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Il Vescovo di Torino in visita a Lombriasco

Visita di Mons. Roberto Repole, Vescovo di Torino, alla parrocchia di Lombriasco in occasione degli 850 anni dall’istituzione della parrocchia. Di seguito la notizia a cura della Casa.

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In occasione degli 850 anni dell’istituzione della Parrocchia a Lombriascodomenica 17 settembre si avrà la gradita visita di Mons. Roberto Repole.

Programma della giornata:

  • Ore 10.00
    • Accoglienza dell’arcivescovo sul sagrato della chiesa parrocchiale
    • Saluto del Sindaco di Lombriasco Daniele Ronco e del Parroco don Corrado Ribero
    • Santa Messa solenne
    • Processione dei Corpi Santi e della Madonna del Rosario per le vie del paese (itinerario: piazza Rimembranza, via Ponte Cesare, via S. Giovanni Bosco, via Ortensia, via Carmagnola, via Ponte Cesare, tappa alla Casalbergo per anziani, rientro in chiesa parrocchiale)
  • Ore 11.30
    • Rinfresco in oratorio, interviene la banda musicale di Vigone.

Si invitano gli abitanti lungo il percorso della processione ad esporre fiori davanti alle proprie abitazioni.

Asti: celebrazioni del 60° di fondazione della parrocchia Don Bosco

L’8 dicembre, oltre alla festa dell’Immacolata, si ricorda al Don Bosco di Asti, il 60° di fondazione della parrocchia e non solo: i 60 anni del Vescovo Mons. Marco Prastaro, che ha presieduto l’Eucarestia.

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L’8 dicembre al don Bosco si è concluso l’anno giubilare della Parrocchia. 60 anni di presenza salesiana al servizio della chiesa locale e della comunità civile.

E’ la Provvidenza che ci ha voluti qui, ha esordito il direttore della Comunità salesiana nel saluto iniziale. Quanto bene, quanta grazia di Dio è stata profusa in questo rione, soprattutto a favore di tanti giovani, che i figli di don Bosco hanno incontrato sul loro cammino. Questa consapevolezza ci riempie il cuore di gioia e di riconoscenza, di fiducia nel buon Dio, che non abbandona mai il suo popolo, che non gli fa mai mancare i suoi doni di grazia.

Ha presieduto l’eucaristia monsignor Marco Prastaro, vescovo di Asti, che per una felice coincidenza proprio in questo stesso giorno ha festeggiato il suo 60° compleanno, affiancato dall’emerito monsignor Francesco Ravinale e dal cancelliere vescovile il diacono Natale Campanella.

Erano presenti alcune autorità civiche: Il Questore dott. Sebastiano Salvo, il Sindaco della città dott. Maurizio Rasero, l’assessore Giovanni Boccia, la capogruppo del Partito democratico Maria Ferlisi, il rettore del Pallio del Borgo don Bosco e consigliere comunale Marco Scassa, le Suore FMA dell’Istituto Mazzarello.

Un gran concorso di gente ha gremito la chiesa: hanno animato la funzione sacra, i giovani dell’Oratorio, un bel numero di ministranti ed il gruppo dei cantori con alcune “Vecchie glorie” tra i suonatori.

Commentando il vangelo, il Vescovo si è rivolto ai giovani ed ha sottolineato quanto sia importante in una comunità come la nostra la collaborazione tra le varie generazioni: gli anziani con la loro esperienza ed i giovani con la forza, la fantasia e la creatività della loro giovinezza. Ha ricordato loro l’importanza di una  presenza continuativa della parrocchia gestita in stile salesiano ed ha invitato i giovani a far tesoro di tanta esperienza e di guardare al loro futuro con costanza e decisione, mostrandosi cristiani senza paura e “trasgressivi” nell’accezione usata da  Papa Francesco nella sua visita ad Asti.

Al momento dell’offertorio al vescovo, è stata donata una cassetta di prodotti locali e, al termine della santa messa, i bambini del catechismo  e delle scuole della parrocchia hanno presentato i loro omaggi. Anche al Parroco i bambini hanno offerto un grazioso presepe.

