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Istituto Card. Cagliero: “Margherite nel campo e pesci nel canale” – don Enrico Bergadano

È arrivata la primavera, con i suoi colori e le sue fioriture. Il Direttore dell’Istituto Salesiano Card. Cagliero di Ivrea, don Enrico Bergadano, riporta in merito una riflessione dedicata alla primavera legandola all’emergenza sanitaria che sta vivendo l’Istituto. L’articolo è disponibile sul settimanale Il Risveglio popolare di giovedì 26 marzo 2020. Di seguito la riflessione.

Sono fiorite le margherite di primavera nel campo sportivo della scuola “Card. Cagliero” di Ivrea.

E non è un buon segnale.

Cerco di spiegarmi.

Che germoglino gemme e fioriscano fiori in questo inizio di stagione che lascia dietro di sé un inverno insolitamente mite, tutto questo è giusto, è normale, ed è anche bello.

Come potrebbe anche essere di per sé una buona notizia che i pesci siano tornati a sguazzare nelle acque del Canal Grande di Venezia. Acque tornate insolitamente limpide in una Venezia svuotata di turisti e con una vita commerciale e sociale in apnea.

Così, se a marzo cresce l’erba nei cortili delle scuole e fioriscono primule e margherite nei campi sportivi in erba, vuol dire che i ragazzi non scorrazzano più nei soliti ambienti, che alunni e studenti non calpestano più i cortili durante gli intervalli scolastici e le loro ricreazioni.

Vuol dire che la scuola, come da sempre la si è intesa, proposta e usufruita, ha cambiato pelle.

Sospensione della didattica tradizionale, con insegnanti che passeggiavano tra i banchi e allievi che lavoravano insieme, gomito a gomito, uno sguardo alla lavagna elettronica, al quaderno, alla maestra o al professore, alla compagna di banco, alla finestra…

Come una palla di neve giù dal pendio, un’influenza invernale si è trasformata in epidemia fino ad allargare la sua diffusione in pandemia, coinvolgendo in poco più di un mese quasi mezzo miliardo di persone sul nostro pianeta.

Si dice che non c’è mai stata un’emergenza sanitaria, sociale ed economica così globalizzata come questa invasione di Coronavirus. Si diceva, da noi, che era cosa lontana, dall’altra parte del mondo, che non ci riguardava direttamente. E invece ci siamo drammaticamente accorti che “la Cina è vicina”.

Erano i giorni del Carnevale in maschera. L’allarme ha prolungato di qualche giorno la vacanza scolastica cercando di mettere in sicurezza bambini e ragazzi, quelli che giustamente pensiamo essere la parte più debole e indifesa della nostra società.

E così è cominciata la scuola a distanza, cosa che fino a poco tempo fa, si era vista fare solo nelle immense steppe australiane.

L’emergenza ci ha confinati nella scuola “via web” per tutti e subito.

Questo “per tutti e subito” è diventato a sua volta emergenza.

Perché, ad essere sinceri, non tutti, ragazzi e adulti delle nostre contrade, sono abituati all’uso di PC, tablet o smartphone che vada oltre alla “chat” confidenziale o alla ricerca dell’ultimo video musicale. Il lavoro “da remoto”, per dirla in italiano, non era stata un’opzione largamente utilizzata dalle aziende. Da profano e in tempi non sospetti, mi aveva sempre stupito vedere nella mia città di adozione centinaia di auto parcheggiate accanto al grande palazzo degli “Uffici”, dove uomini e donne, anche essi centinaia, svolgevano un lavoro che probabilmente poteva in parte essere eseguito da casa propria.

Ora a casa ci siamo tutti. Dai bambini agli anziani, dai docenti agli allievi, da chi ha un lavoro a chi il lavoro lo ha interrotto, dai sani agli ammalati. E affidiamo ai nostri PC, tablet e smartphone il compito di uscire dall’isolamento, di vederci in qualche modo, di conquistare il tempo dell’apprendimento scolastico.

