Nuove nomine all’Università Pontificia Salesiana – Info ANS

Il Gran Cancelliere dell’UPS, Don Ángel Fernández Artime, ha nominato, per il prossimo triennio 2021–2024, i Decani delle Facoltà di Filosofia, Scienze dell’Educazione e Scienze della Comunicazione sociale dell’Università Pontificia Salesiana: il Rev.do don Mauro Mantovani, il Rev.do don Antonio Dellagiulia e il Rev.do don Fabio Pasqualetti. Di seguito l’articolo pubblicato su “Info ANS“.

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 (ANS – Roma) – Sono stati nominati i Decani delle Facoltà di Filosofia, Scienze dell’Educazione e Scienze della Comunicazione sociale dell’Università Pontificia Salesiana.

Il Gran Cancelliere dell’UPS, Don Ángel Fernández Artime, ha nominato, per il prossimo triennio 2021–2024:

  • Decano della Facoltà di Filosofia, il Rev.do don Mauro Mantovani, Professore Ordinario di Filosofia dell’essere trascendente; il suo mandato decorre dal 1° settembre 2021.

Nato a Moncalieri (Torino) nel 1966, salesiano dal 1986 e sacerdote dal 1994, ha compiuto studi di Filosofia e di Teologia presso l’Università di Roma Tor Vergata (Laurea in Filosofia, 1995), l’Università Pontificia Salesiana (Baccalaureato e Licenza in Filosofia; Baccalaureato in Teologia presso la sezione di Torino e Licenza in Teologia Dogmatica), la Pontificia Università di Salamanca (Dottorato ecclesiastico e civile in Filosofia, 2006) e la Pontificia Università San Tommaso d’Aquino “Angelicum” (Dottorato in Teologia, 2011). Dal 2007 è Professore ordinario di Filosofia teoretica, con ricerche e pubblicazioni riguardanti la teologia filosofica, la filosofia della storia, la propedeutica filosofica e vari temi di confine tra teologia, filosofia e scienza. In modo particolare si occupa di tomismo e della tradizione commentaristica alla Summa Theologiae (specie la q. 2 della I Pars) di Tommaso d’Aquino negli autori della “Seconda Scolastica” e della cosiddetta “Scuola di Salamanca”.

  • Decano della Facoltà di Scienze dell’Educazione, il Rev.do don Antonio Dellagiulia, Professore Straordinario di Psicologia dello sviluppo; il suo mandato decorre dal 19 luglio 2021.

Piemontese, nato a Bra (CN) nel 1972, ha compiuto gli studi Filosofici presso l’Università Pontificia Salesiana di Roma e di Teologia presso la Sezione di Torino-Crocetta. Ha conseguito la Licenza in Psicologia dello Sviluppo e dell’Educazione all’Università Pontifica Salesiana (2005) e la Laurea Magistrale in Psicologia del benessere del ciclo di vita all’Università “La Sapienza” di Roma (2010). Presso il Dipartimento di Scienze del Sistema Nervoso e del Comportamento dell’Università degli Studi di Pavia ha conseguito, nel 2017, il Dottorato di ricerca in Psicologia, Scienze Statistiche e Sanitarie. Psicologo, Psicoterapeuta ad orientamento cognitivo comportamentale, si occupa di Psicologia dello Sviluppo, con particolare riferimento all’età prescolare. La sua area di ricerca primaria è la teoria dell’attaccamento.

  • Decano della Facoltà di Scienze della Comunicazione sociale, il Rev.do don Fabio Pasqualetti, Professore Ordinario di Teorie sociali della comunicazione; il suo secondo mandato decorre dal 19 luglio 2021.

Nato a Verolanuova (Brescia) il 28/09/1959, è Professore Ordinario di Teorie Sociali della Comunicazione presso la Facoltà di Scienze della Comunicazione sociale dell’Università Pontificia Salesiana. Attualmente Decano di Facoltà. Insegna: Sociologia dei media digitali; Comunicazione internazionale e per lo sviluppo; Seminario di dottorato e gestisce il Tirocinio professionale: Internship. Responsabile del coordinamento del settore tecnologico della Facoltà.

Pastorale Giovanile e Famiglia nell’anno di “Amoris Laetitia” – Info ANS

L’opuscolo “Pastorale Giovanile e Famiglia” sarà a disposizione degli Ispettori, dei Delegati di Pastorale Giovanile e di tutti gli operatori pastorali dei vari ambienti a partire da settembre. Quest’ultimo, frutto del lavoro della Pastorale Giovanile Salesiana, ha l’obiettivo di approfondire la sinergia tra pastorale giovanile e famiglia e verrà pubblicato nell’Anno “Famiglia Amoris Laetitia“. Di seguito l’articolo pubblicato su “Info ANS“.

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(ANS – Roma) – Da settembre sarà a disposizione degli Ispettori, dei Delegati di Pastorale Giovanile e di tutti gli operatori pastorali dei vari ambienti, l’opuscolo “Pastorale Giovanile e Famiglia”. Quest’ultimo è stato realizzato in sei lingue (francese, inglese, italiano, spagnolo, polacco, portoghese) e sarà accessibile in formato elettronico e cartaceo. È il frutto di un lavoro che il Settore per la Pastorale Giovanile Salesiana sta portando avanti da alcuni mesi, con l’obiettivo di approfondire la sinergia tra pastorale giovanile e famiglia, che vada ad integrare e aggiornare il cammino iniziato nel 2014 e che è proseguito con l’importante Congresso Internazionale Pastorale Giovanile e famiglia (Madrid, 2017). Inoltre, la pubblicazione coincide con un evento ecclesiale: il 19 marzo 2021 papa Francesco ha inaugurato l’Anno “Famiglia Amoris Laetitia”, dopo 5 anni dalla pubblicazione di “Amoris Laetitia”. Si concluderà il 26 giugno 2022 in occasione del X Incontro mondiale delle famiglie a Roma con il Santo Padre.

A partire dall’ultimo trimestre del 2020, il Settore per la Pastorale Giovanile ha iniziato un lavoro di reperimento e analisi di tutto il materiale riguardante i percorsi intrapresi dalla Congregazione su questo tema (riunioni di delegati, documenti di esperti e contributi del Congresso). Contestualmente è stata esaminata la recente letteratura (successiva alla pubblicazione di Amoris Laetitia) nel panorama internazionale, relativa alla relazione tra pastorale giovanile e famiglia. In un secondo momento, è stato chiesto a un grande gruppo di persone provenienti dalle varie Regioni di inviare contributi e suggerimenti rispetto ai contenuti e sono pervenuti materiali molto preziosi. Contemporaneamente, il Rettor Maggiore e il suo Consiglio hanno studiato il testo in diverse sessioni di lavoro, per poi approvarne la versione definitiva e la successiva pubblicazione.

