La Basilica di Santa Maria Ausiliatrice fa 150 anni. Come si festeggerà?

L’ACI Stampa, l’agenzia di stampa cattolica, ha pubblicato un’interessante articolo, a cura di Simone Baroncia, che racconta il 150º Anniversario della Basilica di Maria Ausiliatrice, ripercorrendo le tappe principali della storia e l’itinerario dedicato proposto dalla comunità di Valdocco.

 

La Basilica di Santa Maria Ausiliatrice fa 150 anni. Come si festeggerà?

Il 9 giugno 1868 don Giovanni Bosco concludeva a Valdocco, nel quartiere di Borgo Dora, i lavori della basilica di santa Maria Ausiliatrice inaugurandola e consacrandola ufficialmente. Le ‘Memorie Biografiche’ testimoniano una specifica attenzione verso l’Ausiliatrice a partire dalla ‘Buona notte’ del 24 Maggio 1862.

E nel dicembre dello stesso anno don Bosco scrisse al chierico Albera (futuro Rettore Maggiore) che la loro chiesa era troppo piccola, esprimendo il proposito di fabbricarne una nuova ‘più bella, più grande, che sia magnifica’ e a cui dare il titolo ‘Chiesa di Maria Ausiliatrice’.

Il motivo di questa devozione fu chiarito l’8 Dicembre, dichiarando al chierico Cagliero: “Sinora abbiamo celebrato con solennità e pompa la festa dell’Immacolata […] Ma la Madonna vuole che La onoriamo sotto il titolo di Maria Ausiliatrice: i tempi sono così tristi che abbiamo bisogno che la Vergine SS. ci aiuti a conservare la fede cristiana”.

Per celebrare l’anniversario è stato preparato un itinerario, che accompagnerà i fedeli ed i giovani a scoprire un esempio architettonico, che si è trasformato con le esigenze della città, tantoché la Basilica di Maria Ausiliatrice, oltreché essere la Casa Madre dei Salesiani, è stata definita ‘un’emergenza architettonica nella città di Torino’.

Infatti in 150 anni sono molteplici i cambiamenti che ha subìto: ai tempi di don Bosco era molto più piccola, quasi la metà. La basilica è passata dall’essere una chiesa dell’800 torinese, nata in un contesto di povertà, ad essere rivisitata interamente nel 1934, in occasione della canonizzazione di san Giovanni Bosco, con uno stile molto magniloquente che volge lo sguardo allo stile delle Basiliche romane, ma anche allo stile liberty degli anni ’20 e ’30 della città di Torino:

“La Basilica è sufficientemente visibile nel profilo architettonico della città; testimonia quel rinascere edilizio della città nella seconda metà dell’800 ed è testimone dello stile tardo liberty-umbertino degli anni Trenta (ampliamento e decorazioni degli anni 1934-1938)”. Con la Basilica, è mutato anche il quartiere, dapprima periferico con problematiche dovute all’integrazione inter religiosa, e poi in seguito multietnico oltre ad essere a ridosso del centro storico di Torino.

Per ‘festeggiare’ l’importante anniversario è stato approntato un percorso, che accompagnerà il pellegrino fino a giugno: venerdì 9 marzo 2018 ci sarà l’incontro con il card. Gaultiero Bassetti, presidente dei vescovi italiani, che parlerà del rapporto tra Chiesa e mondo. Gli incontri proseguiranno, venerdì 6 aprile, con la ‘Comunità Nuovi Orizzonti’ di Chiara Amirante, una realtà che si pone l’obiettivo di intervenire in tutti gli ambiti del disagio interiore, tramite solidarietà a sostegno di chi è in grave difficoltà, con una particolare attenzione alle tante problematiche che caratterizzano i ragazzi di strada e il mondo giovanile. Un altro appuntamento di aprile è il concerto con il gruppo musicale ‘The Sun’. Il percorso terminerà sabato 9 giugno con una Concelebrazione Solenne.

A proposito di questo percorso il rettore della basilica, don Cristian Besso, si è così espresso in una intervista con ACI Stampa: “Questo percorso non vuole essere una celebrazione prettamente di carattere storico. Io penso che soprattutto ricomprendere come la fede è una fede mariana, spinge stimola provoca a un nuovo impegno di carità. E si potrebbe dire ancora meglio: quella carità che certamente è il chinarsi sugli ultimi, sui poveri, sui chi ha bisogno. Ma anche quella carità che è riconsegnare senso all’uomo e alla donna del nostro tempo”.

Quindi 150 anni con il presidente della Cei: quale è il valore di questa visita?

L’invito al card. Bassetti nasce dal desiderio di comprendere sempre meglio la realtà ecclesiale italiana, così da far parte viva della chiesa, condizione necessaria per vivere l’impegno della testimonianza e la gioia del Vangelo.

Perché don Bosco volle erigere questa chiesa?

La basilica di Maria Ausiliatrice venne costruita sia per garantire agli abitanti del quartiere periferico di Torino un luogo per la celebrazione sia per sottolineare la gratitudine di don Bosco a Colei che è stata mediatrice delle intuizioni spirituali e caritative a favore della gioventù.

Don Bosco ed il metodo preventivo: a pochi mesi dal Sinodo in quale modo la Chiesa può ‘guardare’ i giovani?

