I 700 anni di Dante a Valsalice su la Voce e il Tempo

Quest’anno Dante compie 700 anni e La Voce e il Tempo, nel numero di questa settimana, ha dato voce alle idee che Il Salice ha elaborato durante lo scorso Dantedì. Inoltre, grazie all’iniziativa del prof. Accossato, è nato un nuovo profilo Instagram, @lanostraeffige, che riporta delle pillole giornaliere su Dante. Di seguito l’articolo pubblicato su “Accade a Valsalice“, ripreso da “La Voce e il Tempo“.

Nell’anno dell’anniversario della morte di Dante anche Valsalice, per quanto per ora a distanza, ha programmato una serie di eventi per ricordare l’autore della Divina Commedia.

Il settimanale La Voce e il Tempo con cui Il Salice collabora nell’ambito del progetto di PCTO nel numero di questa settimana ha dato voce alle nostre idee partite simbolicamente il 25 marzo, il cosiddetto Dantedì, e che continueranno negli ultimi mesi dell’anno scolastico. Ovviamente per proseguire in autunno alla ripresa della scuola con altre idee ed happening che coinvolgeranno docenti, allievi, ex allievi e genitori.

In particolare La Voce e il Tempo ha parlato dell’iniziativa del prof. Accossato che ha creato un profilo Instagram (@lanostraeffige) per commentare ogni giorno per 3 minuti una parola, un tema o una terzina dantesca. Una sorta di Dante in pillole per tutti.

Citate anche Valsonair che ha mandato in onda interventi dei prof. di Italiano (il podcast si trova ancora sul sito) e le prossime iniziative (un Ipertesto dantesco presto on line a cura della 1 classico A e 3 scientifico Scienze Applicate e una maratona dantesca con la lettura di tutti i canti della Divina a cura di allievi, ex allievi e docenti).

La vittoria della III Classico alle Romanae Disputationes – Borgomanero

I ragazzi del III Classico di Borgomanero, hanno partecipato al concorso filosofico, ideato da ApiS, dal titolo Romanae Disputationes. Il progetto della classe, dal titolo “A un passo dall’altro”, ha trattato due temi fondamentali: l’indifferenza e la distanza. Di seguito si riporta l’articolo pubblicato su “Don Bosco Borgomanero“.

Cari lettori, tra le diverse proposte di quest’edizione vi presentiamo anche una breve intervista ai ragazzi della mitica III Classico, che anche quest’anno hanno aderito al concorso delle Romanae Disputationes indetto da ApiS.

Ciao ragazzi! Sapreste dirci, in breve, che cosa sono le Romanae Disputationes?

Le Romanae Disputationes sono un concorso filosofico ideato da ApiS (Amore per il Sapere) un’associazione culturale di docenti e professionisti. Ogni edizione propone un tema diverso e i team divisi nelle categorie Junior (3° e 4° liceo) e Senior (5° liceo) concorrono producendo elaborati scritti o multimediali.
Il concorso si conclude con un seminario finale di due giorni durante il quale intervengono personalità della filosofia – quest’anno Massimo Cacciari – e non – architetti, scienziati, linguisti -; inoltre alcuni team estratti a sorte hanno la possibilità di sfidarsi nel torneo di dibattito Age Contra.

Qual era il topico di quest’anno?

Il topico di quest’anno era “Affetti e legami: forme della comunità”, tema a tutti molto caro considerata la situazione.

Parlateci del vostro paper.

Anzitutto il titolo: “A un passo dall’altro”. Abbiamo preso in considerazione due concetti fondamentali: l’indifferenza e la distanza.
Ci siamo resi conto che uno dei problemi fondamentali della nostra società è proprio l’indifferenza, che può essere risolta, paradossalmente, coltivando la giusta distanza nei nostri rapporti. Autori come Freud, Scheler, Mounier, Stein e La Boétie ci hanno aiutato nel nostro percorso, infine abbiamo scoperto che avevano ragione i porcospini di Schopenhauer: in una relazione stare troppo vicini può far male!