Il testo si configura, infatti, come una raccolta sintetica e organica di ciò che di essenziale è emerso durante questo ricco e proficuo percorso.

Queste pagine mirano a evidenziare quanto il coinvolgimento e l’integrazione di queste due realtà (pastorale giovanile salesiana e famiglia) ci portino a riflettere insieme sulla significatività e sulle esigenze che questa duplice prospettiva comporta per il nostro rinnovamento educativo e pastorale.

I destinatari di questo documento sono i Salesiani di Don Bosco e tutti gli operatori pastorali che hanno responsabilità nell’animazione dei diversi settori e ambiti. Di fronte alla situazione familiare che viviamo oggi, infatti, i salesiani, con la Famiglia Salesiana, sono chiamati a fare una proposta educativa pastorale per accompagnare tutte le tipologie di famiglie che compongono le CEP e tutti i giovani.

Il testo si compone di tre parti; nella prima si ricorda il valore della famiglia nell’esperienza di Don Bosco e a Valdocco, per poi offrire, nella seconda sezione, alcune riflessioni sulla qualità dell’incontro educativo e sullo spirito di famiglia nel Sistema Preventivo. Nell’ultimo capitolo, viene sottolineata l’importanza della famiglia in sé, del suo contributo nell’ecosistema della formazione dei giovani, evidenziando positivamente il suo apporto nella vita quotidiana della Comunità Educativo Pastorale (CEP). Vengono poi presentate alcune indicazioni concrete per il PEPS.

Come afferma Papa Francesco, le famiglie “non sono un problema, ma soprattutto un’opportunità” (AL 7). Basti pensare all’esperienza di Gesù nella sua famiglia (Lc 2, 51-52): opportunità di imparare ad essere, a vivere insieme, ad aiutare, a curare, ad amare.

Foggia, apre “Casa Giò”. Il Rettor Maggiore: “Ragazzi, è ora di scrivere nella vostra vita una nuova pagina bella”

“Don Bosco si trova bene qui”: è don Gino Cella, direttore della casa salesiana di Foggia ad aprire il convegno “Povertà educativa minorile, riflessioni ed esperienze” che oggi, nell’istituto Sacro Cuore di Foggia, ha dato il via alle attività della nuova Comunità Alloggio “Casa Giò”. La Comunità accoglierà in maniera residenziale dieci adolescenti feriti dai vissuti familiari, ragazzi che hanno bisogno di un recupero educativo, ma anche ragazzi stranieri non accompagnati. La Casa famiglia sarà gestita dall’associazione salesiana “Piccoli Passi Grandi Sogni aps” che in Puglia è presente con altre tre comunità educative per minori nelle case salesiane di Bari, Cisternino e Corigliano D’Otranto ed è stata finanziata dalla Fondazione Don Bosco nel mondo, dalla Casa Generalizia dei Salesiani, da Salesiani per il Sociale APS e da un contributo della Regione Puglia.

“Un’iniziativa come questa accende i riflettori su questi adolescenti: la Chiesa a Foggia deve essere più coraggiosa. Il metodo di Don Bosco è vincente”, ha detto mons. Vincenzo Pelvi, Arcivescovo della Diocesi di Foggia-Bovino.

Rosa Barone, assessore al Welfare della Regione Puglia ha sottolineato la necessità di luoghi sicuri, “in vista del futuro con i risvolti della pandemia. Questa struttura è un luogo aperto, un punto di riferimento nel nome di Don Bosco e dei Salesiani in quartiere come questo”.

“A Foggia ho incrociato tanti ragazzi che oggi non ci sono più, uccisi dalla guerra tra clan. Dobbiamo decidere da che parte stare, i salesiani hanno fatto una scelta coraggiosa”: don Francesco Preite, presidente di Salesiani per il Sociale APS, evidenzia come una struttura come “Casa Giò” permetta ancora di più di non lasciare soli i ragazzi di un quartiere difficile come il Candelaro. “Giovanni Paolo II diceva che se da una parte c’è la criminalità organizzata, dall’altra si deve organizzare la speranza: il territorio ha bisogno di una rete che sostenga queste attività di prevenzione, non c’è più tempo da perdere, soprattutto dopo l’accelerata delle condizioni difficili della pandemia. Le istituzioni – conclude don Francesco Preite – devono sostenere questa rete, fatta dal lavoro congiunto di salesiani e laici”.

“Sono emozionato e felice, in un tempo così difficile in cui stiamo vivendo abbiamo celebrato la speranza, che non deve venire mai meno nemmeno nei tempi più difficili”: le conclusioni della giornata sono affidate a don Angelo Santorsola, superiore dei salesiani dell’Italia Meridionale. “Don Bosco ce lo ha insegnato, è sempre stato un uomo di speranza. Ho sentito interventi pieni di forza, appassionati: da domani ciò che abbiamo detto oggi deve diventare concretezza. Oggi abbiamo respirato una bella boccata di ossigeno che ci fa guardare avanti con gioia: restituire i sogni rubati ai ragazzi che ne hanno diritto. Ha ragione don Gino: Don Bosco si trova proprio bene qui a Foggia, i salesiani  ci stanno, ci mettono la faccia per i giovani più poveri e abbandonati”, ha concluso.

Al termine del convegno è stato trasmesso il docufilm “A piccoli passi, grandi sogni”: lo ha introdotto don Antonio Carbone, presidente di “Piccoli Passi, grandi sogni”, commentando la fotografia fatta dal prof. Andrea Farina, docente di Legislazione minorile e responsabile dell’Osservatorio salesiano sui diritti dei minori, durante la relazione sulla povertà educativa:  “Quando si ascoltano i numeri dell’emergenza educativa appena descritti da Andrea Farina, ciascuno di noi che lavora nel sociale ha davanti agli occhi persone, case, situazioni difficili viste nel corso della vita. Questa comunità alloggio vuole essere un punto dove confrontarsi sul temi della legalità, un luogo di accoglienza per tanti giovani che dovranno essere liberi di scegliere il proprio futuro“.

