don Franco Peradotto: ponte tra la Chiesa e la Città di Torino

Tra i preti torinesi più importanti del secondo Novecento, maestro di vita, di fede, di pastorale e di giornalismo: don Franco Peradotto.

Per quasi trent’anni ha diretto il settimanale «La Voce del Popolo», è stato l’uomo della comunicazione tra la Chiesa e la città, sempre in dialogo e in ascolto della storia partendo dalla lezione del Concilio, di cui è stato efficace divulgatore, chiamato a parlarne in moltissime parti d’Italia.

Venerdì 21 settembre 2018 alle ore 17,30 al Polo del ‘900, via del Carmine 14, Torino, la Fondazione Carlo Donat-Cattin, il Polo del ‘900, “La Voce e il Tempo” promuovono la presentazione del libro dal titolo Franco Peradotto prete giornalista e il suo tempo – Un Cuore Grande così” di Pier Giuseppe Accornero edito da Effatà Editrice. Il libro lo colloca nel contesto storico ed ecclesiale,politico e sociale, basandosi sugli echi di stampa e sulla diretta testimonianza dell’autore di molti fatti narrati.

La sede della presentazione è gloriosa (I quartieri militari juvarriani) e i relatori molto prestigiosi: gli ex sindaci di Torino, Diego Novelli e Valentino Castellani; il medico Ottavio Losana, segretario del Consiglio Pastorale Diocesano ai tempi del card. Michele Pellegrino e grande amico di don Franco; Marco Bonatti, giornalista, storico direttore della comunicazione nelle ostensioni della Sindone dal 1998 a oggi, primo successore di don Franco come direttore de “La Voce del Popolo”. Porteranno un saluto Sergio Soave, storico, presidente del Polo; Gianfranco Morgando, direttore della Fondazione Donat-Cattin.

Che ci faccio io qui? I bambini nelle carceri italiane

Si segnala l’editoriale di M. Lomunno della redazione di Avvenire, nel quale ha illustrato la mostra organizzata dall’Associazione “A Roma, insieme” dal titolo “Che ci faccio io qui? I bambini nelle carceri italiane“: una bella analisi su storie poco note tra le madri in carcere e i loro figli negli Istituti a custodia attenuata per detenute madri (Icam). Buona lettura!

In cella col biberon: mancano strutture

Sono 50 i figli di detenute nelle carceri italiane. Mostra fotografica a Torino

La legge 62/2011 per valorizzare il rapporto tra le madri in carcere e i loro figli ha disposto l’istituzione di «Istituti a custodia attenuata per detenute madri» (Icam) che permettono di scontare la pena in ambienti con un ruolo di comunità e che non siano un semplice nido.

Attualmente però sono solo 5 gli Icam – Milano San Vittore (dove è stato avviato il primo progetto), Veneziaiudecca, Torino “Lorusso e Cutugno”, Avellino Lauro e Cagliari – che, secondo la legge, possono ospitare mamme con bambini fino ai 6 anni in ambiente famigliare mentre, dove non esistono, i bimbi vengono reclusi nelle sezioni “nido” (in questo caso fino ai 3 anni) allestite presso le sezioni femminili dei penitenziari. Secondo i dati forniti dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, le detenute madri con figli al seguito presenti nelle carceri italiane al 31 agosto 2018 erano 52, con 62 bambini (di cui 33 italiani e 29 stranieri). Presso gli Icam è garantita l’assistenza sanitaria attraverso il coinvolgimento della rete dei servizi materni infantili sanitari e territoriali e dei medici che operano nei penitenziari. «Mamme e bimbi sono ristretti in 12 strutture penali, di cui 4 Icam (nella comunità del carcere di Cagliari al momento non sono presenti mamme con prole) mentre 8 sono ancora le vecchie sezioni nido nei reparti femminili – precisa Bruno Mellano, garante dei detenuti della Regione Piemonte –. Purtroppo ancora una trentina di bimbi non hanno la possibilità di scontare la loro “pena forzata” con le mamme negli Icam, vivendo in condizioni che non rispettano i diritti dei fanciulli. La speranza è che in tutte le sezioni femminili delle carceri italiane vengano allestite comunità Icam come prevede la legge, per permettere a tutte le madri detenute di assicurare un’infanzia simile agli altri bambini».

A guardarle bene, quelle 50 fotografie di bimbi ritratti dietro le sbarre, figli di mamme detenute, viene spontaneo pensare: «Ma che infanzia è questa?». Così non c’è titolo più azzeccato per la mostra fotografica inaugurata lunedì a Torino e e aperta fino al 17 ottobre presso l’Ufficio relazioni con il pubblico della Regione (via Arsenale 14): «Che ci faccio io qui? I bambini nelle carceri italiane».