Quanto tempo avete impiegato per la stesura del paper?

Il lavoro di ricerca è durato da novembre a dicembre, quindi circa un mese. I mesi di gennaio e febbraio, invece, sono stati dedicati alla stesura vera e propria del paper, che aveva come termine di scadenza il 13 febbraio.

Ma sappiamo che avete partecipato anche al dibattito, vero?

Esatto! C’eravamo iscritti anche l’anno scorso, sempre con la speranza di essere estratti, ma solo quest’anno abbiamo avuto la fortuna di partecipare, gareggiando, in onore del nostro paper, con il nome di battaglia I Porcospini.

Quanto è durata la vostra preparazione al dibattito?

Sicuramente meno di quella del paper! (gli intervistati ridono)  Per la semifinale ci siamo preparati per circa una settimana, esercitandoci insieme ai nostri fantastici compagni di Seconda Classico. Per la finale, invece, che è stata per noi una sorpresa, abbiamo impiegato molto meno tempo: diciamo che abbiamo dormito poco!

Come si è svolto il dibattito?

Tutto è stato gestito sulla piattaforma Zoom da Adelino Cattani, docente all’università di Padova, che avevamo già avuto modo di conoscere nella scorsa edizione. Dopo aver pronunciato il giuramento del disputator cortese, entrambe le squadre hanno cercato di sostenere la propria posizione durante un dibattito articolato in più fasi, che è durato circa un’ora e mezza.

Se vi abbiamo incuriosito, potete trovare il video della finale sul canale YouTube delle Romanae Disputationes.

Infine, un ringraziamento speciale va, oltre che al prof Zatti, che ci ha accompagnato in questa avventura, e a tutti i ragazzi di II classico, anche a Costanza, che ha avuto l’idea di intervistarci (realizzando il nostro sogno di comparire sul giornalino!!!)

Studente Salesiano premiato per un tema sul Cottolengo – Bra

L’allievo della 3 media , Francesco Molinaro, è il vincitore del 46° Premio sulla Bontà. Lo studente, attraverso un tema, si è espresso sulla sua visione della Piccola Casa della Divina Provvidenza e sul Cottolengo. Inoltre, ha spiegato aspetti fondamentali come la bontà, la solidarietà e l’importanza di fare del bene verso il prossimo. Di seguito, le sue parole riportate dall’articolo pubblicato su “Salesiani di Bra“.

Titolo: Un luogo o un monumento può essere testimone di storie o eventi di bontà e solidarietà, che hanno lasciato tracce nelle nostre Città e Paesi. Racconta ciò che puoi scoprire nei luoghi in cui vivi.

Oggi nelle nostre città e nei nostri paesi troviamo diversi luoghi che rappresentano storie di bontà e di solidarietà e che ci ricordano ogni giorno l’importanza di fare del bene agli altri. Basta pensare alle case di riposo, ai centri di accoglienza, alle chiese, alle scuole e, soprattutto in questo periodo, agli ospedali in cui gli operatori si impegnano in prima linea a salvare le persone malate a causa dell’epidemia che ci sta devastando.

Senza questi luoghi di solidarietà gli ultimi e le persone in difficoltà, come anziani, poveri, ammalati, disabili, giovani e bambini soli, sarebbero dimenticati e abbandonati.

Io abito a Bra, in provincia di Cuneo, una piccola città in cui si trovano vari luoghi testimoni di storie ed eventi di bontà e solidarietà. Tra questi mi colpisce in modo particolare la Piccola Casa della Divina Provvidenza.

Quest’ultima è una casa di riposo che si occupa di accogliere gli anziani e i malati e viene ricordata perché è ispirata al grande santo patrono della mia città San Giuseppe Benedetto Cottolengo, un uomo che ha lasciato tracce di bontà in tante città.