Un “E-learning” che anche al “Cagliero” è stato messo in atto, con incontri in streaming con i docenti sia della scuola primaria che secondaria di primo grado per concordare modalità e tempi delle lezioni da offrire agli allievi. Ma anche, su indicazione del Miur, per rimodulare gli obiettivi formativi in ragione delle nuove esigenze, riprogettando le attività didattiche, evidenziando i nuovi materiali di studio (schede fornite da ogni insegnante, libri disponibili on line). Per quanto riguarda la gestione dell’interazione tra docenti e allievi, si è scelta l’opzione dell’invio di materiale didattico da elaborare in differita e da restituire all’insegnante. Per evitare un’eccessiva permanenza davanti allo schermo, vista anche la giovane età degli alunni, non è stata privilegiata l’opzione della “classe virtuale”, anche se si sta pensando ad un momento di incontro informale e quindi non necessariamente collettivo, denominato “cortile digitale”, per dare la possibilità di poter interagire tra compagni di classe, amici e insegnanti. a tutti coloro che vogliono e riescono a collegarsi in diretta. Un modo imprescindibile per ravvivare la continuità scolastica più profonda e la vicinanza di rassicuranti figure educative.

In questo nuovo scenario dell’attività didattica e nel contesto della concreta realtà della scuola è certo che la presenza dei genitori è un fattore di grande importanza. Consapevoli del non facile momento che tutti stiamo vivendo, si nota una ragionevole preoccupazione del futuro dell’iter scolastico dei propri figli, soprattutto per i più piccoli e per coloro che hanno più bisogno di accompagnamento e stimolo per un corretto cammino di evoluzione e maturazione scolastica.

In momenti in cui la normalità della vita è lontana, anche la normalità della scuola deve trovare nuove vie, nuovi metodi, ma anche nuove, provvisorie aspettative.

Siamo tutti confrontati ad un lavoro e ad uno stile di vita inaspettato.

“Insegnare è tirar fuori dai ragazzi le loro potenzialità, trattandoli – dice Plutarco – come fuochi da accendere e non come vasi da riempire. I computer da soli non possono farlo. Da decenni si è cercato di limitare ai docenti le lezioni frontali; ora si vorrebbe tutti, bambini e ragazzi fissi su uno schermo (…) a seguire istruzioni e lezioni che erano già problematiche quando c’era tra tutti una presenza fisica e interpersonale”.

(Alvaro Belardinelli, Tecnica della Scuola, 21/03/ 2020)

Condivisibile o no, trovo per lo meno interessante questa riflessione.

La integro con un altro commento alla situazione eccezionale del momento e delle giuste critiche all’utilizzo smodato del telefonino in tempi cosiddetti “normali” quando tutti ammassati eravamo soli con il proprio smartphon.

“Oggi l’esperienza è un’altra; si legge diversamente la realtà di ieri. Anche se soli, a casa, si è insieme. Questa esperienza strana e tecnologica della socialità consente, in qualche modo, la riscoperta dei volti e delle voci, proprio nella separazione forzata. La separazione ci restituisce la voglia dell’incontro. Occorrerà ricordarsi di questa lezione quando tutto sarà finito e saremo rientrati nella vita normale, ma certamente non più quella di prima”.

(Pier Cesare Rivoltella, Essere a Scuola, Morcelliana, marzo 2020)

Mentre termino queste riflessioni, nella strada che costeggia la scuola passa un’auto dei Vigili del Fuoco. Invitano a non uscire da casa. E’ come essere in guerra, con i suoi morti, le sue lacrime, i suoi sacrifici. Ma anche con il suo coraggio, responsabilità e fiducia.

Cari fiori del prato, care margherite, spostatevi, se potete, a bordo campo. Perché torneranno presto i ragazzi e la ragazze del “Cagliero” e torneranno in aula e invaderanno i cortili.

Don Enrico Bergadano

Istituto Cagliero Ivrea: festa di don Bosco 2020

Domenica 26 gennaio, i Salesiano dell’Istituto Missionario Salesiano “Card. Cagliero” di Ivrea hanno festeggiato la ricorrenza di San Giovanni Bosco con  la S. Messa presieduta da Mons. Edoardo Cerrato e tante altre attività e iniziative per i ragazzi della scuola e i loro genitori. Si riporta di seguito l’articolo pubblicato dal sito dell’opera.

