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Mattarella visita il Centro “Don Bosco” di Ashaiman: “Qui si respira anzitutto lo spirito salesiano”

Dall’agenzia ANS.

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(ANS – Ashaiman) – “Avevamo a cuore di passare da qui, per visitare questo centro, per vedere quel che c’era stato illustrato, l’attività che concretamente qui si svolge e, soprattutto, per il modello che presenta, per la formula, che costituisce un modello anche per altre realtà che possono seguire questa formula”: così si è espresso il Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella, sabato 6 aprile 2024, nel corso della sua visita Centro di Formazione Professionale salesiano “Don Bosco” ad Ashaiman, non lontano dalla Capitale, Accra, in una delle ultime tappe della sua Visita di Stato in Africa Occidentale.

Accompagnato dalla figlia Laura e dal viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli, il Capo dello Stato Italiano ha osservato i laboratori e gli spazi di formazione del centro salesiano, sede di un’importante sperimentazione di cooperazione internazionale, sviluppata in collaborazione tra la “Confindustria – Alto Adriatico”, l’agenzia per il lavoro “Umana – SpA”, la Regione Friuli-Venezia Giulia, l’ONG salesiana “Volontariato Internazionale per lo Sviluppo” (VIS), sindacati ed altri partner.

“Sono lietissimo di essere qui” ha esordito dopo i saluti e i ringraziamenti ufficiali, il Presidente Mattarella. “Ho visitato alcuni reparti potendo vedere concretamente l’attività che si svolge e la grande perizia che hanno questi ragazzi grazie alla formazione” ha aggiunto Mattarella.

Forte della sua conoscenza diretta del mondo salesiano, passata anche attraverso i molteplici contatti con le realtà salesiane intrattenuti nei suoi oltre nove anni di Presidenza, il Capo dello Stato ha percepito immediatamente il calore e il clima tipici delle case di Don Bosco. “Ho visto, come mi aspettavo, che qui si respira anzitutto lo spirito salesiano. È ben espresso da questa immagine qui: Don Bosco seguito da una moltitudine di giovani. E qui, come in tanti altri luoghi, in ogni continente, vi è questo rapporto strettissimo, costante, intenso, volto alla formazione dei giovani che, dall’insegnamento di Don Bosco, viene recepito”.

Mattarella ha parlato ai ragazzi da vero conoscitore e ammiratore di Don Bosco, presentando lui stesso il Santo piemontese ai giovani presenti: “Vedete ragazzi, Don Bosco ha iniziato così in Italia: c’erano moltitudini di ragazzi, alle volte senza neppure famiglia, senza preparazione, senza possibilità di futuro, senza opportunità di lavoro. Il suo impegno è stato allora in Italia questo, e ha avuto grande successo”.

Successivamente, ha rimarcato il valore del progetto di cooperazione internazionale che coinvolge il centro: un percorso di educazione e formazione tecnica rivolto ai giovani allievi ghanesi per migliorare la loro formazione professionale in Italia, creando opportunità di interscambio lavorativo e rafforzando i rapporti esistenti tra i due Paesi. Nello specifico, grazie a questo progetto 250 giovani ghanesi dei percorsi tecnico-professionali verranno selezionati dall’Ufficio di Servizi per il Lavoro del centro (il “Don Bosco Job Service Office”) in collaborazione con “Umana Spa” e dopo avere frequentato un corso di lingua curato dal VIS, saranno successivamente inseriti nel tessuto lavorativo delle aziende del Friuli-Venezia Giulia, in ambiti quali la cantieristica, l’edilizia e le infrastrutture, la logistica e la movimentazione delle merci, ma anche l’alberghiero e il terziario.

Ecco perché parlando di quest’iniziativa Mattarella ha parlato di una “formula di straordinaria efficacia per la formazione qui di giovani che aspirano al lavoro e l’addestramento, poi, nelle industrie del nostro Nord Est” rimarcando che “i giovani possono decidere se continuare a lavorare in quelle aziende in Italia o investire qui con la preparazione conseguita”.

“È una formula felice – ha sottolineato ancora il Capo dello Stato italiano – ed è importante che il nuovo Presidente della Confindustria italiana, Orsini, abbia assunto nel suo programma nazionale questa formula, perché venga ripetuta nelle altre organizzazioni del nostro Paese, in Italia”.