Ci pare che le intuizioni del nostro santo fondatore siano quanto mai di attualità: stare con i giovani per crescere insieme nell’adesione al Vangelo; insieme scoprire la bellezza e la vita che scaturisce dall’incontro personale col Signore; rendere i giovani protagonisti dell’impegno di educazione ed evangelizzazione; camminare con sapienza alla ricerca del progetto di vita proprio di ciascuno, come garanzia di vera felicità e scoperta certa del senso della vita.

Al termine delle celebrazioni non si può pensare che al futuro: quale ‘santuario’ sarà?

Un santuario cittadino che sia aperto a tutti: non solo coloro che hanno la fede, e neppure coloro che semplicemente sono in ricerca, ma anche chi ha fatto l’esperienza dell’ateismo, della lontananza dalla chiesa. Direi che ‘domani’ potrebbe essere un luogo davvero di multi relazioni, di capacità di incontro proprio con tutti, di simpatia a cuore aperto, dentro ad una tonalità educativa, perché questo è il nostro specifico come salesiani, noi incontriamo non semplicemente per incontro, ma per accompagnare come diceva don Bosco ‘per fare, insieme’ a colui che incontriamo un percorso verso il senso della vita.

(Articolo integrale su ACI STAMPA.it)

 

Le “24 ore per il Signore” stabili, instancabili e abituali con la “movida spirituale” di San Salvario e e le iniziative di Maria Ausiliatrice

Anche quest’anno il Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione propone la 5ª edizione di “24 ore per il Signore”, nei giorni di venerdì 9 e sabato 10 marzo. Il tema di quest’anno è un’espressione del Salmo 130: “Presso di te è il perdono”: il desiderio è quello di aprire il cuore per farvi entrare la vita di Dio, che lo cambia e lo trasforma e rende felici.

Si pubblica il reportage di “Famiglia Cristiana” a cura di Lorenzo Montanaro, Alberto Laggia e di Maria Elefante che ritraggono, attraverso la loro penna, alcune realtà parrocchiali “sempre aperte” del Piemonte, del Veneto e della Campania che cercano di offrire anche in orari insoliti, e non solo in occasione delle “24 ore per il Signore”, iniziative diverse all’insegna della preghiera e delle confessioni. Qui di seguito, una parte del reportage, che si affaccia alle porte dei salesiani nel quartiere di San Salvario e a Maria Ausiliatrice:

L’anima della notte

VIAGGIO NELLE CHIESE APERTE ANCHE DOPO IL TRAMONTO

IL 9 E 10 MARZO IN TUTTA ITALIA PREGHIERE E CONFESSIONI NON STOP IN OCCASIONE DELLE “24 ORE PER IL SIGNORE”, UN APPUNTAMENTO ANNUALE VOLUTO DA PAPA FRANCESCO. MA CI SONO CITTÀ IN CUI QUESTA È UNA REALTÀ QUOTIDIANA. O QUANTO MENO SETTIMANALE. SIAMO ANDATI SUL CAMPO A VEDERE DOVE E COME.

PARTENDO DAL PIEMONTE

DAL KEBAB ALL’INCENSO, L’ALTRA “MOVIDA”
Le iniziative dei salesiani nel quartiere di San Salvario e a Maria Ausiliatrice

di Lorenzo Montanaro

«In chiesa non vado mai, non so nemmeno se sono credente. Però qui, a quest’ora di notte, c’è qualcosa di speciale: un silenzio che mi piace». Entrano alla spicciolata, qualcuno dopo aver dato l’ultimo sorso al bicchiere di plastica che tiene in mano o l’ultimo morso a un trancio di pizza. C’è chi, all’ingresso, si fa un segno di croce. Chi si guarda un po’ intorno, come per “assaggiare” l’aria.

Di solito si fermano cinque o dieci minuti, ma c’è anche chi si trattiene più a lungo. Entrano perché le porte sono spalancate. Già, una chiesa senza confini e senza barriere. Aperta sulla piazzetta che ogni fine settimana viene invasa da migliaia di ragazzi in cerca di divertimento e locali alla moda. Aperta al punto da assorbire voci, rumori, perfino odori. Dal kebab all’incenso. È

un chiaro esempio di quella Chiesa in uscita voluta da papa Francesco. Ma questa parrocchia ha “giocato d’anticipo”. Questione di un soffio. Era infatti il 2 marzo 2013 (11 giorni prima dell’elezione di Bergoglio) quando don Mauro Mergola, salesiano, parroco della comunità Santi Pietro e Paolo, nel cuore del multietnico quartiere torinese di San Salvario, decise di tenere aperta la chiesa il sabato notte per incontrare i “ragazzi della movida”. Doveva essere un esperimento, legato alla Quaresima. Invece, dopo cinque anni di rodaggio, la “movida spirituale” è una realtà stabile e affermata. Un’esperienza di frontiera. Sì, perché

nelle notti di San Salvario si incontra di tutto. Accanto al divertimento sano, c’è il dolore urlato nello sballo: il consumo di alcol è elevatissimo, come quello di stupefacenti (cannabis, il cui odore dolciastro si sente ovunque, ma anche cocaina e droghe sintetiche dagli effetti devastanti). A questo mondo dai mille volti, chiassoso quanto ignorato, la parrocchia non risponde con la condanna, ma con la presenza. «Noi stiamo sulla porta» racconta Paulo Bošković, salesiano croato, che a Torino si prepara per l’ordinazione sacerdotale. «Tanti ragazzi si avvicinano per incontrarci e fare domande. È il segno di un desiderio spirituale vivo, nonostante tutto».

