Storie di Orgoglio Astigiano, Roberto Pasquero: “Oltre cent’anni di Don Bosco e cinema Lumière” – La Voce di Asti

Si riporta di seguito l’articolo apparso su La Voce di Asti.

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Oltre un secolo di storia: di un oratorio, di un cinema che ha segnato le domeniche pomeriggio di tantissime famiglie. Un luogo che sa di casa. Oltre la porta del Lumière mi sta aspettando don Roberto Pasquero, gestore di sala, palestra e altre attività collaterali. 73 anni di pura energia, mi racconta una fiaba bellissima. Lo ascolto come una bimba, con grande meraviglia.

Come nasce l’oratorio Don Bosco, quando e perché?

Nasce nel 1919 quando l’allora parroco di Santa Maria Nuova, don Stefano Robino, aveva chiamato i Salesiani ad Asti. All’epoca non era sorto nella zona attuale, ma tra via Cafasso e via Prandone. Pensa che quando sono arrivati i Salesiani qui gli tiravano castagne. È da lì avevano sviluppato l’oratorio e, con questo, la squadra sportiva e, nel 1920, anche il cinema. Più che altro era un teatro all’epoca. Qualche tempo dopo si era aggiunto anche il pensionato, nel 1922, per i giovani che venivano da fuori Asti e frequentavano le scuole cittadine. Il Don Bosco si è quindi sviluppato in quella zona come pensionato, oratorio e cinema, vivendo appieno i disagi e le difficoltà nel corso del periodo fascista.

Come si arriva allora all’attuale zona del Don Bosco?

Era necessario ingrandirsi e la zona dell’epoca non lo permetteva. Così, negli anni Sessanta ci fu il trasferimento in zona nord, la nostra attuale casa. A quei tempi qui non c’era davvero nulla. Nel 1962 è nata la parrocchia, tanto che nel 2012 abbiamo celebrato il 50esimo anniversario. Inizialmente era stata una cosa contrastata, perché qui tutti dicevano che c’erano soltanto “grilli e gaggie”. Poi, pian piano, si sono sviluppati il Borgo, lo Stadio, si sono insediate la Questura, la Polizia Stradale, i Vigili del Fuoco, la Croce Rossa, l’ospedale.

Quali cambiamenti ci sono stati nel corso del tempo?

All’epoca del boom economico il pensionato era piazzato in quello che attualmente è il palazzo dell’Asl, con l’oratorio e poi la scuola media, rimasta attiva fino agli anni Novanta. Si sentiva la necessità di fare una scuola media ai tempi, poi venuta meno insieme al pensionato. La chiesa parrocchiale attuale è stata inaugurata nel 1977, poi si sono sviluppati gli ambienti dell’oratorio. Da tre anni le nostre aule sono usate dal Castigliano e ospitano anche il catechismo, così come l’Estate Ragazzi, progetto che l’anno scorso ha contato oltre 500 iscritti.

L’essenza dell’oratorio?

È un ambiente che copre la persona intera, dove puoi trovarti bene, in cui hai la possibilità di coltivare amicizie importanti. E anche come oratorio, oltre che come cinema, siamo la realtà più storica sul territorio. Cerchiamo di agire da onesti cittadini e bravi cristiani, come diceva Don Bosco. È la filosofia con cui portiamo avanti tutte le attività.

Come nasce e si sviluppa il cinema Lumière?

Inizialmente con il teatro era l’unico divertimento domenicale. Il cinema, anche proprio a livello storico, ha poi un po’ soppiantato il teatro. Con l’avvento del colore c’è stata la grande evoluzione del cinema, insieme al sonoro. Conserviamo ancora uno storico proiettore all’ingresso. Li abbiamo cambiati nel 2010 e nel 2013 siamo poi passati al digitale.

È stato complesso il passaggio al digitale nel cinema?

Sì, sono stati anni complessi quelli del passaggio dalla pellicola al digitale. Devo dire però che oggi lavoriamo bene; a livello regionale siamo tra le monosale che hanno sempre i risultati migliori. La nostra struttura è solida, con tanti affezionati. Facciamo molta selezione sul materiale, puntiamo sui film di qualità, di contenuto.

Asti si vuole bene a sufficienza secondo te?