Già a partire dal mese di maggio i primi 30 ragazzi inizieranno i corsi di lingua italiana e di educazione civica organizzati dal VIS in collaborazione con l’Università per gli Stranieri di Siena. I corsi, dalla durata di due mesi e mezzo, consentiranno agli studenti di sostenere l’esame di certificazione linguistica in Lingua Italiana di livello A1 e di sviluppare la conoscenza e la comprensione delle strutture sociali, economiche, giuridiche e civili della società italiana – un’attività che mira ad agevolare un’integrazione graduale e positiva nel contesto sociale e culturale italiano.

Prima di congedarsi dal personale e dagli allievi del centro salesiano, Mattarella ha rimarcato ancora la bontà di questo progetto e il suo significato più importante, con un messaggio e una visione tipicamente salesiani: “Qui, come in altre iniziative, si respira lo spirito di questa collaborazione fra Ghana e Italia: quella di avere la consapevolezza che il nostro futuro è comune e che viene affidato ai giovani, e abbiamo quindi la responsabilità della loro formazione per il loro futuro”.

“Sto per ripartire per l’Italia, lasciando a malincuore questo magnifico Paese – ha concluso, infine –. Sono lieto di trascorre queste ultime ore qui in Ghana, in questa realtà, con i giovani ghanesi, con la collaborazione che per loro intendiamo svolgere e che concretamente qui viene svolta”.

Mattarella in missione in Africa: visita al don Bosco di Ashaiman – La Verità

Si riporta di seguito la notizia apparsa su La Verità.

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Storica visita del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in Africa occidentale. Accompagnato dalla figlia Laura e dal viceministro degli Esteri, Edmondo Cirielli , Mattarella è arrivato ieri sera in Costa d’Avorio, per la prima visita ufficiale di un capo di Stato italiano.

Da domani, giovedì, a sabato, Mattarella sarà in Ghana. Ieri sera Mattarella è stato accolto all’aeroporto di Abidjan dal vice presidente della Repubblica della Costa d ‘Avorio, Tiemoko Meyliet Koné, e dal ministro degli Esteri, dell ‘integrazione africana e degli ivoriani all’estero, Kacou Houadja Léon Adom, alla presenza dell’ambasciatore Arturo Luzzi.

Fittissimo il programma della missione, che sarà certamente importante anche nell’ottica del Piano Mattei, pilastro della politica estera del governo guidato da Giorgia Meloni. Questa mattina al palazzo presidenziale Mattarella incontra il presidente della Repubblica della Costa d’Avorio, Alassane Ouattara. Dopo le dichiarazioni alla stampa dei due presidenti, è prevista la cerimonia di consegna delle chiavi del distretto di Abidjan, un riconoscimento di estrema importanza che fino a ora era stato assegnato solo a presidenti francesi come Emmanuel
Macron e François Hollande.

Un particolare da non sottovalutare assolutamente: nel 2025 in Costa d’Avorio sono in programma le elezioni presidenziali, il cui esito potrebbe cambiare l’orientamento filo francese del Paese: una finestra di opportunità che l’Italia potrebbe sfruttare al meglio.

Mattarella poi parteciperà al pranzo ufficiale offerto dal presidente della Costa d’Avorio. Domani, giovedì, tappa al giacimento di Baleine, scoperto dall’Eni in acque profonde nel 2021 e dove, come ricorda l’agenzia Nova, la produzione è stata avviata lo scorso 27 agosto.

Per il giacimento di Baleine è stato stimato un investimento da 10 miliardi di dollari, un progetto che avrà un impatto duraturo sull’economia ivoriana e nelle intenzioni di Eni non verrà sfruttato solo per l’esportazione. Mattarella visiterà la stazione a terra del giacimento, dove verranno anche illustrate le attività del gruppo sulla cooperazione italiana in ambito energetico e le attività sociali nel Paese.

È legata a Eni anche la visita del complesso scolastico di Vridi, una scuola che la compagnia italiana ha ristrutturato nel contesto di un piano nazionale governativo di ristrutturazione e consolidamento di tutte le istituzioni scolastiche. Piano che per le sue peculiarità, e per la centralità della Costa d’Avorio nel Piano Mattei, verrà replicato anche in altre zone del Paese, con l’obiettivo, sottolinea Palazzo Chigi, di piantare dei semi per la crescita del capitale umano che favorirà lo sviluppo del benessere del Paese.

Nel pomeriggio, prima della partenza per il Ghana, Mattarella visiterà alle 16 la casa della comunità di Sant’Egidio ad Abidjan, dove incontrerà un gruppo di bambini delle scuole della pace, gli ex ragazzi di strada ora accolti dalla comunità, alcuni anziani e il movimento giovanile di Sant’Egidio.

