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La vita si fa storia: 54° Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali

Lo scorso 28 settembre, Papa Francesco ha reso noto il tema della prossima 54° Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali che si terrà nel 2020: “Perché tu possa raccontare e fissare nella memoria” (Es 10,2). La vita si fa storia.

Si riporta l’articolo pubblicato in merito dall’Agenzia d’informazione Salesiana ANS.

(ANS – Città del Vaticano) – Con questo bellissimo titolo, Papa Francesco ha presentato, lo scorso 28 settembre, la 54° Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, che sarà celebrata nel 2020. Perché tu possa raccontare e fissare nella memoria di tuo figlio (Es 10,2). La vita si fa storia. Scegliendo questo tema, il Papa sottolinea quanto sia prezioso il patrimonio della “memoria” nella comunicazione e la capacità di raccontare belle storie alle generazioni future. Non c’è dubbio che “educare con le storie ci aiuta ad affrontare situazioni diverse in un mondo complesso, mutevole e sconcertante”, ha scritto D. Chomskim.

Il Papa ha sottolineato in molte occasioni che non c’è futuro senza memoria della storia vissuta. Ci ha aiutato più volte a capire che la memoria non deve essere considerata come qualcosa di “statico”, ma piuttosto come una “realtà dinamica”. Attraverso la memoria si passa da una generazione all’altra: storie, speranze, sogni ed esperienze. Ci ricorda anche che ogni storia nasce dalla vita e dall’incontro con l’altro.

Gesù ricorreva alle “Parabole” per comunicare la forza vitale del Regno di Dio, lasciando gli ascoltatori liberi di ascoltarle e di relazionarsi poi con loro stessi. La forza di una storia si esprime nella sua capacità di generare un cambiamento. Una storia esemplare ha infatti un grande potere di trasformazione.

In un contesto come quello attuale, in cui ci sono innumerevoli interazioni attraverso i social network, si parla di un’informazione che si ottiene attraverso le storie. Afferma C. Cox che “il formato delle storie sta per diventare il modo principale in cui gli utenti condivideranno le informazioni”.

Leggendo il titolo della Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali ci si pone una domanda: “Cosa avremo da dire alle prossime generazioni?”. In questi anni, Papa Francesco ci ha proposto cinque storie:

  • “Che ogni essere umano, uomo, donna, ragazzo, ragazza è l’immagine di Dio”: noi siamo l’immagine di Dio.
  • “Che vivere insieme è un’arte, un cammino paziente, bello e affascinante”: siamo nati per vivere in comunità e in comunione.
  • “Che ognuno ha la sua idea del bene e del male e deve scegliere di seguire il bene e combattere contro il male. Questo basterebbe a rendere il mondo un posto migliore”: che le nostre azioni vanno a beneficio degli altri.
  • “Che la natura non è una proprietà di cui possiamo abusare a nostro piacimento, tanto meno la proprietà di pochi, ma un dono di tutti, che dobbiamo custodire”: che il nostro mondo è la nostra casa.
  • “Paradiso è una delle ultime parole pronunciate da Gesù sulla Croce, rivolta al buon ladrone”: che il nostro posto è il paradiso.

Ancora una volta, il Pontefice pone al centro della sua riflessione la persona, con le sue relazioni e la sua innata capacità di comunicazione.

Cile, lo scandalo degli abusi – Le parole di Mons. Lorenzelli

Riportiamo la notizia di giovedì 18 luglio proveniente da “La Voce e il Tempo”. Una intervista a cura di Marina Lomunno al salesiano Mons. Lorenzelli, inviato dal Papa a Santiago del Cile come Vescovo ausiliare dopo lo scandalo degli abusi e le dimissioni della Conferenza Episcopale cilena. A metà luglio Lorenzelli era a Torino e ha raccontato a «La Voce e Il Tempo» la sfida che lo attende: lenire le ferite del popolo cileno e riconciliarlo alla Chiesa.

Papa Francesco ha ordinato lo scorso 22 giugno nella Basilica di San Pietro come vescovo ausiliare di Santiago del Cile il salesiano don Alberto Ricardo Lorenzelli Rossi. Classe 1953, nato nella provincia di Buenos Aires da genitori italiani, già direttore della Comunità Salesiana in Vaticano e Cappellano della Direzione dei Servizi di Sicurezza e Protezione Civile dello Stato della Città del Vaticano, ha ricoperto numerosi incarichi nella sua congregazione, tra cui Ispettore della Provincia cilena e in Italia di è stato fra l’altro presidente del Cism (Conferenza italiana dei superiori maggiori).

Con mons. Lorenzelli è stato nominato vescovo ausiliare di Santiago, (diocesi governata da un amministratore apostolico) don Carlos Eugenio Irarrázaval Errázuriz, del clero diocesano di Santiago. Il mandato a mons. Lorenzelli giunge in un momento di grave difficoltà della Chiesa cilena la cui Conferenza episcopale, dopo la scoperta di abusi sui minori ad opera di alcuni prelati, ha rassegnato le dimissioni al Papa nel maggio 2018. Lo abbiamo incontrato venerdì 12 luglio scorso, al termine della Messa nella Basilica di Maria Ausiliatrice dove è venuto a pregare alla vigilia della partenza per il Cile.

Il Papa la invia in Cile dove la Chiesa sta vivendo una crisi profonda. Con che spirito si accosta a partire con un mandato di così grande responsabilità?