Una situazione poco conosciuta che per fortuna, ad oggi, riguarda “solo” poco più di 50 mamme con figli fino a 6 anni (su 2551 donne detenute in Italia). Ecco un passeggino vuoto fuori da una cella (lo scatto è la copertina del catalogo, curato dall’Agenzia Contrasto), poi un pallone su una branda, mamme che tengono per mano il figlioletto aggrappate alle sbarre, che allattano nel cortile del penitenziario o che disegnano con i loro bimbi nello spazio angusto dei
corridoi delle sezioni. Sono alcune delle immagini della rassegna che, opera di un gruppo di fotografi e organizzata con la Conferenza dei volontari della giustizia di Piemonte e Valle d’Aosta e l’associazione di volontariato “A Roma, insieme”, nell’intenzione del curatore Bruno Mellano, garante regionale del Piemonte, «offre uno spaccato di vita delle donne con figli piccoli in carcere».

«La mostra – ha sottolineato Francesca Romana Valenzi, direttore dell’ufficio Detenuti e trattamento del Provveditorato dell’Amministrazione penitenziaria piemontese – vuole sensibilizzare l’opinione pubblica su quanto ci sia ancora da fare per applicare la legge che nel 2011 dettava la realizzazione di Istituti a custodia attenuata per detenute madri (Icam): luoghi che avessero le caratteristiche di una casa-famiglia, all’interno del penitenziario ma fuori dalle sezioni in modo che i bambini potessero crescere accanto alle loro mamme nell’età delicata della prima infanzia ma lontani dal clima carcerario».

Una legge necessaria per non far ricadere sui figli le colpe delle madri, ma che ancora non è stata attuata: attualmente sono solo 5 gli Icam, su 15 carceri in cui sono presenti mamme con figli in età prescolare.

Tra i penitenziari con progetto Icam c’è Torino che – ha ricordato la garante dei detenuti del Comune, Monica Cristina Gallo – «ospita 11 mamme e 15 bimbi in una palazzina separata, un ambiente simile a una casa, e i piccoli frequentano nido o asilo comunale del vicino quartiere Vallette. Inoltre dallo scorso anno abbiamo inserito all’Icam due giovani in servizio civile: un’esperienza positiva che ha favorito la conoscenza di una realtà sommersa».

Conferma la necessità di «spazi mamma-bambino ad hoc» nei penitenziari anche don Domenico Ricca, salesiano, cappellano del minorile torinese “Ferrante Aporti”: «I figli delle ragazze detenute, per lo più no-madi, hanno portato alla vita dell’istituto benefici ben superiori ai disagi organizzativi; sono una presenza che ci ha obbligato a organizzare la vita detentiva secondo il modello della comunità (per esempio dotandoci di uno spazio cucina per biberon e pappe) ma soprattutto sono serviti a svelenire il clima, a renderlo meno carcerario.

Era naturale che diventassero figli di tutte le detenute e anche del personale di custodia, spesso giovani mamme, che sentivano naturale insegnare alle madri ancora adolescenti come si accudisce un bimbo».

Lettera di solidarietà e sostegno a Papa Francesco dalla Madre Generale delle FMA

Nei giorni scorsi Madre Yvonne Reungoat, Superiora Generale dell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, ha inviato una lettera a Papa Francesco per manifestargli sostegno e solidarietà, particolarmente in questo momento di difficoltà, e trasformarli in preghiera e penitenza, come lo stesso Santo Padre ha chiesto al Popolo di Dio. La lettera di Madre Reungoat esprime un sentimento comune a tutta la Famiglia Salesiana.

Beatissimo Padre,

ci uniamo alla voce di persone, gruppi e istituzioni che in questi giorni si stringono intorno a lei per esprimerle solidarietà e sostegno.

Grazie, Santità, per la testimonianza di serenità nella fedeltà a Cristo e al suo Vangelo; per la trasparenza delle sue parole – risonanza di una vita coerente e ricca di amore – che sta offrendo non solo ai cattolici, ma al mondo intero. Siamo riconoscenti per il suo quotidiano spendersi come Pastore della Chiesa universale a servizio del popolo di Dio. Un popolo che si sente in comunione con lei, in profonda sintonia con le sue parole, i suoi gesti, la sua vicinanza ai poveri.

Lei annuncia e testimonia con passione e sguardo profetico un Vangelo senza sconti, lo rende credibile e affidabile con le sue scelte di ogni giorno. Ci conferma nel cammino per essere sempre più “Chiesa in uscita”, a partire da una convinta conversione pastorale e missionaria. Ci indica nuovi passi per dare corpo e vita al messaggio centrale del Vangelo che in Gesù rivela pienamente il volto di misericordia del Padre.