Da domani pomeriggio Mattarella e la delegazione italiana saranno in Ghana, dove il capo dello Stato incontrerà una delegazione della comunità italiana. Nella mattinata di venerdì 5 aprile, invece, Mattarella sarà ricevuto alla Jubilee house, per un colloquio con il presidente della Repubblica del Ghana, Nana Akufo-Addo.

Il programma prevede poi la visita al Memoriale di Kwame Nkrumah, dove la delegazione sarà accolta dal sindaco di Accra, dal direttore del Memoriale, Edward Quao, e dalla figlia dell’ex presidente ghanese, Samia Nkrumah.

Nel pomeriggio Mattarella è atteso al Castello di Christiansborg e in serata parteciperà al pranzo di Stato organizzato alla Jubilee house.

Sabato 6 aprile, nella prima parte della mattinata, il capo dello Stato sarà al Centro di Formazione Professionale don Bosco di Ashaiman, in Ghana, gestito dai padri salesiani e creato grazie al contributo di Confindustria Alto Adriatico.

Qui Mattarella parteciperà alla inaugurazione dell’academy che Confindustria Alto Adriatico ha realizzato, con l’obiettivo di formare manodopera locale con profili professionali sovrapponibili a quelli ricercati dal tessuto produttivo del Friuli Venezia Giulia.

L’obiettivo è quello di fornire a 250 giovani una formazione di qualità nell’ambito del Ghana project messo a punto da Confindustria Alto Adriatico.

Principale partner dell’operazione è Umana, agenzia per il lavoro, ma sono stati coinvolti anche la Regione e i sindacati.

A seguire, Mattarella si trasferirà presso il porto di Tema, dove è ormeggiato il pattugliatore d’altura della Marina militare italiana Bettica, impegnato in operazioni di monitoraggio nel Golfo di Guinea, nell’ambito di un programma di lotta alla pirateria e ad altre forme di criminalità in mare. Il presidente della Repubblica incontrerà comandante e membri dell’equipaggio. Al termine, è previsto il rientro in Italia.

Salesiani Cuneo: Anno nuovo, confratello nuovo!

Un nuovo confratello per la Comunità Salesiana di Cuneo: Elvis, giovane salesiano originario del Ghana che dal 7 gennaio 2020 è entrato a far parte dei “Sale Cuneo”. Di seguito l’intervista riportata sul sito dell’opera.

A partire dal 7 gennaio la nostra comunità salesiana si è arricchita di un confratello! Elvis è con noi a Cuneo per svolgere la tappa formativa del tirocinio (periodo di vita attiva in mezzo ai giovani che si vive tra gli anni di studio della filosofia e quelli della teologia) e per imparare l’italiano. Ecco una sua presentazione.

Presentati brevemente:

Mi chiamo Elvis Yuomfaa e ho 32 anni, vengo dal nord del Ghana, precisamente da Nandom.

Raccontaci della tua famiglia?

Io sono il primogenito e ho 3 sorelle e tre fratelli. Alcuni di loro hanno già completato le scuole superiori o l’università e lavorano o sono sposati, mentre qualcuno studia ancora. I miei genitori sono semplici contadini. La mia famiglia è molto bella e sono molto fortunato perché siamo molto uniti. Quando torno a casa loro sono sempre contenti di incontrarmi.

Cosa facevi prima di arrivare in Italia?

Mi trovavo ad Akure, una città della Nigeria. Sono stato due anni lì e ho aiutato nelle attività di Pastorale Giovanile e del prenoviziato, il momento di verifica e accompagnamento dei ragazzi che intendono iniziare il cammino di consacrazione
salesiana. Dopo questi due anni l’ispettore mi ha chiesto di venire in Italia per studiare la lingua per poi continuare gli studi di Teologia.

Sei felice di essere qui in Italia?

Si, per me è una grande occasione perché qui è nata la congregazione salesiana. Sono contento di aver visto i luoghi in cui Don Bosco ha operato, è stato molto emozionante.

Cosa ti affascina dello spirito di Don Bosco?

Il suo amore per i giovani. Questa è la motivazione che mi porta a seguirlo, anche io amo lavorare con i giovani, specialmente i più bisognosi.

Da piccolo cosa sognavi di fare?

Da piccolo sognavo di diventare prete, quindi per me non è una cosa strana seguire don Bosco.

E Cuneo, ti piace?