Asti, a mio parere, non si vuole sufficientemente bene. Io vengo da fuori, sono di Chieri. Vivo ad Asti da 15 anni, da quando sono stato mandato in questa città. Asti è sempre terribilmente critica su tutto e su tutti, non c’è mai nulla che funziona a detta dei più e questo è un grande limite. E invece gli astigiani dovrebbero imparare a dirsi che spesso fanno anche belle cose, a riconoscere i propri successi. Ogni tanto sembra persino che abbiamo paura di vendere i nostri prodotti, al contrario di Alba. Non la sento una città coesa e questo è un limite. Abbiamo un teatro che è la fine del mondo, una cultura altissima (Asti dopo Torino ha i risultati migliori in Piemonte come cinema, ma perché il livello culturale è alto), abbiamo librerie che nascono come i funghi, mentre altrove muoiono. Quando sono arrivato ad Asti nel settembre 2009 la prima cosa che mi è stata detta era che il cinema Lumière dovesse chiudere, che non c’erano più speranze.

E poi? Che hai detto?

Ho detto “ma provuma almeno!” (ride, ndr). Proviamo a rischiare. E ce la siamo cavata. Oggi, a 73 anni, sono orgoglioso di essere astigiano d’adozione. In generale, in ogni città in cui ho vissuto, ho sempre cercato di inserirmi al meglio: se sono residente devo sapere cosa si fa qui. Bisogna potenziare ancora di più le realtà di cui essere orgogliosi, far sentire la loro voce sempre più.

Un consiglio ai giovani?

Prepararsi bene, studiare, impegnarsi, essere qualificati (oggi più che mai). E lanciarsi, non avere paura di sbagliare. Nella vita bisogna rischiare, fare qualcosa, non adattarsi a essere trainati, ma diventare trainanti. Il futuro è dei giovani! Noi più anziani siamo stati abituati in un certo modo, ci hanno insegnato a darci da fare e ad accontentarci di ciò che avevamo. E abbiamo imparato tante cose. Nella mia vita salesiana ho imparato tanto. Quando sono arrivato qui non sapevo come gestire la questione del cinema, anche se mio papà da giovane faceva l’operatore. Poi traffichi, ti informi e impari. È il film della vita.

Il grande salto

Diventare trainanti e smetterla di adattarsi a essere trainati. Una grande verità, una bellissima e coraggiosa filosofia di vita. Ultimamente dico spesso di credere fortemente negli esseri umani. È una frase che torna ripetutamente nei miei discorsi e che la chiacchierata con don Roberto mi ha ulteriormente risvegliato. Il suo entusiasmo, la sua voglia di fare, di mettersi in gioco, mi spingono a pensare che nella vita si possa fare qualsiasi cosa. Ognuno di noi dovrebbe imparare a diventare trainante, in primis per se stesso, alimentandosi di nuova linfa ogni giorno, superando i propri limiti, uscendo dalla propria zona di comfort. Rischiando.

Perché tutti i cambiamenti più importanti della nostra vita hanno un prezzo: è il grande salto. Il grande salto nel buio.

CNOS-FAP di Bra in finale ai campionati nazionali delle scuole alberghiere – Gazzetta d’Alba

Dalla Gazzetta d’Alba.

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Mercoledì si è conclusa, con grande successo, l’ottava edizione del Cooking quiz, il progetto didattico ideato da Plan edizioni in collaborazione con Peaktime marketing & comunicazione riservati agli istituti alberghieri d’Italia. Dopo un tour che ha combinato eventi in presenza e digitali, toccando 110 scuole e coinvolgendo oltre 30mila studenti e studentesse, mercoledì si è svolta al Teatro olimpico di Roma la finale nazionale. La classifica finale Sono stati nominati campioni nazionali per l’indirizzo enogastronomia gli allievi della 4 A dell’Iis Sonzogni di Nembro (Bergamo), seguiti dalla 4 Ac del Giovanni Falcone di Gazoldo degli Ippoliti (Mantova) e al terzo posto la 4 BcC Ipseoa Varnelli di Cingoli (Macerata). Nell’indirizzo sala-vendita la medaglia d’oro è andata alla classe 4 B Iis Lagrange di Milano, al 2° posto la 4 At Iis Gae Aulenti di Valdilana Mosso (Biella), seguiti dalla 4 B dell’istituto omnicomprensivo De Panfilis – Di Rocco di Roccaraso (L’Aquila).