UN GRANDE DON BOSCO AL “CAGLIERO” DI IVREA

Domenica 26 gennaio è stata festa grande ad Ivrea per commemorare Don Bosco, “padre e maestro dei giovani”, fondatore dei Salesiani che sono presenti in città da più di 125 anni, impegnati al “Card. Cagliero” in azione didattico-educativa per i ragazzi e le ragazze del Canavese.

In questa giornata avremmo voluto festeggiare anche i 103 anni del nostro Don Nicola Faletti, proprio nel giorno del suo compleanno. Il “don Bosco del Canavese”, così era da tutti conosciuto questo instancabile salesiano, ha invece deciso di fare festa nel cielo dei Santi appena qualche giorno prima del fatidico appuntamento.

Si è dunque iniziato con la S. Messa celebrata in Duomo da Mons. Edoardo Cerrato, con la presenza davvero numerosa di allievi, genitori, ex-allievi ed amici del Santo.

Una celebrazione sentita e partecipata, animata dal coro degli allievi e insegnanti della scuola, punteggiata dalle parole di Mons. Edoardo che ha ricordato come l’intuizione di Don Bosco di scommettere sulle potenzialità, a volte nascoste, dei giovani abbia conquistato il mondo intero, a dispetto di tendenze refrattarie alla novità liberatrice del messaggio evangelico.

Al termine della celebrazione, il direttore del “Cagliero” ha ricordato come proprio in un freddo 26 gennaio, ma del lontano 1854, quattro ragazzi di 17 anni si erano riuniti con Don Bosco e avevano deciso di spendere la loro vita per “fare esercizio pratico di carità verso il prossimo”. In quella gelida sera torinese nacquero i Salesiani, una Congregazione per i giovani fondata da giovanissimi.

Sulla scia di questo impegno nella Chiesa e nel sociale prese vita anche l’Associazione dei Salesiani Cooperatori, amici dell’opera di San Giovanni Bosco, impegnati anch’essi nel diffondere il carisma salesiano.

Proprio per continuare questo prezioso lavoro, i Salesiani Cooperatori di Ivrea di oggi hanno concluso la celebrazione in Duomo rinnovando la loro promessa di fedeltà al sogno realizzabile di Don Bosco santo.

La festa si è poi trasferita sulla splendida collina dell’Istituto dove gli alunni e i loro genitori si sono ritrovati nelle classi per condividere un fantasmagorico pranzo della festa.

Gran finale con il botto: lo spettacolo “Don Bosco’s God Talent”. Sul palco del teatro troppo piccolo per l’occasione si sono avvicendati gli allievi di tutte le classi delle elementari e delle medie per fare emozionare genitori, zie e nonni con canti, balli e “sketch” nella più genuina tradizione salesiana. Che, in buona sostanza, ci vuole ricordare che sul palco della vita ognuno di noi può avere una sua parte importante, anche se apparentemente piccola e marginale.

L’ultimo saluto a don Nicola Faletti, il “Don Bosco del Canavese”

Un grande e caloroso saluto al “Don Bosco del Canavese”  hanno potuto porgere questa mattina alle ore 10.00 le tante persone che si sono riunite al funerale del compianto don Nicola Faletti, mancato lo scorso 3 gennaio all’età di 102 anni.

Alla celebrazione delle esequie, svoltasi presso l’Istituto Salesiano “G. Morgando” di Cuorgné, ha presenziato il Vescovo emerito di Ivrea, Mons. Luigi Bettazzi, il quale ha introdotto la celebrazione ringraziando la presenza di Mons. Roberto Farinella, Vescovo di Biella e di don Enrico Stasi, Ispettore del Piemonte e Valle d’Aosta.

