Notizia a cura del Cinema Teatro Agnelli di Torino.
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Come tanti altri cinema, anche la sala dell’Agnelli di Torino del circuito ACEC, ha organizzato in questi mesi le proiezioni scolastiche del film di Matteo Garrone, Io Capitano.
Un film ispirato alle storie vere di alcuni ragazzi che hanno vissuto il viaggio dei due protagonisti, Seydou e Moussa. Una “fiaba omerica”, come viene definita da molti, che mostra per la prima volta la tratta migratoria dall’Africa con una prospettiva diversa a quella a cui siamo abituati, quella di due giovani che lasciano Dakar per raggiungere l’Europa.
L’importanza di questo nuovo punto di vista è cruciale: un film che parte dall’Africa per arrivare in Italia. L’Agnelli ha deciso però di proporre a tutte le scuole partecipanti, oltre alla visione del lungometraggio, una testimonianza, al termine di ogni proiezione.
In collaborazione con l’Associazione Generazione Ponte, realtà torinese fondata a Torino nel 2018 da Abdullahi Ahmed, Mohamed Hassan, Vanessa Marotta e Francesco Miacola, insieme ad altri cittadini rifugiati, seconde generazioni e italiani accomunati dal desiderio di realizzare azioni concrete capaci di essere “ponte” tra generazioni e culture differenti.
L’Associazione in Italia si occupa di valorizzare e diffondere una cultura di convivenza pacifica, di dialogo e scambio interculturale, che rispetti le diversità, mettendo al centro il protagonismo di giovani rifugiati e nuovi cittadini italiani mentre all’estero GP supporta i gruppi informali e le associazioni giovanili attraverso il sostegno ad attività formative e culturali, realizza interventi di cooperazione e scambi internazionali, collabora con enti pubblici e privati del Nord e Sud del mondo per attività di co-sviluppo e cooperazione decentrata.
Grazie alle testimonianze di Abdullahi Ahmed e Mustafa Ahmadi, poco più di 2000 tra studenti e docenti hanno ascoltato la loro storia, potendosi confrontare con il tema delle migrazioni e dell’accoglienza al di là degli stereotipi e potendo porre domande “a caldo” dopo la visione del film.
Come dice Abdullahi
«Ogni migrante, ogni persona ha la sua storia. Spesso oggi ci limitiamo a sentire “sono arrivate n persone a Lampedusa” ma non sappiamo la storia di ciascuno che è diversa da persona a persona».
Due racconti quelli di Abdullahi e Mustafa. Il primo partito dalla Somalia e con un viaggio molto simile a quello dei protagonisti del film. Il secondo partito dall’Afghanistan e giunto dapprima in Olanda e poi in Italia.
Tante le domande emerse dai giovani: Garrone racconta una storia rappresentativa di molte altre, che finalmente giunge agli occhi di un grandissimo numero di persone.
L’importanza di questo nuovo punto di vista è cruciale: un film che parte dall’Africa per arrivare in Italia. La testimonianza di Abdullahi ruota intorno all’importanza dei visti e dei passaporti.
Sette mesi di viaggio nel 2008 per giungere a Lampedusa e poi a Torino. Dalla Somalia all’Etiopia, poi Sudan, il deserto, la Libia e infine il mare. Da allora sono cambiate tante cose ma non i rischi di quel viaggio.
Alcuni ragazzi domandano “Ci sono stati dei morti durante il tuo viaggio?”, oppure “Qual è stata la parte più difficile?” o ancora “Cosa mangiavi durante il viaggio”… “Quanto è durato il tuo viaggio”…“Quale è stata la prima cosa che hai fatto arrivato in Italia”.
Nessuna domanda è sbagliata dice Abdullahi. Di morti ce ne sono stati tanti. Lui si sente fortunato e grato all’Italia per essere stato accolto.
Non ha scelto lui dove nascere. Non ha scelto lui quale passaporto avere. Non ha scelto lui di affrontare un viaggio così impervio a 19 anni.
Nel suo paese c’era una guerra. Mancava il visto per viaggiare legalmente in Europa. Senza di quello, il suo sogno, aiutare la sua famiglia lavorando in Europa e sfuggire da un paese in guerra, non poteva realizzarsi se non con questa traversata.
Sette mesi nel 2008. Oggi Abdullahi ha un passaporto italiano. Per andare in Somalia ci mette delle ore. Non mesi.
“Siamo felici di riuscire a sollecitare tanti giovani su tematiche così importanti. – commenta Michele Dettoni, responsabile della programmazione del Cinema Agnelli – L’adesione alle proiezioni di Io Capitano è stata alta, sicuramente anche grazie a questo contributo che ha toccato molti. Ho presenziato a tutte le testimonianze e ogni volta era interessante vedere quali domande emergessero dagli studenti di scuole e di anni diversi oltre alle emozioni che il film generava in loro. Hanno aderito scuole medie, scuole superiori, enti di formazione professionale, persino agenzie formative per adulti. Ringraziamo Generazione Ponte per la possibilità che ci hanno offerto e tutte le scuole che hanno aderito.”
Una bella iniziativa che sottolinea ancora una volta il valore delle sale e del Cinema come luoghi di cultura e confronto per il territorio e, in questo caso, per le scuole.
Ogni linguaggio, ogni contesto può essere quello giusto per parlare di accoglienza e per conoscere le storie degli altri: uscire dal racconto dell’immigrazione pieno di odio e paura è forse l’unico modo per il nostro Paese per iniziare a riconoscere e apprezzare, umanamente, le diversità che arricchiscono la nostra società.