Al termine della celebrazione il Vescovo ha scoperto, incastonato su una colonna d’angolo della chiesa, un frammento a forma di tessera della prima pietra di quella che era la chiesa parrocchiale di 60 anni fa. Per tanti anni è rimasto nell’ufficio del parroco ora è stato reso visibile ai fedeli come segno di continuità con la chiesa di allora e di impegno pert i prossimi 60 anni nel realizzare il progetto di Dio per la gente di oggi.

Sul sagrato della chiesa parrocchiale, è seguito il “Cerchio mariano” a ricordo dell’Ave Maria recitata da don Bosco nella sacrestia della chiesa di San Francesco d’Assisi in Torino con Bartolomeo Garelli, astigiano, l’8 dicembre del 1841. Al termine della sua vita don Bosco affermerà che tutta la sua opera era dipesa da quell’Ave Maria.

Per l’occasione la San Vincenzo della parrocchia ha allestito un’esposizione di piccoli oggetti donati e realizzati dai bambini di varie scuole cittadine, affinché il ricavato vada ai poveri della città.

Ubi missa, ibi mensa” dicevano i vecchi prelati di un tempo e così nel salone dell’Oratorio è seguito il pranzo dei collaboratori della parrocchia, presente una bella rappresentanza di giovani dell’Oratorio. Ha benedetto la mensa mons. Francesco Ravinale, affiancato dai due diaconi Natale Campanella e Pierluigi Maggiora. Sono state servite oltre 120 persone con un ricco menù irrorato da una generosa barbera locale.

Un grazie sentitissimo al gruppo dei più stretti collaboratori del parroco don Jacek Jankosz, che sotto la sua sapiente regia ancora una volta ha fatto fare un “figurone” degno della circostanza alla Parrocchia, all’Oratorio ed alla Casa salesiana.

A conclusione di tutto, nel pomeriggio, i giovani hanno riportato la sala giochi alla sua funzione principale, abbellendola con gli addobbi natalizi.

Le celebrazioni sono state riprese anche in un articolo del giornale “La Nuova Provincia”, che vi alleghiamo:

Nuovo Vescovo salesiano

Il Santo Padre ha nominato Vescovo Ausiliare dell’Arcidiocesi Metropolitana di Tegucigalpa (Honduras) il Padre Walter Guillén Soto, S.D.B., finora Rettore del Santuario Nacional de la Juventud San Juan Bosco di Tegucigalpa, assegnandogli la Sede titolare di Nasbinca.

Di seguito viene riportata la notizia integrale pubblicata su infoAns in merito alla nomina.

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(ANS – Città del Vaticano)– La Sala Estampa della Santa Sede ha annunciato sabato 14 novembre che Sua Santità Papa Francesco ha nominato il sacerdote salesiano don Walter Guillen Soto come Vescovo Ausiliare dell’Arcidiocesi di Tegucigalpa, Honduras. A don Guillen Soto, attualmente Rettore del Santuario Nazionale della Gioventù “San Giovanni Bosco” di Tegucigalpa, è stata ora assegnato la sede episcopale titolare di Nasbinca.

Walter Guillen Soto è nato il 6 dicembre 1961 a San Pedro Sula, Honduras. Ha conseguito: la Licenza in Teologia presso l’“Universidad Francisco Marroquín” in Guatemala; in Pedagogia e Scienze dell’Educazione presso l’“Universidad Don Bosco” di San Salvador, El Salvador; e il Dottorato in Educazione e in Scienze Pedagogiche all’“Universidade de Santiago de Compostela”, Spagna.

Ha compiuto la professione religiosa come salesiano di Don Bosco il 6 giugno 1986 ed ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 5 novembre 1988.

Nella sua vita religiosa ha ricoperto i seguenti incarichi: Direttore Accademico dell’Istituto “San Miguel” di Tegucigalpa; Direttore dell’Istituto Teologico Arcidiocesano di Tegucigalpa; Direttore dell’Istituto “Ricaldone” a San Salvador; Direttore del Collegio “Don Bosco” di San José, Costa Rica; Direttore dell’“Instituto Técnico Don Bosco” di Città di Panama, Panama; Direttore dell’“Instituto Tecnológico Don Bosco AC” di Saltillo, Messico; Segretario particolare dell’Arcivescovo di Tegucigalpa, il card. salesiano Óscar Andrés Rodríguez Maradiaga.