Per l’indirizzo arte bianca e pasticceria il gradino più alto del podio è stato conquistato dalla 4 Bpa Iis Lazzaro Spallanzani di Castelfranco Emilia (Modena), secondo posto per la 4 C Iis Sonzogni di Nembro (Bergamo) e terzo posto per la 4 Ap Ipseoa Varnelli di Cingoli (Macerata). Presente alla finale nazionale la 3 D pasticceria del Cnos Fap Piemonte di Bra, che hanno ottenuto il nono posto nella classifica nazionale, testimonianza dell’impegno, della passione e delle competenze degli studenti e degli insegnanti coinvolti. L’edizione 2023-23 del concorso scolastico ha puntato anche sul tema della sostenibilità ambientale, sulle corrette modalità di raccolta differenziata e soprattutto sul formare in modo divertente le giovani generazioni.

Il bicentenario del Sogno dei nove anni di san Giovanni Bosco, tra passato e presente – Avvenire

Da Avvenire.

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di Ana Martìn Garcìa (Coordinatrice responsabile Casa Museo Don Bosco).

Fare riferimento alla vita di San Giovanni Bosco (1815-1888), figura di spicco della santità sociale piemontese dell’Ottocento, senza menzionare il mondo dei sogni significa sopprimere un aspetto importante della sua identità. Attraverso i sogni, che Dio gli inviava, la vita del santo fu segnata dal soprannaturale. Tra i nove e dieci anni Don Bosco ebbe il suo primo sogno, che descrisse nelle sue memorie, su richiesta di Papa Pio IX dopo l’udienza a Roma (1858). Il ricordo del sogno si trova nelle Memorie dell’Oratorio scritte da Don Bosco e composte tra 1873 e 1875.

Profondamente impresso nella sua mente, il Sogno ritornò in diverse forme nel corso della sua vita: fu un sogno profetico in cui intravedeva la sua futura missione, che puntualmente sarebbe diventata realtà. In questo senso, orientò i suoi passi futuri, ispirò la nascita della sua Opera e del suo carisma. In occasione del 200mo anniversario del Sogno dei nove anni, la casa museo della casa madre dei salesiani di don Bosco di Valdocco Torino, il Museo Casa Don Bosco, ha organizzato una mostra temporanea, aperta dal 22 maggio al 22 settembre 2024. L’esposizione celebra questo importante avvenimento nella biografia di Don Bosco ed è dedicata ad approfondire la narrazione, la storia e l’iconografia del Sogno che cambiò la vita al santo torinese. L’esposizione, tra passato e presente, è dedicata
alla rappresentazione iconografica nelle arti e alla risonanza del sogno oggi, a duecento anni di distanza.

La mostra ripercorre la storia del Sogno, che inizia nei prati dei Becchi, si concretizza nella città di Torino e raggiunge tutte le parti del mondo dove oggi c’è una presenza salesiana. Insieme alle fotografie storiche, si presentano opere e oggetti del periodo tra la beatificazione (1929) e canonizzazione (1934) di Don Bosco, momento in cui inizia la rappresentazione del sogno nelle arti: stampe sui libri, cartoline, monete commemorative, dipinti ad olio, dipinti su carta, ecc. La mostra presenta un’importante selezione di tavole originali che hanno ampiamente illustrato questo episodio biografico: Corrado Mezzana (1890- 1952), Guido Grilli (1905-1967), Cosimo [Nino] Musío (1933-2017) e Alaricco Gattia (1927- 2022) sono alcuni degli autori. Le tavole di Grilli, Musío e i fumetti di Gattia furono commissionate dalla Libreria della Dottrina Cristiana (1941), fondata dal quarto successore di Don Bosco, don Pietro Ricaldone (1870-1951). La attuale Editrice Elledici conserva queste opere che sono state diffuse in diverse pubblicazioni, supporti e lingue in tutto il mondo; in questa mostra gli originali sono esposti per la prima volta. A completare la mostra, sono esposte le fotografie vincitrici del concorso fotografico internazionale lanciato a gennaio 2024, promosso dalla casa museo e organizzato dalla curatrice della mostra, che ha accolto il talento artistico e creativo di tutto il mondo salesiano.

Questo progetto era a partecipazione libera, gratuita ed aperto a tutti: una novità dall’apertura dell’istituzione museistica nell’ottobre 2020. Le diciassette fotografie selezionate immortalano momenti diversi, ritraendo persone e luoghi in aree geografiche lontane da dove è nato il fondatore dei salesiani e dove “il sogno di Don Bosco” continua ancora oggi. Le istantanee sono descritte dagli stessi autori in lingua originale e provengono dall’Italia, Messico, Panama, Slovacchia, Spagna e Venezuela. Queste immagini dialogano tra passato, presente e futuro e ci fanno riflettere su come, a distanza di due secoli, il Sogno di Don Bosco sia diventato realtà nelle presenze salesiane di tutto il mondo.