Sì, mi sembra una bella città e sono stato molto colpito dall’accoglienza dei ragazzi in cortile, mi hanno aiutato ad imparare, sono molto aperti.

Quali sono le differenze tra le case salesiane d’Italia e quelle dell’Africa?

Lo spirito di Don Bosco è uguale, abbiamo lo stesso padre e seguiamo tutti lo stesso spirito di Don Bosco. La differenza sta nell’applicazione dello stile di Don Bosco. La mia esperienza è che i giovani africani sono molto religiosi, in chiesa c’è sempre
qualche giovane. Inoltre, in Ghana è diverso il tenore di vita, ci sono molti ragazzi che non hanno niente. Mi sembra che tra Ghana e Italia ci sia anche una differenza culturale che sto imparando a conoscere gradualmente.

Cosa vuoi dire ai giovani che stanno leggendo quest’intervista?

L’età giovanile è il momento ideale per le nuove esperienze. Vi consiglio di saper cogliere le opportunità che la vita vi offrirà senza mancare di iniziativa e senza lasciarvi vincere dalla pigrizia. La giovinezza è un momento della vita splendido ma che non è per sempre, deve maturare nell’età adulta, e questo posso farlo solo se sarò stato in grado di vivere esperienze positive, e indietro, non si torna mai.

Ma cosa ci fate un mese in missione?

Questo il quesito che un’occhio esterno potrebbe porre ai numerosi ragazzi che hanno scelto di spendere parte della loro estate non in località mondane, bensì in terre profondamente segnate dalle carestie, dai conflitti e dalle difficoltà.
Una scelta molto consapevole perchè trattasi di un percorso lungo due anni, con il “Corso Partenti” dell’Animazione Salesiana Missionaria, che culmina proprio con il periodo di missione.

Il delegato di Animazione Missionaria, Don Enrico Lupano, ha chiesto loro di testimoniare mediante foto e video la loro esperienza per condividerla con il mondo. Ed ecco come questi ragazzi rispondono alla domanda: “Ma cosa ci fate un mese in missione?”

 

GHANA

«Ma cosa siete andati a fare per un mese in Ghana?»

È quello che mi ha chiesto l’hostess appena atterrati a Milano, un po’ stanca per il faticoso viaggio fatto di ritardi, cambi di posti e vani tentativi di far spegnere il telefono a passeggeri che facevano finta di non capire. Già, cosa siamo andati a fare? Difficile da riassumere in poche righe, ci provo lo stesso.
Siamo andati a vedere un mondo diverso dal nostro. Un mondo fatto di paesaggi, di natura, di città, di villaggi che finché non vedi non riesci ad immaginare. Un mondo vissuto tutto sulla strada: rossa, polverosa e piena di buche; abitata da bambini che corrono e giocano con poco e niente, da caprette e galline che attraversano senza chiedere il permesso; da donne e uomini di ogni età che entrano fin dentro la macchina per vendere un sacchetto d’acqua fresca o noccioline tostate.
Siamo andati ad imparare il senso dell’accoglienza e della condivisione.Akwaaba”, che in lingua locale significa “benvenuti”, è la parola che ci ha accompagnati fin dal nostro arrivo dai Salesiani ad Accra e poi a Sunyani: accolti in famiglia da persone che fino a quel momento non sapevamo di conoscere e che adesso sentiamo parte di noi; accolti dai ragazzi dell’Holiday Camp che ci correvano incontro appena ci vedevano, ci abbracciavano stretto durante i balletti in salone o ci dicevano “do it for me” durante i laboratori; accolti dalla gente dei villaggi che nemmeno sapremmo riconoscere se incontrassimo di nuovo. E poi abbiamo sperimentato con mano fino a che punto può arrivare la condivisione: non si riescono a contare le volte in cui qualche bambino ci è venuto incontro offrendoci un biscotto, un po’ di riso o una nocciolina (magari già anche mangiucchiata), sapendo che quello era per lui buona parte del pasto della giornata.
Siamo andati a guardare il nostro mondo con gli occhi di un altro mondo. Lo ammetto, sono rimasto senza parole quanto un animatore della Boys Home mi ha chiesto come mai per un giovane europeo fosse possibile fare un mese o un anno di volontariato in Ghana o all’estero, mentre non fosse così per un giovane ghanese. Sì, in qualche modo me la sono cavata e qualcosa gli ho detto… ma so che la vera risposta tanto non c’è. E resta vero quanto ci diceva quella sera “Big Giò”, frate francescano e missionario da più di quarant’anni in Ghana: “Vi siete mai chiesti perché voi siete nati in Italia e loro qui?”
Siamo andati a leggere la storia dalla parte di chi non ha fatto storia. Ancora mi vengono i brividi pensando alla visita al Forte di Elmina a Cape Coast. Eravamo partiti con l’idea di fare un giorno di relax dopo un mese di attività coi ragazzi; siamo venuti via con impressa negli occhi e nel cuore l’immagine dell’oceano visto dalla stretta feritoia della “Porta del non ritorno”, dalla quale per più di tre secoli decine di milioni di schiavi sono passati per salire sulle barche che li portavano in America.
Un mese in missione non ti cambia la vita, ma cambia il modo in cui guardi la tua vita: è ciò che siamo andati a fare, o meglio a vivere in questo mese in Ghana, “corso di esercizi spirituali predicato dai poveri”. E allora capisco perché continua a risuonare nel cuore il ritornello del canto che abbiamo lasciato come saluto alle comunità che ci hanno accolto.