Dal 2017 è Rettore del Santuario “San Juan Bosco” di Tegucigalpa e dal 2018 Cappellano Generale dell’Università Cattolica dell’Honduras. È stato inoltre Presidente della Federazione Cattolica di Panama e Presidente della Confederazione Interamericana dell’Educazione Cattolica (CIEC).

Insieme a don Guillen Soto, il Santo Padre ha nominato come vescovo ausiliare di Tegicigalpa anche don Teodoro Gómez Rivera, del clero della diocesi di Choluteca Honduras, finora Vicario Generale e Vicario Episcopale per la Pastorale della diocesi, e gli ha assegnato la Sede titolare di Castello di Tatroporto.

Cile, lo scandalo degli abusi – Le parole di Mons. Lorenzelli

Riportiamo la notizia di giovedì 18 luglio proveniente da “La Voce e il Tempo”. Una intervista a cura di Marina Lomunno al salesiano Mons. Lorenzelli, inviato dal Papa a Santiago del Cile come Vescovo ausiliare dopo lo scandalo degli abusi e le dimissioni della Conferenza Episcopale cilena. A metà luglio Lorenzelli era a Torino e ha raccontato a «La Voce e Il Tempo» la sfida che lo attende: lenire le ferite del popolo cileno e riconciliarlo alla Chiesa.

Papa Francesco ha ordinato lo scorso 22 giugno nella Basilica di San Pietro come vescovo ausiliare di Santiago del Cile il salesiano don Alberto Ricardo Lorenzelli Rossi. Classe 1953, nato nella provincia di Buenos Aires da genitori italiani, già direttore della Comunità Salesiana in Vaticano e Cappellano della Direzione dei Servizi di Sicurezza e Protezione Civile dello Stato della Città del Vaticano, ha ricoperto numerosi incarichi nella sua congregazione, tra cui Ispettore della Provincia cilena e in Italia di è stato fra l’altro presidente del Cism (Conferenza italiana dei superiori maggiori).

Con mons. Lorenzelli è stato nominato vescovo ausiliare di Santiago, (diocesi governata da un amministratore apostolico) don Carlos Eugenio Irarrázaval Errázuriz, del clero diocesano di Santiago. Il mandato a mons. Lorenzelli giunge in un momento di grave difficoltà della Chiesa cilena la cui Conferenza episcopale, dopo la scoperta di abusi sui minori ad opera di alcuni prelati, ha rassegnato le dimissioni al Papa nel maggio 2018. Lo abbiamo incontrato venerdì 12 luglio scorso, al termine della Messa nella Basilica di Maria Ausiliatrice dove è venuto a pregare alla vigilia della partenza per il Cile.

Il Papa la invia in Cile dove la Chiesa sta vivendo una crisi profonda. Con che spirito si accosta a partire con un mandato di così grande responsabilità?

La nomina a Vescovo ausiliare di Santiago è stata una sorpresa e ho manifestato subito a Papa Francesco il mio smarrimento e le mie perplessità. Il Papa mi confermato che certamente è un incarico delicato e ho percepito l’atto di grande fiducia verso la mia persona che ritengo, e non per falsa umiltà, eccessiva. Mi hanno molto commosso le sue parole: «Guarda che accettare questa nomina è da incoscienti, l’avessero proposto a me non so se l’avrei accettata: però ti chiedo di fare una scelta da incosciente. E non farlo come un piacere a me ma per il bene della Chiesa». E mi è sembrato che più che il Papa mi stesse parlando mio padre. E così i suoi gesti, le sue parole, hanno fatto cadere le mie resistenze. E mi sono detto con spirito di fede: ‘ciò che il Papa mi sta chiedendo lo voglio leggere come una richiesta del Signore’. E così mi sono inginocchiato e gli ho chiesto di benedirmi. Anche durante la celebrazione dell’ordinazione mi sono sentito come un figlio che riceve un mandato da suo padre. Quel giorno e poi in altre occasioni mi ha detto: ‘Ti ringrazio di avere accettato’.

Cosa le chiede Francesco?