Numerosi anche i parroci della Diocesi e i confratelli salesiani che hanno voluto prendere parte alla funzione, tra cui don Enrico Bergadano, Direttore dell’Istituto Salesiano Cardinal Cagliero di Ivrea, dove don Faletti risiedeva:

Gli ultimi 13 anni trascorsi da Don Faletti ai Salesiani del “Cagliero” di Ivrea sono storia recente; gli ultimi metri per questo maratoneta di Dio, il “Don Bosco del Canavese”, in tante occasioni il più giovanile dei salesiani della comunità, per tutti noi un grande esempio.

Qualche preoccupazione, è normale, per la tua salute.
Nel 2009 ci preoccupa una brutta polmonite.
Ci preoccupa soprattutto il fatto che tu, don Nicola, beva acqua; ma è acqua di Lourdes nella tipica bottiglietta di plastica offerta da amici di Laigueglia, tramite l’onnipresente buon Piero, che organizza anche l’incontro storico con Papa Francesco nel 2014.
Qualche preoccupazione, è naturale. Ma Simona, Marilena, Michele, gli amici di Villa e i confratelli della casa ti sono costantemente accanto, non tanto per aiutarti a stare in piedi, ma per cercare di tenerti seduto.
Qualche preoccupazione è chiaro. E don Cavicchiolo che si sforza invano di convincerti che il Barbera e la Bonarda sono vini buoni e se proprio non li gradisci più, certamente berrai vini migliori in paradiso.
Emozione, certo, e sgomento perché te ne sei andato.
Ma così va la vita.
“Non mangio più perché ho lo stomaco piccolo”. Era la tua scusa delle ultime settimane.
“Tu, Nicola, non mangi tanto perché hai lo stomaco piccolo” era la frase della tua mamma quando eri bambino.

Il 3 gennaio 2020, al mattino presto, prima dell’alba, ti sei svegliato in Dio, incontrando i tuoi amici di sempre.

Se oggi siamo così commossi ma nello stesso tempo sereni, è perché tu ci hai voluto tanto bene e noi ti vogliamo tanto bene.

Tutto è grazia.

Oggi, è vero, c’è in giro qualche lacrima.

Ma tutto il resto è gioia.

Don Enrico Bergadano

Tra i numerosi interventi per dare un ultimo saluto a don Nicola:

Ho avuto la fortuna e soprattutto il privilegio di passare tanti momenti indimenticabili accanto a don Faletti e vorrei ricordarlo così: “eternamente giovane“!

“Fintanto che il padrone mi lascia, io non ho fretta” – diceva don Faletti -. Quante volte in questi ultimi anni, a conferma del suo grande amore per la vita e della sua volontà di continuare a rendersi utile a far del bene mi ha detto questa frase, e sicuramente quante volte l’avrà pronunciata ad ognuno di voi a conferma del suo “spirito giovane”, a dispetto della sua veneranda età.

Piero Cravero

Messaggi di cordoglio sono giunti alla comunità salesiana dal missionario in Cina don Carlo Socol, dal coadiutore Antonio Pun Ming e dai suoi confratelli cinesi che hanno conosciuto don Faletti custode dei luoghi natali dei santi mons. Luigi Versiglia e don Callisto Caravario, da mons. Debernardi vescovo emerito in Burkina Faso. Anche il consigliere generale per le missioni don Guillermo Basañez ha voluto farsi presente con la sua preghiera ed il ricordo riconoscente. Il card. Tarcisio Bertone – in una lunga lettera –  ha ricordato il suo antico insegnante  ed il modello di sacerdote conosciuto in gioventù.

Alla fine della cerimonia, l’assemblea commossa ha intonato la celebre canzone di Nilla Pizzi “Vola Colomba” che tanto piaceva allo stesso don Faletti, a testimonianza di quel “ministero della gioia” per cui voleva sempre che le persone che incontrava, facessero esperienza di accoglienza, simpatia e allegria.

Di seguito, si riporta l’articolo dedicato a don Nicola Faletti pubblicato dalla Sentinella del Canavese il 6 gennaio 2020, a cura di Chiara Cortese.