Vicino al Comune si possono anche ammirare la Casa Natale del santo e una grande statua che lo rappresenta ed onora.

San Giuseppe Benedetto Cottolengo nacque a Bra nel 1786. Nella sua giovinezza scelse la via del sacerdozio e venne ordinato sacerdote e viceparroco di Alba. Quando ebbe 41 anni accadde un episodio che gli cambiò la vita. Incontrò una donna incinta in fin di vita che non fu accolta nell’ospedale e la vide morire. Così  Cottolengo, per evitare altri fatti simili, diede inizio a una piccola infermeria. In seguito aprì a Torino il “Deposito de’ poveri infermi del Corpus Domini” nel quale si accoglievano gli ammalati che non trovavano posto negli ospedali cittadini, ma dovette chiudere dopo soli tre anni a causa del colera. Allora si trasferì in Borgo Dora e fondò la Piccola Casa della Divina Provvidenza.

In tale istituzione Giuseppe Benedetto accolse i malati esclusi dagli altri ospedali e diverse persone povere e bisognose e offrì loro casa, cura sanitaria, assistenza, educazione, istruzione. Egli morì il 30 aprile 1842, venne beatificato e divenne santo e si ricorda ogni anno il 30 aprile, specialmente nella mia città.

Il santo ha sempre dedicato la sua vita ai poveri, infatti cita durante la sua vita questa frase: “I poveri sono Gesù e come tali bisogna servirli”. La Casa della Divina Provvidenza si ispira a lui cercando di portare avanti il suo progetto, prendendosi cura della persona povera, malata, abbandonata, particolarmente bisognosa, senza distinzione alcuna e basandosi sull’uguaglianza perché in essa riconosce il volto di Cristo. Gli ospiti residenti nella Piccola Casa, sono i figli prediletti di Cottolengo. La persona che entra alla Piccola Casa viene accolta con il massimo rispetto come se fosse a casa sua. Questo luogo è fondato sull’amore, sull’amicizia e sulla speranza di vita eterna e ha come sostegno ogni giorno la preghiera e la fede.

La Casa comprende suore, fratelli, sacerdoti che si impegnano ogni giorno a fare del bene con umiltà. Le attività della Piccola Casa della Divina Provvidenza fin dalle origini hanno beneficiato inoltre di numerosi volontari che gratuitamente donano parte del loro tempo nell’assistenza degli ultimi, secondo le capacità personali e le necessità quotidiane.

La Casa della Divina Provvidenza non si trova solo a Bra; è presente principalmente in Piemonte perché è la regione dove è nato il santo, ma si può trovare anche in altre regioni o Stati.

Io ho avuto un’esperienza legata al santo. Quando avevo otto anni ho partecipato a una recita sulla sua vita insieme ad altri ragazzi e ho interpretato il ruolo di un suo cugino.

Mi ricordo che prima dello spettacolo ho visitato la casa dove è nato Cottolengo e mi sono emozionato perché ho respirato un’aria di bontà e di accoglienza e ho provato un grande onore all’idea di essere per un attimo un parente ed amico di questo grande santo. Ho immaginato di parlare e giocare veramente con lui e di ascoltare le sue parole.

Penso che la Casa della Divina Provvidenza sia un luogo davvero speciale in cui le persone si occupano di fare del bene vero senza pretendere nulla in cambio. Credo che gli anziani e i poveri sono persone che non vanno trascurate, ma anzi vanno aiutate e amate perché attraverso di essi si riconosce la figura di Gesù, una figura semplice e umile.

Sono davvero fortunato ad avere un concittadino santo da cui prendere esempio nella vita di tutti i miei giorni e al quale rivolgere la mia preghiera. Quando penso a lui provo una sensazione di grande pace, di armonia e di forza.

Ognuno di noi deve ascoltare il messaggio che il santo vuole trasmetterci ovvero l’amore verso gli ultimi.  Anche noi ragazzi possiamo metterlo in pratica partendo dalle piccole e buone azioni quotidiane nella nostra vita e accogliendo e aiutando chi è in difficoltà.