Il Papa non mi ha dato indicazioni particolari: mi ha invitato ad andare e a mettermi a disposizione dell’amministratore apostolico al servizio della Chiesa cilena che in questo momento soffre, ha perso la fiducia del popolo di Dio. E mi riferisco alla Chiesa istituzionale mentre nella gente la religiosità e la fede sono ancora molto vive. È di qui che bisogna ripartire.

E come?

Bisogna prima di tutto costruire comunione con il popolo di Dio: io non vado a Santiago né con un’agenda, né con un programma, nulla. Il mio programma è l’omelia di papa Francesco, molto impegnativa, pronunciata durante la mia ordinazione: «Riflettiamo attentamente a quale alta responsabilità viene promosso questo nostro fratello. Il Signore nostro Gesù Cristo mandò a sua volta nel mondo i dodici apostoli, perché, pieni della potenza dello Spirito Santo annunziassero il Vangelo a tutti i popoli e riunendoli sotto un unico pastore, li santificassero e li guidassero alla salvezza». Ecco il mio mandato. Prima di tutto mi impegnerò a vedere, in secondo luogo ad ascoltare e infine a stare vicino ai sacerdoti. Credo che in questo momento di smarrimento e di solitudine del clero, come Vescovo devo offrire ai preti la mia disponibilità. E poi il dialogo e la vicinanza al popolo di Dio, in modo che tutti riprendiamo il nostro cammino di fede.

Quali risposte si aspettano i credenti e la società civile cilena per recuperare fiducia nella Chiesa?

Realizzare il mandato del Papa significa mettermi accanto alle persone che hanno più bisogno, ai più poveri, a quelli che hanno smarrito la strada, la fede. E poi, proprio perché sono un figlio di don Bosco, i primi che avvicinerò sono i giovani perché sono coloro che si sono allontanati di più da una Chiesa in cui non si sono sentiti rispettati ma feriti. È naturale che i giovani pensino, di fronte a fatti gravi come gli abusi, che non ci sia più nulla di credibile: spirito di fede, autenticità, radicalità del Vangelo e sappiamo come i giovani cerchino questa radicalità. E poi l’altro aspetto per me molto importante è la vicinanza alle vittime degli abusi che hanno lanciato un grido di dolore. Non dobbiamo considerarli come nemici ma come persone che davvero portano impressa nella loro carne una ferita: mentre si aprivano alla vita non si sono sentiti rispettati, non si sono create le relazioni giuste e sane che un sacerdote e un vescovo devono instaurare con chi gli è affidato. È fondamentale aprire con loro un dialogo, far capire che gli sono vicino e che riconosco il loro dolore. Ma non solo: dirò loro che «voglio impegnarmi a cercare di sanare le ferite profonde che vi abbiamo creato». Cercherò di incontrarli e guardarli con un occhio di attenzione, di misericordia, di affetto, riconoscendo gli errori. E, a nome della Chiesa, chiederò veramente e sinceramente perdono.

Papa Francesco nel 2015, nel bicentenario di don Bosco davanti alla Basilica di Maria Ausiliatrice, invitò i salesiani ad essere gente concreta come il loro fondatore, che cercava di risolvere i problemi dei giovani che gli venivano affidati. Cosa significano per lei essere «concreto» ora che si appresta a questo nuovo incarico?

La concretezza fa parte del nostro modo di lavorare, della nostra formazione, significa avere i piedi per terra. Per questo non parto per il Cile con un programma predisposto ma cercherò di capire cosa chiede il popolo di Dio alla Chiesa cilena. Il Papa apprezza i salesiani – per un periodo ha studiato nelle nostre scuole, la stessa che ho frequentato anche io – e ci invita a vivere a pieno il nostro carisma, che è una spiritualità dell’allegria, della speranza. Per questo ho scelto nel mio stemma episcopale un passo di san Paolo ai Filippesi (4,4) «Gioite nel Signora sempre»: non una gioia disincarnata ma quella gioia che parte dal cuore, dove ritroviamo i motivi di speranza e della ricostruzione anche quando viviamo situazioni difficili e che qualche volta ci portano alla disperazione. Essere concreti significa che, con l’aiuto di Dio, si possono trovare sempre delle soluzioni. Essere concreti in questo momento per la Chiesa cilena significa non ripetere più i danni che abbiamo commesso. Il nostro slogan dovrebbe essere «mai più», un impegno concreto che si traduce in una formazione del clero seria, un discernimento chiaro della vocazione di coloro che chiedono di entrare in seminario perché abbiamo bisogno di preti che veramente rispondano a quello che il Signore ci indica. Occorre dire no a situazioni che creano confusione, disorientamento, danni e addirittura atti criminali. Essere concreti significa non insabbiare la verità, non possiamo più nasconderci dietro ad un dito. Le indagini dicono che gli abusi sono realmente avvenuti e non si possono più coprire. Per recuperare credibilità dobbiamo dialogare anche con le istituzioni, bisogna rispondere anche alla giustizia in risposta alla dignità delle vittime.