Tra mezzanotte e le due c’è un flusso continuo di gente che varca le porte della chiesa. Si tratta, per lo più, di piccoli gruppi di ragazzi tra i 18 e i 25 anni. Sara e Laura, entrambe diciottenni, sono entusiaste. «La proposta ci piace molto. È bella la possibilità di un istante di preghiera, magari prima di un’uscita di gruppo con gli amici». Se per loro la vita di parrocchia è esperienza quotidiana, c’è anche chi arriva da percorsi diversi. «No, non mi definirei credente, almeno non nel senso  tradizionale» dice Lorenzo, anche lui neomaggiorenne. «Eppure qui vengo spesso. Mi piace il contrasto tra il frastuono di fuori e la calma che si respira oltre la porta». Chi vuole può scrivere su un foglietto di carta la sua personale domanda e pescare da un

cestino una citazione biblica. In piedi davanti all’altare, don Mauro incontra tutti e con tutti condivide una parola, un saluto, un preghiera. «Affidiamo al Signore esperienze e persone care. Insieme diamo un senso a questo momento. A volte, qualcuno mi chiede di confessarsi».

Col buio ha a che fare anche la proposta che arriva dal santuario di Maria Ausiliatrice, cuore pulsante del mondo salesiano. Alle 21 della domenica c’è la Messa, ma, specialmente in questa Quaresima, già dalle 20.30 sono disponibili quattro o cinque confessori. E la fila di fedeli (soprattutto universitari e giovani coppie) è continua. «Non è solo questione di comodità» osserva il rettore, don Cristian Besso. «La sera è il tempo della riflessione. Come ci ricordano tanti passi biblici, è l’ora in cui l’uomo sente l’angoscia delle giornate che sfumano via, a volte nel non senso. In quest’ora è prezioso l’incontro spirituale».

 

Ecco, il reportage integrale:

Don Chavez a Novara: «L’Educazione della gioventù è la Priorità»

Si propone la lettura dell’articolo, a cura di Nicoletta Bazzani, apparso nell’edizione del 2/2/2018 de “L’Azione”, che racconta come si sono svolti i festeggiamenti del festa del Santo dei giovani, Don Bosco, e le parole di colui che ha guidato la Congregazione salesiana per 12 anni.

FESTA DI DON BOSCO Il rettore emerito dei Salesiani ha celebrato una Messa in duomo

Don Chavez: «Educazione della gioventù è priorità»

Don Bosco è stato a Novara due volte, nel 1865, il 2 e il 29 agosto, e ha visto i ponteggi di questo duomo che allora era in costruzione. Oggi questo duomo, con i ponteggi per i restauri, accoglie don Pascual Chavez Villanueva, nono successore di Don Bosco che per dodici anni ha guidato la famiglia salesiana». Con queste parole don Giorgio De Giorgi, direttore dell’Istituto Salesiano San Lorenzo, a nome dei tre istituti scolastici salesani della città che comprendono anche l’Immacolata e il Maria Ausiliatrice, nel pomeriggio di domeni- ca 28 gennaio ha dato il benvenuto al Rettor maggiore emerito che ha presieduto la messa solenne in occasione della festa di San Giovanni Bosco.
Don Chavez all’omelia ha parlato a bambini, ragazzi, giovani, famiglie, insegnanti, suore e sacerdoti che hanno gremito la cattedrale, spiegando che «la grandezza di Don Bosco è stata nell’aver saputo modellare la sua vita sulla Parola di Dio e di essere stato un Buon Pastore»…

 

L’antidoto ai Neet? Notizie dal 1° oratorio di Don Bosco.

Nella settimana che ha visto i festeggiamenti per Don Bosco, Stefano Di Lullo de “La Voce e Il Tempo” ha raccolto le parole del neo-direttore dell’Oratorio di Valdocco, Don Jack Jankosz.