Nel pomeriggio di sabato 17, invece, il Rettor Maggiore dei Salesiani, Don Ángel Fernández Artime, ha celebrato una Messa e inaugurato i locali della nuova Comunità Alloggio, accompagnato da tre Consiglieri Generali: il Consigliere per la Regione Mediterranea, don Juan Carlos Pérez Godoy, il Consigliere per la Regione Interamerica, don Hugo Orozco e il Consigliere Regionale per l’Europa Centro e Nord, don Roman Jachimowicz. Circa 40 ragazzi e operatori sociali delle 7 case famiglia della IME presenti in Puglia e Campania, gestite dall’associazione “Piccoli passi grandi sogni aps”, hanno raggiunto l’opera di Foggia per conoscere “in carne ed ossa” il Don Bosco di oggi. Nella zona giorno della nuova Comunità Alloggio è avvenuto un incontro sincero, intenso, dai toni familiari.

“In ogni struttura sono accolti circa 8 minori dai trascorsi differenti – ha spiegato don Carbone – Dal 2007 ad oggi ci siamo presi cura di circa 500 minori affidati dai Servizi di Educativa Territoriale e dai Centri di Giustizia Minorile. Siamo contenti di inaugurare una nuova comunità, anche se come salesiani vorremmo che ogni ragazzo potesse vivere il calore della propria famiglia nella sua casa di origine”.

La signora Patrizia, in rappresentanza degli operatori sociali delle comunità che anche nel periodo più duro del lockdown hanno continuato ad essere al fianco di ogni minore affidato, ha sottolineato: “Quello che abbiamo ricevuto, quello che stiamo donando e quello che ci hanno insegnato i salesiani all’oratorio è diventato per noi una vocazione, una professione”.

Don Ángel Fernández Artime conclude parlando al cuore dei ragazzi: “Non possiamo non immaginare le presenze salesiane del mondo senza una Casa Pinardi come a Valdocco, per essere accanto a ragazzi che non hanno nessuno e alcune possibilità. Per ognuno di voi la situazione più difficile è passata, è ora di scrivere nella vostra vita una nuova pagina bella”.

A seguire, la Comunità Educativa Pastorale ha vissuto prima la Celebrazione Eucaristica, presieduta dal Rettor Maggiore, nella parrocchia salesiana “Sacro Cuore di Gesù” e poi un momento di preghiera in oratorio con la benedizione ufficiale delle persone e delle “mura” della Comunità Alloggio “Casa Gio” da parte del Rettor Maggiore stesso.

Don Angelo Santorsola, superiore dell’Ispettoria Meridionale ha poi detto ai ragazzi delle case famiglia convenuti: “Per noi siete importanti e oggi la presenza del Rettor Maggiore e dei Consiglieri Generali ne è la dimostrazione concreta”.

 

“Don Bosco Global Youth Film Festival”: è il tuo festival! – Info ANS

Il “Don Bosco Global Youth Film Festival” è un festival cinematografico salesiano mondiale che coinvolge i giovani a livello globale, attraverso l’elaborazione di cortometraggi. La “festa del cinema” si terrà nelle giornate del 18 e 19 novembre 2021 in diversi luoghi e avrà come tema il motto della Strenna del Rettor Maggiore per il 2021, “Mossi dalla Speranza”. I giovani di tutto il mondo potranno candidare le loro opere secondo tre categorie: corti, video di animazione e video musicali. Di seguito l’articolo pubblicato su “Info ANS“.

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(ANS – Roma) – Un festival cinematografico salesiano mondiale, un progetto unico nel suo genere per coinvolgere i giovani a livello globale, attraverso l’elaborazione di cortometraggi, in una grande iniziativa di protagonismo giovanile, condivisione artistica e di valori: è il “Don Bosco Global Youth Film Festival”, e avrà luogo per due giorni, il 18 e 19 novembre 2021, in centinaia di luoghi diversi, lungo tutti i fusi orari di 134 Paesi del mondo.

Si tratterà di una vera e propria “festa del cinema”, per i giovani, realizzata dai giovani e con i giovani. Potrà parteciparvi chiunque abbia meno di 30 anni, indipendentemente dalla propria religione o dal frequentare le presenze salesiane – anche se ovviamente sarà primariamente attraverso di queste che s’intende stimolare la maggiore partecipazione possibile.

L’idea di un festival mondiale in grado di coinvolgere migliaia e migliaia di giovani di tutto il mondo è direttamente del Rettor Maggiore dei Salesiani, Don Ángel Fernández Artime, che aveva iniziato ad accarezzarla già nel sessennio passato e che ne ha sentito a maggior ragione ora l’opportunità, quando, a motivo della pandemia, l’intera umanità ha bisogno dell’energia e dello sguardo di speranza dei giovani.

Il festival, infatti, avrà per tema il motto della Strenna del Rettor Maggiore per il 2021, “Mossi dalla Speranza”, e prevede tre categorie a cui i giovani di tutto il mondo potranno candidare le loro opere: corti, video di animazione e video musicali.

E per invogliare ancor più la partecipazione il Dicastero per la Comunicazione Sociale ha previsto anche dei sostanziosi premi per i vincitori, per un montepremi complessivo di 100mila euro. A decretare i vincitori saranno le tre giurie di categoria, che saranno composte da personalità del mondo cinematografico, icone giovanili e autorità dell’universo salesiano.

È un’iniziativa che soddisfa molto bene i numerosi obiettivi del Programma del nostro Dicastero per questo sessennio – ha affermato in proposito don Gildasio Mendes, Consigliere Generale per la Comunicazione Sociale –. È una proposta di comunicazione in prospettiva educativa pastorale, un modo di essere attivamente presenti nel mondo digitale con una chiara identità salesiana, annunciando la Buona Novella e il messaggio della Strenna 2021. Inoltre, favorirà il dialogo educativo e creativo per evangelizzare i giovani nel loro habitat digitale, promuoverà il protagonismo dei giovani nella costruzione di un mondo migliore e svilupperà sinergie tra Salesiani e giovani sia a livello locale, sia globale”.

Un’altra iniziativa interessante, in tal senso, è infatti quella di coinvolgere gli stessi giovani che gravitano negli ambienti salesiani come “ambasciatori della speranza”, perché possano promuovere l’iniziativa del festival tra i loro coetanei e contribuire così ad allargare a macchia d’olio il messaggio che esso vuole offrire.

Il DBGYFF è davvero il primo del suo genere – ha spiegato don Harris Pakkam, Coordinatore dell’iniziativa –. È un di festival di livello mondiale offerto ai giovani registi per esprimere i loro talenti e contribuire al bene comune. Vogliamo dare loro un punto di incontro attraente, per far sì che si informino, imparino, si divertano e comprendano il mondo e quei valori che li aiutano a vivere bene. Al tempo stesso vogliamo ‘incendiare il mondo con la speranza’, con una scintilla che loro stessi sono chiamati a difendere, infondere e sviluppare nella società Post-covid”.

