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Storie di ragazzi: Melissa e non solo – La Repubblica

Si riporta di seguito l’articolo apparso su La Repubblica.

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“Era il 2014 e, di fronte alla scelta cruciale della scuola superiore, ho deciso di seguire la mia passione per la cucina iscrivendomi al CNOS-FAP di San Benigno Canavese.

Tre anni intensi e memorabili all’istituto di San Benigno, dove non solo ho affinato le mie abilità culinarie, ma ho anche trovato una seconda casa tra compagni di classe e insegnanti scrive Melissa Verbo, una dei tanti allievi.

Al termine di questo percorso, mi sono trovata di fronte a un bivio: iniziare a lavorare o continuare gli studi. Scegliendo la strada più impegnativa, mi sono iscritta a un istituto alberghiero per gli ultimi due anni di superiori, conseguendo il diploma.

Tuttavia, qualcosa dentro di me era cambiato: la passione per la cucina era diventata secondaria, e lo studio aveva iniziato a catturare la mia attenzione in modo sempre più marcato.

La decisione di iscrivermi all’università è stato un passo significativo” – continua. “Dopo aver superato il test di ingresso, ho intrapreso un percorso triennale in Scienze dell’Educazione, laureandomi dopo tre anni.

La passione per lo studio si è ulteriormente approfondita, portandomi a iscrivermi al corso di laurea magistrale in Scienze Pedagogiche.

Attualmente sto frequentando l’ultimo semestre di questo percorso e mi appresto a conseguire la laurea magistrale.

Questo viaggio attraverso la formazione è stato un mix di esperienze culinarie, scoperte personali e trasformazioni accademiche.

Ogni tappa ha contribuito a modellare il mio percorso e a farmi crescere come persona.

Guardando indietro, rifletto con gratitudine su ogni fase, riconoscendo il valore di ogni decisione intrapresa.

Dal punto di vista professionale, il CNOS-FAP è stato il vivaio delle mie competenze culinarie” – aggiunge. “I tre intensi anni trascorsi presso l’istituto San Benigno hanno plasmato la mia abilità in cucina, fornendomi una formazione pratica e approfondita nel mondo della gastronomia.

Questa solida base professionale mi ha preparata adeguatamente per il diploma di istituto alberghiero che avrei conseguito successivamente.

Dal punto di vista umano, il CNOS-FAP è diventato molto più di una semplice scuola. Questo luogo è stato un rifugio, una comunità di persone appassionate e dedite al loro lavoro.

Gli insegnanti non erano solo mentori, ma anche guide che hanno nutrito il mio amore per la cucina e mi hanno insegnato importanti lezioni di vita.

L’amicizia con i miei compagni di classe e di istituto ha creato legami che durano ancora oggi. L’atmosfera inclusiva e di supporto ha contribuito a plasmare la mia identità e a farmi sentire parte di qualcosa di più grande.

Entrambi questi aspetti hanno contribuito a formare la persona che sono oggi.

Guardo indietro a quei tre anni con gratitudine per l’opportunità di crescere in un ambiente così stimolante e per le lezioni di vita
che mi hanno lasciato”.

La storia di Melissa richiama quella dell’inizialmente demotivato e svogliato Ivan, oggi uomo felice inserito in una grande multinazionale nel settore della meccanica di precisione, ma anche quella di Mattia e Alessio, avviati in un percorso etichettato come di “Serie B”, eppure reduci dai più alti risultati immaginabili nell’ambito della robotica.

I salesiani formano nel mondo i nuovi lavoratori del tessile – La Repubblica

Si riporta di seguito l’articolo a cura di Marta Borghese apparso su La Repubblica.

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Da un lato Confindustria moda, la federazione che unisce le imprese del settore tessile e dell’accessorio italiano. Dall’altra i Salesiani, con la loro rete nazionale e internazionale di centri di formazione professionale.

Ad unire le due realtà, un accordo di durata triennale che mette al centro un sapere caro a Don Bosco: l’intelligenza delle mani.

Si tratta di uno dei primi partenariati di questo tipo ed è basato su due dati inequivocabili del mondo contemporaneo: l’inverno demografico (che il vice presidente di Confindustria Gianni Brugnoli definisce «un’era glaciale») e la previsione dei pensionamenti.

Entro il 2030 in Italia andranno in pensione 1,9 milioni di lavoratori, di cui il 6 per cento nell’industria della moda e dell’accessorio. Nello stesso arco temporale, si stima che ci sarà un calo di studenti pari a 1,3 milioni.

Ad oggi, inoltre, in ambito manifatturiero il tasso di mismatch, cioè di mancato incontro tra domanda e offerta, è pari al 48 per cento.