La nomina a Vescovo ausiliare di Santiago è stata una sorpresa e ho manifestato subito a Papa Francesco il mio smarrimento e le mie perplessità. Il Papa mi confermato che certamente è un incarico delicato e ho percepito l’atto di grande fiducia verso la mia persona che ritengo, e non per falsa umiltà, eccessiva. Mi hanno molto commosso le sue parole: «Guarda che accettare questa nomina è da incoscienti, l’avessero proposto a me non so se l’avrei accettata: però ti chiedo di fare una scelta da incosciente. E non farlo come un piacere a me ma per il bene della Chiesa». E mi è sembrato che più che il Papa mi stesse parlando mio padre. E così i suoi gesti, le sue parole, hanno fatto cadere le mie resistenze. E mi sono detto con spirito di fede: ‘ciò che il Papa mi sta chiedendo lo voglio leggere come una richiesta del Signore’. E così mi sono inginocchiato e gli ho chiesto di benedirmi. Anche durante la celebrazione dell’ordinazione mi sono sentito come un figlio che riceve un mandato da suo padre. Quel giorno e poi in altre occasioni mi ha detto: ‘Ti ringrazio di avere accettato’.

Cosa le chiede Francesco?

Il Papa non mi ha dato indicazioni particolari: mi ha invitato ad andare e a mettermi a disposizione dell’amministratore apostolico al servizio della Chiesa cilena che in questo momento soffre, ha perso la fiducia del popolo di Dio. E mi riferisco alla Chiesa istituzionale mentre nella gente la religiosità e la fede sono ancora molto vive. È di qui che bisogna ripartire.

E come?

Bisogna prima di tutto costruire comunione con il popolo di Dio: io non vado a Santiago né con un’agenda, né con un programma, nulla. Il mio programma è l’omelia di papa Francesco, molto impegnativa, pronunciata durante la mia ordinazione: «Riflettiamo attentamente a quale alta responsabilità viene promosso questo nostro fratello. Il Signore nostro Gesù Cristo mandò a sua volta nel mondo i dodici apostoli, perché, pieni della potenza dello Spirito Santo annunziassero il Vangelo a tutti i popoli e riunendoli sotto un unico pastore, li santificassero e li guidassero alla salvezza». Ecco il mio mandato. Prima di tutto mi impegnerò a vedere, in secondo luogo ad ascoltare e infine a stare vicino ai sacerdoti. Credo che in questo momento di smarrimento e di solitudine del clero, come Vescovo devo offrire ai preti la mia disponibilità. E poi il dialogo e la vicinanza al popolo di Dio, in modo che tutti riprendiamo il nostro cammino di fede.

Quali risposte si aspettano i credenti e la società civile cilena per recuperare fiducia nella Chiesa?

Realizzare il mandato del Papa significa mettermi accanto alle persone che hanno più bisogno, ai più poveri, a quelli che hanno smarrito la strada, la fede. E poi, proprio perché sono un figlio di don Bosco, i primi che avvicinerò sono i giovani perché sono coloro che si sono allontanati di più da una Chiesa in cui non si sono sentiti rispettati ma feriti. È naturale che i giovani pensino, di fronte a fatti gravi come gli abusi, che non ci sia più nulla di credibile: spirito di fede, autenticità, radicalità del Vangelo e sappiamo come i giovani cerchino questa radicalità. E poi l’altro aspetto per me molto importante è la vicinanza alle vittime degli abusi che hanno lanciato un grido di dolore. Non dobbiamo considerarli come nemici ma come persone che davvero portano impressa nella loro carne una ferita: mentre si aprivano alla vita non si sono sentiti rispettati, non si sono create le relazioni giuste e sane che un sacerdote e un vescovo devono instaurare con chi gli è affidato. È fondamentale aprire con loro un dialogo, far capire che gli sono vicino e che riconosco il loro dolore. Ma non solo: dirò loro che «voglio impegnarmi a cercare di sanare le ferite profonde che vi abbiamo creato». Cercherò di incontrarli e guardarli con un occhio di attenzione, di misericordia, di affetto, riconoscendo gli errori. E, a nome della Chiesa, chiederò veramente e sinceramente perdono.

Papa Francesco nel 2015, nel bicentenario di don Bosco davanti alla Basilica di Maria Ausiliatrice, invitò i salesiani ad essere gente concreta come il loro fondatore, che cercava di risolvere i problemi dei giovani che gli venivano affidati. Cosa significano per lei essere «concreto» ora che si appresta a questo nuovo incarico?

La concretezza fa parte del nostro modo di lavorare, della nostra formazione, significa avere i piedi per terra. Per questo non parto per il Cile con un programma predisposto ma cercherò di capire cosa chiede il popolo di Dio alla Chiesa cilena. Il Papa apprezza i salesiani – per un periodo ha studiato nelle nostre scuole, la stessa che ho frequentato anche io – e ci invita a vivere a pieno il nostro carisma, che è una spiritualità dell’allegria, della speranza. Per questo ho scelto nel mio stemma episcopale un passo di san Paolo ai Filippesi (4,4) «Gioite nel Signora sempre»: non una gioia disincarnata ma quella gioia che parte dal cuore, dove ritroviamo i motivi di speranza e della ricostruzione anche quando viviamo situazioni difficili e che qualche volta ci portano alla disperazione. Essere concreti significa che, con l’aiuto di Dio, si possono trovare sempre delle soluzioni. Essere concreti in questo momento per la Chiesa cilena significa non ripetere più i danni che abbiamo commesso. Il nostro slogan dovrebbe essere «mai più», un impegno concreto che si traduce in una formazione del clero seria, un discernimento chiaro della vocazione di coloro che chiedono di entrare in seminario perché abbiamo bisogno di preti che veramente rispondano a quello che il Signore ci indica. Occorre dire no a situazioni che creano confusione, disorientamento, danni e addirittura atti criminali. Essere concreti significa non insabbiare la verità, non possiamo più nasconderci dietro ad un dito. Le indagini dicono che gli abusi sono realmente avvenuti e non si possono più coprire. Per recuperare credibilità dobbiamo dialogare anche con le istituzioni, bisogna rispondere anche alla giustizia in risposta alla dignità delle vittime.