Mani, prendi queste nostre mani,
fanne vita, fanne amore, braccia aperte per ricevere chi è solo.
Cuori, prendi questi nostri cuori
fa’ che siano testimoni che tu chiami ogni uomo a far festa con Dio.

Don Alessandro, Anna, Marco, Martina, Stefania, Rachele, Marco.

ROMANIA Cirescioaia

“Mulțumesc Ciresoaia!”

Due settimane in un piccolo paese che neppure si nota, sfrecciando sulla statale tra auto di grossa cilindrata e carretti con i cavalli: eppure, in questa “città della pietra tagliata”, il contatto vivo con ragazzi, giovani e famiglie, che abitano una terra di contraddizioni e corruzioni del periodo post-comunista, ha segnato profondamente le nostre vite. È bastato partire con la voglia di cambiare sé stessi e lasciare quotidianamente la prima e l’ultima parola a Lui! Proviamo a dirlo con qualche breve “estratto” del nostro diario:
“Mulțumesc! Grazie, la prima parola imparata, che ci ha accompagnati in ogni passo del nostro cammino. Tanti grazie ricevuti, ma tanti detti, ed altrettanti vorremmo dirne ritornando con la memoria a quei giorni.
Grazie perché in una terra che sembra dimenticata da tutti, dove c’è povertà, sporcizia, dove anche l’acqua non sa di acqua, impari che la ricchezza è fatta di altre cose, impari a lasciar cadere le corazze e a farti disarmare dall’amore; impari a guardare con occhi diversi la vita, a mettere Dio al centro di tutto, ad avere il cuore gonfio di amore ma libero e leggero. Impari che essere cristiani significa portare qualcosa che gli uomini cercano in molti modi, eppure non possono darsi da soli. Impari che essere cristiani missionari significa portare una novità ed una verità, il cui segno sono rapporti più umani, segnati da una delicatezza, da una fedeltà, da un’attenzione ed un rispetto che rimangono altrimenti estranei anche agli affetti più naturali”
“La missione è accettare l’Amore che salva: è imparare a riconoscerlo, a viverlo lasciandosi amare e poi, restituirlo gratuitamente, senza nulla in cambio. E’ un Amore che ti parla una lingua straniera, che si legge negli occhi grandi dei bambini: si fa capire con la delicatezza di una mano stretta sul tuo braccio, con l’energia di un sorriso che ti spiazza, anzi, ti spezza. In missione sei in ascolto della più bella e disarmante catechesi che potresti mai vivere: quella tenuta dalla povertà, che ti costringe a scavare nelle tue periferie, nei tuoi vuoti d’amore. Ti scava, fa spazio, spezza il terreno duro, la pietra dei muri che hai innalzato a “difesa” del tuo cuore”
“… siamo arrivati in un posto con delle persone e questo mi ha fatto sentire vivo. Persone che apprezzano i “diversi” che arrivano, che possono arrabbiarsi se parliamo un’altra lingua ma che subito, standoci insieme, cambiano opinione e si divertono con noi. Siamo stati in una cittadina piccola, isolata, ma piena di cose che ci hanno stupito e, in questo posto, ripeto isolato e dimenticato dagli uomini, non è dimenticato da Dio perché ci sono le suore, due preti e qualche animatore in gamba che si butta. E l’arrivo di noi missionari per loro è una manna dal cielo; mentre per noi andare lì è stato proprio un dono da custodire giorno per giorno!
“Gli abitanti di Ciresoaia ci hanno lasciato fin da subito senza fiato, e più la missione andava avanti, più ci capitava di rimanere così, senza parole. Disarmati, come tante volte ci siamo detti durante le nostre condivisioni serali. Eravamo desiderati, e lo capivamo dagli sguardi e dai sorrisi dei bambini, delle suore, dei don, e di tutte le altre persone che abbiamo incontrato e che ci hanno fatto sentire accolti e a casa. E per quanto avessimo voglia di fare ed entusiasmo e ci impegnassimo tutti i giorni a dare il massimo per i bambini e le persone che incontravamo, eravamo consapevoli di ricevere infinitamente di più di quanto davamo!
Quando una persona si innamora, lo fa non solo con il cuore e con la testa, ma anche con tutto il corpo e con tutta l’anima. Mi sono innamorata dei luoghi che abbiamo visto e che abbiamo vissuto, degli occhi e dello sguardo dei bambini, così penetrante, sognante e potente da non aver bisogno di nient’altro per toccare il cielo; Mi sono innamorata dei suoni che caratterizzavano Cireşoaia… Mi sono innamorata dei sapori dei pasti che le Suore cucinavano per noi perché ciò che li rendeva speciali era l’amore e la cura con cui li preparavano. Mi sono innamorata degli odori, da quelli più dolci dei fiori nel giardino della casa, a quelli più “sgradevoli” di alcuni bambini perché di quello poco ti importava. Mi sono innamorata del tocco delle loro manine sul mio corpo… Quelle mani che mi tenevano stretta e mi sorreggevano, le stesse mani che non mi lasciavano andare.
Nonostante più piccoli, erano più forti e grandi di un gigante e mi davano la forza per stare in piedi perché quelle mani, le Sue mani, mi hanno insegnato a camminare. Lui che mi teneva in braccio anche quando io non riuscivo a muovermi e mi teneva la mano anche quando la strada non era quella scelta da Lui, ma da me”