L’eccellenza “firmata” CNOS-FAP – La Stampa

Da La Stampa.

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Tra i vari ambiti in cui spiccano le capacità dei giovani biellesi ci sono anche la meccanica, la termoidraulica e della programmazione. All’interno del progetto «Esposizione dei Capolavori 2024» promosso dalla Federazione nazionale CNOS-FAP, Simone Miniggio, Emanuele Baravaglio e Yahya AboulKhadir (allievi dell’Istituto salesiano di Vigliano) sono riusciti a guadagnarsi la medaglia d’oro sbaragliando i loro colleghi provenienti dal resto d’Italia.

Il sedicenne Simone Miniggio si è infatti aggiudicato il titolo di miglior disegnatore meccanico. Emanuele Baravaglio, 17 anni e allievo del terzo anno del settore termoidraulico, si è aggiudicato il titolo di miglior operatore dell’energia di tutta la Federazione CNOS-FAP. Yahya AboulKhadir, del terzo anno del settore elettrico, si è infine aggiudicato il premio come miglior programmatore del braccio robotico Mitsubishi.

Una grande soddisfazione per l’Istituto di Vigliano.

«Questi tre ragazzi hanno rappresentato il nostro centro dimostrando da un lato la loro preparazione e dall’altra il livello della formazione che i nostri insegnanti offrono agli allievi – dice il direttore del centro, Roberto Battistella-. Con ciascuno dei nostri formatori ci congratuliamo per l’impegno e l’entusiasmo con cui tutti i giorni danno corpo al sogno di Don Bosco».

Il concorso si svolge dal 2008 e coinvolge i 12 settori diversi dei centri professionali di tutta Italia. Circa 500 ragazzi che si sfidano nelle varie categorie: dal benessere all’elettrico, dalla ristorazione all’automotive.

«Una parte della gara si è svolta a Biella e per noi è stato un momento importante per mostrare alla Federazione la nostra realtà – aggiunge l’insegnante Stefano Ceffa -. I ragazzi hanno affrontato prove nell’ambito del disegno e della programmazione nelle lavorazioni alle macchine utensili. Tutto questo è stato possibile grazie al coinvolgimento delle 28 ditte che hanno sostenuto il progetto oltre a Regione, Provincia, Città di Biella e Unione Industriale».

Corriere di Saluzzo – Produzione per la mensa Caritas

Pubblichiamo l’articolo del Corriere di Saluzzo sull’accordo tra il CNOS Fap di Saluzzo e la Caritas diocesana per i pasti da distribuire alla mensa.

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SALUZZO Nelle settimane scorse il Centro salesiano di formazione professionale CNOS-FAP di Saluzzo e la Caritas diocesana hanno concluso un accordo finalizzato alla realizzazione di prodotti da utilizzare nella mensa della Caritas stessa in corso Piemonte. La partnership coinvolge anche l’Associazione volontari assistenza socio-sanitaria (Avass Odv) che collabora alla gestione della mensa e di altre attività della Caritas.

Di fatto si tratta di una convenzione finalizzata alla trasformazione di farina e materie prime in pane e pasta, da mettere in atto nei laboratori del CNOS-FAP. L’associazione Avass Odv consegna periodicamente al CNOS, in base alle proprie disponibilità, i quantitativi di farina o altre materie prime necessari alla preparazione di pane, pasta e altri prodotti da forno.

La tipologia dei prodotti realizzati viene concordata secondo le esigenze didattiche del CNOS e le necessità della mensa di Caritas/Avass. Il CNOS-FAP di Saluzzo ha dato ampio risalto all’iniziativa, anche attraverso i propri canali comunicativi social.

«Il nostro centro di formazione – spiegano dal CNOS – reputa che le attività di scambio con il territorio abbiano finalità sia di tipo didattico sia di crescita umana e professionale dei propri alunni e dei formatori del Centro».

La voce e il tempo – Formazione professionale a Rebaudengo in mostra i «capolavori 2024»

Pubblichiamo l’articolo de La voce e il tempo sulla mostra dei Capolavori del CNOS FAP del Rebaudengo.