Mons. Lorenzelli, lei è stato superiore dell’Ispettoria salesiana in Cile e Gran cancelliere dell’Università cattolica del Cile. Ora ritorna da Vescovo…

Già 7 anni fa prima di partire per il Cile io sono venuto a Valdocco per chiedere l’aiuto prima di tutto di Maria Ausiliatrice perché don Bosco aveva una fede illimitata nella Madonna: durante la celebrazione in Basilica ho chiesto che Lei «faccia là dove io non potrò fare e non riuscirò a fare». E poi ho invocato don Bosco perché è stato un profeta che ha aperto da Valdocco una finestra sul mondo mandando i missionari prima di tutto in America Latina…

Da argentino di origini italiane, anche per la sua storia personale, è molto vicino a Francesco. Come giudica gli attacchi ad un Papa che non fa altro che invitare al mondo di essere accoglienti e di mettere prima al centro l’uomo?

Io sono in completa sintonia con il Papa anche perché come lui sono nato a Buenos Aires, figlio di migranti italiani partiti per l’Argentina nel Dopoguerra: so cosa significa vivere lontano dal proprio Paese e dalla famiglia. Io vissuto lo sforzo che hanno dovuto fare i miei genitori, imparare una lingua nuova, introdursi in una cultura diversa, dedicare tanto tempo al lavoro, crescere ed educare i figli. Ora l’Argentina è cosmopolita ma allora era diverso: i miei genitori sono partiti lasciando il loro paese distrutto dalla guerra, le famiglie di mia mamma e mio papà erano numerose e così con tanti sacrifici mettevano da parte un po’ di soldi da mandare in Italia per aiutarle. Il problema dell’emigrazione non è solo italiano o europeo: non si sbarca solo a Lampedusa, succede nell’Asia dell’Est, negli Stati Uniti, in America latina. Il Cile stesso è terra di emigrazione, soprattutto dal Venezuela dove la situazione è drammatica. Oggi stiamo vivendo la stessa esperienza delle grandi emigrazioni del Primo Novecento e del Dopoguerra. I popoli si muovono per povertà, fame, guerra, conflitti tribali, persecuzioni. E allora credo che oggi alzare muri, chiudere dei porti o chiudere porte è antistorico. E gli attacchi nei confronti del Papa sono ingiusti perché spesso sono ideologici: Francesco non fa ideologia ma risponde a ciò che il Signore ci chiede nel Vangelo e cioè di essere aperti e accoglienti come lo è stato lui.

Anche tra i credenti ci sono frange di insofferenza nei confronti del magistero del Papa…

Certo, accogliere chi è considerato scarto della società dove manca lavoro o si patisce per la crisi economica non è semplice e occorre che tutti i Paesi facciano la propria parte, ma ritengo che i credenti debbano essere fedeli al magistero del Papa perché sta rispondendo alle emergenze del momento. Non possiamo chiuderci o pensare di essere quelli che eravamo 30 anni fa, quel mondo non esiste più e nemmeno dobbiamo preoccuparci troppo per un futuro che non conosciamo: oggi dobbiamo rispondere a questo presente. Il Papa ci sta esortando a fare di questo presente parte della nostra vita. Per me, ora che sono Vescovo, questo significa non un’adesione al Papa così, solo perché è il Papa, ma perché il suo magistero sta rispondendo al Vangelo che il Signore ci ha annunciato. Francesco Papa dice: «annuncia il Vangelo» e questo è quello che sta facendo lui. Ed è quello che chiede anche a me.

 

 

Giornata Missionaria Mondiale 2019: il messaggio di Papa Francesco

Si riporta il messaggio di Papa Francesco dedicato alla Giornata Mondiale Missionaria 2019 che si celebrerà il 20 ottobre, dal titolo: “Battezzati e inviati: la Chiesa di Cristo in missione nel mondo“.

Cari fratelli e sorelle,
per il mese di ottobre del 2019 ho chiesto a tutta la Chiesa di vivere un tempo straordinario di missionarietà per commemorare il centenario della promulgazione della Lettera apostolica Maximum illud del Papa Benedetto XV (30 novembre 1919). La profetica lungimiranza della sua proposta apostolica mi ha confermato su quanto sia ancora oggi importante rinnovare l’impegno missionario della Chiesa, riqualificare in senso evangelico la sua missione di annunciare e di portare al mondo la salvezza di Gesù Cristo, morto e risorto.

Il titolo del presente messaggio è uguale al tema dell’Ottobre missionario: Battezzati e inviati: la Chiesa di Cristo in missione nel mondo. Celebrare questo mese ci aiuterà in primo luogo a ritrovare il senso missionario della nostra adesione di fede a Gesù Cristo, fede gratuitamente ricevuta come dono nel Battesimo. La nostra appartenenza filiale a Dio non è mai un atto individuale ma sempre ecclesiale: dalla comunione con Dio, Padre e Figlio e Spirito Santo, nasce una vita nuova insieme a tanti altri fratelli e sorelle. E questa vita divina non è un prodotto da vendere – noi non facciamo proselitismo – ma una ricchezza da donare, da comunicare, da annunciare: ecco il senso della missione. Gratuitamente abbiamo ricevuto questo dono e gratuitamente lo condividiamo (cfr Mt 10,8), senza escludere nessuno. Dio vuole che tutti gli uomini siano salvi arrivando alla conoscenza della verità e all’esperienza della sua misericordia grazie alla Chiesa, sacramento universale della salvezza (cfr 1 Tm 2,4; 3,15; Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 48).

La Chiesa è in missione nel mondo: la fede in Gesù Cristo ci dona la giusta dimensione di tutte le cose facendoci vedere il mondo con gli occhi e il cuore di Dio; la speranza ci apre agli orizzonti eterni della vita divina di cui veramente partecipiamo; la carità, che pregustiamo nei Sacramenti e nell’amore fraterno, ci spinge sino ai confini della terra (cfr Mi 5,3; Mt 28,19; At 1,8; Rm 10,18). Una Chiesa in uscita fino agli estremi confini richiede conversione missionaria costante e permanente. Quanti santi, quante donne e uomini di fede ci testimoniano, ci mostrano possibile e praticabile questa apertura illimitata, questa uscita misericordiosa come spinta urgente dell’amore e della sua logica intrinseca di dono, di sacrificio e di gratuità (cfr 2 Cor 5,14-21)! Sia uomo di Dio chi predica Dio (cfr Lett. ap. Maximum illud).

