Racconti di Missione: Tunisia
Dopo il rientro dalle missioni estive, i diversi gruppi partiti raccontano la loro esperienza. Di seguito il resoconto della coppia partita per Manouba, in Tunisia (Africa).
La nostra esperienza in Tunisia
Missione in Tunisia: tre settimane di vita e di futuro
Un gruppo di sette persone – cinque giovani e due accompagnatori – ha vissuto questa estate tre settimane di missione nella comunità salesiana di Manouba, alle porte di Tunisi. L’esperienza è stata il frutto del “Percorso nel cuore del mondo”, cammino annuale di animazione missionaria che prepara i giovani a vivere un’estate di servizio. Ogni gruppo del percorso viene inviato in una diversa realtà: a loro è stata affidata la Tunisia, un Paese dove la Chiesa è piccola ma ricca di vita.
La comunità salesiana di Manouba è insieme scuola e oratorio. In una terra a maggioranza musulmana, la testimonianza cristiana non passa attraverso grandi manifestazioni, ma ci è stata trasmessa attraverso la vicinanza quotidiana: pasti condivisi, momenti di preghiera, attività educative e semplici gesti di fraternità che ci hanno fatto sentire davvero parte di una famiglia.
Il cuore dell’esperienza è stato l’Estate Ragazzi, che a Manouba dura sette settimane e che noi abbiamo vissuto negli ultimi venti giorni, affiancando gli animatori locali. Giochi, laboratori, gite, momenti di riflessione e di preghiera: tutto contribuiva a creare un’oasi in cui bambini e adolescenti si sentivano accolti, liberi e guardati con fiducia. In una realtà dove spesso mancano spazi sicuri, l’oratorio diventa davvero un luogo che apre al futuro.
Accanto al servizio, c’è stato l’incontro con le persone e le comunità. Abbiamo toccato con mano le difficoltà delle famiglie – la povertà, i lavori faticosi, le disuguaglianze – ma anche la forza di una Chiesa piccola e viva, che sa testimoniare con coraggio e gioia. La visita alle comunità cristiane del territorio – dalla cattedrale di Tunisi alle Suore di Ayn Darahim, fino alle Figlie di Maria Ausiliatrice di Menzel Bourghiba – ci ha fatto respirare l’universalità della Chiesa. Momenti come la processione dell’Assunta a La Goulette, che unisce cristiani e musulmani in un’unica festa di popolo, ci hanno ricordato che il Vangelo sa costruire ponti di fraternità.
In tutto questo, ciò che ci ha colpito è stata la semplicità con cui la fede si manifesta: una cena condivisa, una testimonianza dopo la Messa, una serata passata in fraternità. La missione si regge su questa prossimità quotidiana, capace di unire persone di culture e religioni diverse. Anche le uscite al mare con i ragazzi, o la visita a Cap Angela – il punto più a nord dell’Africa – sono diventate occasioni per rafforzare legami, vivere la bellezza e aprire i cuori.
Punti di forza
Tre settimane a Manouba ci hanno fatto scoprire alcune ricchezze decisive. La prima è l’attualità del Vangelo: in un contesto dove la fede cristiana è minoranza, la Parola di Dio risuona con forza e suscita domande anche in chi non conosce Cristo. Lo ha ricordato il vescovo Nikolà celebrando a Manouba: il Vangelo opera anche attraverso chi appartiene ad altre religioni, aprendo cammini di ricerca e di vocazione.
La seconda è l’universalità della Chiesa: religiosi e religiose provenienti da ogni parte del mondo – Italia, Congo, Vietnam, Kenya, Giordania – che vivono insieme e testimoniano la fraternità dei figli di un unico Padre. L’accoglienza che abbiamo sperimentato ci ha fatto sentire parte di questa comunione.
La terza è la scelta consapevole della fede dei cristiani tunisini: qui andare a Messa non è un’abitudine, ma una decisione coraggiosa e quotidiana. Pregare, accostarsi ai sacramenti, testimoniare il Vangelo diventa un atto libero e gioioso. La celebrazione del 15 agosto, come dicevamo, ne è stata un segno luminoso: comunità diverse, autorità civili e musulmani uniti sotto lo sguardo di Maria.
Le sfide
Naturalmente, non sono mancate difficoltà che ci hanno interrogato. La povertà è reale: molti ragazzi arrivano all’oratorio con vestiti consunti, segno di famiglie che faticano a sostenere il costo della vita. Le strade raccontano disordine, sporcizia e disagio; la microcriminalità, pur non vissuta direttamente, ci è stata descritta come diffusa nei quartieri più poveri.
Eppure, dietro tutto questo, ci sono i volti sorridenti dei ragazzi, la loro voglia di vivere e di costruire un futuro diverso. Lì abbiamo riconosciuto che la missione non è solo osservare problemi, ma lasciarsi contagiare dall’energia vitale di chi spera ancora.
Alcuni aspetti educativi ci hanno fatto riflettere. Ad esempio, la rigidità con cui talvolta vengono applicate le punizioni, senza spiegazioni. Questo ci ha interrogati, ma non in chiave critica: in Italia rischiamo spesso l’estremo opposto, con ragazzi senza punti di riferimento. Forse – come ricorda San Benedetto con la sua “discretio”, madre di tutte le virtù – la via sta nell’equilibrio: unire fermezza e dialogo, autorevolezza e accompagnamento.
Un’altra sfida riguarda il sistema preventivo salesiano: c’è l’opportunità di incarnarne in modo più consapevole e coraggioso i pilastri educativi, trasformandoli ancora di più in prassi quotidiana e condivisa da tutti. Questo richiede tempo e accompagnamento attento, ma può portare grandi frutti con il sostegno dei missionari e attraverso ulteriori occasioni di confronto e collaborazione.
Uno sguardo al futuro
La speranza più grande restano i ragazzi. Sono loro che rendono viva la comunità, che trasformano l’oratorio in un cuore pulsante di vita. Gli animatori locali, pur con i loro limiti, hanno dato una testimonianza forte: la missione non si costruisce con eventi straordinari, ma con una presenza fedele e quotidiana.
Guardando indietro, comprendiamo che la missione in Tunisia non è stata solo un’esperienza estiva, ma una vera scuola di vita. Abbiamo imparato che la fede è una scelta quotidiana; che l’oratorio può essere un’oasi anche nei contesti più difficili; che la Chiesa è davvero universale, capace di parlare tutte le lingue e di abitare tutte le culture.
Ci portiamo a casa i sorrisi dei bambini, le parole semplici dei confratelli e la testimonianza di una Chiesa piccola ma viva nella fede. A Manouba abbiamo sperimentato quanto sia vero che la cura e l’attenzione verso i giovani, come insegnava Don Bosco, è già di per sé una forma d’amore concreta e quotidiana. Questa esperienza continuerà a guidarci nel nostro cammino, ricordandoci che ogni gesto di presenza e attenzione può fare la differenza nella vita di un ragazzo.