Nosiglia: la quarta rivoluzione industriale come opportunità

Si è tenuto Sabato 13 ottobre 2018, presso il Polo del ‘900, il seminario proposto dall’Ufficio Pastorale sociale e del Lavoro in collaborazione con la Fondazione Operti sul tema «Cambiamenti a tempo indeterminato».

Un invito accorato alla riflessione intorno al tema del cambiamento. Nella prima parte, l’attenzione si è rivolta maggiormente alla cosiddetta Quarta Rivoluzione Industriale e dunque alle conseguenti trasformazioni del mondo del lavoro. La seconda, invece, si è focalizzata maggiormente sui mutamenti profondi del sistema politico. Entrambe le sessioni sono state animate da contenuti di testimoni ed esperti (imprenditori e professionisti), da gruppi di riflessione e dalle proposte operative della Pastorale Sociale.

Ecco l’intervento di apertura del seminario a cura dell’Arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia:

Carissimi,
con questa giornata di studio, di riflessione, di ricerca e, in qualche modo, di progettazione e rinnovamento, l’Ufficio Pastorale Sociale e del Lavoro apre il cammino pastorale per l’anno in corso, mettendo a fuoco due temi molto importanti, non solo per la vita della Chiesa torinese, ma per le persone e per la società civile: il lavoro (e le relative trasformazioni) e la politica.

Il programma è ricco di interventi qualificati (che ringrazio anticipatamente per la loro partecipazione attiva) e di persone interessate a riflettere, insieme alla Chiesa torinese, sul futuro del nostro territorio. In un tempo sociale pieno di opportunità, ma anche foriero di rischi, mi sembra opportuno ritrovarsi per un’opera di discernimento comunitario che mette insieme i volontari delle parrocchie, i giovani, i lavoratori, le imprese, il sindacato, le
istituzioni pubbliche e le realtà che sono chiamate ad accompagnare le persone in questo cambiamento d’epoca. La comunità cristiana è quindi chiamata a pensare e ripensarsi insieme a tutte le componenti sociali, economiche e politiche del territorio, come peraltro delineato dal percorso dell’agorà sociale.

TORINO ha vissuto una delle CRISI RECESSIVE più importanti della sua storia recente; spesso viene infatti descritta come città in declino (tra le più anziane in Italia, con tassi di disoccupazione giovanile troppo elevati, scarsi investimenti sul territorio) e poco competitiva sul piano internazionale. Una città dalla forte vocazione industriale
NON PUO’ PERO’ RASSEGNARSI all’idea che il lavoro sia un fattore marginale rispetto allo sviluppo sociale ed economico. Serve riflettere a fondo sulle trasformazioni locali e globali per capire come accompagnare le persone e le realtà organizzate (le imprese, le istituzioni, le parti sociali e la rappresentanza) a vivere con pienezza (e senza timore) il cambiamento.

La quarta rivoluzione industriale rappresenta pertanto una grande OPPORTUNITA’ per ragionare sul futuro della nostra area metropolitana perché, oltre a rimettere il tema dello sviluppo sostenibile del nostro territorio, concentra la sua particolare attenzione sul lavoro e sulla persona umana. Sono molti gli analisti e gli studiosi che sottolineano come, nonostante il fattore tecnologico sia il volano del cambiamento, quello umano rappresenti il vero fulcro per lo sviluppo economico e del mondo del lavoro. La tecnologia quindi non deve far paura e non deve spaventare l’uomo che lavora; deve essere sempre a suo servizio per aiutare il progresso materiale e spirituale della nostra società.
La persona umana partecipando al processo del lavoro con le sue innate abilità naturali, da formare durante il percorso educativo, è in grado di plasmare e trasformare la realtà. IL LAVORO pertanto, oltre ad essere motore per lo sviluppo di una qualsiasi società economica, è anche un bene per la persona umana, perché favorisce l’espressione di sé, l’identità sociale e la partecipazione alla vita sociale.

Tale elemento è di grande interesse per tutta la comunità cristiana, dal momento che il pensiero sociale della Chiesa ritiene primario l’elemento soggettivo del lavoro. È soprattutto San Giovanni Paolo II ad evidenziare in Laborem exercens questo fattore quando afferma che “come persona, l’uomo è quindi soggetto del lavoro. Come persona egli
lavora, compie varie azioni appartenenti al processo del lavoro; esse, indipendentemente dal loro contenuto oggettivo, devono servire tutte alla realizzazione della sua umanità, al compimento della vocazione ad essere persona, che gli è propria a motivo della stessa umanità”. La dimensione soggettiva del lavoro richiama quindi a una domanda di senso per l’uomo. Proprio per tale ragione, quando HO INCONTRATO I LAVORATORI delle aziende in crisi in quest’ultimo anno, ho visto fatica, smarrimento, paura e rabbia. Il lavoro inteso come un valore è uno strumento che dà senso e pienezza alla vita umana è una risorsa talmente preziosa che, quando manca, crea sfiducia e un senso di frustrazione paragonabili agli eventi più tragici della nostra vita.

