Articoli

Salesiani Agnelli – “chiusura della scuola: liberazione o privazione?” il lavoro della 3E

A partire da un post pubblicato dallo scrittore e insegnante Alessandro D’Avenia, i ragazzi della 3E dell’Istituto Internazionale Edoardo Agnelli di Torino hanno riflettuto sulla chiusura della scuola: liberazione o privazione?

Ecco alcune delle riflessioni riportate dai ragazzi della classe 3E.

“Devo ammettere che non avrei mai pensato che potesse mancarmi la scuola, ma non capisci di amare qualcosa finché non rimani senza”.

“Insomma, non si tratta di una semplice abitudine o di una canzoncina che impari a memoria, ma la scuola è qualcosa di più. Per questo, per questo qualcosa di più che ora è qualcosa di meno, la chiusura delle scuole per me è una privazione, ma se vogliamo sconfiggere questo virus, è una privazione che sono disposto ad accettare”.

“All’inizio pensavo di sentirmi libero: dalla scuola che alla mia età è più un dovere che un piacere, libero da tutto quello che dovevo fare tutti i giorni dal lunedì al venerdì. […] Mi mancano i compagni, le litigate, le lezioni noiose e non, mi manca l’ansia nel ricevere i voti dal professore che mi spiega il motivo del voto, ma soprattutto mi mancano gli intervalli dopo pranzo dove tutti potevano giocare e divertirsi quell’oretta prima di fare studio pomeridiano”.

“Sento la mancanza delle mattine piovose e grigie osservate dalla finestra di una calda classe, del peso dello zaino sulle scale, di tutti quei “buongiorno” allegri e assonnati scambiati prima del suono della campanella. Ho nostalgia delle mattine in cui mi svegliavo all’alba e osservavo dal finestrino della macchina la luna ancora alta nel cielo e le nuvole tinte di rosa in lontananza. Mi manca quella morsa che sentivo allo stomaco e quella paura di aver dimenticato tutto di colpo che mi assaliva prima di una verifica. Voglio tornare alla mia vecchia vita, quella di solo pochi mesi fa, per riempire questa enorme privazione scavata in me e colmarla nuovamente delle piccole cose di tutti i giorni”.

“Stare così a lungo senza compagnia, fatta eccezione dei propri familiari, un frigo e una televisione, farebbe perdere le staffe anche ad un santo. Perciò io, non essendo un santo, perdo le staffe al quadrato, e basta un niente per farmi arrabbiare. […] La scuola, che dovrebbe essere l’incarnazione della seccatura per eccellenza (svegliarsi presto, compiti, interrogazioni…) è diventato l’obiettivo, un qualcosa di sognato e fortemente voluto”.

“È più una “liberazione” perché mi sento più libera ad organizzarmi lo studio e i compiti, mi sento anche più libera perché al mattino mi sveglio presto per seguire le lezioni da casa ma sicuramente non all’alba, perché non ho il pensiero di rifare il letto e prepararmi la cartella”.

“Ci manca il rapporto tra professori e allievi? A me manca molto perché, se si instaura un buon legame, è comunque un’amicizia”.