VALDOCCO – Il «Cortile» è l’antidoto ai Neet

Nella settimana della festa di san Giovanni Bosco il viaggio negli oratori ci porta nel primo oratorio fondato da don Bosco nel 1841: il «Cortile» di Valdocco. Sul campo da calcio, in mezzo ai ragazzi che disputano una partita, incontriamo il direttore don Jacek Jankosz, polacco, già parroco di Trino (Vercelli), succeduto lo scorso settembre a don Gianni Moriondo che ha guidato l’oratorio per 32 anni di apprezzato servizio. «Ogni giorno», evidenzia don Jankosz, «portiamo avanti la missione che don Bosco ci ha affidato attraverso quattro sfide: Casa che accoglie, parrocchia che evangelizza, scuola che avvia alla vita, cortile dove incontrarsi tra amici». «La missione del cortile di Valdocco è proprio quella di accompagnare ciascun ragazzo», prosegue, «soprattutto quelli più fragili e ‘difficili’, in modo che facciano fruttare i propri carismi e prendano in
mano la propria vita. È nostro compito, della comunità, fare in modo che non esistano ‘neet’». In oratorio convivono ogni giorno ragazzi italiani stranieri, di diverse religioni e ceti sociali. «La santità», sottolinea don Jankosz, «come diceva san Francesco di Sales, è la meta che risolve tutti i problemi di convivenza. È la meta che siamo chiamati a mostrare a tutti i ragazzi. Anche nella religione islamica è ben presente il concetto di santità, di modello cui tendere. Se c’è questa prospettiva tutto viene
gestito bene».
Il cortile di Valdocco è aperto tutti i pomeriggi dalle 15.30 alle 19. Accanto a don Jacek sono presenti suor Silvia, Fi-
glia di Maria Ausiliatrice, due educatori e tre giovani del Servizio civile nazionale che garantiscono un’accoglienza curata a tutto campo. Vengono accolti anche 12 ragazzi del Centro diurno per minori gestito in sinergia con i servizi sociali comunali.

È attivo un servizio di dopo-scuola e viene portato avanti, in rete con la scuola media di Valdocco, il progetto «Provaci ancora Sam» contro la dispersione scolastica. Ci sono poi il gruppo teatrale portato avanti da uno degli educatori, la corale dell’oratorio che anima la Messa festiva delle 11. I gruppi giovani si ritrovano il giovedì sera dalle 18.30 alle 20.30 per un cammino di formazione e condivisione.
L’oratorio lavora in rete con il Centro di Formazione professionale e la scuola media di Valdocco.
C’è poi la proposta sportiva con diverse squadre di calcio, pallavolo e basket e corsi di danza. Nel cortile si ritrova un gruppo di cooperatori salesiani e il gruppo «Ex» formato da famiglie che animano momenti di festa e aggregazione.

 

I sogni di don Bosco. Esperienza spirituale e sapienza educativa

È il titolo del volume di Andrea Bozzolo, di cui Vatican Insider de La Stampa pubblica la presentazione, buona lettura!

I. Il volume che presentiamo contiene una serie di saggi dedicati a studiare, con diversi approcci e da molteplici punti di vista, i sogni di don Bosco. Un primo e fondamentale motivo che giustifica tale indagine consiste nel fatto che don Bosco stesso ha attribuito ad alcuni di essi una valenza ispiratrice e, in vari modi, se n’è lasciato guidare. Come ha scritto autorevolmente Pietro Stella:

I sogni […] fondarono convinzioni e sostennero imprese. Senza di essi non si spiegherebbero alcuni lineamenti caratteristici della religiosità di don Bosco e dei salesiani. Per questo essi meritano di essere studiati attentamente non soltanto per il loro contenuto pedagogico e moralistico, ma già per quello che furono in sé e per il modo come furono intesi da don Bosco, dai suoi giovani, dai suoi ammiratori ed eredi spirituali. (1) 

Senza dubbio don Bosco ha accolto il messaggio dei sogni con prudenza, li ha sottoposti a un lungo discernimento spirituale e non li ha mai intesi come una via alternativa alla ricerca orante della volontà di Dio. Prima di raccontarli ai suoi figli ha atteso molti anni, in alcuni casi addirittura decenni, e si è deciso a farlo solo quando Pio IX, che vi aveva intuito il segno di una misteriosa azione dello Spirito, l’ha pressantemente sollecitato. Nonostante le cautele con cui don Bosco si è servito dei sogni, è innegabile che molti aspetti dell’Oratorio e la stessa fondazione della Congregazione salesiana sono intrecciati in maniera così stretta con essi, che difficilmente si potrebbe intendere in tutta la sua ricchezza l’avventura spirituale del prete di Valdocco trascurandone l’apporto. È ciò che l’agiografia tradizionale del santo ha recepito, dando spazio ai contenuti dei sogni nelle biografie del santo, nell’iconografia che lo ritrae e in molti canti religiosi a lui dedicati, a partire dal più celebre dei suoi inni: «Giù dai colli un dì lontano, con la sola madre accanto, sei venuto a questo piano dei tuoi sogni al dolce incanto».

Un secondo motivo che spinge a dedicare una particolare attenzione a queste pagine va ritrovato nel fatto che alcune di esse si presentano come documenti spirituali di altissimo valore, in cui è possibile ritrovare, nella forma evocativa tipica dei simboli onirici, l’espressione sintetica dei tratti costitutivi del carisma salesiano. Non è un caso, dunque, che fin dagli inizi della Congregazione i racconti di alcuni sogni furono utilizzati dal primo maestro dei novizi, don Giulio Barberis, per introdurre gli aspiranti alla vita salesiana in quello stile originale di consacrazione apostolica che da don Bosco traeva origine. Nelle immagini dei sogni erano, infatti, evocati gli atteggiamenti che dovevano essere assunti da chi voleva vivere con don Bosco e assimilare la sua spiritualità. I successori di don Bosco nella guida della Congregazione e della famiglia salesiana, d’altra parte, torneranno a più riprese su alcuni di questi testi, facendone risuonare in diverse epoche il messaggio educativo e spirituale e la forza interpellante.