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«Per noi formatori i veri capolavori sono i nostri ragazzi, vederli realizzati e felici, ma quest’anno nel settore della carrozzeria verranno realizzati veri e propri pezzi da esposizione». Sono le parole del segretario nazionale Roberto Brizi del Cnos Fap, l’ente di formazione professionale dei Salesiani che hanno aperto l’«Esposizione nazionale dei capolavori 2024» giovedì 9 maggio presso il Centro di formazione professionale di Rebaudengo, per i settori di carrozzeria e automotive. L’ultima edizione ospitata dal Centro risale al 2019 per i settori elettrico e meccanico industriale. «L’allestimento ha lo scopo di mettere in mostra a livello nazionale quanto di bello e sano può offrire la formazione professionale alla comunità e alle aziende del territorio, evidenziando lo stretto legame di partenariato che intercorre tra la formazione e il mondo del lavoro» ha proseguito Brizi. L’esposizione, è stata inaugurata pochi giorni dopo l’udienza di Papa Francesco, venerdì 3 maggio in Vaticano, ad allievi e insegnanti della Formazione professionale di ispirazione cristiana tra cui il Cnos-Fap, dove ha sottolineato «che la Formazione professionale è un prezioso antidoto alla dispersione scolastica».

Riuniti nell’aula San Francesco di Sales ragazze e ragazzi provenienti da 15 centri Cnos Fap di tutta Italia (Torino, Fossano, Vercelli, Bra, Chatillon, Arese, Sesto San Giovanni, Brescia, Udine, Ortona, Forlì, Napoli, Verona, Palermo e San Donà di Piave), insieme ai loro formatori, ai rappresentanti delle aziende che sostengono e collaborano all’iniziativa (tra cui: Autogiannini, biAuto, Axalta, Basf e Apgf) e alcuni dirigenti dell’ente salesiano hanno dato il via alla nuova edizione dell’esposizione dei capolavori. La manifestazione è nata nel 2009 maturando nel tempo fino a coinvolgere più centri della penisola: un’occasione di crescita e formazione per gli allievi che vi hanno partecipato. «Formazione» è stata la parola ricorrente negli interventi degli addetti ai lavori, dai formatori ai rappresentanti delle aziende, che hanno voluto trasmettere ai giovani presenti l’importanza di costruire il proprio futuro a partire dallo studio e da un costante apprendimento, perché «sebbene si tratti di un mestiere pratico, non si smette mai di imparare e di crescere».

I momenti di formazione nel corso della settimana non si sono limitati alle tecniche: i ragazzi hanno avuto l’opportunità di svolgere attività didattiche, tra cui una visita al Museo dell’Automobile di Torino, l’incontro con i volontari dell’associazione Torino Heritage, che si occupa del restauro di auto d’epoca e momenti di condivisione e gioco. La scelta di chiamare l’iniziativa «esposizione» nasce dalla volontà di sottolineare che non si tratta di una mera competizione volta solo al conseguimento di un premio, ma un’occasione per mettere in risalto abilità e talenti. Per questo sono state messe a disposizione dei ragazzi ore preziose di formazione tecnica con le aziende, che hanno preceduto le prove pratiche nel corso della settimana. A concludere, nel pomeriggio di giovedì, il convegno «L’auto a Torino: dal recupero del passato al futuro», cui sono seguite le premiazioni.

All’Agnelli il documentario di Kasia Smutniak sul muro antimigranti in Bielorussia – La Stampa, Corriere della Sera

Si riportano di seguito gli articoli apparsi su La Stampa e Il Corriere della Sera.

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Il documentario di Kasia Smutniak sul muro antimigranti in Bielorussia

 

Come gli extra nei Blu-ray, il cinema Agnelli (via Paolo Sarpi) continua a proporre iniziative infrasettimanali pensate per arricchire l’offerta allo spettatore.

Venerdì 3 maggio alle 21.00 la mini rassegna “Parole&Cinema“, organizzata con l’Assoziazione Nazionale Museo del Cinema, presenta il documentarioMur“.

Esordio alla regia di Kasia Smutniak, premiato con il Nastro d’Argento, il film testimonia la costruzione in Polonia del muro che impedisce l’ingresso ai migranti bielorussi.

Al termine, incontro con il giornalista di Altreconomia Luca Rondi, ingresso unico 5 euro.

Al teatro Agnelli “Parole&Cinema” tra migrazioni e conflitto

Migrazioni, conflitti, identità politica e culturale dell’Europa: sono alcuni dei termi della rassegna Parole&Cinema, organizzata dal Cinema Teatro Agnelli in collaborazione con Associazione Museo Nazionale del Cinema nell’ambito del Salone Off.

Stasera alle 21.00, sabato 11 (stessa ora) e domenica 12 maggio (alle 16), nella sala di via Paolo Sarpi 111 (biglietti 5 euro), la proiezione di tre film fornirà anche motivo di riflessione sul rapporto tra immagine e scrittura.