Trattandosi di un festival “diffuso” in tutto il mondo, centrale è il ruolo della piattaforma web https://www.dbgyff.com, molto più che il semplice “sito del festival”. Gli aspiranti cineasti vi troveranno infatti, in cinque lingue (inglese, italiano, spagnolo, francese e portoghese), tutte le informazioni e risorse necessarie, vi dovranno gestire la fase di invio dei video, vi potranno monitorare lo stato di avanzamento dei lavori, controllare le attività delle diverse giurie, e, al termine del festival, anche visionare tutti i video che avranno partecipato all’iniziativa.

Il DBGYFF, che mira a diventare un appuntamento annuale, intende essere un festival cinematografico di rilevanza globale e un evento mediatico di grande spessore, che vuole attirare il maggior numero di partecipanti e di spettatori, nel maggior numero di sedi.

Per partecipare con il proprio video al DBGYFF c’è tempo dal 24 luglio, fino al prossimo 30 settembre.

Fondazione ITS Agroalimentare Piemonte

Mercoledi 14 luglio è stata una giornata speciale per Fondazione ITS Agroalimentare Piemonte, in particolare per il corso di TECNICO DELLE PRODUZIONI VITIVINICOLE.  Due dei suoi studenti, Ludovica e Alessandro, hanno ricevuto, presso il Comune di Cuneo, il premio per la vittoria della #challenge lanciata da Ceretto per l’Hackathon 2021. Di seguito la notizia pubblicata sul loro profilo Facebook.
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Quella di ieri è stata una giornata speciale per Fondazione ITS Agroalimentare Piemonte ed in particolare per il corso di TECNICO DELLE PRODUZIONI VITIVINICOLE e di due dei suoi studenti!
Ludovica e Alessandro infatti, sono stati insigniti presso il Comune di Cuneo del premio per la vittoria della #challenge lanciata da Ceretto per l’Hackathon 2021.
I due giovani, in 24 ore, sono riusciti a ideare e presentare un progetto innovativo legato a Sostenibilità Ambientale, Sperimentazione e Futuro, fornendo una innovazione per l’imbottigliamento del vino.
Grazie a tutti coloro che hanno sostenuto questa attività, credendoci.
Un brindisi speciale, per Ludovica e Alessandro!

Il “Don Bosco International” e i vaccini anti-Covid-19

Il “Don Bosco International” sostiene la richiesta di sospensione dei diritti di proprietà intellettuale sui vaccini anti-Covid-19, per facilitarne la loro produzione e distribuzione nei Paesi emergenti del resto del mondo. Di seguito l’articolo pubblicato su “Info ANS“.
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(ANS – Bruxelles) – Il “Don Bosco International”, l’organismo che rappresenta la Congregazione Salesiana presso le istituzioni dell’Unione Europea (UE), ha sottoscritto, insieme ad altre organizzazioni confessionali internazionali, cattoliche e non, la richiesta inviata da Caritas Europa alla Presidentessa della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, di sospendere i diritti di proprietà intellettuale sui vaccini anti-Covid-19, per facilitarne cioè la produzione e la distribuzione nei Paesi emergenti del resto del mondo. La richiesta rientra nel campo delle iniziative intraprese dalla Congregazione per una risposta globale alla pandemia, che non lasci davvero indietro nessuno.

La pandemia di Covid-19 sta avendo un effetto devastante nei Paesi già colpiti dalle sfide dello sviluppo e dalle crisi umanitarie, e sta colpendo più duramente gli ultimi – coloro che non hanno alcuna prospettiva di ottenere presto una prima dose di vaccino. Questa emergenza globale può essere affrontata solo se un vaccino contro il Covid-19 accessibile ed efficace sarà reso disponibile in ogni angolo del mondo

esordisce la lettera.

Mosse dalla “chiara decisione morale” di “dare la priorità alle vite umane rispetto al profitto” le organizzazioni firmatarie richiedono di approvare il testo di decisione rivisto IP/C/W/669/Rev.1, presentato il 25 maggio, che introduce una deroga all’Accordo sugli Aspetti Commerciali dei Diritti di Proprietà Intellettuale (TRIPS, in inglese) a vantaggio della prevenzione, il contenimento e il trattamento di Covid-19.

Pur dando merito alle autorità UE per le iniziative già intraprese per la diffusione dei vaccini a contrasto della pandemia – come, ad esempio, il programma COVAX – i firmatari ribadiscono che c’è bisogno di soluzioni di maggior vigore.

Alla luce delle circostanze senza precedenti della pandemia di COVID-19, ci aspettiamo che l’UE sia pronta a prendere misure straordinarie e a fare tutto ciò che è in suo potere, per contribuire a porre fine a questa emergenza di salute pubblica

affermano.

Citando poi dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), la lettera evidenzia come ad aprile 2021, i Paesi più ricchi avessero ricevuto oltre l’87% dei vaccini, mentre quelli a basso reddito solo lo 0,2%; e che secondo l’Economist Intelligence Unit, se si mantengono i ritmi attuali, la maggior parte dei Paesi più poveri del mondo dovrà aspettare il 2024 per l’immunizzazione di massa.

Attualmente, si continua, ci sono Paesi come il Bangladesh e l’India, con capacità di produrre ulteriori vaccini anti-Covid-19, ma che non sono in grado di farlo a causa della mancanza delle licenze appropriate.

Prima la popolazione mondiale viene vaccinata, prima i cittadini dell’UE saranno al sicuro. Senza un’azione globale, la crisi sanitaria e la conseguente crisi socio-economica, qui e nel mondo, continueranno

afferma con incisività la missiva.

Un’opposizione alla deroga del TRIPS non solo è autolesionista, ma porta a inutili sofferenze e perdite di vite umane. La gente muore e le economie crollano a causa della carenza di vaccini

prosegue la lettera.

Che afferma ancora: “Con così tante Nazioni più povere del mondo che sostengono già questa deroga d’emergenza, potete aiutare a mantenere la leadership morale e di salute pubblica dell’UE nel mondo… Questa è anche la posizione del Parlamento europeo, come chiarito nella sua risoluzione del 10 giugno sul come affrontare la sfida globale di Covid-19, che la Commissione europea deve prendere in considerazione nei futuri negoziati con l’Organizzazione Mondiale del Commercio.

L’appello sottoscritto dal DBI si conclude:

Vi esortiamo a spingere affinché i vaccini Covid-19 – un bene sociale – vadano a beneficio di tutti, soprattutto di chi è più indietro”.