Un terzo motivo, infine, può essere individuato nel fatto che tali pagine offrono non di rado un accesso al mondo interiore di don Bosco, che difficilmente si può ritrovare negli altri suoi scritti. È questo un elemento che forse non è stato ancora sufficientemente evidenziato e le cui potenzialità attendono di essere svolte.

Tutti sappiamo quanto don Bosco fosse poco incline a parlare di sé e molto sobrio nel confidare i moti del proprio animo. Cresciuto in un ambiente contadino, in cui aveva respirato l’amore per il lavoro e il gusto della concretezza, don Bosco non era portato a indugiare nell’osservazione dei suoi stati interiori. Il suo carisma educativo e apostolico, inoltre, lo spingeva a esprimere la qualità della sua fede con l’ardore della carità più che con l’analisi riflessa del vissuto. È consueto dunque ritenere che non abbiamo molti documenti che ci permettano di scavare nell’intimo di questo prete divorato dalla passione apostolica, che non aveva tempo né inclinazione per raccontare la propria autobiografia spirituale. Eppure i racconti dei sogni – di alcuni in particolare – fanno a nostro avviso eccezione.

Mentre li racconta, infatti, don Bosco non può fare a meno di mettere a nudo il proprio cuore, di lasciar intravedere il ricco mondo delle sue emozioni: la paura che lo coglie di fronte alla missione, lo sgomento di fronte alle difficoltà, l’istintivo atteggiamento di difesa di fronte a un compito che lo supera, l’angoscia con cui reagisce alla vista del peccato, ma ancor più la gioia immensa di percepire la vicinanza di Gesù e la protezione di Maria, lo stupore di scoprirsi strumento dei piani divini, la meraviglia di vedere dilatati gli orizzonti della propria fecondità fino a influire sulle vicende ecclesiali e sociali dell’epoca e ad abbracciare i vasti confini dell’azione missionaria. Mentre racconta i sogni, don Bosco inevitabilmente racconta di sé, di quel “sé” profondo che molte volte rimane pudicamente nell’ombra quando egli descrive lo sviluppo della sua opera o quando compone testi destinati all’istruzione del popolo di Dio o alla catechesi dei suoi giovani.

 

II. Se i motivi d’interesse per un’indagine sul tema sono dunque molti, non ci si può però nascondere le difficoltà che tale impresa comporta e le obiezioni che lo studioso deve affrontare.

La prima e più radicale riguarda la consistenza stessa dell’esperienza del sogno, che il senso comune considera per sua natura sfuggente e labile, tanto che raramente nella veglia la memoria riesce a conservarne un’immagine vivida. È giusto dunque chiedersi: a quale regione del reale va assegnato il fenomeno onirico? Quale spazio gli va riconosciuto nell’ambito della coscienza umana? Quale dignità e ruolo gli si può attribuire come fonte di conoscenza? Non si tratta di domande facili, ma è stato necessario affrontarle, come condizione preliminare della ricerca.

La riflessione approfondita su tali interrogativi, che sembrerebbero minare alla radice ogni pretesa di un lavoro scientifico – ossia di un lavoro che consenta di approdare a un sapere rigoroso – si è però rivelata paradossalmente una preziosa opportunità di chiarimento teorico. Entrando nella complessa problematica del sogno, infatti, è apparso chiaro che molti dei sospetti che gravano su di esso derivano da un preciso modello antropologico, affermatosi nella modernità, ma non resistono a una riflessione critica di più ampio respiro. Essi dipendono, infatti, in larga misura dalla tendenza moderna a identificare la coscienza umana con l’attenzione vigile di un soggetto consapevole, confondendo dunque la realtà della percezione con il suo grado di consapevolezza e identificando indebitamente il registro della conoscenza con l’acquisizione di idee chiare e distinte circa un oggetto analiticamente indagato. È chiaro che a partire da questi presupposti il sogno non può che essere risospinto in una sorta di “buco nero” della coscienza, come un’esperienza diminuita al limite dell’irreale. In questo modo però il soggetto moderno riduce il proprio mondo soltanto al tempo della veglia e perde il contatto con ciò che vive nella sua condizione notturna, in cui certamente non cessa di esistere, di sentire, di sperimentare – seppur in altro modo – il suo essere al mondo. Il Cogito cartesiano estromette il sogno dai confini del vero, ma lo fa al prezzo di misconoscere il rapporto della ragione con il corpo, con i sensi, con l’immaginario. Lo stesso recupero d’interesse per il sogno da parte di Freud, non fa altro che proseguire nella stessa direzione, riducendo i “contenuti manifesti” delle immagini oniriche a mero sintomo di “pensieri latenti”: facciata illusoria che nasconde una verità nascosta, riverbero distorto di qualcosa che preesiste nell’inconscio.

Il fenomeno del sogno, dunque, può essere accostato nella sua originalità solo mettendo in discussione i presupposti teorici in nome dei quali s’identifica l’ambito di esperienze per cui si utilizzano i termini “coscienza”, “sapere”, “realtà”.