Addio, Don Faletti umile e speciale Era il Don Bosco del Canavese

Aveva 102 anni. Funerali nella sua Cuorgnè, mercoledì 8.
Rosario anche a Ivrea. Quell’incontro con Papa Francesco

Addio al Don Bosco del Canavese. Saranno recitati questa sera, lunedì 6 gennaio, alle 20,30 all’Istituto Salesiano Cagliero di Ivrea, e domani martedì 7 gennaio, sempre alle 20.30 all’istituto  Salesiano Giusto Morgando di Cuorgnè, rosari in suffragio di Don Nicola Faletti, spentosi serenamente nella notte tra giovedì  e venerdì all’età di 102 anni nella medesima casa eporediese del Santo della gioventù della quale era ospite da alcuni anni. I funerali, invece, saranno celebrati martedì 8, alle ore 10, sempre al Morgando di Cuorgnè.

UNA VITA TRAI  SALESIANI
Nato a San Raffaele Cimena  il 26 gennaio 1917, don Nicola era stato ordinato sacerdote il 2 luglio 1944, custode della memoria e dei luoghi di San Callisto Caravario, giovane religioso originario di Cuorgnè trucidato sulla punta dell’Aratro, in Cina, con il suo vescovo, monsignor Luigi Versiglia, nel febbraio del 1930, Don Faletti  ti ha accolto numerosi gruppi di giovani è fedeli giunti nella città delle due torri dall’Estremo Oriente per visitare e conoscere il paese natale di San Caravario. per oltre settant’anni, è stato un insostituibile punto di riferimento degli istituti salesiani di San Benigno e Cuorgnè ricoprendo diversi ruoli: insegnante, animatore, organizzatore di attività artistiche e culturali nonché   promotore di numerosi viaggi e pellegrinaggi. Maestro, Guida, fratello ed amico alla sequela di San Giovanni Bosco per ormai diverse generazioni di canavese, Don Nicola  Faletti per oltre trent’anni è stato parroco di Villa Castelnuovo ed ha anche ricoperto I’incarico di cappellano della casa salesiana Vaschetti di Castelnuovo Nigra. Dal 2007 era cittadino onorario del piccolo centro dell’altra Valle Sacra analogo riconoscimento gli era stato conferito nel giugno del 2014 dalla Città di Cuorgnè.

IL BACIO DEL PONTEFICE
Memorabile l’incontro del sacerdote Salesiano con Papa Francesco nell’ottobre 2014, nel quale il Pontefice si chinò a baciare le mani all’anziano religioso, a rendere omaggio ad un piccolo, grande prete di campagna che è entrato nel cuore dei canavese. Don Nicola, in quell’occasione che è già consegnata alla storia, era apparso quasi a disagio, nel la sua umiltà, per il gesto spontaneo del Santo Padre. Un’immagine che aveva immediatamente rimandato a Francesco, il poverello di Assisi, al cospetto di Innocenzo III.

PICCOLO, GRANDE UOMO
Un grande, piccolo uomo che con umiltà e nel silenzio ha sempre lavorato per le nostre comunità spendendosi per i giovani e per chi ne aveva più bisogno nel vero spirito di Don Bosco – lo ricorda il sindaco di Cuorgnè, Beppe Pezzetto – Ciao Don Nicola, continua a seguirci da lassù. Don Faletti, cosi minuto e cosi forte, al tempo stesso, capace di un sorriso che illuminava chiunque lo incontrasse, ha saputo incarnare nel migliore del Santo della gioventù in Alto Canavese. Un personaggio straordinario, oltre che un prezioso uomo di Dio, che ha saputo meritarsi l’affetto e la stima di credenti e non. Numerosi i credenti e non. Numerosi i messaggi di cordoglio espressi da chi ha avuto la fortuna di conoscere ed apprezzare le doti umane e sacerdotali di Don Nicola Faletti, autentico testimone del Vangelo, che nell’era di internet e dei social sono state affidate anche alla rete, uniti a toccanti ricordi personali da custodire nei cuori.

Chiara Cortese