Francesco Molinaro 3 media A

Santo Rosario Maria speranza nell’educazione – Sabato 24 aprile 2021

Ad un mese dalla festa dell’Ausiliatrice e avvicinandoci al mese mariano, la Basilica di Maria Ausiliatrice di Torino – Valdocco propone la preghiera del Santo Rosario sabato 24 aprile 2021 alle ore 17.00, per affidare le gioie e le difficoltà di questo tempo a Colei che “ha ottenuto ed otterrà grazie particolari, anche straordinarie e miracolose per coloro che concorrono, a dare cristiana educazione alla pericolante gioventù con le opere, con il consiglio e col buon esempio o semplicemente con la preghiera” (Massime di Don Bosco).

Sarà possibile seguire il momento di preghiera anche sul canale social della Basilica @ilcortilediValdocco

Fabio Geda ed Enaiatollah Akbari incontrano i ragazzi delle superiori – Don Bosco Agnelli

Il 17 aprile, i ragazzi dell’Istituto Agnelli incontreranno Fabio Geda ed  Enaiatollah Akbari per parlare del libro “Storia di un figlio. Andata e ritorno”. L’evento sarà trasmesso in diretta sul canale YouTube di don Bosco Agnelli. Di seguito si riporta l’articolo pubblicato su “Don Bosco Agnelli” insieme al contributo video realizzato per il programma televisivo “un caffè con…Fabio Geda”.

Sabato 17 aprile, dalle ore 10 alle ore 11.30Fabio Geda ed Enaiatollah Akbari incontreranno i ragazzi delle superiori dell’Istituto Agnelli per discutere del loro ultimo libro “Storia di un figlio. Andata e ritorno”, edito da Baldini+Castoldi. L’evento sarà trasmesso in diretta YouTube, per permettere non solo agli studenti ma anche alle famiglie e agli interessati di poter seguire il dibattito. L’incontro, organizzato dal Dipartimento di Lettere, costituisce la seconda parte di un percorso annuale di cittadinanza sulla migrazione, iniziato in autunno con la preziosa testimonianza di impegno civile, umanità e coraggio del dottore ed europarlamentare Pietro Bartolo.

Nel 2010 usciva in Italia “Nel mare ci sono i coccodrilli”, racconto a quattro mani della vera odissea di Akbari, dalla fuga dall’Afghanistan fino all’arrivo nella nostra penisola. Il libro divenne subito un bestseller in Italia e fu tradotto in 32 paesi, ottenendo un grande successo di pubblico e di critica. In occasione del decimo anniversario del loro primo lavoro insieme, i due autori hanno deciso di aggiungere un secondo capitolo della storia di Enaiatollah: il ricongiungimento con la sorella e il fratello, il nuovo ruolo di zio, l’incontro con Fazila, con la quale nascerà una tenera storia d’amore e convolerà a nozze, la vita in Italia. Non solo luci, però: tra le tante ombre, un lutto inaspettato e la difficile situazione degli hazara, l’etnia a cui appartiene Akbari vittima di un vero e proprio genocidio negli ultimi anni.

“Tutto per gioco, nulla per gioco”: il secondo incontro

Venerdì 9 aprile 2021 si è tenuto nel pomeriggio il secondo appuntamento di “Tutto per gioco, nulla per gioco”: l’attività formativa per educatori, insegnanti e associazioni culturali del Museo Casa Don Bosco in collaborazione con Museo Etnografico Missioni Don Bosco e promossa dal progetto “Crescere in città” della Città di Torino.
Ospite d’eccezione è stata Isabella Pedicini, storica dell’arte, saggista, scrittrice. L’evento è stato condotto Stefania De Vita, direttrice museo Casa Don Bosco e Elisabetta Gatto, curatrice Museo Etnografico Missioni Don Bosco sul tema “Regole del gioco: scopriamo il mondo attraverso i giocattoli”.
Di seguito il video del secondo incontro:

Don Bosco Chatillon: un giovane altare tutto salesiano

In vista della tradizionale fiera di S. Orso, i ragazzi aspiranti falegnami dell’Istituto salesiano di Châtillon hanno realizzato un altare che esprime al meglio lo “spirito e lo stile educativo salesiano”.  Di seguito la notizia gentilmente fornita alla Redazione da parte dell’opera.