È un mandato che ci tocca da vicino: io sono sempre una missione; tu sei sempre una missione; ogni battezzata e battezzato è una missione. Chi ama si mette in movimento, è spinto fuori da sé stesso, è attratto e attrae, si dona all’altro e tesse relazioni che generano vita. Nessuno è inutile e insignificante per l’amore di Dio. Ciascuno di noi è una missione nel mondo perché frutto dell’amore di Dio. Anche se mio padre e mia madre tradissero l’amore con la menzogna, l’odio e l’infedeltà, Dio non si sottrae mai al dono della vita, destinando ogni suo figlio, da sempre, alla sua vita divina ed eterna (cfr Ef 1,3-6).

Questa vita ci viene comunicata nel Battesimo, che ci dona la fede in Gesù Cristo vincitore del peccato e della morte, ci rigenera ad immagine e somiglianza di Dio e ci inserisce nel corpo di Cristo che è la Chiesa. In questo senso, il Battesimo è dunque veramente necessario per la salvezza perché ci garantisce che siamo figli e figlie, sempre e dovunque, mai orfani, stranieri o schiavi, nella casa del Padre. Ciò che nel cristiano è realtà sacramentale – il cui compimento è l’Eucaristia –, rimane vocazione e destino per ogni uomo e donna in attesa di conversione e di salvezza. Il Battesimo infatti è promessa realizzata del dono divino che rende l’essere umano figlio nel Figlio. Siamo figli dei nostri genitori naturali, ma nel Battesimo ci è data l’originaria paternità e la vera maternità: non può avere Dio come Padre chi non ha la Chiesa come madre (cfr San Cipriano, L’unità della Chiesa, 4).

Così, nella paternità di Dio e nella maternità della Chiesa si radica la nostra missione, perché nel Battesimo è insito l’invio espresso da Gesù nel mandato pasquale: come il Padre ha mandato me, anche io mando voi pieni di Spirito Santo per la riconciliazione del mondo (cfr Gv 20,19-23; Mt 28,16-20). Al cristiano compete questo invio, affinché a nessuno manchi l’annuncio della sua vocazione a figlio adottivo, la certezza della sua dignità personale e dell’intrinseco valore di ogni vita umana dal suo concepimento fino alla sua morte naturale. Il dilagante secolarismo, quando si fa rifiuto positivo e culturale dell’attiva paternità di Dio nella nostra storia, impedisce ogni autentica fraternità universale che si esprime nel reciproco rispetto della vita di ciascuno. Senza il Dio di Gesù Cristo, ogni differenza si riduce ad infernale minaccia rendendo impossibile qualsiasi fraterna accoglienza e feconda unità del genere umano.

L’universale destinazione della salvezza offerta da Dio in Gesù Cristo condusse Benedetto XV ad esigere il superamento di ogni chiusura nazionalistica ed etnocentrica, di ogni commistione dell’annuncio del Vangelo con le potenze coloniali, con i loro interessi economici e militari. Nella sua Lettera apostolica Maximum illud il Papa ricordava che l’universalità divina della missione della Chiesa esige l’uscita da un’appartenenza esclusivistica alla propria patria e alla propria etnia. L’apertura della cultura e della comunità alla novità salvifica di Gesù Cristo richiede il superamento di ogni indebita introversione etnica ed ecclesiale. Anche oggi la Chiesa continua ad avere bisogno di uomini e donne che, in virtù del loro Battesimo, rispondono generosamente alla chiamata ad uscire dalla propria casa, dalla propria famiglia, dalla propria patria, dalla propria lingua, dalla propria Chiesa locale. Essi sono inviati alle genti, nel mondo non ancora trasfigurato dai Sacramenti di Gesù Cristo e della sua santa Chiesa. Annunciando la Parola di Dio, testimoniando il Vangelo e celebrando la vita dello Spirito chiamano a conversione, battezzano e offrono la salvezza cristiana nel rispetto della libertà personale di ognuno, in dialogo con le culture e le religioni dei popoli a cui sono inviati. La missio ad gentes, sempre necessaria alla Chiesa, contribuisce così in maniera fondamentale al processo permanente di conversione di tutti i cristiani. La fede nella Pasqua di Gesù, l’invio ecclesiale battesimale, l’uscita geografica e culturale da sé e dalla propria casa, il bisogno di salvezza dal peccato e la liberazione dal male personale e sociale esigono la missione fino agli estremi confini della terra.

La provvidenziale coincidenza con la celebrazione del Sinodo Speciale sulle Chiese in Amazzonia mi porta a sottolineare come la missione affidataci da Gesù con il dono del suo Spirito sia ancora attuale e necessaria anche per quelle terre e per i loro abitanti. Una rinnovata Pentecoste spalanca le porte della Chiesa affinché nessuna cultura rimanga chiusa in sé stessa e nessun popolo sia isolato ma aperto alla comunione universale della fede. Nessuno rimanga chiuso nel proprio io, nell’autoreferenzialità della propria appartenenza etnica e religiosa. La Pasqua di Gesù rompe gli angusti limiti di mondi, religioni e culture, chiamandoli a crescere nel rispetto per la dignità dell’uomo e della donna, verso una conversione sempre più piena alla Verità del Signore Risorto che dona la vera vita a tutti.