Don Fabio, Carlo, Paola, Daniela, Francesca, Elena

ROMANIA Bacau – Horgesti

“Oltre le nostre logiche, l’Amore di Dio”

Palazzi grigi, tutti uguali. Grigio cemento, quel colore che annulla tutto il tuo entusiasmo. Palazzi che portano il peso di una storia, di un passato difficile da dimenticare. E a fianco grandi centri commerciali, scintillanti, colorati, ingannevoli. Qua e là le cupole delle chiese ortodosse..
Prati e alberi. Carretti tirati da cavalli in mezzo al verde su strade dissestate. Odore di campagna e palizzate di legno. Qua e là pozzi per il bene primario che non arriva in tutte le case: l’acqua. E tutto il paese gira intorno alla grande chiesa parrocchiale.
Sembrano due universi diversi e infatti lo sono. Il primo si chiama Bacau, città della Moldavia (da non confondere con la Repubblica di Moldova..), città che mostra tutta la sua storia sotto il regime comunista e che sta provando a vestirsi all’occidentale, facendo l’occhiolino all’Europa.
Il secondo é Horgesti, villaggio rurale a 35km da Bacau, che d’estate vede raddoppiare i suoi abitanti con i rientri dei tanti che sono partiti per il mondo alla ricerca di fortuna.
Ci siamo dovuti dividere tra questi due universi per due settimane, scoprendo e vivendo le loro gioie e i loro segni di speranza, così come le loro sofferenze e le loro croci.
A Bacau abbiamo conosciuto il volto dell’apparenza. Sembra di passeggiare per una delle nostre città. Il costo della vita é anche più basso, non di molto ma lo è. Poi scopri che lo stipendio medio é di ⅓ rispetto a i nostri. Scopri che la regola é la corruzione e non la giustizia. Scopri che i giovani non sono una priorità per nessuno e che i bambini non hanno nessuno che pensi a loro. Per non parlare di chi vive sofferenze più grandi come orfani o portatori di Handicap. Ma abbiamo visto anche il volto bello della Chiesa, della carità. Don Bosco a Bacau é più vivo che mai! I giovani di tutta la città sanno che c’è un luogo amico, una casa pronta ad accoglierli. È stato difficile per noi incontrare in missione una realtà così bella e viva. É stato l’insegnamento più grande: missione non è insegnare, non è fare: é stare, é condividere, é rinunciare al mio tempo e al mio spazio per far entrare qualcun altro nel mio tempo e nel mio spazio. Ascoltare, giocare, ridere e scherzare. Entrare in relazione con i bambini ma soprattutto con i giovani, per farli sentire importanti, per dare loro la stessa dignità che abbiamo noi: quella di essere figli di Dio.
E questo è stato il punto di partenza dell’esperienza fatta ad Horgesti. Se a Bacau la povertà é mascherata da tanta apparenza, a Horgesti la tipica genuinità della campagna non nasconde nulla. Bambini con gli stessi abiti tutti i giorni. Maschietti con le scarpe rosa, eredità di una sorella più grande o dono di qualche famiglia amica. La coda per bere tutti dal pozzo del paese, tutti dallo stesso secchio. Se mancavano tante “cose”, di sicuro non mancavano accoglienza ed entusiasmo. Ed è qui che abbiamo riconosciuto la nostra fortuna, la nostra responsabilità nel non sotterrare i talenti che il Signore ci ha affidato.
Il tutto accompagnati dalla Parola di Dio di quei giorni. Il popolo di Israele che decide di costruirsi un dio tutto suo, che risponda alle sue logiche e ai suoi tempi. Un Dio che perdona e dona l’ennesima possibilità. Abbiamo scoperto che la logica dell’amore di Dio è più ampia delle nostre povertà. Che condividere tempo non è sprecarlo. Che dare dignità è più importante che costruire muri. Che la povertà è la nostra possibilità di mettere al servizio dell’altro i talenti che il Signore ci ha donato.