«Quasi un lavoratore su due – afferma Brugnoli – non si trova».

E, paradossalmente, dall’altro lato della medaglia

«le nuove generazioni spesso non riescono a trovare un percorso che le abiliti alle professioni di qualità in cui l’industria investe»,

aggiunge don Giuliano Giacomazzi, direttore generale della CNOS-FAP, la rete formativa salesiana.

Così, salesiani e imprenditori hanno deciso di avvicinare il mondo dell’imprenditoria a quello educativo, favorendo l’incontro tra la formazione e le esigenze dell’industria.

In sostanza, il manifatturiero esprimerà le proprie necessità e metterà a disposizione anche le competenze necessarie per l’insegnamento dei mestieri.

I salesiani, dal canto loro, potenzieranno i laboratori esistenti e metteranno in piedi nuovi corsi, a cominciare dalla sartoria. A Valdocco, ma non solo.

Oggi infatti la rete salesiana è attiva in 133 Paesi e a Il Cairo, ad esempio, è già operativa una scuola di cucito.

L’accordo, dunque, apre anche ad un’altra forma di immigrazione, regolare e legata al mercato del lavoro.

«Ritengo che questo sia un passo storico – commenta il presidente di Confindustria Moda Ercole Botto Paola – Siamo un Paese manifatturiero e nei prossimi anni ci sarà una grave mancanza di figure professionali. Allora dovremmo anche cominciare a pensare a come l’Italia possa accogliere le persone in modo virtuoso».

Firmando l’accordo insieme a Botto Paola, don Giacomazzi conferma:

«C’è un mondo che si affaccia all’Europa e ha bisogno di affrontare il percorso in maniera qualificata e non disperata. Perché ciò sia possibile non bastano le risorse economiche: ci vogliono soggetti che se ne facciano carico e servono le competenze».

Già avviati i primi contatti con il settore tessile del Biellese. Il resto è in divenire: dalle scarpe alle rifiniture, dalle componenti per gli occhiali alla gioielleria, il panorama è ampio e le offerte non mancano, ma, dicono da Confindustria,

«bisogna tornare a credere nella formazione tecnica e professionale come ascensori sociali».

Una fiducia, quella nelle professioni manuali e artigiane, che aveva anche don Bosco:

«Lui stesso imparò la professione di sarto a soli quindici anni – ricorda don Leonardo Mancini, Ispettore dei Salesiani in Piemonte – e ne apprese molte altre, compresa quella di gelataio. Già nel lontano 1874 qui a Valdocco erano attivi 850 artigiani e studenti, che imparavano i mestieri del calzolaio, del sarto, del falegname, del cappellaio e del tipografo, oltre a 600 esterni che erano i discoli della città, esclusi dalle pubbliche scuole».

Oggi, negli stessi luoghi di allora, comincia un nuovo percorso.

Una vita spesa in missione: la morte di don Matteo Marzano

Dopo una vita spesa in missione in terra venezuelana, per complicazioni legate al Covid è tornato alla Casa del Padre all’età di 79 anni il salesiano don Matteo Marzano, originario del chierese. Di seguito l’articolo pubblicato su La Repubblica del 17 febbraio e su Corriere della sera del 18 febbraio.

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La Repubblica: Una vita da missionario nel paese del Sudamerica

Il sacerdote salesiano italiano Matteo Marzano è morto in Venezuela a causa del Covid-19. Lo ha reso noto la Conferenza episcopale venezuelana (Cev) a Caracas.

Il sacerdote Marzano – si legge in un breve comunicato – aveva 79 anni ed era stato ricoverato diversi giorni fa nel Policlinico Metropolitano, con assistenza e cure mediche”. Il suo decesso, precisa la nota, “è avvenuto per complicazioni polmonari“.

Marzano era nato il 23 febbraio 1942 a Chieri, in provincia di Torino, ed era “fedele devoto di Maria, promuovendo la devozione alla Beata Vergine con ardore apostolico“. Dalla parrocchia di San Juan Bosco a Valencia fu trasferito anni fa a Petare, nello stato di Miranda, e quindi a Punto Fijo, nello Stato di Falcón dove ha contratto il Covid che lo ha portato alla morte. “Era anche vicino ai giovani – segnala il comunicato della Cev -, che incoraggiava a considerare Gesù come un amico e di mettersi al suo servizio“.

La mia vita, il mio cammino, la mia meta, – soleva ripetere – è Gesù di Nazaret“.

Corriere della sera: Una vita da missionario nel paese del Sudamerica

Il sacerdote salesiano italiano Matteo Marzano è morto in Venezuela a causa del Covid-19. Lo ha reso noto la Conferenza episcopale venezuelana (Cev) a Caracas.