L’UPS avvia un nuovo Master in Psicologia Scolastica

Dal prossimo anno accademico presso l’Università Pontificia Salesiana (UPS), a Roma, inizierà il nuovo corso universitario di II° livello in Psicologia Scolastica. L’intento del corso è quello di consentire ai partecipanti di acquisire conoscenze utili per potersi muovere adeguatamente nei contesti scolastici, promuovendo accesso alla salute psicologica e padroneggiando strumenti e modalità di interazione efficaci all’interno del contesto scolastico. Di seguito la notizia pubblicata su “Info ANS“.

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Corso di diploma universitario di II° livello in Psicologia Scolastica

(ANS – Roma) – Dal prossimo anno accademico presso l’Università Pontificia Salesiana (UPS), a Roma, verrà avviato un nuovo corso di diploma universitario di II livello in Psicologia Scolastica. Tale master avrà una prospettiva teorico-pratica di carattere preventivo e promozionale, rispondente alla necessità di approfondimento e aggiornamento professionale per poter lavorare nel e con il contesto scolastico; agli iscritti verranno forniti strumenti teorici, metodologici e pratici per intervenire in un ambito organizzativo ed istituzionale complesso come la scuola.

L’intento del corso, che prevede nove moduli formativi e quattro laboratori, per un totale di 60 crediti formativi, è quello di consentire ai partecipanti di acquisire conoscenze e competenze utili per potersi muovere adeguatamente nei contesti scolastici, promuovendo accesso alla salute psicologica e padroneggiando strumenti e modalità di interazione efficaci all’interno del contesto scolastico.

I contenuti del master riguarderanno le conoscenze teoriche riguardanti il lavoro dello psicologo nella scuola e competenze pratiche nel saper individuare e affrontare le problematiche presenti nel contesto scolastico. Per questo nei singoli moduli si terrà conto degli attuali orientamenti in campo di psicologia scolastica. Ma non solo: l’insegnamento prevedrà la possibilità di formulare dei progetti psico-educativi che favoriscano l’integrazione delle conoscenze teorico-pratiche in un quadro più ampio e prospettico che comprenda sia l’aspetto preventivo che quello dell’intervento e della crescita della persona, tenendo conto degli ambiti richiesti dagli studenti stessi. In altri termini si presterà particolare attenzione affinché la preparazione tecnico-operativa sia congruente con gli obiettivi di tipo motivazionale e intenzionale della crescita permanente che caratterizza l’intervento psicologico.

Le lezioni, che avranno luogo in presenza, avranno luogo il venerdì pomeriggio e al sabato da ottobre 2021 a maggio 2022, in maniera tale da favorire la partecipazione di chi lavora.

La domanda di ammissione, scaricabile online su www.psicologia.unisal, dovrà essere presentata entro il 30 settembre 2021 e rinviata tramite mail a psicologia@unisal.it

Il prof. don Andrea Bozzolo è il nuovo Rettore dell’UPS

Il 30 giugno la Congregazione per l’Educazione Cattolica ha emesso il Decreto (prot. n. 467/2021) che nomina il prof. Andrea Bozzolo Rettore Magnifico dell’Università Pontificia Salesiana. Il suo mandato, come stabilito dal Decreto esecutivo (9 luglio 2021, prot. n. 41/2021) del Gran Cancelliere d. Ángel Fernández Artime, avrà inizio a partire dal 3 agosto 2021.

Il prof. Bozzolo è docente dell’Università Pontificia Salesiana dal 1999. Attualmente è Professore Ordinario di Teologia Sistematica della Facoltà di Teologia, nella sezione di Torino, di cui è stato Preside dal 2008 al 2017. È anche Professore incaricato di Teologia Sistematica presso la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale e di Teologia del matrimonio presso l’Istituto Giovanni Paolo II per studi su matrimonio e famiglia.

È Socio dell’Associazione Teologica Italiana, ha collaborato con il Pontificio Consiglio per la Famiglia (2014-2015). Ha partecipato come Esperto al Sinodo dei Vescovi “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale” (3-28 ottobre 2018) e agli ultimi due Capitoli generali della Congregazione Salesiana.

Nato a Mondovì (CN) nel 1966, Andrea Bozzolo è salesiano dal 1986 e sacerdote dal 1995. È Dottore in Lettere Classiche con una tesi difesa nel 1992 a Torino su “L’ermeneutica di Agostino. Teoria e lettura dell’Enarratio in Ps. 103”.

Nel 2002, presso la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale, ha conseguito il Dottorato in Teologia Sistematica con una tesi dal titolo: “L’effettività sacramentale della fede. Mistero, simbolo e rito in Odo Casel”, pubblicata integralmente con il titolo “Mistero, simbolo e rito in Odo Casel” (Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2003). Il suo curriculum vitae è ricco di pubblicazioni nell’area della teologia sistematica e liturgica, e della pastorale e spiritualità salesiana.

“Conosco don Andrea Bozzolo fin da quando abbiamo cominciato insieme il cammino della vita salesiana, dal Noviziato agli studi filosofici e teologici, e ne ho una grande stima come salesiano e come qualificato e apprezzato docente”, le parole del Rettore uscente don Mauro Mantovani. “Ricordo per esempio il suo magnifico intervento qui all’UPS in occasione del Congresso internazionale «Giovani e scelte di vita» di settembre 2018, pochi giorni prima dell’inizio del Sinodo dei Vescovi, al quale ha partecipato in qualità di Esperto, sui giovani, la fede e il discernimento vocazionale. Mi fa particolarmente piacere che con la sua nomina venga valorizzata una delle nostre due sezioni della Facoltà di Teologia, quella di Torino, proprio appena dopo aver concluso l’80.mo dalla fondazione della nostra Istituzione, che nacque proprio lì dove Don Bosco stesso ha vissuto ed operato. Personalmente, e a nome dell’intera comunità accademica dell’UPS, porgo a don Andrea gli auguri più sentiti e più cordiali di buon lavoro, certo che il nuovo Rettore potrà contare sulla convinta collaborazione e sul sostegno e amicizia di ogni membro e componente della nostra Università. Mi metterò subito a sua disposizione sia per il necessario passaggio di consegne sia per tutto ciò di cui potrà aver bisogno per svolgere al meglio, fin da subito, il suo importante compito”.