Agostino, Mary, Federica, Giulia, Francesca, Sara, Elena.

CATANIA

“ … E abbiamo trovato noi”

È già trascorso più di un mese da quel martedì 1 agosto, in cui siamo partiti alla volta di Catania. Da subito abbiamo formato un bel gruppo, molto eterogeneo ma unito! Eravamo 4 ragazze e 3 ragazzi, universitari e giovani lavoratori, accompagnati da due giovani famiglie, entrambe con un bimbo al seguito. Ed è stata proprio “famiglia” la nostra parola d’ordine! Sia nella preparazione, sia nell’esperienza stessa alla Playa.
Siamo partiti a inizio agosto, tutti con un’idea diversa su cosa avremmo fatto una volta là, e su come dovesse essere e funzionare un centro di prima accoglienza per migranti minori… Un’idea comune però c’era, l’andare lì per accogliere questi ragazzi e per insegnar loro qualcosa. Ebbene, non è stato proprio così… anzi! Sono stati i ragazzi ad accogliere noi e ad insegnarci tantissime cose!
La Colonia Don Bosco di Catania è un incredibile crocevia di incontri, il cui punto di forza sta nelle diversità. Il mare fa da collegamento tra mondi completamente diversi: è il mare che tanti catanesi raggiungono per potersi godere di un po’ di relax, ma è anche il mare che i ragazzi del centro hanno attraversato per arrivare fin qua. Alla Colonia si incontrano ragazzi e bambini che giocano e ballano durante il grest, ma anche famiglie in vacanza, disabili che possono godersi il mare senza sentirsi giudicati, e ragazzi africani e bengalesi che, dopo mesi di viaggio, hanno finalmente un po’ di tranquillità ed un posto in cui possono sentirsi a casa. E la cosa più bella è che, in questo strano e incredibile mix, sono proprio i ragazzi a fare in modo che il posto sia casa che accoglie, dando una mano con le pulizie e lavorando al lido… perché “chi viene accolto, accoglie”, ci ha detto Cinzia, la responsabile del centro, quando siamo arrivati…
Il nostro compito era quello di insegnare l’italiano ai ragazzi e di intrattenerli con dei laboratori nel pomeriggio… però non poteva bastarci! Abbiamo perciò scelto di farlo in un certo modo, avendo un obiettivo: costruire relazioni. E in questo i ragazzi ci hanno aiutato molto! Una cosa che mi ha colpita tantissimo è che, tra loro, si chiamano e si considerano fratelli, qualunque sia la provenienza dell’altro. E anche per noi sono diventati dei fratelli.
Come dicevo, abbiamo cercato di essere una grande famiglia, e in una famiglia si vive insieme. Abbiamo vissuto con loro, condividendo tanti momenti di vita quotidiana e vivendo la loro “giornata tipo”. Al mattino c’era la scuola di italiano e ciascuno di noi si è preso a carico uno o più ragazzi, per fare in modo che questa lingua per loro estranea, lo fosse un po’ meno… Nel pomeriggio invece si alternavano due momenti: prima della merenda ci dividevamo in tre gruppi per i laboratori (fotografia, teatro ed espressività, braccialetti e scooby-doo) e dopo merenda ognuno poteva darsi all’attività che più preferiva: calcio, basket, beach volley, musica, corsa, passeggiate sulla spiaggia, un tuffo in mare… insomma, non ci si poteva annoiare!
Alla sera, quando non c’erano attività organizzate, era bello salire sul grande terrazzo sopra la struttura, per fare due parole o per stare in silenzio a guardare le stelle cadenti. Questi momenti di semplicità sono stati quelli che più hanno rafforzato le amicizie che si sono create.
Una sera, su quel terrazzo, è salito un ragazzo arrivato pochi giorni prima qui in Italia, dopo 4 mesi di viaggio. Mi ricorderò sempre la sua camminata spensierata e il suo urlare al Cielo che “la vie est belle!”, sorridendo a 32 denti. Quel sorriso e quell’affermazione sono stati disarmanti. Sono stati uno schiaffo che mi ha risvegliata dall’apatia con cui fin troppe volte mi ritrovo a convivere. Mi hanno aperto davvero gli occhi, mettendo a nudo tutti i miei parametri, facendomi capire che forse devo cambiare il mio modo di guardare le cose.
Infine, uno dei doni più grandi di quest’esperienza è stato poterla vivere con due bambini. Gli occhi di Detta e Mimì ci hanno fatto guardare le cose da una prospettiva diversa e con una semplicità che solo i bambini hanno. Ci hanno insegnato che le diversità esistono solo se sei tu che vuoi vederle; che a volte siamo noi a costruirci mille barriere, mentre sarebbe molto più semplice costruire ponti.
Siamo stati solo dei passanti nelle vite di quei 60 ragazzi, ma ciascuno di loro ha lasciato in noi un segno indelebile, che non sarà facile nascondere o dimenticare. Siamo andati a trovare loro e abbiamo trovato noi. E per questo non possiamo che dire Grazie.