Apre il trittico Mur di Kasia Smutniak, film vincitore del Nastro d’Argento in corsa anche nella categoria “documentari”, per il David di Donatello, in cui seguirà un approfondimento a cura di Luca Rondi, scrittore e giornalista di Altreconomia.

Appuntamento di sabato sarà delicato a La Voce di Ventotene alla presenza del registra torinese Stefano Di Polito e dell’Associazione GenerAzione Ponte.

Infine, domenica, si chiude con I bambini di Gaza di Loris Lai cui seguirà, l’incontro con la scrittrice Nicoletta Bortolotti, autrice dell’omonimo libro, in collaborazione con Mondadori e Eagle Pictures.

CNOS FAP Valle d’Aosta – Dal Cnos/Fap un corso gratuito da tecnico dell’amministrazione del personale

Dal sito Aosta Sera.

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Scadranno il 15 maggio 2024 le iscrizioni al corso di qualificazione post diploma di tecnico dell’amministrazione del personale. Dalla durata complessiva di 550 ore, comprensive di uno stage della durata di 150 ore presso studi/imprese del territorio regionale, il corso sarà erogato dal Cnos/Fap Regione Valle d’Aosta.

Il corso è totalmente gratuito e prevede l’erogazione di un’indennità di frequenza in favore dei partecipanti fino a 1.925 euro. Possono parteciparvi 10 persone in stato di disoccupazione, inoccupate, studenti, occupate in attività non complementari o connesse all’oggetto del corso.

Per la partecipazione è necessario aver conseguito in via prioritaria una Qualifica di III livello attinente e/o un Diploma di maturità quinquennale. Il corso sarà avviato il 29 maggio 2024 e si concluderà il 30 novembre 2024 con una pausa estiva a partire dalla metà di luglio e per il mese di agosto.

Al termine del corso i partecipanti potranno acquisire la qualifica di IV Livello EQF di Tecnico dell’amministrazione del personale.

Questa figura professionale svolge le attività connesse alla gestione del personale, curando le pratiche amministrative per le diverse fasi del rapporto di lavoro, dall’instaurazione alla cessazione, e gli adempimenti obbligatori di tipo previdenziale, fiscale e contributivo. Provvede, avvalendosi di appositi software, al calcolo della retribuzione, elaborando la busta paga e assicurando la corretta tenuta dei libri obbligatori.

Il corso prevede il rilascio di queste ulteriori attestazioni in esito:

  • Attestato sicurezza generale e specifica rischio basso;
  • Attestato per Addetti primo soccorso;
  • Attestato per Addetti servizio prevenzione incendi.

Sono previste, inoltre, le seguenti attività:

  • Riconoscimento crediti formativi;
  • Messa a livello – Recuperi in itinere;
  • Sportello di accompagnamento;
  • Sportello di ricerca attiva del lavoro;
  • Sviluppo Soft Skill e Competenze digitali.

Il corso rientra nell’ambito del progetto con codice FSE.41401.23AI.0.0004.FOR,  cofinanziato dalla Regione autonoma Valle d’Aosta attraverso il PO FSE+ 2021/2027 – Avviso 23AI e prevede il coinvolgimento di numerosi partner, tra cui le principali Associazioni di categoria regionali, gli Ordini professionali dei Dottori Commercialisti e dei Consulenti del Lavoro, Enti privati e Cooperative, nonché imprese e studi professionali.

Enzo D’Alò: la nuova opera del regista in tre sale parrocchiali del Torinese – La Stampa

Si riporta di seguito l’articolo apparso su La Stampa a cura di Fabrizio Accatino.

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Enzo D’Alò: “Per realizzare il mio film ho lavorato con Roddy Doyle”

Doyle è venuto sul set a Dublino dove ho fatto il film, gli ho proposto un cameo e ha subito accettato

“È vero, viviamo in un mondo reale piuttosto cupo. Ma forse questo ci permette di sognare meglio, di staccarci di più dalla realtà, di viaggiare nei nostri mondi. Se vivessimo in un contesto ideale di certo avremmo molto meno da raccontare».

Abituato a guardare il lato solare della vita, Enzo D’Alò ha imparato a non perdersi d’animo. L’ultima sua fatica, “Mary e lo spirito di mezzanotte”, è stato selezionato a Berlino e candidato come miglior titolo d’animazione agli European Film Awards, eppure da noi quasi non è uscito.

Lui non si è perso d’animo e ha stipulato un accordo con più di una quarantina di sale del circuito Acec, che il 27 aprile alle 15.30 lo hanno recuperato tutte insieme, in una proiezione che ha il sapore dell’anteprima.

