediamo il permesso di entrare, ci puliamo le scarpe, guardiamo solo nelle stanze in cui siamo invitati, consumiamo solo quanto ci viene offerto, domandiamo dove possiamo buttare un rifiuto quando ce ne troviamo uno in mano.

È con questo spirito che dovremmo imparare a stare sulla Terra: il pianeta su cui viviamo, ma che non ci appartiene.

L’autore, Roberto Cavallo, è consulente di molti progetti statali e privati, e promuove la sostenibilità con numerose iniziative che hanno un forte seguito classe 1970, vive, lavora e scrive ad Alba (CN). È scrittore, divulgatore scientifico e imprenditore. Co-fondatore, nel 1996, della Cooperativa E.R.I.C.A., di cui attualmente è amministratore delegato. Ha un’ampia esperienza in progetti ambientali a livello locale, nazionale e internazionale. Autore e divulgatore in numerose trasmissioni radio-televisive nazionali (Scala Mercalli, Geo&Geo, Che Tempo Che Fa, Petrolio, Nemo, Unomattina).

Autore del progetto narrativo Meno 100 Chili – Ricette per la dieta della nostra pattumiera dedicato alla prevenzione dei rifiuti (con libro, spettacolo teatrale e docufilm), premio Kafka Italia 2011, di Dieci azioni per zero rifiuti (Edizioni Ambiente), dei volumi dedicati a Keep Clean and Run (Fusta Editore) e di oltre 80 tra pubblicazioni scientifico-ambientali, romanzi, poesie, racconti. Protagonista, infine, del docufilm di Mimmo Calopresti Immondezza- La bellezza salverà il mondo.

Escursioni in collina, ripartono i tour sui 160 km del Cammino di Don Bosco

Si segnala la notizia di TorinoToday, a cura di Claudio Pizzigallo, in merito all’iniziativa “Cammino di Don Bosco”, le escursioni dell’associazione sportiva dilettantistica Nordic Walking Andrate, nell’ambito del progetto “Strade di Colori e Sapori del Chierese e del Carmagnolese”, con la collaborazione e il patrocinio della Città Metropolitana di Torino.

 

Le escursioni in collina del “Cammino di Don Bosco” |
Il calendario e il programma

Fino a fine ottobre, tappe e itinerari guidati da Superga a Castelnuovo

Sono ripresi lo scorso week end e proseguiranno fino a ottobre i tour guidati per fare trekking sulle colline torinesi lungo il “Cammino di Don Bosco”. Un programma di escursioni a piedi organizzate che in altri 4 fine settimana porterà a scoprire la natura e la storia della cosiddetta “Terra dei Santi”, dalla Basilica di Superga alla casa di Don Bosco.

A realizzare il progetto è l’associazione sportiva dilettantistica Nordic Walking Andrate, nell’ambito del progetto “Strade di Colori e Sapori del Chierese e del Carmagnolese”, con la collaborazione e il patrocinio della Città Metropolitana di Torino, organizza nei mesi di maggio, giugno, settembre e ottobre la terza edizione del Trekking “Cammino Don Bosco”.

Il trekking è articolato in 9 tappe di diversa difficoltà e propone un itinerario di poco più di 160 km, che dal centro di Torino raggiunge il Colle Don Bosco secondo tre vie: il Cammino alto, che passa per la Basilica di Superga, l’Abbazia di Vezzolano e Castelnuovo Don Bosco; il Cammino medio, che attraversa Baldissero Torinese, Pavarolo, Montaldo Torinese, Marentino, passando per il Lago di Arignano; il Cammino basso, che tocca i parchi della collina torinese, Pecetto Torinese, Chieri e Buttigliera d’Asti.

Al termine di ogni tappa i partecipanti verranno riaccompagnati al luogo di partenza a cura dell’associazione, mentre prenotando in anticipo sarà possibile pernottare nelle strutture lungo il percorso (per informazioni e prenotazioni: telefono 334-6604498, e-mail scuolanordicwalking@viviandrate.it).

Calendario, programma e tappe del trekking Cammino di Don Bosco

sabato 26 maggio Torino-Basilica di Superga. Lunghezza 15,7 Km, dislivello positivo 490 metri. Ritrovo alle 8,30 a Torino in Piazza Maria Ausiliatrice.

domenica 27 maggio Basilica di Superga-Baldissero Torinese-Bardassano-Sciolze-Cinzano-Abbazia di Vezzolano. Lunghezza 25,6 Km, dislivello 517 metri. Ritrovo alle 8,30 davanti alla Basilica di Superga.

sabato 9 giugno Abbazia di Vezzolano-Castelnuovo Don Bosco-Mondonio San domenico Savio-Basilica del Colle D. Bosco. Lunghezza 15,5 Km dislivello 250 metri. Ritrovo alle 8,30 davanti all’Abbazia di Vezzolano.