Giuseppe, Federica, Benedetta, Tony, Veronica, Michele, Matteo, Alessandro, Federica, Fabiola, Luca, Agnese, Maria Rita

BENIN – Cotonou

“Una sfida continua”

Difficile riassumere tutto in poche righe…
il tempo sembra volato, ma ripensando ai luoghi e alle persone sembra di esserci sempre stati. La nostra attività non è stata molto utile per chi ci ha accolto, quanto invece lo è stata per noi.
A Cotonou…
abbiamo potuto sperimentare la vita di una città africana che sembra tanto lontana, mentre affronta ogni giorno problemi simili ai nostri: il minimo interesse dello Stato nel campo sociale, la corruzione politica e gli interessi economici che prevalgono sul benessere della popolazione.
Abbiamo partecipato al caos della città, viaggiando nel traffico con i mototaxi o camminando nel mercato circondato da spazzatura.
Abbiamo condiviso tempo, giochi, sorrisi e abbracci con le ragazze ospitate nel Foyer della comunità, con le bambine alla Barac, dove si riposavano ogni tanto durante il loro lavoro al mercato, e con i piccoli della Maison du Soleil, mentre le mamme partecipavano ai corsi professionali. Abbiamo visto le numerosissime attività della missione, attraverso gli occhi di chi ci lavora ogni giorno con fatica e passione.
Abbiamo vissuto in una comunità mai stanca di accogliere, in un continuo via vai di una quotidianità imprevedibile, ma costante nella preghiera.
Ripercorrendo il cammino degli schiavi abbiamo sentito la responsabilità della nostra cultura, che ancora oggi sfrutta e reputa inferiore la popolazione africana.
E ora la sfida è mantenere ciò che abbiamo vissuto nella nostra quotidianità per trasmettere la stessa semplicità e l’entusiasmo a chi incontriamo.

Grazie per averci accompagnato con la preghiera e l’affetto.

sr Giuseppina, Elisa, Elisa, Elisabetta, Chiara, Serena

 

Il corso organizzato dall’equipe dell’Animazione Missionaria Salesiana è un percorso di due anni dedicato ai temi della mondialità. Il primo anno è di preparazione all’esperienza estiva, non obbligatoria, in terra di missione. Il secondo anno continua il percorso missionario con la proposta di attività di volontariato e formazione.

L’incontro iniziale sarà Domenica 8 Ottobre 2017 dalle ore 16.00 alle 22.00 in Piazza Maria Ausiliatrice, 35 a Torino.