Tra gli altri, aderiscono l’Agnelli di Torino, il Jolly di Villastellone, l’Auditorium di Vinovo.

«La considero una bellissima operazione, oggi in Italia le sale cattoliche sono tra le più all’avanguardia»

sorride il bambino di 70 anni compiuti.

«Stiamo riscontrando un grande entusiasmo anche per il successivo workshop, in diretta alle 17, in cui darò ai bambini in sala qualche rudimento sulle tecniche d’animazione».

Il film è rivolto a loro?

«È rivolto a tutti. È la storia di una ragazzina irlandese che insegue il sogno di diventare chef, e di sua nonna, che della sua pianta giovane rappresenta le radici. Per uno scherzo della vita, la voce della bambina è di Charlotte, figlia della grande doppiatrice Domitilla D’Amico, la Fortunata di “La gabbianella e il gatto”. E le canzoni sono cantate da Matilda De Angelis».

Mary” è tratto dal romanzo di Roddy Doyle “La gita di mezzanotte”. Com’è stato lavorare con l’autore irlandese?

«Con lui è successo come con Sepúlveda in “La gabbianella e il gatto”. Si è interessato, è venuto sul set nei mesi di lavoro a Dublino, mostrando grande intelligenza e arguzia, gli ho proposto un cameo e ha subito accettato. Il risultato finale gli è piaciuto molto. Come Sepúlveda, che disse che se mai avesse riscritto il libro, l’avrebbe fatto seguendo il film».

In “La freccia azzurra” le musiche erano di Paolo Conte, le voci di Dario Fo e Lella Costa. È stato difficile per un esordiente gestire quel concentrato di talenti?

«Per nulla. Ricordo che per una scena chiesi a Conte pochi secondi di musica, lui ne compose un minuto e mezzo, talmente splendido che sarebbe stato un peccato sprecarlo. Ci costruimmo su una delle sequenze più belle, quella del sogno di Francesco, che in sceneggiatura non c’era. In quanto a Fo, era un anarchico molto rispettoso. Talmente affezionato che si presentò alla conferenza stampa del Nobel indossando la maglietta del film. Un regalo inaspettato».

Quanti anni aveva quando lasciò Napoli per Torino?

«Tre. Seguii mio padre chimico Montedison e mia madre insegnante di scuola media. Abitavamo a Settimo Torinese. Sono rimasto in città fino alla fine degli anni Novanta, poi me ne sono andato».

Com’è nata la sua passione per l’animazione?

«A otto anni, quando a Settimo vidi “Biancaneve e i sette nani”. Era un cinema parrocchiale. Come vede il cerchio si chiude».

Poi cosa successe?

«Che mi dedicai alle note, prima in un gruppo rock, poi nel Collettivo di Musica Popolare. Facevamo base a Torino, ma ci esibivamo in giro per l’Italia. Quindi venne il jazz, con un quartetto di cui ero flauto e sax. E i concerti con la big band degli allievi di Giorgio Gaslini. Quando infine arrivò la bellissima esperienza dei laboratori d’animazione per i bambini, ebbi la conferma che quello volevo fare da grande».

Perché il prossimo film non torna a girarlo a Torino?

«Ci stiamo ragionando concretamente. Da tempo Torino è un ottimo posto per fare cinema, la Regione sostiene i film, c’è una Film Commission molto forte. Vediamo se ce la facciamo, mi piacerebbe molto».

 

Missioni Don Bosco: «In Ucraina siamo militanti per la pace» – Famiglia Cristiana

Si riporta di seguito la notizia apparsa su Famiglia Cristiana.

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«A Leopoli mi ha colpito il cimitero in centro città. Un luogo in cui l’intera comunità può onorare i soldati caduti, ma che è colmo di tombe di giovani. E in città ho visto anche tante persone mutilate dalla guerra».

Queste sono le parole di don Daniel Antúnez, salesiano argentino e presidente di Missioni Don Bosco, che è rientrato da pochi giorni in Italia da un viaggio che lo ha portato a visitare a distanza di alcuni mesi, i progetti dei salesiani in Slovacchia, Polonia e soprattutto in Ucraina.

«Queste missioni sono il segno tangibile: vogliamo essere militanti per la pace in risposta a chi genera guerra e violenza. Le armi e le bombe fanno perdere la dignità umana e non permetto alle persone di riconoscere nell’altro, un fratello».