Mi sovvengono a tale proposito le parole di Papa Benedetto XVI all’inizio del nostro incontro di Vescovi latinoamericani ad Aparecida, in Brasile, nel 2007, parole che qui desidero riportare e fare mie:

«Che cosa ha significato l’accettazione della fede cristiana per i Paesi dell’America Latina e dei Caraibi? Per essi ha significato conoscere e accogliere Cristo, il Dio sconosciuto che i loro antenati, senza saperlo, cercavano nelle loro ricche tradizioni religiose. Cristo era il Salvatore a cui anelavano silenziosamente. Ha significato anche avere ricevuto, con le acque del Battesimo, la vita divina che li ha fatti figli di Dio per adozione; avere ricevuto, inoltre, lo Spirito Santo che è venuto a fecondare le loro culture, purificandole e sviluppando i numerosi germi e semi che il Verbo incarnato aveva messo in esse, orientandole così verso le strade del Vangelo. […] Il Verbo di Dio, facendosi carne in Gesù Cristo, si fece anche storia e cultura. L’utopia di tornare a dare vita alle religioni precolombiane, separandole da Cristo e dalla Chiesa universale, non sarebbe un progresso, bensì un regresso. In realtà, sarebbe un’involuzione verso un momento storico ancorato nel passato»

(Discorso nella Sessione inaugurale, 13 maggio 2007: Insegnamenti III,1 [2007], 855-856).

A Maria nostra Madre affidiamo la missione della Chiesa. Unita al suo Figlio, fin dall’Incarnazione la Vergine si è messa in movimento, si è lasciata totalmente coinvolgere nella missione di Gesù, missione che ai piedi della croce divenne anche la sua propria missione: collaborare come Madre della Chiesa a generare nello Spirito e nella fede nuovi figli e figlie di Dio.

Vorrei concludere con una breve parola sulle Pontificie Opere Missionarie, già proposte nella Maximum illud come strumento missionario. Le POM esprimono il loro servizio all’universalità ecclesiale come una rete globale che sostiene il Papa nel suo impegno missionario con la preghiera, anima della missione, e la carità dei cristiani sparsi per il mondo intero. La loro offerta aiuta il Papa nell’evangelizzazione delle Chiese particolari (Opera della Propagazione della Fede), nella formazione del clero locale (Opera di San Pietro Apostolo), nell’educazione di una coscienza missionaria dei bambini di tutto il mondo (Opera della Santa Infanzia) e nella formazione missionaria della fede dei cristiani (Pontifica Unione Missionaria). Nel rinnovare il mio appoggio a tali Opere, auguro che il Mese Missionario Straordinario dell’Ottobre 2019 contribuisca al rinnovamento del loro servizio missionario al mio ministero.

Ai missionari e alle missionarie e a tutti coloro che in qualsiasi modo partecipano, in forza del proprio Battesimo, alla missione della Chiesa invio di cuore la mia benedizione.

Dal Vaticano, 9 giugno 2019, Solennità di Pentecoste
FRANCESCO

XI Forum Internazionale dei Giovani: “Giovani in azione in una Chiesa sinodale”

Pubblichiamo la notizia a cura della redazione di AnsAgenzia iNfo Salesiana – del 1 luglio 2019, riguardo all’undicesimo Forum Internazionale dei Giovani che si è svolto dal 19 al 22 giugno tra Roma e Ciampino. Ecco le parole di Carina Baumgartner, austriaca rappresentante dell’MGS, con il racconto dell’esperienza vissuta:

(ANS – Ciampino) – Dal 19 al 22 giugno, tra Roma e Ciampino, si è svolto l’undicesimo Forum Internazionale dei Giovani, promosso dal Dicastero vaticano per i Laici, la Famiglia e la Vita. In rappresentanza del Movimento Giovanile Salesiano (MGS), ha partecipato l’austriaca Carina Baumgartner, che si è radunata insieme a circa 250 giovani delegati provenienti da più di 100 Paesi e circa 40 tra comunità, movimenti e associazioni ecclesiali. Ecco cosa ci racconta di quest’esperienza:

L’obiettivo era quello di promuovere la prosecuzione del cammino sinodale avviato dall’ultimo Sinodo dei Vescovi sul tema: “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale” e dall’Esortazione Apostolica di Papa Francesco “Christus Vivit”.

Ogni giornata iniziava con la preghiera, seguita da input specifici secondo il tema del giorno, tavole rotonde e discussioni aperte fra tutti i partecipanti, gruppi di lavoro e momenti di presentazione, e infine l’Eucaristia.

Il primo giorno è stato dedicato alla riflessione sul processo sinodale a livello locale, con domande sul coinvolgimento dei giovani come protagonisti di questo processo e sugli esempi di buone pratiche emerse da questo cammino comune. Il secondo giorno abbiamo affrontato invece la domanda “Quali aspetti di Christus Vivit sono più rilevanti per il nostro contesto specifico?”. Mentre il terzo giorno abbiamo trattato dei gesti concreti che potremmo attuare, a partire dalla domanda: “Come posso aiutare la mia comunità ecclesiale locale a procedere nell’attuazione delle proposte sinodali?”

Il Forum Internazionale della Gioventù si è concluso sabato con la celebrazione eucaristica nella Basilica di San Pietro e l’incontro con Papa Francesco che ha salutato personalmente ognuno di noi.

La partecipazione a questo Forum è stata per me un’esperienza unica, sia a livello personale, sia come rappresentante dell’MGS. Il Forum è stato un grande esempio di come continuare il cammino sinodale con i giovani, di come ascoltarci e renderci protagonisti di questo processo. All’inizio del Forum ogni delegato è stato presentato individualmente per nome e Paese/Movimento: è stato un gesto che ho vissuto come un segno di accoglienza, apprezzamento e importanza della nostra presenza. I momenti più forti sono stati quelli di condivisione con gli altri partecipanti, non solo nei gruppi di lavoro, ma soprattutto nelle fasi informali.