Grazie, Santità, per le fatiche che affronta percorrendo la via dell’ascolto e del dialogo, dell’incontro che non esclude, né scarta nessuno, ma apre invece porte e finestre in cui si manifesta la libertà della Spirito. Condividiamo il suo atteggiamento: “La verità è mite, la verità è silenziosa”; non cerca lo scandalo, né la divisione. Facciamo nostra la sua scelta di “silenzio e preghiera” ed esprimiamo una rinnovata fedeltà ai tre amori di Don Bosco: Eucaristia, Maria Ausiliatrice e il Papa.

Il suo magistero, Santo Padre, ci trova in piena sintonia e ispira il cammino dell’Istituto in questo tempo di sfide epocali e di grandi opportunità, ricco di grazia e aperto alla speranza: quella speranza che leggiamo impressa nelle sue parole e nei suoi gesti e, soprattutto, nel suo luminoso volto di gioia.

Santità, siamo tutti con Lei – Figlie di Maria Ausiliatrice, comunità educanti, giovani – come Istituto che vive e opera nella Famiglia Salesiana e nella più ampia comunità ecclesiale e le chiediamo di benedirci. Lei stessa, Santità, è una benedizione per la nostra Famiglia religiosa e per il mondo di oggi. Grazie!

Suor Yvonne Reungoat, FMA

Superiora Generale dell’Istituto FMA

100 luci per 100 storie che chiamano il futuro: Mappa celeste dell’Italia che c’è

Quale Italia siamo, quale possiamo e vogliamo essere? Come aprirsi ad un nuovo giorno, senza minimizzare l’inverno che ci aspetta, ma affrontandolo col meglio delle risposte che sappiamo dare già oggi?

Questi alcuni degli interrogativi che hanno ispirato gli ideatori della manifestazione “Mappa celeste dell’Italia che c’è – 100 Storie che chiamano il Futuro” che, nella notte che porta all’equinozio, il 22 settembre, cercheranno di mappare la situazione attuale del territorio nazionale attraverso 100 storie ed esperienze di reti associative e persone che operano concretamente per prendersi cura del futuro comune. L’evento si terrà Sabato 22 Settembre 2018 a partire dalle ore 21.30 presso l’Auditorium San Fedele di Milano in Via Ulrico Hoepli, quando 100 luci verranno accese: esse corrisponderanno a 100 interventi di persone che in 5 minuti racconteranno ciò che funziona e crea valore oggi nella propria esperienza e quale scenario ipotizzano tra dieci anni in cui sia possibile fare ancor meglio e con maggiori risultati quello che stanno facendo.

Una di quelle 100 luci verrà accesa da don Stefano Mondin, delegato della Pastorale Giovanile Salesiana del Piemonte e della Valle d’Aosta (con 35 comunità, 15 centri professionali, 26 parrocchie e 25 oratori) che si adopera con costanza nel binomio educazione-lavoro e orienta l’attenzione del lavoro della sua équipe verso la formazione di ragazzi giovani, soprattutto quelli più bisognosi, come fece instancabilmente il padre dei salesiani, Don Bosco. Per esempio, tra i diversi progetti, quello di Spazio fratto Tempo che, partendo “dall’interdipendenza tra luoghi di lavoro e percorsi di crescita, mira a promuovere tracce di futuro sostenibili per tutti i giovani. Da qui la proposta dei laboratori che, incontrando nella quotidianità i bisogni, cercano risposte percorribili“, come racconta don Stefano.

Tra i promotori e organizzatori della serata “Mappa celeste dell’Italia che c’è”: Alessandro Rosina, docente universitario, studioso delle trasformazioni demografiche, i mutamenti sociali, la diffusione di comportamenti innovativi; Maria Chiara Prodi, presidente della Commissione “Nuove migrazioni e nuove pratiche” del Cgie, il Consiglio generale per gli italiani all’estero e Consigliera nazionale delle Acli (Associazioni Cristiane Lavoratori) di Francia; Ivana Pais, docente di Sociologia economica nella Facoltà di Economia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, svolge ricerche sulle reti sociali e le comunità professionali digitali; Sergio Sorgi, Vice presidente e socio fondatore di Progetica (1994), è esperto di welfare, previdenza e temi sociologici e comunicativi relativi ai rischi ed alla loro percezione; Tommaso Vitale, ricercatore al Centre d’études européennes, professore associato di Sociologia, è direttore del master Governing the Large Metropolis presso l’Ecole Urbaine de Sciences Po; Emanuele Polizzi, docente in sociologia all’Università Statale di Milano, membro dei Laboratori Sui Generis e PolisLombardia all’Università di Milano Bicocca, attualmente ricercatore presso l’Università E-Campus, si occupa di terzo settore, partecipazione associativa e politiche sociali; Stefano Granata, presidente di Confcooperative Federsolidarietà e del Gruppo Cooperativo Gino Mattarelli (CGM), la più grande rete di imprese sociali in Italia, da sempre attivo nella cooperazione sociale, in particolare nello sviluppo di iniziative imprenditoriali, rapporti con le reti territoriali e progettazione strategica nazionale.