Cinquant’anni di servizio pastorale: don Giampaolo Del Santo, padre Luigi Aimetta e don Piergiovanni Bono

Sono giunti a cinquant’anni di servizio pastorale: don Giampaolo Del Santo (salesiano), padre Luigi Aimetta (missionario dello Sma, rientrato recentemente in Italia) e don Piergiovanni Bono, sacerdote diocesano. Hanno vissuto il loro percorso in tante Chiese sparse per il mondo. Di seguito la storia raccontata nell’articolo pubblicato su “La Fedeltà“.
Il loro servizio sacerdotale dura da 50 anni. Un lungo percorso pastorale speso in città diverse d’Italia e del mondo, per approdare infine tutti e tre nella nostra diocesi, dove stanno offrendo il loro ministero sacerdotale a favore di parrocchie o istituti religiosi, per confessioni, assistenza spirituale e celebrazioni liturgiche. Sono don Giampaolo Del Santo (salesiano), padre Luigi Aimetta (missionario dello Sma, rientrato recentemente in Italia), e don Piergiovanni Bono, sacerdote diocesano. Nei mesi scorsi hanno festeggiato il loro “giubileo sacerdotale“. Conosciamo meglio il loro percorso e la loro visione presbiterale.

Don Giampaolo Del Santo è nato a Pavia da papà carabiniere, originario delle Langhe, e mamma casalinga del Veneto. Ha due fratelli sposati, di cui uno molto più giovane di lui, nato subito dopo aver lasciato casa ed intrapreso gli studi che lo hanno portato al sacerdozio nella famiglia religiosa fondata da don Bosco. Realtà in cui ha assunto per anni diversi incarichi importanti; come insegnante e direttore di case e centri salesiani per la formazione all’impiego (anche a Fossano, per ben 29 anni, dove poi è ritornato nel 2015). Ora si dedica pienamente alla cura spirituale, laddove lo chiamano e hanno bisogno di lui, con la piena disponibilità del suo ministero sacerdotale, con l’affabilità che lo ha sempre contraddistinto e per la quale si è sempre fatto ben volere dai fossanesi che lo hanno incontrato.

  1. Facevo la seconda media statale nel 1956, con un sacco di problemi di salute, e sono quindi stato bocciato per le tantissime ore di assenza. Intanto frequentavo l’oratorio festivo salesiano di Valdocco. Il direttore mi chiamò e mi propose di frequentare la terza media all’oratorio. Avevo pensato anche di farmi salesiano, ma c’era ancora tempo e poi io ero molto attaccato a mia mamma. Così ho iniziato la terza media, andando già a Valdocco alle 5,30 del mattino per servire messa. Poi scuola dalle 8 fino alle 12. E al pomeriggio di nuovo, nel suo ufficio. Così per un anno. Poi ho proseguito a Chieri; una scelta che ho fatto io perché mi piaceva l’Oratorio, dove ho avuto insegnanti molto validi. Dopo la quinta ginnasio ho infine deciso di farmi salesiano. Diciamo che la mia vocazione è maturata a poco a poco. Quindi c’è stato il noviziato a Pinerolo per un anno, poi a Foglizzo per il liceo, e l’ultimo anno dedicato alla pedagogia e psicologia, perché noi salesiani dobbiamo fare tre anni di tirocinio con i ragazzi (io ho poi dato anche l’esame alle Magistrali statali). Il tirocinio l’ho svolto a Saluzzo in una casa poverissima: un’esperienza davvero molto bella, circondati da gente che ci voleva bene. Ad Avigliana, insieme ad altri cinque salesiani, ho fatto il maestro alle scuole elementari per 60 ragazzi orfani. Poi sono stato a Salerno e quindi a Castellammare di Stabia a studiare teologia. Sono andato giù malvolentieri e poi sono invece stato contento di aver conosciuto posti molto belli, anche per la gente, davvero tanto generosa. Sono stato ordinato prete a Pont Canavese il 4 aprile del 1971, che in quell’anno era la Domenica delle Palme. E ho celebrato la prima messa all’asilo con i bambini piccoli, un vero spasso! La seconda messa al carcere Le Nuove di Torino, la terza all’ospedale: tre luoghi significativi. Sono stato a Peveragno sette anni come consigliere, e a Lombriasco. Nel 1979 sono giunto a Fossano: inizialmente come insegnante, poi direttore del Centro (di formazione professionale), e dal 1998 al 2008 direttore generale di tutto l’Istituto. Sono andato poi a Vercelli per svolgere il medesimo incarico, e successivamente a Bra come direttore della Casa, ma, per problemi di salute, ho infine lasciato ogni incarico e sono ritornato a Fossano nel 2015.
  2. Innanzitutto, premetto che per me se uno cambia strada e in quella trova la sua felicità, ben venga! Di questi 50 anni posso solo dire grazie al Signore. Ci sono stati momenti belli e momenti tristi, ma mai ho pensato minimamente di cambiare. Poi il rapporto con la gente e i ragazzi aiuta, perché ti accorgi che, con tutti i tuoi limiti, hanno bisogno di te. Ci sono quelli che dopo cinquant’anni ricordano ancora quello che si è fatto insieme. Il Signore è stato molto buono con me ed anch’io non posso che esserlo con lui verso gli altri. Non sempre c’è la perfezione, però bisogna essere ottimisti. Tutto si può sempre aggiustare quando c’è la buona volontà.
  3. Il ricordo più bello a Fossano? È legato all’incarico che mi diede monsignor Natalino Pescarolo, di avviare la pastorale del lavoro in diocesi (intorno al ’94-’95). Ho imparato tanto, con un contributo grandissimo da parte di tutti. Alla sera ci dedicavamo alla riflessione politica con quelli che si dichiaravano cristiani, di qualsiasi schieramento. E poi mi è piaciuto molto il gruppo degli insegnanti che ho avuto qui. Non dimentichiamo che nell’83 abbiamo avuto la disgrazia dell’omicidio di un nostro coadiutore salesiano; si pensò anche di chiudere l’Istituto a Fossano e invece tutte le cose che lui aveva nel cuore per questo Istituto si sono sviluppate nel giro di due anni, grazie anche all’impegno lodevole degli insegnanti e alla generosità dei benefattori.
  4. Secondo me non si mettono i ragazzi al primo posto. Sono loro che devono agire. Il catechismo non è solo una questione di lezioni e via. Ad un certo punto sono loro a dover essere intraprendenti. Quando si entusiasmano fanno le cose meglio di noi. Invece pensiamo sempre che siano loro, a cui abbiamo fatto una bella predica con tante raccomandazioni, a dover seguire noi. Manca davvero l’esempio, da parte delle famiglie (che non ci sono e che non pregano più) e dei preti. È vero, questi fanno tantissimo, hanno anche quattro parrocchie da seguire, ma poi cosa diventano? Dei manager. Forse manca la figura del sacerdote che andava a trovarli a casa, incontrava la famiglia, stava con loro.
  5. Esorterei a lavorare insieme. Non si può lavorar da soli. Che siano confratelli o che siano laici, ma insieme, mettendosi al pari degli altri, ognuno con il suo ministero; quello del laico come quello sacerdotale, né più né meno. La Chiesa non è dei preti, perciò bisogna collaborare con tutti. E così scopri che tutti, forse, hanno bisogno di te, come tu ne hai degli altri.