Mons. Lorenzelli, lei è stato superiore dell’Ispettoria salesiana in Cile e Gran cancelliere dell’Università cattolica del Cile. Ora ritorna da Vescovo…

Già 7 anni fa prima di partire per il Cile io sono venuto a Valdocco per chiedere l’aiuto prima di tutto di Maria Ausiliatrice perché don Bosco aveva una fede illimitata nella Madonna: durante la celebrazione in Basilica ho chiesto che Lei «faccia là dove io non potrò fare e non riuscirò a fare». E poi ho invocato don Bosco perché è stato un profeta che ha aperto da Valdocco una finestra sul mondo mandando i missionari prima di tutto in America Latina…

Da argentino di origini italiane, anche per la sua storia personale, è molto vicino a Francesco. Come giudica gli attacchi ad un Papa che non fa altro che invitare al mondo di essere accoglienti e di mettere prima al centro l’uomo?

Io sono in completa sintonia con il Papa anche perché come lui sono nato a Buenos Aires, figlio di migranti italiani partiti per l’Argentina nel Dopoguerra: so cosa significa vivere lontano dal proprio Paese e dalla famiglia. Io vissuto lo sforzo che hanno dovuto fare i miei genitori, imparare una lingua nuova, introdursi in una cultura diversa, dedicare tanto tempo al lavoro, crescere ed educare i figli. Ora l’Argentina è cosmopolita ma allora era diverso: i miei genitori sono partiti lasciando il loro paese distrutto dalla guerra, le famiglie di mia mamma e mio papà erano numerose e così con tanti sacrifici mettevano da parte un po’ di soldi da mandare in Italia per aiutarle. Il problema dell’emigrazione non è solo italiano o europeo: non si sbarca solo a Lampedusa, succede nell’Asia dell’Est, negli Stati Uniti, in America latina. Il Cile stesso è terra di emigrazione, soprattutto dal Venezuela dove la situazione è drammatica. Oggi stiamo vivendo la stessa esperienza delle grandi emigrazioni del Primo Novecento e del Dopoguerra. I popoli si muovono per povertà, fame, guerra, conflitti tribali, persecuzioni. E allora credo che oggi alzare muri, chiudere dei porti o chiudere porte è antistorico. E gli attacchi nei confronti del Papa sono ingiusti perché spesso sono ideologici: Francesco non fa ideologia ma risponde a ciò che il Signore ci chiede nel Vangelo e cioè di essere aperti e accoglienti come lo è stato lui.

Anche tra i credenti ci sono frange di insofferenza nei confronti del magistero del Papa…

Certo, accogliere chi è considerato scarto della società dove manca lavoro o si patisce per la crisi economica non è semplice e occorre che tutti i Paesi facciano la propria parte, ma ritengo che i credenti debbano essere fedeli al magistero del Papa perché sta rispondendo alle emergenze del momento. Non possiamo chiuderci o pensare di essere quelli che eravamo 30 anni fa, quel mondo non esiste più e nemmeno dobbiamo preoccuparci troppo per un futuro che non conosciamo: oggi dobbiamo rispondere a questo presente. Il Papa ci sta esortando a fare di questo presente parte della nostra vita. Per me, ora che sono Vescovo, questo significa non un’adesione al Papa così, solo perché è il Papa, ma perché il suo magistero sta rispondendo al Vangelo che il Signore ci ha annunciato. Francesco Papa dice: «annuncia il Vangelo» e questo è quello che sta facendo lui. Ed è quello che chiede anche a me.