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L’arredo progettato e realizzato dagli allievi falegnami dalla classe V PIA dell’Istituto salesiano don Bosco di Chatillon.

Come ogni anno agli aspiranti falegnami della classe V° PIA del Don Bosco di Chatillon, attualmente 15, in vista della fiera di S. Orso, viene proposta la progettazione e realizzazione di un arredo come lavoro conclusivo di un percorso che metta in evidenza le loro competenze tecniche e capacità creative. Quest’anno, anche se la Fiera non si è potuta svolgere, per ovvi motivi, la sfida lanciata loro dalla comunità salesiana e presentata dal direttore Don Vincenzo, nella Cappella utilizzata dalla comunità salesiana,  è stata quella della realizzazione di un altare: “Questo luogo necessita di un nuovo altare. Visto che siamo in un’opera salesiana sarebbe bello che potesse esprimere lo “spirito e lo stile educativo salesiano” ed anche il territorio  valdostano.” Il Direttore lasciava alla loro creatività il modo di coniugare questi aspetti nella progettazione e nella realizzazione dell’importante arredo sacro.

La fase progettuale ha visto fioccare tante idee, originali, innovative, scontate, interessanti, complicate, non facilmente realizzabili, delicate, provocatorie …., si potrebbe continuare a lungo,  ma attraverso momenti di confronto, dibattito, incontro, in un vero e proprio spirito di squadra, i ragazzi hanno definito due proposte. Una commissione ha quindi selezionato il progetto che meglio si adattava alla realtà della cappella.

Il manufatto scelto si ispira alla croce che viene consegnata ai Salesiani il giorno in cui dicono il loro “sì per sempre” nella Congregazione salesiana, come figli di don Bosco.

La croce salesiana dà la forma al basamento di sostegno, al robusto piano dell’altare, la struttura portante è realizzata con il pantografo, macchina a controllo numerico. Nelle braccia della croce sono raffigurati, con la tecnica dell’intarsio, Maria Ausiliatrice e Don Bosco. L’intarsio richiede concentrazione e tanta esperienza: alla precisione nel taglio delle tessere in legno sagomate, segue la complicata fase dell’incastro nel corpo principale. Grazie alle tecnologie e alle attrezzature all’avanguardia, di cui è dotato il laboratorio di falegnameria della scuola, è stata realizzata la parte cilindrica centrale nella quale si innestano le braccia della croce. Sulla parte cilindrica  del retro dell’altare, dove si pone il celebrante, è riportata una frase di Don Bosco “Studia di farti amare” riprodotta fedelmente nella sua calligrafia e con tanto di autografo. Tale frase si trova nel manoscritto che don Bosco inviò a don Michele Rua, che sarà poi il suo primo successore, quando venne mandato a dirigere la prima casa salesiana fuori Torino, a Mirabello. In quell’occasione don Bosco scrisse a don Rua una lettera strettamente personale in cui attraverso consigli pratici, esempi concreti ed intuizioni frutto della sua esperienza educativa al fianco dei ragazzi lo guidava perchè potesse essere un altro don Bosco in mezzo a loro. Questo manoscritto, poi rivisto ed ampliato da don Bosco, diventerà un documento prezioso consegnato a tutti i futuri direttori delle case salesiane sotto il titolo di “Ricordi confidenziali ai Direttori”. Tutto il contenuto ruota attorno a quella frase che nella sua completezza recita così: Studia di farti amare, piuttosto che farti temere.: un semplice slogan che racchiude in sé uno dei pilastri dello stile educativo salesiano ”l’amorevolezza”.