Il sacerdote Marzano – si legge in un breve comunicato – aveva 79 anni ed era stato ricoverato diversi giorni fa nel Policlinico Metropolitano, con assistenza e cure mediche”. Il suo decesso, precisa la nota, “è avvenuto per complicazioni polmonari“.

Marzano era nato il 23 febbraio 1942 a Chieri, in provincia di Torino, ed era “fedele devoto di Maria, promuovendo la devozione alla Beata Vergine con ardore apostolico“. Dalla parrocchia di San Juan Bosco a Valencia fu trasferito anni fa a Petare, nello stato di Miranda, e quindi a Punto Fijo, nello Stato di Falcón dove ha contratto il Covid che lo ha portato alla morte. “Era anche vicino ai giovani – segnala il comunicato della Cev -, che incoraggiava a considerare Gesù come un amico e di mettersi al suo servizio“.

La mia vita, il mio cammino, la mia meta, – soleva ripetere – è Gesù di Nazaret“.

Valdocco, a casa di don Bosco tra fede e accoglienza assediati dallo smog – La Repubblica

Si riporta di seguito l’articolo pubblicato da La Repubblica il 14 giugno a cura di Jacopo Ricca in merito al quartiere di Valdocco, con un breve intervento del parroco di Maria Ausiliatrice don Guido Dutto e del responsabile della Caritas parrocchiale Mauro Minoi.

Valdocco, a casa di don Bosco tra fede e accoglienza assediati dallo smog

Il muro di Berlino, come lo chiamavano con amara ironia gli abitanti del quartiere, è caduto tra il 2015 e il 2016 con l’apertura del nuovo corso Principe Oddone, ma da anni la visuale di Valdocco era già cambiata. Il traffico della nuova autostrada urbana si è sommato a quello di corso Regina Margherita e di via Cigna, tra le arterie più inquinate di Torino e ideale confine del quadrato che forma il quartiere dove proprio lo smog è uno dei problemi più sentiti.

L’interramento della ferrovia che da sempre impediva di vedere cosa ci fosse oltre, verso ovest, è stata la grande rivoluzione del quartiere dove don Bosco arrivò nel 1846 da Castelnuovo. Qui è stato aperto il primo oratorio e qui ogni anno i pellegrini visitano il luogo dove riposano le spoglie del santo, nella basilica di Maria Ausiliatrice che, come ricorda il parroco don Guido Dutto, non ha mai chiuso nemmeno durante il lockdown. Sarà l’influenza della vicina Porta Palazzo o proprio della ferrovia, ma il quartiere Valdocco non ha mai perso quella caratteristica di accoglienza che era già viva ai tempi di don Bosco.

C’è ovviamente il complesso salesiano che comprende oltre alla Basilica, la Chiesa di San Francesco di Sales, la Cappella Pinardi, gli edifici della scuola media e di quella professionale, la parrocchia e l’oratorio, ma anche le “camerette” dove visse Don Bosco. Ma ci sono anche spazi occupati, come il Neruda nell’ex scuola conciatori di corso Ciriè, luoghi di riferimento per le comunità straniere come la sede dell’Unione Cristiana Evangelica Cinese in via Salerno. E poi c’è la scuola De Amicis che l’associazione Vicolo Grosso nel tempo è riuscita ad aprire agli abitanti, trasformandolo in un punto di riferimento per Valdocco.

Nicoletta Daldanise, imprenditrice di origine campana, ha scelto il quartiere appena arrivata a Torino:

«Mi occupo di trasformazioni urbane con progettazioni e volevo provarne ad attivarne uno a Torino e Valdocco mi sembrava lo spazio giusto — racconta — Ci vedevo un potenziale: era un quartiere non attraversato perché c’erano i lavori di corso principe Oddone che rendevano impossibile raggiungere l’altra parte della città».

Quelle trasformazioni in parte si sono realizzate nel frattempo, il muro di Berlino è caduto, ma i problemi che aveva costruito insieme al cantiere del passante sono rimasti. Molti negozi storici hanno chiuso e non sono stati sostituiti e la desertificazione commerciale ha permesso ai pusher di continuare a frequentare la zona che proprio durante gli anni del cantiere era diventata uno dei centri di spaccio di Torino.

Le cose nel frattempo sono migliorate, anche grazie alle battaglie dei residenti, come Fabio Ottino e il suo comitato che hanno fatto marce e petizioni per chiedere l’intervento delle forze dell’ordine e l’installazione delle telecamere. Nelle vie interne a Valdocco gli spacciatori non ci sono più. Il problema resta su Corso Principe Oddone.