Padre Luigi Aimetta, genolese, cresciuto in una famiglia di sette fratelli e quattro sorelle, è sacerdote della Società missionaria africana (Sma), la cui chiamata è chiaramente espressa nella dicitura del nome. Una vocazione che padre Luigi, dopo i primi studi al seminario di Fossano, e la formazione teologica che lo ha portato all’ordinazione sacerdotale, ha fatto sua, spendendo anni di missione in Costa d’Avorio, in Italia, come economo e come animatore, e quindi a Guadalupa. Dal 2018, anno in cui è ritornato definitivamente in patria, è a disposizione per le necessità della diocesi nell’ambito del suo ministero sacerdotale, che finora ha prestato soprattutto nelle parrocchie del centro storico di Fossano.

  1. Ero andato in seminario a Fossano (frequentato fino al primo anno di teologia) per poter giocare a pallone; la mia passione è sempre stata quella. Dopo 50 anni, posso dire che il buon Dio ha permesso anche quello per aiutarmi a capire che la missione è un lavoro di squadra, non qualcosa di individuale. Quindi il calcio mi ha permesso di affinare il gioco di squadra, dove le partite non sono mai una uguale all’altra. Dalla voglia di collaborare insieme è nata la vocazione, in cui anche mio papà ha avuto un ruolo importante, desiderando per me che io andassi avanti negli studi seminariali solo se l’avessi voluto veramente, e non dietro la spinta di qualcuno. Per me quelle parole sono state fondamentali. Il momento forte è stato quando ho scelto la missione. Andando a Rivoli per la propedeutica, mi si è aperto un mondo che non conoscevo, ho compreso una prospettiva nuova che mi ha subito affascinato. Conoscevo la Società missionaria africana (dal fondatore irlandese che era passato in seminario e da mio fratello che vi era entrato prima di me) dalla quale ho scoperto uno spazio universale. Per confrontarmi con questo spazio ho fatto del noviziato, e poi teologia a Lione e due anni in Africa, in Costa d’Avorio. E lì mi sono trovato a casa mia. Ho capito che quello era il mio posto. Ho dovuto quindi terminare gli studi a Genova (dove, nel frattempo, la Sma aveva aperto una casa) e poi sono stato ordinato sacerdote a Genola il 27 giugno del 1971. Per partire, quindi, subito dopo, come missionario.
  2. Siamo tutti, anche noi sacerdoti, dei poveri peccatori. Ma questo ci mostra che la misericordia di Dio è ancor più grande e straordinaria. Nulla è impossibile a Dio. Capita, fa parte della vita, di avere dei momenti di rigetto. Però alla fine ti affidi a Dio e Lui ti aiuta a vivere il tutto come un dono.
  3. Ricordo due episodi particolari (“le mie gemme”), uno accaduto all’inizio, appena arrivato in missione. Una sera giungono i vecchi del quartiere e mi dicono che il capotribù sta morendo all’ospedale. Battezzato, anche se poi, nella vita aveva acquisito sette mogli, voleva fare il matrimonio. Vado all’ospedale e tra le diverse persone c’erano le mogli che aspettavano il “verdetto” di quell’uomo, che intanto non poteva parlare, ma avrebbe dovuto “sceglierne” una con un cenno del capo. Ho invitato a pregare perché il suo cuore si orientasse verso Dio, esortando poi a lasciar fare a Lui. Tre mesi dopo quell’uomo, che nel frattempo si era ripreso, mi viene a trovare. E mi spiega che la scelta di una donna rispetto alle altre, avrebbe creato delle lotte tra di loro (che pure stimava tutte) e tra i figli stessi. Una situazione che lui non voleva. Perciò mi disse che prima avrebbe messo a posto le cose e poi sarebbe ritornato. Nel frattempo, diede ad ogni donna un pezzo di terra con la casa, perché ognuna di loro potesse mantenersi con i figli. E si sposò infine con quella con cui non ebbe figli (cosa straordinaria per un africano!). Qualche mese dopo quell’uomo morì. Nella predica io dissi alla gente: “Dio ha visto il cuore retto di questa persona, che non voleva discussioni, e lo ha premiato“. È stato l’inizio della mia missione: capire che Dio agisce al di là di quello che io so fare o non so fare, imparando così ad affidare molto di più il proprio cammino a Dio. Alla fine della mia missione mi trovavo invece in una parrocchia dove si parlavano 60 lingue diverse. “Cosa capiranno?” mi chiedevo. Anche perché non tutti sapevano il francese. “Siamo contente lo stesso“, rispose un gruppo di donne alla mia domanda, “perché abbiamo capito che quando parli lo fai perché ci vuoi bene”. Da allora ho capito che si possono celebrare tante messe, però, come prete, rischi anche di fare le cose senza voler bene.
  4. La cosa per me più importante è proporre ai giovani di oggi un progetto di vita che sia “alto” e che superi i limiti di quello che si è vissuto fino adesso. Che prospettiva ha il giovane nell’ambiente attuale della Chiesa? Siamo in una fase di forte cambiamento globale e la Chiesa stenta a proporsi con vesti nuove. Non si riesce ad immaginare una proposta di vita che non sia una brutta fotocopia del passato. Un tempo diventare prete voleva dire raggiungere un certo livello sociale, oggi tutto questo, qui da noi, è finito. Mentre questo modello è attuale in Africa. Con tutte le incognite che potrà avere in futuro.
  5. Che abbiano sempre la gioia di dire: “Ho sbagliato, ma ho amato“. Se essere prete corrisponde ad un’esigenza forte di amore verso le persone che incontri, allora diventa anche entusiasmante poter immaginare di vivere questo ministero.

Don Piergiovanni Bono, fossanese, cresciuto in una famiglia di quattro fratelli e due sorelle, è stato sacerdote “fidei donum”, in Argentina e in Cile, dedicando il suo ministero, in patria come in missione, soprattutto nelle parrocchie, come vicecurato prima, e parroco poi. Attualmente è cappellano nelle Case di riposo Craveri-Oggero e Sant’Anna e cappellano volontario della Casa di reclusione Santa Caterina a Fossano.