Gli argomenti sono rimasti gli stessi: “Cosa sperimentiamo nella nostra vita quotidiana nella Chiesa? Cosa sogniamo per la Chiesa? Come possiamo sostenere il cammino sinodale?” E quest’evento ha dimostrato che siamo tutti parte di una grande famiglia chiamata Chiesa, piena di diversità e di giovani che “bruciano” per essa.

“Impegniamoci ad essere agenti del cambiamento, di pace, gioia e speranza” è stata una delle frasi motivazionali presentate da uno dei gruppo di lavoro nell’ultimo giorno. “Vogliamo una Chiesa con e per i giovani” è stata un’altra di queste frasi, che magari potrebbe essere piuttosto nota nell’MGS, ma che non descrive la realtà di tutti i giovani. Ecco perché, insieme a tutti gli altri membri della Chiesa, abbiamo bisogno di continuare questo cammino sinodale, per essere una Chiesa accogliente, proiettata verso tutte le persone, specialmente i giovani e coloro che sono o si sentono lontani dalla Chiesa.

Voglio concludere con un’altra frase motivazionale ascoltata al forum: “Siamo il volto di Cristo, pienamente vivo!”

Papa Francesco e la Famiglia Salesiana

Si evidenzia l’articolo pubblicato dalla redazione di InfoAnsAgenzia iNfo Salesiana – in merito alla nomina, compiuta da parte di Papa Francesco, di due componenti della Famiglia Salesiana tra i Consultori della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi:

  • don Rossano Sala, SDB, docente di Pastorale Giovanile presso l’Università Pontificia Salesiana, e che ha svolto l’incarico di Segretario Speciale al Sinodo dei Vescovi sui Giovani; 
  • suor Alessandra Smerilli, delle Figlie di Maria Ausiliatrice, docente di Economia presso la Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione “Auxilium”.

(ANS – Città del Vaticano) – Il 24 maggio scorso, festa di Maria Ausiliatrice, Papa Francesco ha dato un nuovo segnale della considerazione che nutre verso la Famiglia Salesiana nominando tra i Consultori della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi don Rossano Sala, SDB, docente di Pastorale Giovanile presso l’Università Pontificia Salesiana, e che ha svolto l’incarico di Segretario Speciale al Sinodo dei Vescovi sui Giovani; e suor Alessandra Smerilli, delle Figlie di Maria Ausiliatrice, docente di Economia presso la Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione “Auxilium”, di recente nominata anche Consigliere dello Stato della Città del Vaticano.

Per don Sala – nominato Consultore insieme con l’altro Segretario Speciale al Sinodo sui Giovani, il gesuita padre Giacomo Costa – la nomina rappresenta un’indicazione del fatto che il Santo Padre Francesco e la Segreteria Generale del Sinodo hanno ritenuto l’ultimo sinodo un’esperienza utile per il futuro cammino della Chiesa, che ha espresso approcci e modalità da mantenere e da far maturare anche nei Sinodi dei Vescovi che verranno.

In tal senso va riletta anche la nomina, per la prima volta, di quattro donne tra i Consultori della Segreteria Generale del Sinodo – tre suore e una laica. “La maggiore presenza di donne negli organismi permanenti del Sinodo dei Vescovi è anch’essa legata all’esperienza del Sinodo sui Giovani, che sia nel suoi lavori, sia nel Documento finale, ha richiesto una valorizzazione del ruolo femminile all’interno della Chiesa” riporta il salesiano. Tale scelta, perciò, “è un segno della volontà del Santo Padre di avvalersi del genio femminile non solo nella fase attuativa o celebrativa di un sinodo, ma già nel cammino di preparazione, per poter compiere un discernimento più ricco e più ampio”.

A livello operativo, don Sala ha chiarito che la nomina significa “essere a disposizione della Segreteria del Sinodo” per offrire il proprio contributo di consulenza. Un contributo che nella sua specifica realtà di salesiano e di esperto di Pastorale Giovanile significherà in primo luogo “aiutare a far entrare i dinamismi giovanili nei cammini ordinari della Chiesa, perché, come Papa Francesco ha detto più volte nell’esortazione apostolica post-sinodale Christus Vivit, la presenza dei giovani può davvero ringiovanire il volto della Chiesa”.

Don Lorenzelli, SDB, nominato vescovo ausiliare di Santiago del Cile

Si riporta la notizia pubblicata su infoans.org, in data 22 maggio 2019, inerente alla nomina del Santo Padre Francesco a al salesiano don Alberto Ricardo Lorenzelli Rossi come vescovo ausiliare di Santiago del Cile.

Il Santo Padre Francesco ha nominato oggi, 22 maggio, come vescovo ausiliare di Santiago del Cile, il salesiano don Alberto Ricardo Lorenzelli Rossi, attualmente Direttore della Comunità Salesiana in Vaticano e Cappellano della Direzione dei Servizi di Sicurezza e Protezione Civile dello Stato della Città del Vaticano. Don Lorenzelli, cui è stata assegnata la sede titolare vescovile di Sesta, è stato nominato vescovo ausiliare insieme a don Carlos Eugenio Irarrázaval Errázuriz, del clero di Santiago, cui è stata assegnata la sede titolare vescovile di Tanudaia.

Don Alberto Lorenzelli, è nato a Isidro Casanova, Provincia di Buenos Aires, in Argentina, il 2 settembre 1953, da genitori immigrati italiani. Ritornato in Italia nel 1972, dopo aver frequentato il noviziato di Pinerolo, ha emesso la sua prima professione come Salesiano di Don Bosco il 24 gennaio 1973, e la professione perpetua a Roma-San Callisto, il 15 settembre 1977. È stato ordinato sacerdote a Genova-Sampierdarena il 24 gennaio del1981, per l’imposizione delle mani del card. Rosalio Castillo Lara, SDB.

È stato Vicepreside della Scuola Media “Don Bosco” e Preside dell’Istituto Tecnico Industriale e Liceo Scientifico “Don Bosco” di Genova; poi Direttore dell’Istituto Don Bosco di Genova-Sampierdarena dal 1996 al 2002.