È potente l’emozione provata da don Antúnez rientrato da Leopoli e Kiev dove Missioni Don Bosco continua a lavorare per portare aiuti e sostengo nel Paese invaso dalla Russia a inizio 2022.

«Dopo il primo soccorso spontaneo con cui abbiamo aperto anche le porte della nostra Casa Madre di Valdocco per ospitare madri con i figli, alcune donne incinte, e pochi uomini lasciati espatriare perché impossibilitati a combattere, oggi occorre assicurarsi dell’efficacia degli aiuti. Noi siamo da oltre due anni operativi nell’organizzazione di mense e nella fornitura di aiuti alimentari ma l’afflusso di beni non deve creare sul posto problemi di stoccaggio e di distribuzione»

spiega don Antúnez. Che aggiunge:

«Nonostante Leopoli sia lontana dai fronti più caldi del conflitto, spesso viene colpita di missili e droni. Anche lì ho avvertito tanta fatica, stanchezza e incertezza su cosa possa succedere non solo domani ma anche oggi stesso».

I salesiani oggi sono un interlocutore diretto per le autorità locali ucraine e per gli sfollati interni della guerra.

«Per questo è potuto nascere un programma immediato di interventi su misura di quanto richiesto dalle comunità – continua il presidente di Missioni Don Bosco -. Come ad esempio, è stato acquistato un furgoncino che i salesiani di Cracovia utilizzano per portare in Ucraina i beni richiesti e per tornare con chi espatria per fuggire. Inoltre, le case sostenute dai salesiani in varie località del Paese come Vynnyky dove abbiamo portato il nostro ex padiglione dell’Expo di Milano e nei Paesi limitrofi sono state convertite in centri per operare i soccorsi, con l’occhio rivolto al “dopo” quando – si spera presto – gli Ucraini potranno tornare a vivere nelle loro città e avranno bisogno di normalità».

Un contributo fondamentale arriva da Vis, l’ong salesiana all’interno della quale operano tanti volontari:

«Abbiamo maturato molta esperienza in zone ad alto rischio come la Siria e il Tigray, dove guerre altrettanto devastanti hanno creato morte e distruzione, e la fuga di milioni di profughi»

fa presente don Antúnez che però si dichiara

«mai davvero pronto davanti all’impressione che desta il dolore delle atrocità legate al combattersi tra uomini. Eppure mi ha colpito la resilienza dei semi di speranza che abbiamo piantato in questi anni. Mi sono emozionato alla visita alla casa-famiglia salesiana di Leopoli, con tanti bambini, la maggior parte dei quali orfani, ma anche della squadra di calcio dei soldati mutilati, la Pokrova calcio che milita nel campionato polacco e la testimonianza di Konstiantyn, il loro capitano, che ha perso la gamba sul fronte e che per sé e per la sua famiglia, cerca nello sport una riabilitazione anche psicologica. E come non citare – ricorda don Daniel – la visita a Mariapolis, un vero e proprio villaggio di container che dà accoglienza, da un anno e mezzo, a circa 950 sfollati, di cui più di 300 minori».

La missione della delegazione salesiana è riuscita a proseguire fino a Kyiv per portare solidarietà alla comunità salesiana che opera in quella zona del Paese.

«Abbiamo raggiunto la capitale e incontrato la piccola comunità salesiana radunata nel santuario di Maria Ausiliatrice nella zona sud est. Qui Missioni Don Bosco ha contribuito alla protezione dei residenti e dei giovani dell’oratorio dai bombardamenti con la costruzione di un rifugio antimissili – spiega don Antúnez  -. Il prossimo progetto che abbiamo riguarda invece l’accessibilità della struttura, dove sono accolte anche persone in condizioni di disabilità fisica e psichica a seguito della guerra. A Kyiv siamo anche riusciti ad incontrare due persone che avevamo ospitato allo scoppio del conflitto a Valdocco e che successivamente erano tornate in Ucraina per stare con le loro famiglie. Erano felici di averci come ospiti a casa loro. Questo incontro mi ha fatto capire nel profondo quando sia importante essere qui, sostenere questa comunità colpita dalla tragedia della guerra, e rimanere in empatia con tutti loro. La nostra vita cristiana ci invita e ci muove a essere vicini a chi soffre, e l’attenzione agli ucraini in questo momento è prioritaria per Missioni Don Bosco. Vogliamo continuare a essere seme di speranza come lo sono le parole del Pontefice che chiede la pace per questo popolo. Se Papa Francesco sarà in condizione di andare in Ucraina di persona, io e tanti altri siamo pronti ad accompagnarlo».