In tal senso mi piace ricordare le parole che Papa Francesco ha rivolto ai lavoratori dell’ILVA di Genova: “Sulla terra ci sono poche gioie più grandi di quelle che sperimentano lavorando, come ci sono pochi dolori più grandi dei dolori del lavoro, quando il lavoro sfrutta, schiaccia, umilia, uccide. Il lavoro può fare molto male perché può fare molto bene. Il lavoro è amico dell’uomo e l’uomo è amico del lavoro, e per questo non è facile riconoscerlo come nemico,
perché si presenta come una persona di casa, anche quando ci colpisce e ci ferisce. Gli uomini e le donne si nutrono del lavoro: con il lavoro sono “unti di dignità”. Dignità è la parola che risuona e viene pronunciata più spesso dai lavoratori, anche quelli che stanno per perdere il loro posto di lavoro.

Ma c’è un secondo focus che accompagnerà la vostra riflessione, intimamente connesso al primo filone e altrettanto importante: la POLITICA e l’assoluta NECESSITA’ DI SPENDERSI a favore del bene comune. Nel pomeriggio verrà presentata la RINNOVATA PROPOSTA della diocesi sul delicato fronte dell’educazione alla politica, le PICCOLE
OFFICINE POLITICHE, che prenderanno il posto della Scuola di formazione all’impegno sociale e politico. Trovo, in un momento di profonda crisi tra i cittadini, i corpi intermedi e le istituzioni più che pertinente una seria riflessione sul come riabitare coscientemente lo spazio pubblico. La crisi delle forme novecentesche di partecipazione non può renderci indifferenti; è giusto quindi che tutta la comunità cristiani s’interroghi su quale presenza sia necessaria nella polis. Evitando però di ripercorrere formule nostalgiche del passato e mutuando da esperienze che non torneranno
più.  Ben si sposa questo progetto e questo percorso con il cammino diocesano sul discernimento vocazionale. La prima chiamata di Dio alla realtà laicale è quella di spendersi a favore degli ambienti che primariamente abita; non si tratta infatti di un tratto marginale della nostra fede, ma di un elemento essenziale. Spiritualità, impegno sociale e per il mondo del lavoro, partecipazione alla vita politica sono elementi interconnessi che rendono autentica e pienamente vera la fede cristiana. Il laicato che si spende quotidianamente sul fronte del bene comune, come imprenditore, come sindacalista, come lavoratore o come uomo e donna delle istituzioni non è un laico di serie b.
Si amici, la politica, come ci ricorda la dottrina sociale della Chiesa (nostra bussola per orientare l’azione dei credenti nella società), è la più alta forma di carità, perché promuove interventi di natura promozionale e non meramente assistenzialistici. Spesso, troppo spesso, nelle nostre realtà cristiane si contrappone in modo fallace impegno sociale e volontariato con impegno politico; tale contrapposizione non aiuta quella necessaria maturazione e animazione
nel territorio dell’azione del popolo di Dio. Oggi è fondamentale invece parlare di impegno politico tout court, favorendo nuove vocazioni in tal senso e aiutando le persone già impegnate a non sentirsi estraniate dalla realtà cristiana. Educare i giovani alla politica è una delle sfide più complesse del nostro tempo perché i nostri schemi mentali, molto spesso, non corrispondono con le aspettative dei giovani stessi e perché le nostre proposte non
rispondono alle loro esigenze e modalità di partecipazione. Ritengo che il progetto delle Piccole Officine Politiche sia ambizioso e coraggioso perché si pone l’alto obiettivo di educare in maniera innovativa alla politica, quella con la P maiuscola, favorendo una sensibilità dentro la nostra realtà civile, aiutando le persone impegnate a confermare la propria passione e orientando i giovani ad una presenza civile cosciente e informata.

Auguro a tutti noi, alla comunità cristiana e a Torino nel suo complesso che dal percorso che oggi vi verrà presentato possano emergere, ad integrazione di altrettanti cammini, nuove classe dirigenti, intese non come persone che occupano degli spazi di potere, ma che responsabilmente si assumano l’onere di guidare e dare direzione ad una comunità spesso disorientata. Per essere classe dirigente non ci si può improvvisare: bisogna formarsi, prepararsi,
svestirsi di ideologie e pregiudizi, affondare le radici in esperienze sociali e di comunità, essere onesti e rivolti verso il bene comune.

Ritengo fondamentale che tale percorso si coniughi con il cammino che le aggregazioni laicali, le associazioni e movimenti perché, nel carisma di tali realtà, c’è l’educazione all’impegno politico.

Ringrazio tutti gli amici della Pastorale Sociale e del Lavoro per il lavoro fin qui svolto e per i progetti ambiziosi che sta costruendo e mettendo in campo.
Auguri a tutti voi buon lavoro e buona giornata!

Cesare Nosiglia
Arcivescovo di Torino