Nel medaglione frontale dell’altare, rivolto verso l’assemblea, viene raffigurata l’immagine de “il Buon pastore” che ben racchiude lo spirito salesiano così descritto nell’articolo 11 delle Costituzioni salesiane:

“Lo spirito salesiano trova il suo modello e la sua sorgente nel cuore stesso di Cristo, apostolo del Padre.
Nella lettura del Vangelo siamo più sensibili a certi lineamenti della figura del Signore: la gratitudine al Padre per il dono della vocazione divina a tutti gli uomini; la predilezione per i piccoli e i poveri; la sollecitudine nel predicare, guarire, salvare sotto l’urgenza del Regno che viene; l’atteggiamento del Buon Pastore che conquista con la mitezza e il dono di sé; il desiderio di radunare i discepoli nell’unità della comunione fraterna.”

La difficoltà, non indifferente, legata al medaglione frontale è stata l’incollaggio dell’intarsio che non era da fare su una superficie piana, ma bensì in curva; tuttavia grazie al lavoro di gruppo ed un metodo all’avanguardia, anche questa parte è stata completata con successo.

Per questa immagine i ragazzi hanno presentato due progetti, entrambi curati nei particolari ed espressivi nel loro atteggiamento. E’ stato poi lasciato al giudizio della Comunità salesiana la scelta, non facile, tra i due progetti.

I legni con cui è realizzato l’altare sono tipici della Valle d’Aosta: larice, abete e cirmolo selezionati in diverse fasi di invecchiamento per creare la policromia necessaria alla tecnica dell’intarsio.
Le tonalità dell’opera ricordano gli splendidi paesaggi autunnali che dipingono la nostra Valle, così pure l’immagine del pastore richiama una figura molto presente nel territorio valdostano.

A lavoro ultimato c’è stata una semplice liturgia di “benedizione” dell’altare: un momento significativo, partecipato e commovente al termine del quale i ragazzi hanno voluto ricordare don Silvio Carlin, recentemente mancato, dedicandogli il canto “Dio del cielo, Signore delle cime”.

Che dire: bravi è troppo poco!!! Don Bosco, oltre che ad essere contento, direbbe che rendere protagonisti i giovani nella realizzazione di un progetto è il modo migliore per far esprimere le loro capacità, la loro creatività ed inventiva e ritrovare, da parte di noi adulti, quella fiducia in loro come futuri costruttori di  un mondo migliore.

Un ringraziamento particolare agli insegnanti sia di laboratorio che di cattedra che li hanno accompagnati in questi 5 anni e che con soddisfazione possono ammirare il frutto del loro lavoro educativo e professionale. Come in ogni cammino avere delle guide esperte e sicure è garanzia di ottimi risultati.

I “ragazzi di Don Bosco” – CNOSFAP Fossano

Il CNOSFAP di Fossano, anche quest’anno, ha indetto il corso di Addetto alla Saldocarpenteria, un progetto svolto da 15 partecipanti e che prevede un periodo di stage che verifica le conoscenze e le capacità acquisite dai singoli allievi.
Di seguito si riporta l’articolo pubblicato, il 14 aprile 2021, su  “CNOSFAP Fossano“.

Anche quest’anno nel nostro Centro si svolge il corso di Addetto alla Saldocarpenteria, un corso “storico” perché ormai ripetuto da molti anni.

Sono 15 gli allievi partecipanti, di età compresa tra i 19 e i 59 anni, disoccupati e tutti stranieri. Il corso, della durata di 600 ore, è partito nel mese di dicembre scorso e, considerate le caratteristiche dei partecipanti e le attività laboratoriali tipiche del percorso, è realizzato in presenza. Il percorso prevede un periodo di stage per verificare l’efficacia delle conoscenze e delle capacità acquisite e completare lo sviluppo della professionalità attraverso l’esercizio delle competenze nel contesto lavorativo. Lo stage è progettato e organizzato in collaborazione con le aziende del territorio che operano nel settore della saldocarpenteria.