Interessarsi del sogno significa quindi discutere le questioni radicali di una visione antropologica. La ricerca che presentiamo affronta in vari punti tali temi, propendendo per un approccio di natura fenomenologica ai vissuti della coscienza, che rispetti il fenomeno onirico con il suo originario movimento intenzionale. Più che epifenomeno delle frustrazioni inconsce, il sogno, nella sua trascendenza e per la sua trascendenza, svela il movimento originario col quale l’esistenza, nella sua irriducibile solitudine, si proietta verso un mondo che si costituisce come il luogo della sua storia […]. Rompendo con questa oggettività che incanta la coscienza vigile, restituendo al soggetto umano la sua libertà radicale, il sogno rivela paradossalmente il movimento della libertà verso il mondo, il punto originario a partire dal quale la libertà si fa mondo. (2)

Senza dilungarci oltre su questo tema, è però importante ancora richiamare la luce che esso proietta sulla complessa questione del rapporto che sussiste tra “esperienza onirica” e “racconto”. Se il sogno è inteso come evento dinamico, come apparire sorgivo di una direzione intuita, come immagine di un’intenzionalità in divenire, è chiaro che la sua narrazione non può essere una sorta di resoconto stenografico, una riproduzione dettagliata che abbia la pretesa di restituire ogni particolare in una forma definitiva. La narrazione del sogno è piuttosto il tentativo di esprimere e prolungare il dinamismo di un’esperienza percepita in una modalità diversa dalla chiarezza concettuale, un’esperienza che può giungere a parola solo come in un parto, mentre la coscienza cerca di intenderne il senso all’interno del proprio orizzonte vitale. Proprio il registro di una parola che cerca di esprimere un movimento di trascendimento è quello che più fedelmente restituisce la complessità dell’accadimento notturno. Il sogno non è dunque un materiale da laboratorio, né il racconto che lo trasmette una registrazione oggettiva. L’esperienza cui dà voce concerne le regioni più intime del nostro mondo, che nessun approccio razionalistico è in grado di nominare.

Un secondo elemento di difficoltà, più direttamente connesso con l’ambito specifico della nostra indagine, è che sotto la denominazione “sogni di don Bosco” ci è stata tramandata la memoria di esperienze assai diverse: 1. veri e propri fenomeni straordinari (per lo più del tipo che la teologia spirituale designa come “visioni immaginative”); 2. esperienze oniriche speciali, nelle quali in qualche modo don Bosco ha ricevuto una parola da Dio, che inabita l’anima del giusto, senza che l’accadimento avesse una forma miracolosa, ossia senza sospendere le normali leggi della natura; 3. sogni comuni di un prete zelante, nei quali risuonava l’eco della sua visione della vita e conseguentemente un certo messaggio morale; 4. racconti didascalici presentati nel genere letterario del sogno. Distinguere a quali di queste categorie debbano essere attribuiti i diversi “sogni” non è impresa semplice; ma, almeno di diritto e in una certa misura, neppure impossibile, a patto di accostarsi ai dati senza pregiudizi, con pazienza, umiltà e senso del limite. Ogni fenomeno umano, infatti, si presenta con una propria tipicità fenomenologica, sollecitando un lavoro di riconoscimento della sua identità. In alcuni casi tale lavoro è talmente semplice da sembrarci assente (come quando per strada riconosciamo a prima vista un volto familiare); in altri casi, invece, è assai complesso e richiede un cammino di ricerca più impegnativo per consentire al fenomeno di costituirsi compiutamente, mostrando il proprio contenuto ed esibendo il proprio senso. In ogni caso, conoscere è sempre un “riconoscere”: neppure un volto familiare potrebbe essere identificato se non avessimo qualche attesa previa, che ci permette di collocare un tessuto di percezioni visive in un quadro esperienziale entro cui assume un significato. Più il fenomeno è ricco di realtà, più alta è la sua provenienza e feconda la sua donazione, più impegnativo ed esigente è il lavoro che il destinatario è chiamato a compiere per corrispondervi e consentire al fenomeno di darsi pienamente per ciò che è.

Un terzo aspetto problematico, contingente ma reale, riguarda lo studio delle fonti salesiane. I “sogni di don Bosco” sono arrivati a noi attraverso percorsi di scritture e riscritture che hanno bisogno di volta in volta di essere attentamente ricostruiti (là dove è possibile). Se per alcuni sogni abbiamo la fortuna di avere una stesura autografa di don Bosco o un testo da lui personalmente rivisto, per altri racconti ci si deve affidare alla redazione di chi ne ha ascoltato la narrazione e ne ha fissato su carta la memoria. Molte di queste fonti giacciono ancora in archivio in attesa di essere pazientemente studiate, così da giungere a restituire la genealogia dei testi che sono confluiti nella versione vulgata, che di solito è quella riportata nelle Memorie Biografiche. Il lavoro storico sulle fonti rimane dunque un’esigenza imprescindibile per ogni ulteriore sviluppo della ricerca. L’attenzione al complesso processo che unisce insieme l’esperienza onirica, la sua narrazione e condivisione, la sua crescita interpretativa nella coscienza del soggetto e nella tradizione che lo tramanda, esclude comunque letture ingenue e massimaliste, che cedano all’illusione di una sorta di “immediatismo” nei rapporti tra Dio e l’uomo, come anche un positivismo storico, che pretenda di accostare con un’unica metodologia le complesse forme dell’esperienza umana.