Nel frattempo sono arrivate famiglie giovani e professionisti: «Molti amici da Vanchiglia si stanno spostando qui perché con bambini piccoli trovano la tranquillità» spiega Daldanise che ha aperto Portmanteau, un piccolo bed&breakfast in via Biella. Il palazzo dove vive e lavora è uno di quelli meglio tenuti di tutto il quartiere, ma durante la pandemia molti hanno approfittato della situazione per cercare di abbellire gli interni dei cortili. Il prezzo di vendita degli appartamenti è aumentato.

Anche secondo il parroco di Maria Ausiliatrice, don Guido Dutto, da due alla guida della comunità, ma nei 6 anni precedenti vice, il quartiere è cambiato:

«Questa è una parrocchia senza territorio: il santuario di Maria Ausiliatrice porta da tutta Torino e anche da fuori fedeli — precisa — È complicato far sentire il senso di appartenenza della comunità di quartiere».

I ragazzi che fanno catechismo ad esempio sono 400 ma 280 sono da fuori parrocchia.

La Caritas parrocchiale invece si occupa solo delle persone in difficoltà di Valdocco:

«Abbiamo scelto per il centro di ascolto e di assistenza di lungo corso di occuparci degli abitanti del quartiere — chiarisce il responsabile Mauro Minoi — Sennò non ce la faremmo».

Nell’ultimo anno sono state 178 le famiglie assistite e in particolare 482 migranti.

«Gli italiani che si rivolgono a noi sono relativamente pochi — precisa il parroco — Ma sicuramente la composizione è molto cambiata».

Il comitato da Margherita a Dora passando per Oddone è nato proprio tra i nuovi abitanti del quartiere, ma nel tempo ha radunato anche gli storici tanto che spesso si riunisce nella pasticceria di Corgiat in via Ravenna. È uno dei pochi negozi a resistere: «Abbiamo bisogno di un luogo dove parlarci e dove scambiare mutuo aiuto — dice Daldanise — Valdocco è meno sfilacciato di altri quartieri anche se anche qui non tutte le comunità straniere sono facilmente raggiungibili, è attraverso la scuola che ci arriviamo». Il traffico e l’assenza di parcheggi sono un problema e l’assenza di spazi pubblici.

Minoi della Caritas spera che la prossima amministrazione apra un centro diurno, ma anche altri servizi sono carenti. Ad esempio non c’è una banca, il primo bancomat è a 15 minuti a piedi, «mancano molti negozi e se invece ci fossero si potrebbe vivere meglio il quartiere».

Alla De Amicis di via Masserano con l’associazione Vicolo Grosso è stato aperto anche uno spazio per scambiare vestiti usati, il Barattolino: «Si tratta di un negozio dell’usato dentro la scuola, aperto due volte a settimana, dove si scambiano vestiti o altri prodotti» conferma Azaria Andreasi, una delle mamme che da anni si batte per l’apertura del cortile della scuola al quartiere. «Non ci sono spazi sociali — dice — Qui gli interventi per far vedere che ti occupi delle cosiddette periferie i 5stelle non li hanno fatti. Alle elementari nella classe di mia figlia su 25 bambini 5 erano italiani». Ora il cortile è al centro di un intervento di restauro, ma la De Amicis resta un punto nodale di Valdocco.

Un po’ come lo spazio occupato Neruda che dà casa a 120 persone, quasi tutti migranti, e durante la pandemia ha fornito assistenza, anche sanitaria, a centinaia di altri torinesi. Come spesso accade coi centri sociali a Torino le lamentele arrivano più da fuori che non dagli abitanti del quartiere che condividono gli tessi problemi degli occupanti:

«Il grande problema è l’inquinamento, poi il fatto che non ci sono aree verdi. Il Cottolengo è una risorsa importante, ma manca un centro di salute territoriale e nessuno se ne fa carico» spiega Alice Scavone.

Tutti speravano che il progetto “Valdocco vivibile” — che dovrebbe dare un volto green al quartiere, abbattendo le isole di calore e favorendo la riduzione dello smog — partisse ma finora non si è visto nulla:

«Sarebbe davvero un bel progetto che permetterebbe anche di rivitalizzare i giardini dove ora chi non ha un posto dove stare è un po’ costretto a sostare».

La strada per il rilancio del quartiere è ancora lunga.

Quanto stai bene a scuola? Per gli studenti arriva il “misuratore di felicità” – La Repubblica

Un “feliciometro” che misura la felicità e la fatica degli studenti: questa l’invenzione, che presto diventerà anche un’app, pensata dal liceo classico e delle scienze sociali Don Bosco di Borgomanero. Di seguito l’articolo pubblicato su La Repubblica lo scorso 5 giugno a cura di Cristina Palazzo in merito al progetto.