Vivo come un grande privilegio l’opportunità di insegnare a quelli che ritengo i “ragazzi di Don Bosco”, cioè quelli più svantaggiati, ai quali la vita non ha dato molte opportunità e che sono stati l’origine di tutto il movimento e della spiritualità salesiana, permettendogli di diventare ciò che è oggi.

Mi è capitato di insegnare in questo corso anche in anni passati e al termine di ogni percorso formativo ho sempre avuto la certezza di aver ricevuto più di quello che ho dato.

Vorrei condividere alcune parole chiave che caratterizzano questa particolare esperienza e che come formatore mi hanno colpito e mi hanno fatto riflettere.

Determinazione: la volontà di partecipare, che, per esempio, porta un allievo a spostarsi in bicicletta da Levaldigi a Fossano tutti i giorni per essere presente.

Fiducia: è sicuramente la base di ogni rapporto e, concretizzata nella capacità di ascoltare, li ha portati a lasciarsi plasmare da noi docenti, svolgendo con impegno ogni attività richiesta e portandoli a raggiungere obiettivi sempre più alti, oltre ogni nostra e loro aspettativa.

Curiosità: spesso mi è capitato che al termine della spiegazione su un disegno o su una lavorazione qualcuno mi facesse qualche domanda con l’intento di capire qualcosa di più ed è sicuramente un segnale molto positivo che porta certamente a una crescita.

Solidarietà: ci sono stati momenti in cui alcuni allievi erano assenti e quando abbiamo proposto di portare avanti il lavoro anche per gli assenti, per evitare che rimanessero indietro, abbiamo avuto una disponibilità immediata.

Gratitudine: tantissimi sono i grazie che ognuno di noi docenti ha ricevuto nelle più diverse situazioni e questa riconoscenza veramente sentita ci fa riflettere sul non dare nulla per dovuto o per scontato.

Essenzialità e Fede: ritrovo negli allievi del corso un forte senso di Dio e della fede e, nonostante le limitate risorse economiche, la capacità di vivere con un sorriso e con semplicità la quotidianità delle piccole cose.

Adesso inizia il periodo di stage e mi auguro veramente di cuore che sia per tutti loro una “risurrezione”, un’occasione di rinascita per avere l’opportunità di concretizzare il sogno che li ha portati a frequentare questo corso per iniziare una nuova vita.

Labs to Learn: il primo appuntamento Community Lab – Alessandria

Nella serata di venerdì 9 aprile si è tenuto il 1° appuntamento del Community Lab per la realtà territoriale di Alessandria. Di seguito un breve resoconto dell’incontro.

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E’ iniziato il primo incontro con la comunità di Alessandria, una bella serata accompagnati da GO – Generazione Oratori – che ha introdotto l’obiettivo degli incontri, presentato il progetto in cui si inserisce questo percorso e avviato i lavori in questo primo meet.

Presenti una ventina di invitati tra catechisti, salesiani, docenti della formazione professionale, operatori Caritas, allenatori della sportiva e educatori per mettersi in discussione e reinterrogarsi su quello che è per ciascuno la “COMUNITA’”.

Una serata all’insegna del definire la presenza in oratorio in questo periodo di lockdown, un momento in cui è stata sottolineata l’importanza delle emozioni, la bellezza dell’incontro con i ragazzi della formazione professionale anche solo perché devi misurargli la febbre all’ingresso, il bello di provare a tenersi compatti nelle squadre di calcio provando a incontrarsi anche a distanza, la percezione di questa nuova dimensione che ci parla di lentezza …

Ognuno ha attivato le sue strategie per restare protagonisti nella vita degli altri. Anche don Remigio ci ha raccontato come è difficile per un salesian vedere i cortili vuoti, non sentire il vociare dei ragazzi.