III. La ricerca che presentiamo in questo volume ha tentato di confrontarsi seriamente con questi nodi critici, cercando di trovare il modo più adeguato per affrontarli. La prima e fondamentale scelta è stata quella di porre mano allo studio dei sogni di don Bosco nella forma di un progetto di ricerca interdisciplinare, che si avvalesse di competenze molteplici e consentisse ai partecipanti un graduale avvicinamento alla comprensione del fenomeno e una costante integrazione dei rispettivi punti di vista.

Le competenze che hanno contribuito alla maturazione della ricerca, anche quando non si sono tradotte in un elaborato confluito nel volume (3), hanno spaziato dalla psicologia alla filosofia, dall’ecdotica delle fonti all’esegesi biblica, dall’analisi letteraria alla patrologia, dall’etnologia alla pedagogia, dalla storia della spiritualità alla teologia sistematica e spirituale. Attraverso l’ascolto reciproco, i partecipanti al seminario hanno sperimentato un graduale incremento nella comprensione delle molteplici dimensioni del tema che era al centro della riflessione comune. Pur mantenendo ciascuno la peculiarità del proprio approccio disciplinare e l’autonomia di giudizio critico, sono però gradualmente emerse alcune acquisizioni condivise, che hanno costituito in qualche modo i criteri fondamentali della ricerca comune:

– la necessità di un’attenta lettura critica delle fonti e di una ricostruzione della genesi dei testi analizzati; ove questo non sia ancora possibile, i sogni non sono divenuti oggetto di analisi specifica, ma di una lettura trasversale che nell’insieme si ritiene restituisca in modo sostanzialmente fedele l’immaginario di don Bosco;

– l’importanza di considerare il contesto sociale, storico, religioso come pure il momento esistenziale entro cui i singoli sogni si collocano, così da non accostarli come fatti isolati e portatori di un senso in sé concluso;

– l’esigenza di prestare attenzione al modo in cui don Bosco racconta i sogni, a seconda che ne faccia un uso prevalentemente educativo, enfatizzando gli aspetti didascalici nell’educazione dei ragazzi o nella formazione dei confratelli, oppure li confidi come fenomeni peculiari a una cerchia riservata o all’autorità ecclesiale;

– l’opportunità di un approccio fenomenologico all’esperienza onirica, che superi le strettoie del riduzionismo razionalistico;

– l’adesione ai criteri tradizionali di discernimento circa i fenomeni straordinari nella vita dei santi e la necessità di interpretare il loro messaggio secondo il paradigma dell’attestazione biblica e del suo coerente sviluppo nella tradizione ecclesiale;

– la validità dell’approccio che considera tali fenomeni straordinari nell’orizzonte del carisma profetico (ossia come imperativi per la vita ecclesiale) piuttosto che sul versante rivelativo (ossia all’interno della problematica delle cosiddette “rivelazioni private”).

IV. La visione complessiva che è stata fin qui sinteticamente delineata giustifica l’articolazione dei saggi presenti nel volume.

Il primo contributo, di Luisa DE PAULA, affronta sotto il profilo filosofico la questione del sogno con la competenza che deriva da una prolungata frequentazione della materia e di una non comune sensibilità fenomenologica per l’argomento. Il saggio intende mostrare come il sogno possa essere inteso solo se assecondato nella sua originalità costitutiva, poiché «l’esperienza onirica ci apre le porte ad una dimensione altra, più ambigua e sfumata, meno uniforme e meno realistica, ma non per questo meno reale rispetto a quella di cui facciamo esperienza a mente sveglia». Sullo sfondo di una sintetica presentazione dell’evoluzione del pensiero occidentale sull’argomento, De Paula dedica particolare attenzione a due momenti decisivi del rapporto tra filosofia e sogno: il sogno di Socrate, di cui narra Platone nel Fedone, e il sogno (seriale) di Cartesio.

Entrambi si pongono all’alba di due grandi archi del pensiero occidentale, segnalando l’irriducibilità del pensiero – anche il più metodico e rigoroso – alla pura lucidità deduttiva. Ogni speculazione sui significati affonda le sue radici in quel mondo del “senso” cui il sogno appartiene.

Segue una serie di quattro studi che documentano la rilevanza del fenomeno onirico nel mondo biblico e nella letteratura patristica. Michelangelo PRIOTTO propone la rilettura di uno dei cicli del Primo Testamento in cui il tema del sogno e della sua interpretazione ha indubbiamente maggiore rilevanza: il ciclo del patriarca Giuseppe. I sogni di Giuseppe – o quelli che egli interpreta – acquistano il loro significato solo entro il cammino di fede che Dio gli fa compiere. Sono dunque momenti di rivelazione del progetto divino: non però nella forma di una comunicazione immediata, bensì come segni che orientano il cammino dell’uomo umile, che si apre alla luce dell’interpretazione attraverso la pazienza della fede.

Nella stessa direzione Marco PAVAN illustra il significato del sogno di Gedeone, un episodio apparentemente marginale nella storia sacra, ma in realtà paradigmatico nella sua modalità di rappresentazione del sogno e della sua interpretazione.