Quanto stai bene a scuola? Per gli studenti arriva il “misuratore di felicità”

Il test, che diventerà presto un’app, per 250 ragazzi del liceo classico e delle scienze sociali Don Bosco di Borgomanero, nel NovareseUn “feliciometro”, ovvero che misura la felicità e la fatica degli studenti. È lo strumento digitale per monitorare la soddisfazione dei ragazzi, e perché no ricalibrare il programma scolastico, che funziona rispondendo solo a quattro domande: “Quanta fatica hai percepito durante la settimana scolastica? Quanto hai percepito faticoso lo studio? Quante ore hai dedicato allo studio? Quanto è stata per te piacevole la settimana scolastica?”.

L’invenzione, che mira a diventare presto anche un’app, arriva dal liceo classico e delle scienze sociali Don Bosco di Borgomanero, nel Novarese. L’idea è di Corrado Maio, 40 anni, docente di scienze motorie almeno da 7, che ha deciso di traslare le scale di valutazioni utili nello sport per quantificare la percezione dello sforzo fisico e del carico interno all’emotività scolastica degli studenti.

“L’intenzione è dar voce agli studenti, dar la possibilità di esprimere un giudizio, e provare da questi a migliorare o tarare il lavoro se necessario”.

È stato sufficiente per i circa 250 ragazzi (130 nei momenti di lockdown) rispondere ogni venerdì, quando quindi la percezione della settimana è ancora viva, alle domande.

“È emerso, ad esempio, che in questo periodo dei ragazzi d alternanza in presenza e in Dad, chi frequenta in classe percepisce meno fatica e, al contrario, reputa più piacevole la settimana scolastica. È un risultato parziale – precisa il docente – ma credo confermi che per tutti la socialità e la presenza ha un valore importante”.

Nell’istituto i licei si alternavano di settimana in settimana per la presenza a scuola. Una settimana frequentavano le sezioni dell’indirizzo classico, la successiva le classi delle scienze sociali, lasciando quindi intatti i gruppi classi, su cui si basa il questionario per fare paragoni:

“È emerso anche che i ragazzi del secondo biennio percepiscono più fatica – spiega il professore -. Direi soprattutto terze e quarte, visto che in quinta è fisiologico. Come il fatto che la percezione della fatica aumenti con l’approssimarsi della fine dell’anno”.

L’idea è nata da circa due anni. Negli ultimi mesi, considerato il potenziamento dell’uso della tecnologia causato dal covid, è entrato a sistema, con il sostegno del preside Giovanni Campagnoli. Con l’intenzione “di capire quel che vivono i ragazzi, che si trovano a doversi confrontare con ansie e paure dovute all’età”.

È in cantiere anche un’app, anche se per sviluppare l’idea ci servono fondi e competenze tecniche trasversali. Ma la speranza è che possa essere di aiuto in altre scuole e periodi:

“Sarebbe importante verificare da settembre, quindi nel periodo post pandemia, quali risvolti tutto questo ha avuto sui ragazzi. Questo strumento – conclude Maio – può essere utile per ricodificare la proposta didattica ma il fine primario è chiaro: educare gli studenti al bello della scuola. E perché no, usare una versione ad hoc anche per insegnanti e personale scolastico. La soddisfazione è un indicatore importante”.

Campionati dei mestieri: il CNOSFAP di Savigliano tra i concorrenti per il titolo di “Più bravo d’Europa”

Nell’ambito di Io Lavoro, la jobfair organizzata dall’Agenzia Piemonte Lavoro, è stata presentata la squadra del team piemontese che gareggerà a settembre per il titolo “Più bravo d’Europa” ai campionati dei mestieri in Austria. Tra i concorrenti, Carmen Rudei dei Salesiani del Centro di Formazione Professionale di Savigliano. Di seguito l’articolo pubblicato su La Repubblica a cura di Federica Cravero.

Meccanici, estetiste, camerieri: sei piemontesi in gara per il titolo di “Più bravo d’Europa”

In Austria a settembre i “campionati dei mestieri” contro 450 rivali: la squadra presentata alla jobfair Io Lavoro

Campionati dei mestieri

Gareggiano per vincere il titolo di “più bravo d’Europa” i sei concorrenti del team piemontese che a settembre parteciperà ai campionati europei dei mestieri EuroSkills 2021 a Graz, in Austria. La squadra – accompagnata da sei esperti- si confronterà con 450 rivali di 31 Paesi europei in vari mestieri e viene presentata oggi nell’ambito di Io Lavoro, la più grande jobfair italiana organizzata dall’Agenzia Piemonte Lavoro.