Fondatore e Docente di Teologia e Storia delle Religioni all’Università della Terza Età di Genova, ha svolto per cinque anni il ruolo di cappellano-educatore del Carcere Minorile di Genova. Nel 2001 ha fondato il Liceo Scientifico Sportivo “Pierre De Coubertin”, primo in Italia.

È stato Presidente della “FIDAE – Liguria” (Federazione di Istituti di Attività Educative) e membro del Consiglio Nazionale della Scuola Cattolica della Conferenza Episcopale Italiana.

Nel 2002 viene nominato Superiore dell’Ispettoria Salesiana Italia-Ligure-Toscana.

Dal 2005 al 2012 è stato Presidente Nazionale della CISM (Conferenza Italiana Superiori Maggiori) e membro dell’UCESM (Unione Conferenze Europee Superiori Maggiori).

Nel 2008 è nominato Superiore della Circoscrizione Salesiana dell’Italia Centrale “Sacro Cuore”.

Il 19 gennaio 2012 viene nominato Superiore dell’Ispettoria “San Gabriele Arcangelo” del Cile e Gran Cancelliere dell’Università Cattolica “Silva Henríquez” di Santiago del Cile.

Il 27 gennaio 2018, concluso il suo mandato di Ispettore in Cile, rientra in Italia e il 25 luglio 2018 e assume l’incarico di direttore della Comunità Salesiana in Vaticano.

Il 10 novembre scorso il Santo Padre Papa Francesco lo ha nominato Cappellano della Direzione dei Servizi di Sicurezza e Protezione Civile dello Stato della Città del Vaticano.

“Christus vivit” – Esortazione Apostolica di Papa Francesco

«Cristo vive. Egli è la nostra speranza e la più bella giovinezza di questo mondo. Tutto ciò che Lui tocca diventa giovane, diventa nuovo, si riempie di vita. Perciò, le prime parole che voglio rivolgere a ciascun giovane cristiano sono: Lui vive e ti vuole vivo!».
(Inizio dell’Esortazione Apostolica postsinodale)

Si rende noto che è stata resa pubblica l’esortazione apostolica postsinodale di Papa Francesco, frutto del Sinodo dei giovani svoltosi nell’ottobre scorso. Firmata lunedì 25 marzo nella Santa Casa di Loreto e indirizzata “ai giovani e a tutto il popolo di Dio” è composto di nove capitoli divisi in 299 paragrafi.

Il Papa spiega di essersi lasciato “ispirare dalla ricchezza delle riflessioni e dei dialoghi del Sinodo” dei giovani, celebrato in Vaticano nell’ottobre 2018.

Don Rossano Sala, Segretario speciale del Sinodo dei giovani, introduce
“Christus vivit”:

Clicca qui sotto per saperne di più:

 

Dal 9 aprile 2019 sarà disponibile in libreria presso la casa editrice salesiana Elledici:

L’Editrice Elledici propone il testo al prezzo speciale di € 2,50, con l’invito alla lettura di don Michele Falabretti, Direttore del Servizio Nazionale di Pastorale Giovanile della Conferenza Episcopale Italiana, e la Guida alla lettura e rilancio del cammino a cura di padre Giacomo Costa e don Rossano Sala, Segretari Speciali del Sinodo dei Vescovi.

Editrice Elledici

Alessandria – Al Don Bosco per la diretta da Panama con il Papa

Ecco un articolo proveniente da Alessandria News, riguardo l’appuntamento di sabato 26 gennaio al Centro Don Bosco di Acqui in cui si sono ritrovati un centinaio di giovani per vivere una serata di gioco ed attendere la mezzanotte per la diretta della veglia di Papa Francesco da Panama:

ALESSANDRIA – Sabato sera, appuntamento al centro Don Bosco di corso Acqui per assistere in diretta da Panama alla veglia di papa Francesco. Ritrovo alle 20.30 per la cena, poi giochi e, a mezzanotte, il collegamento con l’America latina dove si ritrovano milioni di ragazzi, protagonisti della Giornata mondiale della gioventù (Gmg),  oceanico raduno che, per impatto, è superiore anche alle Olimpiadi. Al Don Bosco sono attesi un centinaio di giovani, provenienti da parrocchie della diocesi o  affiliati ad associazioni di matrice cattolica. I salesiani offriranno un piatto caldo; il resto della cena sarà “condiviso”. A Panama sono presenti anche 27 alessandrini, tra cui il vescovo Guido Gallese e il vicario generale, don Vittorio Gatti.

Papa Francesco – I salesiani portino gioia

Ecco un articolo proveniente da BlastingNews riguardo al commento di Papa Francesco sui figli di don Bosco:

“Ai ragazzi si deve portare questa notizia bella”.

Così scrive, in sintesi, Papa Francesco, nella prefazione al volume “Evangelii Gaudium con don Bosco”. Ci sono belle e vere notizie diverse da quelle “che passano ogni giorno sui giornali e la rete”, che possono essere veicolate dai “testimoni” di Gesù Risorto. Cosi hanno fatto don Bosco e tante altre figure della congregazione salesiana che, per primi, “si sono lasciati raggiungere dalla misericordia di Dio”.

Le parole del pontefice sono state commentate a Telepace News dal vescovo Enrico dal Covolo, il quale ha dichiarato di aver parlato personalmente con il Santo Padre di San Giovanni Bosco e soprattutto della “santità nella Famiglia Salesiana”.

La santità dei salesiani è nella gioia

Dalle parole di Bergoglio contenute nel volume sull’Evangelii Gaudium curato dal salesiano Antonio Carriero, traspare una grande stima per il carisma di questa congregazione religiosa.

L’opera contiene 25 contributi firmati da “grandi esperti” in diverse discipline, che mettono in rilievo il pensiero di Papa Francesco  per far fronte a situazioni di disagio culturale e sociale nel mondo giovanile.