L’invito, dunque, è per “tutti coloro che non sono rassegnati alla logica della divisione e della politica che offre solo paure e nemici da combattere, per chi vede e lavora per un’Italia che fa, che sa unire e sa mettersi in relazione, che sa di poter essere protagonista dei percorsi più virtuosi di trasformazione di questo secolo“, come sottolinea uno degli organizzatori, A. Rosina.

Ecco la comunicazione ufficiale dell’iniziativa:

MAPPA CELESTE DELL’ITALIA CHE C’E’
100 STORIE CHE CHIAMANO IL FUTURO

L’Italia può dare bellezza ai processi di cambiamento di questo secolo. Ma non potrà farlo se prigioniera di un clima di risentimento, paura e rassegnazione. Perché possa esprimere il meglio di sé è necessario che venga rafforzato il senso di appartenenza ad un destino comune e sviluppata una visione comune di un futuro possibile e desiderato da realizzare. Al rancore e alla paura che chiude in difesa del presente, va contrapposto (anzi, controproposto) il desiderio di partecipare alla costruzione di un’Italia che metta in gioco le energie positive del Paese. Il modo più concreto e solido per farlo è quello di mettere insieme le realtà (i soggetti sociali) che già oggi “dal basso” si muovono in tale prospettiva, ovvero quello di connettere chi nella sua azione sul territorio già oggi sperimenta concretamente che l’apertura è più feconda della chiusura. Un’apertura alla relazione da intendere su tre direttrici (temporale, spaziale e relazionale): verso il futuro, verso l’Europa e il mondo, verso l’altro.

Dare protagonismo agli attori dell’apertura che funziona e produce valore sul territorio non significa chiedere ad essi di farsi consenso strumentale ad operazioni politiche calate dall’alto, ma produrre con essi (con la loro esperienza concreta fatta intelligenza collettiva e messa, con metodo, a valore comune) l’idea di paese desiderato e possibile da realizzare nei prossimi 5, 10, 15 anni. Ovvero, la costruzione concreta del luogo futuro in cui collocare capacità e specificità italiane di generare benessere e valore condiviso in coerenza con le trasformazioni del mondo che cambia. Un luogo che abbia tutta la forza di attrarci verso di sé, perché rappresenta ciò che possiamo e vogliamo diventare.

Questa idea positiva di Italia da costruire progettualmente insieme (non ideologicamente, ma con la forza della sua autoevidenza positiva) deve diventare il Bene Comune di cui prendersi individualmente e collettivamente cura.

100 LUCI ACCESE NELLA NOTTE DEL 22 SETTEMBRE

PERCHE’:
Per costruire un futuro migliore insieme è necessario partire dal presente, da quello che già di bello e positivo l’Italia di oggi sa esprimere. Pensiamo ad un evento che possa dare autoevidenza a tale Italia e forza per illuminare il nostro futuro comune, come luogo possibile e desiderato da raggiungere insieme.ù

COSA:
Un evento in cui ciascuno porti la propria luce, con l’obiettivo di capire meglio l’Italia di oggi e elevare a sistema la capacità di guardare al futuro.

QUANDO:
L’evento si svilupperà durante la notte tra il 22 e il 23 settembre, a partire dalle 21.30.

DOVE:
L’evento si terrà nell’Auditorium e negli spazi del Centro Culturale S.Fedele, rimanendo aperto sulla piazza S.Fedele, in centro a Milano.

COME:
Ci saranno 100 luci che verranno accese che corrisponderanno a 100 interventi di persone che in 5 minuti racconteranno ciò che funziona e crea valore oggi nella propria esperienza e quale Italia si immaginano tra dieci anni in cui sia possibile fare ancor meglio e con maggiori risultato quello che stanno facendo. Metà degli interventi verranno svolti in presenza e l’altra metà da contributi che arriveranno online da tutta Italia, con un percorso che fisicamente e virtualmente coprirà tutta la notte fino all’alba.
L’elenco dei 100 interventi verrà reso noto con anticipo rispetto all’evento del 22.

E DOPO?
Non ci sarà una vera conclusione dell’evento perché l’intenzione è che dal tenere accesa tale notte sino all’alba possa partire un impegno comune a costruire concretamente insieme un’idea comune di Italia in grado di dar più forza e valorizzazione a ciò che oggi funziona e produce valore sul territorio. L’impegno è rimanere svegli e contribuire a dar luce a tale idea comune, rendendola un progetto concreto da realizzare e in grado di condizionare positivamente l’offerta politica.

L’INVITO!
L’invito è quindi quello di passare insieme quella notte e riflettere su quale Italia siamo, quale possiamo e vogliamo essere.

L’invito è quello di dire insieme che ci siamo, che non siamo rassegnati alla logica della divisione e della politica che offre solo paure e nemici da combattere.