Nel medagliere subalpino ci sono già una medaglia d’oro, una di bronzo e un medaglione di eccellenza conquistati negli anni scorsi. Per la cucina è in gara Biagio Taddei dell’istituto Giolitti di Torino. Nei servizi per la ristorazione c’è Carmen Rudei dei salesiani “Cnos Fap” di Savigliano. Come receptionist di hotel gareggia Giulia Rinero dell’istituto “Giolitti Bellisario” di Mondovì. Per la migliore estetista si candida Raffaella Pia Ferro dell’Enaip di Borgomanero. Roberto Annaloro del “Bodoni – Paravia” di Torino si contende il titolo di miglior grafico multimediale. Infine nella riparazione di autoveicoli si cimenta Federico Vignola del di Bra.

Valsalice, lo spettacolo con gli studenti diventa un talent per il web – la Repubblica

Si è concluso sabato scorso, 13 febbraio, il talent show a distanza “TuSiQueValsales 2021” del Liceo Salesiano di Valsalice. Il quotidiano la Repubblica nella sezione di Torino di oggi dedica un pezzo all’evento con alcuni interventi del direttore dell’Opera don Pier Majnetti. Di seguito l’articolo a cura di Ottavia Giustetti.

Valsalice, lo spettacolo con gli studenti diventa un talent per il web

Nell’era Covid, “Tu si que Valsases” è l’alternativa della scuola salesiana
Il direttore: “Una soluzione tecnologica per riprendere vecchie abitudini”

Tra le tante abitudini che la pandemia ha mandato in soffitta nell’ anno passato, c’è lo spettacolo di fine anno dei figli a scuola. Ma qualcuno che proprio non ha voluto rinunciarvi, ha inventato una ingegnosa alternativa, che si è rivelata sorprendentemente di successo. E’ il caso della scuola salesiana Valsalice di Torino che per mantenere la tradizione di uno spettacolo annuale che coinvolge gli studenti di talento nel giorno della festa di Don Bosco, ha messo su un talent show con selezioni e finale e tanto di diretta su youtube per amici e parenti.

Una trovata ben riuscita grazie a lavoro, passione e ironia di ragazzi e professori che in men che non si dica hanno messo in piedi un vero studio di registrazione, e che alla fine ha messo a segno numeri da record se si paragonano a quelli di un normalissimo spettacolo scolastico. Sabato sera, quando era il momento di votare l’esibizione da far vincere, erano collegati alla diretta web circa 1800 utenti, e oltre 1400 hanno concretamente inviato la propria scelta per determinare il podio finale. “Tu si que Valsales”, così è stato battezzato il talent, richiamando il titolo del format, nato in Spagna e trasmesso in Italia da Canale 5. E come su quel palcoscenico si sono viste esibizioni di ogni tipo, dalla recitazione, al ballo al canto.

«Purtroppo abbiamo dovuto chiudere il teatro della scuola per molti mesi – racconta il direttore del Valsalice, don Pier Majnetti – e alla fine abbiamo pensato di trovare una soluzione tecnologica per riprendere quelle vecchie abitudini che ci erano precluse dalla pandemia. Hanno fatto quasi tutto i ragazzi con un impegno e un entusiasmo che ci ha molto favorevolmente impressionati. Alla fine il risultato è stato davvero di qualità e seguitissimo. Basti pensare che il nostro teatro conta duecento posti e, alla fine, gli spettatori sul web sono stato quasi dieci volte tanti».

I ragazzi interessati a partecipare hanno inviato video di un minuto alla scuola, nei quali si esibivano in uno sketch che gli riusciva particolarmente bene, dal ballo alle imitazioni alle ricette.

«Abbiamo invece registrato noi a scuola le esibizioni di canto per uniformarne la qualità» dice don Majnetti. Qualche piccolo investimento è stato indispensabile, «ma non molto, il più lo hanno fatto i ragazzi e i docenti con il loro entusiasmo e la professionalità».

Due puntate: una per la selezione e l’altra per la sfida finale che si è svolta addirittura in diretta.

«La differenza rispetto al passato è che molte più persone hanno potuto assistere all’esibizione del figlio, del nipote o anche solo dell’amico».

I sostenitori per raccogliere voti si sono scatenati invitando amici e parenti a tele votare.

«Alla fine ci siamo così divertiti – dice il direttore – che è già partita l’idea di replicare con i genitori sul palco».

Per rivivere l’evento

Per chi l’avesse persa, qui il link per rivedere la prima serata di TU SI QUE VALSALES e la finale.