Tutto ciò, naturalmente, in chiave salesiana, tenendo presente ciò che ha insegnato San Giovanni Bosco in tema di educazione e prevenzione del disagio giovanile.

“Voi salesiani siete fortunati”, scrive il pontefice rivolgendosi ai figli di don Bosco. Questo perché il santo piemontese sapeva essere sempre “gioioso”, affrontando la vita quotidiana nel migliore dei modi. Il Santo Padre fa riferimento a quel sano “ottimismo” con cui possono essere affrontate tutte le difficoltà. Del resto, la santità di don Bosco consisteva anche e soprattutto nel suo temperamento gioioso. La richiesta del Papa ai membri della congregazione è di essere portatori sani della gioia del Vangelo, proprio quella di cui è stato testimone il presbitero astigiano, e che conduce alla santità.

Il vescovo Enrico dal Covolo: ‘Papa Francesco parla di santità della porta accanto’

Il vescovo salesiano Enrico dal Covolo, intervistato da Telepace News, ha commentato la prefazione di Bergoglio al volume, dicendo che quanto affermato dal pontefice nella prefazione del libro coincide per molti aspetti con il modello di santità rappresentato da don Bosco. Quest’ultimo, infatti, era solito dire sempre ai suoi ragazzi: “Desidero vedervi felici”. Secondo l’Assessore al Pontificio Comitato di Scienze Storiche, il Papa vorrebbe dai salesiani e da tutti i cristiani un’incarnazione nell’esistenza di quella “santità della porta accanto”. Ed è proprio questo “che rende belle e felici le persone”, come spiega ampiamente il Santo Padre stesso nell’esortazione “Gaudete et exsultate”.

Nel testo “Evangelii Gaudium con don Bosco” il pontefice ricorda la storia della nascita della famiglia salesiana. Nella Torino dell’Ottocento, quando nascevano le grandi fabbriche, cominciavano ad emergere con forza i grandi disagi sociali.

In questo contesto particolare si inserì l’azione di San Giovanni Bosco e di tanti altri santi da lui ispirati che seppero far fronte alle nascenti emergenze. Egli raccolse tanti “ragazzi soli, abbandonati, in balia dei padroni del lavoro, privi di ogni scrupolo”, accogliendoli in scuole e comunità nelle quali offriva loro la formazione adeguata.

Papa Francesco rivela di essere cresciuto in una di queste scuole, aggiungendo che chi lo ha accompagnato nella sua giovinezza lo ha “aiutato ad andare avanti nella gioia e nella preghiera”. Da qui la sua benevolenza nei confronti dei salesiani, di cui dice: “Mi hanno aiutato a crescere senza paura, senza ossessioni”.

Giornata Mondiale della Gioventù di Panama 2019

Si pubblica qui a seguire un’articolo della redazione di ANS (Agenzia Info Salesiana) riguardo la GMG (Giornata Mondiale della Gioventù) che quest’anno si svolgerà a Panama dal 23 al 27 gennaio 2019!

“Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto” (Lc 1, 38) 

 

ANS – (Città di Panama) – Giovani provenienti da diverse parti del mondo si stanno preparando a vivere uno dei più grandi eventi della vita della Chiesa, che riunisce migliaia e migliaia di persone, questa volta al centro del continente americano, Panama: la Giornata Mondiale della Gioventù (GMG). Alcuni sono già partiti, altri sono in partenza, altri ancora partiranno nei prossimi giorni. Ciò che è certo è che la celebrazione inizia tra pochi giorni e i Figli spirituali di Don Bosco saranno presenti per accogliere i tanti visitatori.

La partecipazione di tre grandi personaggi renderà la GMG una festa piena: in primo luogo il Santo Padre Francesco, e poi, per il mondo salesiano, il Rettor Maggiore, Don Ángel Fernández Artime, e la Madre Generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice, Madre Yvonne Reungoat. Parteciperanno, inoltre, autorità di diversi Paesi: il governo panamense ha confermato la partecipazione dei Presidenti di Colombia, Costa Rica, El Salvador, Guatemala, Honduras, Portogallo…

Papa Francesco partirà da Roma il 23 gennaio e arriverà a Panama lo stesso giorno. Giovedì 24 riceverà i saluti dalle autorità del Paese e dal Presidente di Panama, Juan Carlos Varela Rodríguez, e incontrerà anche i vescovi centroamericani. Nel pomeriggio si terrà la cerimonia di accoglienza e di apertura della Giornata Mondiale della Gioventù 2019, nel “Campo Santa María la Antigua” – Cinta Costera.

Durante il suo soggiorno a Panama il Santo Padre avrà diverse occasioni nelle quali incontrerà migliaia di giovani, e concluderà la sua visita con la celebrazione della Santa Messa di domenica 27 gennaio, nel grande “Campo San Juan Paolo II” – Metro Park, dove sono attesi circa 250.000 fedeli.

L’inno ufficiale della GMG di Panama 2019, dal titolo: “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto” (Lc 1, 38) è scritto e composto da Abdiel Jiménez, con la produzione e gli arrangiamenti di Aníbal Muñoz, e la collaborazione di Carlos Samaniego e Ricky Ramírez, professionisti con una grande carriera musicale. 

I Salesiani, da parte loro, trasmetteranno in diretta i momenti principali della GMG attraverso la pagina Facebook di ANS.

Tutto il Paese si sta preparando da mesi, mettendo a punto i dettagli prima che arrivi il Santo Padre, ed è con grande entusiasmo che attende i giovani del mondo che hanno deciso di partecipare a questa GMG. “Un evento che ha unito più di 4 milioni di panamensi nell’amore verso i propri fratelli, senza distinzione di religione, credenze o politica”, ha spiegato Yithzak Gonzalez, operatrice della Pastorale Giovanile della Conferenza Episcopale di Panama, in un’intervista rilasciata a “Vatican News”.