L’invito è a dar forza all’Italia che fa, che sa unire e sa aprirsi, che non accetta di diventare marginale rispetto ai percorsi più virtuosi di sviluppo inclusivo di questo secolo.

L’invito parte da alcuni promotori ma è aperto a tutti coloro che condividono questa impostazione e che dal 23 settembre sono pronti a lavorare per un futuro in cui portare il meglio dell’Italia di oggi e dei nostri desideri comuni da realizzare. Senza protagonismi, ma con metodo, costanza e determinazione.

San Benigno: Corso di formazione gratuito sulla celiachia e sull’alimentazione

Si diffonde la seguente iniziativa riguardante un corso di formazione gratuito sulla celiachia e sull’alimentazione senza glutine, in collaborazione con l’Asl To3 (coordinamento regionale) e l’AIC (Associazione Italiana Celiachia Piemonte Valle d’Aosta), grazie al finanziamento stanziato dalla Regione Piemonte. Destinatari del corso sono gli Operatori del Settore Alimentare (laboratori artigianali, ristoratori, albergatori) del territorio dell’Asl To4.

Maggiori dettagli, nell’articolo di Quotidiano del Canavese:

SAN BENIGNO – Corso dell’Asl su alimentazione senza glutine e celiachia

Destinatari del corso sono gli operatori del settore alimentare (laboratori artigianali, ristoratori, albergatori) del Canavese

Il Dipartimento di Prevenzione dell’Asl To4, diretto dal dottor Giovanni Mezzano, organizza un corso di formazione gratuito sulla celiachia e sull’alimentazione senza glutine, in collaborazione con l’Asl To3 (coordinamento regionale) e l’AIC (Associazione Italiana Celiachia Piemonte Valle d’Aosta), grazie al finanziamento stanziato dalla Regione Piemonte. Destinatari del corso sono gli Operatori del Settore Alimentare (laboratori artigianali, ristoratori, albergatori) del territorio dell’Asl To4.

Il percorso formativo, che si svolgerà presso l’Istituto Alberghiero Salesiano di San Benigno Canavese (piazza Guglielmo da Volpiano, 2), è così suddiviso:

•   corso base teorico di 4 ore rivolto a tutti gli esercenti che vorranno acquisire notizie generali sulla celiachia e indicazioni sulle problematiche dell’approccio al servizio senza glutine (si svolgerà il 3 ottobre 2018 dalle 14 alle 18);
•  corso teorico-pratico di 4 ore con approfondimento e sviluppo della parte teorica, seguita dalla parte pratica tenuta da uno chef esperto di cucina senza glutine (si svolgerà il 10 ottobre 2018 dalle 14 alle 18).

Inoltre, per coloro che intendano avvalersi della possibilità di essere inseriti nell’elenco degli esercizi senza glutine, sponsorizzati dalla AIC, sono previsti ulteriori due incontri di formazione specifica e verifica requisiti, sempre gratuita, con personale AIC, presso la propria azienda.

È requisito indispensabile la presenza del titolare dell’attività o di un suo delegato (legale rappresentante) e dell’addetto alla preparazione e/o cuoco e/o pizzaiolo e/o barista, nel caso in cui l’esercizio offrisse più di un servizio. Le iscrizioni devono essere effettuate entro il prossimo 30 settembre presso la Segreteria organizzativa dell’ASL TO4 (via Cavour 29, Ciriè; referente dottor Giuseppe Russo; telefono 011 9217623-638; fax 011 9217624). I posti sono limitati, pertanto saranno ammessi al corso 50 partecipanti in base all’ordine di iscrizione.

La celiachia è l’intolleranza alimentare più diffusa al mondo e si stima che interessi l’1% della popolazione generale. La dieta senza glutine è, allo stato attuale delle conoscenze, l’unica terapia della celiachia. L’aumento dei consumi alimentari fuori casa, dovuto ai nuovi stili di vita e di lavoro, interessa tutta la collettività, comprese le persone affette da celiachia e le loro famiglie. Per questo motivo nasce l’esigenza di formare il personale degli esercizi pubblici, affinché anche un soggetto celiaco possa realizzare la propria socialità, consumando serenamente un pasto senza glutine fuori casa.

 

Giornata del Salesiano Cooperatore 2018

Come di consueto, si ricorda l’appuntamento annuale della Gionata del Salesiano Cooperatore, che si terrà in data 16 settembre 2018, presso il Colle Don Bosco. Parteciperà alla giornata la Consulta Nazionale dei Salesiani Cooperatori.