Fondo di Solidarietà a sostegno di TechPro2

Sul siti di BorsaItaliana, La Repubblica e La Stampa viene riportato un articolo in merito al progetto TechPro2, nato da CNH Industrial e CNOS-FAP, che ha recentemente ricevuto il sostegno del Fondo di Solidarietà a supporto delle persone e dele comunità locali colpite dagli effetti della pandemia. Di seguito il testo integrale della notizia:

TechPro2, il progetto nato piu` di 10 anni fa dalla collaborazione di CNH Industrial, Fiat Chrysler Automobiles e CNOS-FAP (Centro Nazionale Opere Salesiane Formazione Aggiornamento Professionale), ha recentemente ricevuto anche il sostegno del Fondo di Solidarieta` promosso da CNH Industrial, che ha destinato 2 milioni di dollari per progetti che supportino in particolare le persone e le comunita` locali colpite dalla pandemia di Covid-19.

Grazie a questo ulteriore impulso, che ha per obiettivo l’educazione scolastica (una delle tre aree di intervento identificate per il finanziamento dei progetti), – fa sapere CNH Industrial in una nota – e` stato possibile inaugurare un nuovo corso di formazione in collaborazione con il Centro di Formazione Professionale e l’istituto salesiano “Maria Ausiliatrice” di Fossano.

Lo scopo principale del programma TechPro2 e` quello di formare studenti tra i 14 e i 18 anni. A livello globale, dal 2008 a oggi, sono quasi 2300 i ragazzi e le ragazze che hanno potuto beneficiare dei vantaggi di questo programma. La formazione – spiega la nota – prevede una parte teorica e una pratica con tirocini mirati. TechPro2 si pone il duplice obiettivo di indirizzare questi giovani verso un futuro concreto dal punto di vista professionale e di potenziare la qualita` dell’assistenza tecnica specializzata.

Nel dettaglio il nuovo corso di Fossano rivolgera` una particolare attenzione alla gamma dei modelli a trazione alternativa, in particolare a Gas Naturale Liquefatto (GNL), e lo sviluppera` grazie a Iveco, brand del gruppo CNH Industrial, leader nelle trazioni alternative e nella tecnologia del gas naturale, che produce e commercializza un’ampia gamma di veicoli commerciali leggeri, medi e pesanti. Iveco – sottolinea CNH Industrial – fornira` le competenze tecniche, le attrezzature, gli strumenti di diagnosi e i mezzi grazie ai quali gli studenti potranno ampliare e approfondire le loro conoscenze nel campo della prevenzione e della manutenzione. Oggi l’Italia puo` contare su circa 80 stazioni di rifornimento per il GNL, un primato in Europa, indice di una crescente penetrazione sul mercato dei veicoli a gas naturale per il trasporto a lungo raggio e della conseguente necessita` di aumentare la relativa assistenza tecnica.

 

Torino, quattro arene per il cinema d’estate – La Repubblica

Nella giornata di oggi, il quotidiano La Repubblica, nella sezione di Torino, dedica un articolo alle iniziative destinate al cinema d’estate nella città. Il progetto vede coinvolto anche l’oratorio salesiano Michele Rua di Barriera di Milano, con un centinaio di posti, organizzato dall’associazione Museo Nazionale del Cinema in partenariato con il Cineteatro Monterosa. Si riporta di seguito l’articolo pubblicato a cura di Jacopo Ricca.

Torino, quattro arene per il cinema d’estate al Valentino, in Piazzetta Reale, a San Salvario e Barriera Milano

La più grande, da 500 posti, nel cortile del Castello del parco sulle rive del Po. Si parte il 2 luglio

Il cinema all’aperto per l’estate di Torino si farà in quattro Arene. Una al Castello del Valentino, un’altra nella tradizionale piazzetta Reale, ma la Città ha approvato anche i progetti nella casa del Quartiere di San Salvario e nell’oratorio Michele Rua di Barriera di Milano. Sono quattro infatti le proposte valutate come idonee dall’assessorato alla Cultura e quindi finanziate attraverso la fondazione per la Cultura.

La più grande delle arene, da 500 posti, sarà quella realizzata dal cinema Ambrosio, con un progetto proposto dall’associazione Arturo Ambrosio, nel cortile del Castello del Valentino. Dal 2 luglio al 30 agosto, con inizio delle proiezioni alle 22 e, saranno proposte anteprime, una selezione di classici del cinema, da scoprire per la prima volta o rivivere sul grande scherm, ma anche “Best of” (una collezione di alcuni tra i film più amati da pubblico e critica nella passata stagione cinematografica) e una selezione “In famiglia” che prevede film di animazione e non, rivolti a tutti, ma soprattutto ai più giovani.