  1. C’erano i curati (e anche le catechiste) che esortavano per farci entrare in seminario. E dopo aver preso un “treno”, vai avanti. Dopo alcune esperienze come vicecurato, sono stato 16 anni in Argentina, per poi rientrare in Italia, in diocesi, con una parentesi di due anni, e quindi ripartire per il Cile per altri 10 anni.
  2. Impegnandosi, non c’è il tempo di pensare ad altre cose. Poi c’è chi ti aiuta e magari no, ma si va avanti.
  3. Ricordo, della missione, il lavoro che si è fatto con i disabili, fisici e psichici, bambini e adulti, a Comodoro in Argentina, nelle parrocchie di tutta la città. Cercavamo di farli uscire dalle proprie case, per poterli fare incontrare tra di loro, offrendo un momento di respiro sia ai genitori che a loro stessi. Si è incominciato piano piano per poi proseguire nel tempo. C’erano le scuole speciali a cui noi li portavamo, perché mancava il servizio dei mezzi di trasporto, e allora al mattino si faceva il giro. Inoltre, ogni mese si teneva un incontro, oltre quello annuale, per tutti. Un’esperienza che è durata qualche anno, oltre all’impegno di parroco e catechista (con tutta la catechesi familiare da svolgere) in una parrocchia di 20mila abitanti. Come prete ero da solo, ma coadiuvato dai laici, che si sono sempre dimostrati accoglienti e di cui conservo un bel ricordo. In Cile avevo invece una parrocchia diffusa su 150 km, per cui avevo abbastanza da girare; otto paesetti da andare a visitare lungo il lago, per cui la gente era più difficile da riunire.
  4. Intanto manca “la materia prima“; noi eravamo sei in famiglia, in altre ancora di più. Adesso ce n’è uno, al massimo due, per nucleo familiare. Con più figli, forse, sarebbe più facile che sorgesse qualche vocazione. Pur non escludendo che la mentalità di oggi sia più fredda, più laica o laicista che dir si voglia. E poi forse, come clero, non siamo quello stimolo che dovremmo essere. Se vedono noi, quale entusiasmo possono avere? Non siamo una comunità, e abbiamo un mucchio di forze che non sono utilizzate.
  5. Che nonostante le nostre miserie il buon Dio può lavorare, e quindi invitando a non guardare i limiti, sapendo che Lui usa la zappa, e tutti gli strumenti, per seminare. E dando l’esempio.

LE DOMANDE

  • Qual è stata la sua formazione e quale occasione iniziale l’ha spinta verso la vocazione sacerdotale?
  • Come è stato possibile vivere la fedeltà sacerdotale in un tempo come questo, in cui tanti, prima o poi, sembra che vogliano cambiare strada nella vita?
  • Può condividere un ricordo o un impegno che ha vissuto più volentieri?
  • Alle nuove generazioni che cosa manca oggi per intraprendere una scelta sacerdotale?
  • Dovesse essere proprio lei formatore di novizi, come li incoraggerebbe alla propria scelta vocazionale?

A Foggia nasce “Casa Giò”, una nuova comunità di accoglienza per minori in difficoltà: l’inaugurazione il 16 luglio

Il 16 luglio verrà inaugurata una nuova Casa Famiglia per minori, “Casa Giò”, nel quartiere Candelaro di Foggia, dove i salesiani sono presenti oltre che con la Parrocchia, anche con l’oratorio e con l’associazione “Sacro Cuore”. Secondo la classifica “Qualità della vita 2021” del Sole 24 Ore, Foggia risulta ultima per il benessere dei bambini, al 107° posto subito la  provincia di Cosenza. In questo senso, in un quartiere carente di opportunità educative e in una città così difficile per i giovani si cerca di dare di più a chi dalla vita ha avuto di meno.

“Casa Giò” – Gio come amava firmarsi il fondatore dei salesiani Giovanni Bosco, Gio sta anche come casa dei giovani – è una Comunità che accoglierà in maniera residenziale dieci adolescenti feriti dai vissuti familiari, ragazzi che hanno bisogno di un recupero educativo, ma anche ragazzi stranieri non accompagnati. La presenza della Comunità sarà anche occasione per il territorio di incontro, confronto su proposte sociali e culturali. Un presidio ulteriore di legalità. Infatti, nella stessa giornata, si terrà il convegno “Povertà educativa minorile: riflessioni ed esperienze”, con la presenza di Mons. Vincenzo Pelvi, Arcivescovo della Diocesi di Foggia – Bovino, Michele Emiliano, governatore della Regione Puglia, Carmine Esposito, prefetto della Città di Foggia, Marilisa Magno, commissario prefettizio della città di Foggia, Giuseppe Centomani, dirigente CGM Puglia e Basilicata, Filomena Matera, presidente CROAS Puglia e don Francesco Preite, presidente di Salesiani per il Sociale APS. Ci sarà anche spazio per un momento formativo con Andrea Farina, docente di Legislazione minorile all’UPS e responsabile dell’Osservatorio Salesiano per i Diritti dei minori. Concluderà il convegno Don Angelo Santorsola, superiore dell’Ispettoria Meridionale dei Salesiani.

“È un sogno che viene da lontano e che si realizza grazie alla collaborazione tra Regione Puglia, Salesiani di don Bosco, Istituzioni ed Associazioni che desiderano una Foggia migliore: più attenta ai giovani che hanno avuto meno possibilità dalla vita. È un forte segno di speranza per tutti in una Città desiderosa di riscatto e per un Oratorio sempre più vicino ed attento ai giovani più fragili”, dice don Francesco Preite, presidente di Salesiani per il Sociale APS.

La Casa famiglia sarà gestita dall’associazione salesiana “Piccoli Passi Grandi Sogni aps” che in Puglia è presente con altre tre comunità educative per minori nelle case salesiane di Bari, Cisternino e Corigliano D’Otranto. Sabato 17 luglio, inoltre, sarà il Rettor Maggiore dei Salesiani, decimo successore di Don Bosco, don Ángel Fernández Artime a presiedere la celebrazione a “Casa Giò” e a impartire la benedizione.

“Casa Giò” è stata realizzata con il contributo della Casa Generalizia dei Salesiani, della Fondazione “Don Bosco nel Mondo”, dei “Salesiani per il Sociale APS”, di un contributo pubblico della Regione Puglia e grazie a tanti amici e benefattori dei giovani.