La giornata seguirà la seguente programmazione:

 

9.00 Accoglienza

9.30 Preghiera lodi

10.00 Interventi, Antonio Boccia (coordinatore regionale)

Don Giuseppe Buccellato (il discernimento)

11.30 Discussione in assemblea

13.00 Pranzo al sacco

14.30 Recita del S.Rosario

15.00 Santa messa con MGS

 

Per informazioni

Mail: info@salcoopicp.eu
Tel: 327.9981778

Info Salesiani Cooperatori ICP

Ottobre 2019: mese missionario straordinario con l’ufficio Missionario Diocesano

Assemblea Missionaria Diocesana

Sabato 22 settembre 2018
Dalle ore 9.15 alle ore 12.30
c/o la sede O.A.S.I. Operazione Mato Grosso

Papa Francesco nel giugno 2017 ha dato questo annuncio nel corso dell’Assemblea delle Pontificie Opere Missionarie:

“So che state cercando vie nuove, modalità più adeguate, più ecclesiali per svolgere il vostro servizio alla missione universale della Chiesa …Per rinnovare l’ardore e la passione […] ho accolto con molto favore la proposta […] di indire un tempo straordinario di preghiera e riflessione sulla missio ad gentes. Chiederò a tutta la Chiesa di dedicare il mese di ottobre dell’anno 2019 a questa finalità”.

Pertanto, il mese di ottobre 2019 sarà un MESE MISSIONARIO STRAORDINARIO per tutta la Chiesa.

L’Ufficio Missionario Diocesano di Torino organizza un percorso di rinnovamento del pensiero e di rilancio della pastorale missionaria nelle  comunità.

Questo cammino di preparazione inizierà con la prossima Assemblea Missionaria Diocesana, che si terrà Sabato 22 settembre 2018, dalle ore 9.15 alle ore 12.30, presso la sede O.A.S.I. Operazione Mato Grosso di Torino – Via Gorizia 116 (angolo Via Filadelfia). Si segnala la possibilità di parcheggio interno.

“Il vostro libro abituale di preghiera e di meditazione siano gli Atti degli Apostoli. Andare lì a trovare l’ispirazione”

Raccogliendo quest’indicazione di Papa Francesco al mondo missionario, tutto il cammino dell’anno, in un percorso di rilettura e attualizzazione, sarà accompagnato da Laura Verrani, teologa e appassionata di Sacra Scrittura.

 

ADMA: VIII Congresso Internazionale di Maria Ausiliatrice

L’VIII Congresso Internazionale di Maria Ausiliatrice, evento di Famiglia Salesiana promosso dall’Associazione di Maria Ausiliatrice (ADMA), in accordo con il Segretariato della Famiglia Salesiana e con la Famiglia Salesiana dell’Argentina, si terrà a Buenos Aires, Argentina, dal 7 al 10 novembre 2019.

Il Logo rappresenta la familiare e cara immagine di Maria Ausiliatrice accanto alla sagoma della Basilica di Maria Ausiliatrice e di San Carlo, a Buenos Aires; un luogo di enorme significato per la devozione mariana argentina.

I prossimi passi del cammino di preparazione vedranno:

• L’avvio del cammino formativo di preparazione al Congresso, che verrà pubblicato, a partire da questo settembre 2018, ogni mese attraverso l’ADMAonline (www.admadonbosco.org e nel sito dedicato all’evento www.mariaauxiliadora2019.com.ar);

• L’avvio della raccolta delle esperienze di vita, relative ad esperienze giovanili e di famiglia, a partire da ottobre 2018. In occasione del Congresso, infatti, sarà offerta la possibilità di presentare alcune esperienze di vita legate ai temi del Congresso, tra quelle che si candideranno a partecipare.

• L’avvio delle iscrizioni, a partire da novembre 2018: al riguardo gli organizzatori anticipano sin da ora che le iscrizioni dovranno essere fatte a livello di gruppo, non di singoli, e che l’organizzazione del Congresso si occuperà solo della logistica e dei pasti in loco, ma non della sistemazione per la notte. Al riguardo verranno dati maggiori dettagli in sede di avvio delle iscrizioni, con apposita comunicazione.

I Congressi di Maria Ausiliatrice sono eventi di rilevanza mondiale per la Famiglia Salesiana, che attraverso la promozione della devozione a Maria Ausiliatrice vuole far crescere la sua identità spirituale ed apostolica.

Articolo tratto da ANS – Agenzia Info Salesiana

 

Andrea Lucchetta: È don Bosco il mio supereroe!

Si pubblica l’interessante intervista realizzata da Antonio Giuliano, per l’edizione di Avvenire dell’ 8 settembre 2018, ad Andrea “Lucky” Lucchetta, pallavolista e non solo, capitano della Nazionale dei fenomeni del volley negli anni Novanta e da circa un decennio volto noto in Tv come commentatore. Lucky è affezionato a Don Bosco perchè gli ha svelato la bellezza della pallavolo come sport di squadra “all’istituto salesiano Astori di Mogliano Veneto. E qui ho capito l’importanza del dover essere sempre in prima linea con il prossimo.” Buona lettura!