“L’obiettivo è di offrire al pubblico un programma variegato di cultura e di intrattenimento anche grazie alla collaborazione di altri soggetti culturali, come l’Archivio Nazionale Cinema Impresa di Ivrea, l’associazione Baretti e altri” spiegano gli ideatori. Questo progetto avrà 45mila e 907 euro di finanziamento, mentre l’altra “grande” arena, quella di “Cinema a Palazzo”, se ne aggiudica 44mila e 93. Si tratta della rassegna che da anni anima l’estate torinese del centro.

Quest’anno però l’associazione Distretto Cinema, insieme con il Cinema fratelli Marx, proporrà un’arena di circa 250 posti all’interno della Corte d’Onore di Palazzo Reale, con uno schermo di dimensioni maggiori in un nuovo layout. Inoltre non saranno più solo grandi film del passato, ma dal 10 luglio al 30 agosto, con proiezioni tutti i giorni (ad eccezione del lunedì), sarà proposto un percorso nel cinema contemporaneo, fatto di anteprime e di una selezione di titoli dell’ultima stagione, “pur senza snaturare la caratteristica dell’arena che è da sempre quella di raccontare la storia del cinema attraverso i film classici” assigurano gli organizzatori. Nel ventennale del museo del cinema ma anche in una stagione di anniversari importanti sono previsete una serata omaggio a Fellini, un omaggio ad Alberto Sordi nel centenario della nascita.

Le altre due arene saranno in Barriera di Milano e a San Salvario. La prima da un centinaio di posti sarà negli spazi all’aperto dell’Oratorio Michele Rua ed è organizzata dall’associazione Museo Nazionale del Cinema in partenariato con il Cineteatro Monterosa e proporrà film dal 6 luglio al 12 agosto per una rassegna chiamata “Barriera è casa mia – un’Estate al Cinema 2020” che riceverà un contributo di oltre 10mila euro. La seconda, negli spazi della casa del quartiere di San Salvario, si chiamerà “Portofranco Summer Night 2020” ed è stata proposta dall’Associazione Agenzia per lo sviluppo locale di San Salvario onlus che riceverà un contributo di oltre 9mila euro.

La programmazione cinematografica intende riprodurre il format di PortoFranco, la rassegna permanente di cinema invisibile del CineTeatro Baretti. Obiettivo della rassegna – che per non recare disturbo sarà in versione silent movie – è quello di raggiungere un ampio target e tutte le proiezioni saranno introdotte da una presentazione.

Salesiani Agnelli: allievi all’opera tra Decameron e escape room – la Repubblica

Il quotidiano la Repubblica di domenica 31 maggio, nella sezione Torino Cronaca, dedica un articolo alla didattica a distanza dal titolo “Più forte del lockdown così la scuola si rinnova” (a cura di Cristina Palazzo e Carlotta Rocci) presentando alcune attività messe in campo dalle realtà scolastiche presenti sul territorio. Tra queste, la testimonianza dell’Istituto Salesiano Agnelli di Torino. Si riporta di seguito l’articolo dell’Agnelli.

Allievi all’opera tra Decameron e escape room

La didattica ha distanza ha costretto la scuola a reinventarsi. Mantenere l’attenzione per ore davanti al pc non è semplice, anzi è impossibile.

Così all’Istituto Agnelli di Torino — dove la didattica sulle piattaforme digitali esiste da almeno due anni — se ne sono inventate di tutti i colori.

«È stata un’esperienza molto positiva», commenta il professore di lettere Alessandro Antonioli. «Fin da settembre abbiamo attivato una piattaforma Google Suite for education e ogni studente ha un suo account. Da marzo abbiamo provato a trasformare l’emergenza in opportunità per sperimentare una didattica».

Così anche il Decameron è diventato un’esperienza digitale. Il gruppo di giovani che si rifugia in campagna per sfuggire alla peste raccontato da Boccaccio è diventato la classe di terza liceo dell’Agnelli: ognuno si è cimentato nel racconto di una storia vera, inventata o reinterpretata per creare un personalissimo Decameron 2020 in pieno lockdown.

I ragazzi di seconda liceo, invece, si sono cimentati nella creazione di un’escape room digitale da proporre agli studenti di terza media: un gioco didattico sulla storia, dalla preistoria al medioevo.

Per non perdere il contatto umano, direttore e prof hanno scandito le settimane con un video messaggio spedito tutti i lunedì. Tra media, liceo scientifico e istituto tecnico, negli ultimi tre mesi sono state spedite 692.017 mail e sono stati organizzati 15.859 incontri sulle piattaforme digitali, condividendo — tra docenti, studenti e genitori — 196.814 file. — c.roc.