domenica 10 giugno Torino-Castelnuovo Don Bosco-Mondonio San Domenico Savio-Pecetto. Lunghezza 15,5 Km, dislivello 250 metri. Ritrovo alle 8,30 davanti all’Abbazia di Vezzolano.

sabato 29 settembre Pecetto Torinese-Chieri. Lunghezza 9,3 km, dislivello 203 metri. Ritrovo alle 8,30 in piazza Roma.

domenica 30 settembre Villanova d’Asti-San Paolo Solbrito-Colle Don Bosco. Lunghezza 12,5 Km, dislivello 145 metri. Ritrovo alle 8,30 al santuario della Madonna delle Grazie a Villanova d’Asti.

sabato 13 ottobre Basilica di Superga-Baldissero Torinese-Pavarolo-Montaldo Torinese-Marentino-Lago di Arignano-Moncucco Torinese. Lunghezza 20,4 Km, dislivello 317 metri. Ritrovo alle 8,30 davanti alla Basilica di Superga.

domenica 14 ottobre Moncucco Torinese-Cascina Moglia-Lovencito di Moriondo Torinese)-Serra di Buttigliera d’Asti-Colle Don Bosco. Lunghezza 16,3 Km, dislivello 247 metri. Ritrovo alle ore 8,30 a Moncucco Torinese in località Le Roasine della frazione San Giorgio.

domenica 21 ottobre Colle Don Bosco-San Giovanni di Riva presso Chieri-Chieri. Lunghezza 18,4 Km, dislivello 30 metri. Ritrovo alle 8,30 al Colle Don Bosco.

Le soste consigliate a chi vuole percorrere autonomamente il Cammino di Don Bosco

– al Colle Don Bosco: il Tempio, il Centro di spiritualità, il Museo etnologico missionario, il ristoro Mamma Margherita

– a Riva presso Chieri: la casa natale di San Domenico Savio;

– a Chieri: il Centro intitolato alla figura di Don Bosco, l’itinerario cittadino dei luoghi della sua gioventù, il Duomo

– a Torino: la Casa Madre Valdocco, il Santuario di Maria Ausiliatrice, la Chiesa di San Francesco di Sales

– lungo il cammino: la Basilica di Superga, la Chiesa di San Sebastiano di Pecetto Torinese, l’Abbazia di Vezzolano.

 

Online la guida “ICERD e CERD: una guida per la società civile”: il VIS cura la versione italiana

È disponibile digitalmente e scaricabile da mercoledì scorso, 23 maggio, “ICERD e CERD: una guida per la società civile”: la prima guida operativa in lingua italiana, curata dall’ONG “Volontariato Internazionale per lo Sviluppo” (VIS) in collaborazione con la ONG “International Movement Against All Forms of Discrimination and Racism” (IMADR – Movimento Internazionale Contro ogni forma di Discriminazione Razziale), inserita fra gli strumenti operativi per la società civile sul sito del Comitato delle Nazioni Unite per l’eliminazione della discriminazione razziale (CERD).

La guida rappresenta un manuale essenziale che guida il lettore nella conoscenza e nella diffusione dei temi della “Convenzione internazionale sulla eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale” (ICERD) ed aiuta le organizzazioni non governative a dare un contributo e partecipare alle sessioni del CERD.

La Convenzione, deputata alla lotta a ogni tipo di discriminazione razziale, è stata adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1965 ed è entrata in vigore nel 1969. Nel corso degli anni è aumentato il numero di Stati che l’hanno introdotta nel proprio ordinamento. Il trattato, infatti, è legalmente vincolante per gli Stati che l’hanno sottoscritta: ogni Stato ha l’obbligo di difendere e implementare tutti gli articoli della Convenzione e ad oggi sono ben 174 gli Stati che l’hanno ratificata.

La guida originariamente in lingua inglese “ICERD and CERD: A Guide for Civil Society Actors” redatta dall’International Movement Against All Forms of Discrimination and Racism (IMADR) è ora affiancata dalla versione italiana curata per il VIS da Barbara Terenzi e Emma Colombatti.

Una collaborazione importante quella con IMADR – iniziata da lungo tempo a Ginevra, nel corso delle sessioni del CERD che consideravano l’Italia – che ha visto di recente VIS, IMADR, l’associazione “Don Bosco 2000”, il Comitato per la promozione e protezione dei diritti umani e rappresentanti dei PDO salesiani del progetto “Co-Partners in Development” impegnati insieme nell’evento parallelo alla Sessione del Consiglio Diritti Umani delle Nazioni Unite tenutosi lo scorso marzo a Ginevra.

La realizzazione della guida operativa CERD in italiano contribuisce ad illustrare e dare lustro al lavoro quotidiano del VIS portato avanti per la promozione e protezione dei diritti umani, riconoscendone così anche il contributo alla costruzione di una nuova cultura dei diritti umani.