Pallavolo. Andrea Lucchetta, il campione animato che parla ai giovani

Alla vigilia dei Mondiali parla un grande ex, oggi commentatore Tv e protagonista in un suo cartoon: «Che emozione vedere i bimbi disabili schiacciare. È don Bosco il mio supereroe»

«Se l’Italia vince il Mondiale di pallavolo posso promettere di far sparire i baffi. Ma il mio capello proprio no…». Chiedetegli tutto ma non di rinunciare all’onda anomala che svetta da anni sulla sua testa. La capigliatura a spazzola in diagonale fa ormai parte della sua carta d’identità e lo accompagna sin da quando dettava legge in campo: «Per me è un taglio di vita». Non ha bisogno di presentazioni Andrea Lucchetta, capitano della Nazionale dei fenomeni del volley negli anni Novanta e da circa un decennio volto noto in Tv come brioso commentatore. Competente e rigoroso come solo una leggenda di questo sport può esserlo. Senza però mai prendersi troppo sul serio. Ma anzi prodigo di tormentoni e schietto come chi, «dopo aver appeso le mani al chiodo», ha deciso di dedicarsi ai giovani, ne conosce il linguaggio e ha imparato che con loro non si può bluffare. Personaggio da sempre fuori dagli schemi, la sua sagoma inconfondibile spopola tra i ragazzi anche grazie a un fortunato cartone animato, Spike Team, in onda su Rai Gulp, di cui è ideatore e autore. Lucky, il protagonista, è infatti il suo alter ego, un allenatore con lo stesso bagaglio di valori e autoironia con cui Lucchetta a 55 anni continua felice a condividere una passione che va oltre lo sport.

Domani l’Italia fa il suo esordio al Mondiale che cosa si aspetta dalla nostra Nazionale?

«Per noi è il Mondiale della verità. Dobbiamo cancellare le delusioni mondiali precedenti, specie la brutta figura del 2014 col tredicesimo posto. Abbiamo una formazione di livello che a Rio 2016 ci ha regalato uno splendido argento. Ma dopo l’Olimpiade dobbiamo ritrovare i nostri giocatori cardine. E grazie al lavoro di Blengini mi aspetto tanto dai vari Giannelli, Juantorena, Zaytsev, ma anche da Colaci e Lanza. Ora è il momento di accantonare la pallavolo “social” e rimanere concentrati: giochiamo in casa e siamo favoriti. E l’obiettivo minimo non può che essere il podio».

Le piace l’idea di giocare all’aperto al Foro Italico di Roma?

«Tantissimo. Non mi dispiacerebbe nemmeno se la finale a Torino si giocasse allo Juventus Stadium magari alla presenza di CR7… Rappresenta la mia filosofia da sempre: conquistare i non-luoghi della pallavolo per avvicinare la gente a questo sport. È la ragione per cui sono andato in radio, ho partecipato come cantante al Festivalbar e mi sono inventato un cartone animato… ».

In questi anni si è fatto conoscere molto fuori dal campo. Ma lei è stato protagonista di un’Italia che ha dominato nel mondo.

«Una striscia molto lunga di vittorie che rimarrà irripetibile. Anche perché era una pallavolo tecnicamente diversa. Ma quella squadra era formata da giocatori che sputavano anima e sangue in campo. La cura dei dettagli, la voglia di migliorare ogni giorno e la compattezza del gruppo facevano la differenza. La conquista del Mondiale del 1990 (preceduta dall’Europeo del 1989) è stato il momento più bello della mia carriera (in- sieme al primo scudetto a Modena). Con la soddisfazione di essere premiato come miglior giocatore. E quella fascia di capitano, che tuttora mi inorgoglisce, mi è rimasta tatuata dentro».

Una bacheca impressionante in cui spiccano due scudetti e una Coppa dei Campioni a livello di club e i numerosi successi in Nazionale come il bronzo olimpico (1984), un europeo (1989) il campionato del mondo (1990) e tre World League consecutive (dal 1990 al 1992). La sua carriera è stata segnata spesso da scelte controcorrente.

«Velasco si arrabbiava perché durante i giorni di riposo andavo ad allenare una polisportiva di ragazzi di strada. Ma io ho scoperto la bellezza di questo sport di squadra all’istituto salesiano Astori di Mogliano Veneto. E qui ho capito l’importanza del dover essere sempre in prima linea con il prossimo. Quando ho smesso, ho creato una ludoteca e per dieci anni sono sparito dal mondo del volley. I miei figli hanno scelto il basket: li ho lasciati liberi perché per me era importante solo che facessero sport e imparassero umiltà e senso di gruppo».

Ma oggi è diventato uomo-immagine della pallavolo soprattutto per i più piccoli.