L’incontro è iniziato subito con entusiasmo e, dopo una breve spiegazione di quelle che saranno le tappe del percorso, è stato posto un primo stimolo di riflessione: “una parola che racconti l’azione di ciascuno, svolta in questi mesi, nell’ambito della comunità”. Da questa domanda è uscito un bellissimo puzzle di parole: accompagnare, sorridere, aiutare, accogliere, amare, ascoltare, incoraggiare, animare; e queste sono solo alcune di tutte le parole uscite. Tanti verbi, che mostrano l’impegno di ognuno per la comunità; non solo un’idea, ma un impegno concreto e, molte volte, quotidiano. Da molti è uscita l’importanza di sfruttare ogni momento per stare assieme ai giovani, ascoltarli, accompagnarli. Come la nostra direttrice del CNOS che sfrutta l’accoglienza del mattino, non solo per misurare la temperatura a tutti gli studenti, ma anche per rivolgergli un sorriso o una parola; gesti piccoli, ma che fanno sentire a casa e accolti.

L’ Educazione ha così indossato numerose vesti: da un lato uno spazio per narrarsi, dall’altro un portatore di un messaggio positivo e di speranza, e poi ancora la riscoperta di ciò che è davvero essenziale e importante e la capacità di saper cogliere i momenti di dialogo e relazione.

Concludiamo con una frase scaturita nella serata che rappresenta una delle principali esigenze della comunità coinvolta: “Parrocchia che evangelizza, Scuola che avvia alla vita, Cortile che fa amicizia…Vivere insieme e sognare di tornare alle belle relazioni reali, che permettono di ascoltarsi e condividere i sogni”.

Tante riflessioni e tante domande rimaste aperte ci accompagneranno al prossimo incontro del 7 maggio.

Una serata con un clima bello, che sa di relazioni vere che non si sono allentate per il non vedersi.

NEW LOOK! – Cuneo Salesiani don Bosco

La realtà Salesiana di Cuneo, nonostante la pandemia, non si è fermata. Infatti, ha ristrutturato la sua Sala della Comunità grazie all’aiuto dei volontari della Commissione Tecnica dell’Oratorio Bruno. Di seguito riportiamo l’articolo pubblicato oggi, 13 aprile 2021 su “Cuneo Salesiani don Bosco“.

Non siamo stati fermi! La pandemia ci costringe ad una forzata, lunga e quasi ininterrotta sospensione delle attività da ormai 14 mesi, ma nonostante questo, abbiamo comunque deciso di investire sulla Sala della Comunità, per renderla più bella e più accogliente.

E così abbiamo scelto di mettere mano al pavimento della platea, che da tempo richiedeva qualche ritocco: il battuto di cemento si era sbriciolato e la copertura in gomma presentava delle gobbe fastidiose, non solo per l’estetica, ma anche per la sicurezza degli spettatori.

Grazie alla sapiente supervisione dei volontari della Commissione Tecnica dell’Oratorio Bruno, Aldo e Michelangelo, che ci hanno messo testa e mani, e all’instancabile opera di Andrea, che ha collaborato con muratori e palchettisiti, smontato sedie, dipinto muri e sistemato listelli, oggi la Sala è pronta a riaprie il portone con un nuovo elegante pavimento in platea, i muri ridipinti, l’intelaiatura delle porte di accesso al palco rinnovata e altre mille piccoli e grandi ritocchi che la rendono ancora più bella.

Manca solo più la cosa più importante: mancate voi, il pubblico che condivide emozioni e divertimento, che fa Comunità guardando un film o assistendo ad uno spettacolo.

Confidiamo di poter tornare quanto prima ad essere Comunità anche sul velluto rosso delle poltrone del Cinema Teatro Don Bosco.

Lei, la Sala, non vede l’ora!!!