«Stiamo lavorando molto con la Federazione nelle scuole e sul territorio. Gioco in media con 20mila bambini l’anno. Ne ho incontrati in tutto circa 320mila per un totale di un milione 200mila palleggi. E poi 150mila animazioni di classe… Tutto per far comprendere anche agli adulti che i valori dello sport come la costanza o il sacrificio sono decisivi per raggiungere qualsiasi obiettivo nella vita. Gli stessi valori che sono alla base del mio cartoon Spike Team, dove le protagoniste sono sei piccole pallavoliste che, guidate dal loro allenatore Lucky, imparano a far tesoro delle sconfitte e crescono seguendo principi nobili, preziosi in un tempo in cui ragazzi sono bombardati da falsi modelli esteriori. Non è un caso se il cartone è stato premiato due volte dal Moige (Movimento italiano genitori) per i suoi contenuti. Quest’anno è andata in onda la terza serie (siamo arrivati in tutto a 78 puntate) ma in cantiere ne ho già una quarta. C’è un rimando alla realtà che altri cartoni non hanno più: Lucky che i bambini vedono gesticolare nel cartone è Andrea Lucchetta che ritrovano poi in piazza a giocare con loro».

Lucky ha anche la sua stessa acconciatura… Non sarà diventata una schiavitù per lei?

«Per niente. Anzi quando mi vedo col capello “moscio” non va mica bene. Il problema è che adesso mi riconoscono anche al mare quando faccio i tuffi. Questo è il taglio del capitano, nacque così quando giocavo per chiedere un po’ di rispetto visto che non mi calcolava nessuno… Un’acconciatura che ricorda l’inclinazione di una mano che fa il saluto militare… La verità è che rispecchia in pieno il mio carattere. Io sono così come mi vedete, non c’è nulla di costruito. In telecronaca mi esalto e sono pronto a saltare sul bancone proprio come se fossi seduto sul divano di casa vostra. Allo stesso modo faccio notare gli errori tecnici anche a rischio di essere impopolare».

L’energia e la capacità di ridere di sè è rimasta quella di sempre. Dove attinge questa carica?

«Il percorso spirituale dei salesiani è stato decisivo. La preghiera e il raccoglimento sono essenziali e appena posso vado al Santuario di Puianello. La fede ti dà una grande forza e il coraggio per essere tenace e leale: da don Bosco ho appreso che col sorriso possiamo portarla a tutti. Lui per me è un vero supereroe, sono pronto coi salesiani a farne una serie, faremmo contenti tanti ragazzi».

C’è però un’ulteriore sfida nella sua missione.

«Far capire ai ragazzi disabili che siamo tutti parte di una stessa squadra. Con la Federazione ho lanciato lo Spike Ball, il gioco della schiacciata, che ha già incontrato 12mila bambini nelle piazze italiane: una pallavolo con la rete all’altezza degli occhi così che tutti i bimbi, anche quelli in carrozzina, possono schiacciare o murare. E sulla disabilità ho lanciato un film Il sogno di Brentadottato anche dalle campagne ministeriali sulla prevenzione stradale. Basta poco a volte. Anche solo far aprire le dita sul pallone a un ragazzo con handicap. Perché se mentre lo fai, leggi sul suo volto che lo stai rendendo felice, capirai che non c’è nulla di più bello al mondo».

 

Percorrendo un cammino di fedeltà. Il saluto del Rettor Maggiore nell’imminenza del CG28

L’8 settembre, festa della Natività della Vergine Maria, il Rettor Maggiore, Don Ángel Fernádez Artime, invia una lettera che si pubblicherà negli Atti del Consiglio Generale (n.428). Essa invita a considerare la meravigliosa opportunità che si presenta alla Congregazione Salesiana, come tutti i Capitoli Generali, “di fare un passo ulteriore guardando il futuro, facendo un cammino di fedeltà al Signore, seguendo le orme di Don Bosco”.

In questa missiva, considerata dal Rettor Maggiore come una “lettera colloquiale” o una “comunicazione fraterna e spontanea”, si fa riferimento a temi riguardanti il CG28 e i giovani, la situazione della Congregazione e alcune situazioni per la riflessione e il tema della “missionarietà”, come fonte di speranza.

“Percorrendo un cammino di fedeltà”, è una lettera che parla dal cuore del Padre al cuore dei suoi figli, dal cuore del Rettor Maggiore al cuore dei salesiani, con il fine di preparare in profondità al prossimo CG28.

Il Rettor Maggiore inizia la lettera con la testimonianza dei giovani. Un giovane scrive: “abbiamo bisogno di Salesiani con convinzione, sogno, passione, che possano essere testimoni viventi dell’amore di Cristo e possano essere per noi un esempio di tutto ciò che professava Don Bosco”. La seconda testimonianza è più eloquente e profonda: “Molti di noi non immaginano una vita senza Don Bosco, senza Salesiani, e possiamo affermare che non saremmo innamorati di Dio in una maniera ‘pazzesca’, piena di risa e grandi esperienze, senza di lui”.

(Notizia a cura di
ANS – Agenzia INFO Salesiana)