Anche nel caso del madianita, «la comunicazione onirica appare non tanto una fotografia del futuro quanto una parola da intendere e da “ascoltare” per poter poi plasmare il futuro in accordo alla volontà divina». Il sogno nella Scrittura non ha quindi alcun tratto deterministico, ma s’inscrive in quella singolare forma di cooperazione tra Dio e l’uomo che è lo statuto della fede biblica. Il tema del sogno fa la sua comparsa anche nel Nuovo Testamento, assumendo, com’è ovvio, una concentrazione cristologica. È il caso dei celebri sogni di Giuseppe, lo sposo di Maria, su cui si concentra il contributo di Marco ROSSETTI. Attraverso gli strumenti dell’analisi semantica e narrativa, l’autore mostra come i sogni di Giuseppe di Nazaret si pongano in quella prospettiva di compimento del piano divino che è tipica del Vangelo di Matteo e, mentre contribuiscono ad illuminare l’identità dell’Emmanuele, orientano il comportamento dell’uomo giusto chiamato ad assumere una peculiare missione a suo servizio. Ancora una volta, dunque, il sogno rimanda all’obbedienza della fede, sollecitandola e richiedendola come spazio entro cui soltanto può rivelarsi il suo senso. L’atteggiamento aperto e insieme prudente che la Scrittura ha nei confronti di comunicazioni divine attraverso la visione onirica, unito alla rigorosa censura verso ogni forma di oniromanzia, è fatto proprio dai Padri della Chiesa. È ciò che documenta Cristian BESSO, nel saggio dedicato al sogno come elemento letterario e spazio teologico nella letteratura patristica.

Sullo sfondo di questi contributi, i saggi successivi si cimentano direttamente con i sogni di don Bosco. Tre saggi introducono nella questione sotto profili complementari. Aldo GIRAUDO ripercorre la lezione dei più eminenti studiosi salesiani che si sono cimentati con l’argomento: Desramaut, Stella, Braido, Jiménez, Lenti, identificando la peculiarità del loro approccio al tema e riproponendo opportunamente le preziose indicazioni metodologiche che si possono apprendere dalla loro indagine, per accostare il fenomeno con rigore storiografico e attenzione critica. Ezio BOLIS segnala la necessità di inquadrare le peculiari visioni oniriche di don Bosco entro il contesto sociale, ecclesiale e spirituale della sua epoca. L’ambiente culturale in cui don Bosco vive e di cui condivide preoccupazioni e domande, è molto più che una “cornice” esterna alla sua esperienza spirituale, ma gli fornisce temi, forma, linguaggi senza cui essa non prenderebbe corpo. È proprio assumendo con serietà il rilievo di tale appartenenza, che la teologia può far meglio emergere ciò che nella vita di un santo va “oltre” la propria epoca e tende a costituirsi come “rottura” e superamento di quel contesto. Il saggio di Matteo BERGAMASCHI, infine, accosta le testimonianze relative ai sogni assumendole come testi letterari, con l’intenzione di fare emergere l’originale figura di immaginario che è presente in essi. L’autore, specializzato nell’ambito della ricerca filosofica, si avvale qui della lezione di Gaston Bachelard (1884-1962) e attraverso l’analisi della sintassi simbolica presente nei resoconti dei sogni, giunge a identificare una possibile “topica” dell’immaginario donboschiano, evidenziandone i tratti più caratteristici e i simboli più rappresentativi.

Segue una serie di saggi dedicati a studiare alcuni sogni di don Bosco o alcuni temi ricorrenti in essi. Andrea BOZZOLO concentra la sua attenzione sul celebre sogno dei nove anni, affrontando anzitutto le complesse questioni ermeneutiche che bisogna attraversare per un corretto approccio al testo che lo tramanda e proponendo poi una lettura teologica, sullo sfondo dei grandi temi biblici che sono operanti nell’immaginario del fondatore. Stefano MAZZER accosta una delle testimonianze più preziose che abbiamo circa l’origine dell’Oratorio e della Congregazione. Chiamandole “visite”, don Bosco stesso allude alla loro eccedenza rispetto a un semplice evento onirico e lascia intendere che debbano essere accostate come vere e proprie “visioni immaginative” che l’hanno accompagnato nei momenti più delicati e decisivi della sua fondazione. La quinta di queste visite ha conosciuto un suo particolare sviluppo ed è stata tramandata come sogno del pergolato di rose. Alla lettura della ricchissima simbolica spirituale operante in esso l’autore dedica la seconda parte del suo saggio.

L’analisi di temi ricorrenti nei sogni è inaugurata dal saggio di Roberto CARELLI che studia i sogni connessi con la missione di don Bosco nel sacramento della Confessione. Sulla scorta di una solida riflessione sul mistero del male e sulla sua oscurità, che rende impossibile ricondurlo a una logica delucidazione, l’autore mostra la pertinenza teologica della simbolica del male e della pedagogia della virtù che si dispiega nelle visioni oniriche del prete di Valdocco e la peculiare pedagogia sacramentale entro cui gli insegnamenti morali presenti nei sogni trovano la propria originaria e plausibile collocazione. Linda POCHER sviluppa l’immaginario mariano di don Bosco. Raccontando i suoi sogni mariani, don Bosco consente di intuire il suo rapporto intimo con Maria, sentita come madre benigna che incoraggia, che esorta a proseguire l’opera educativa, che fa balenare un avvenire migliore. Maria appare a don Bosco come la personificazione della Sapienza creata, che insegna ai suoi discepoli ad aprirsi al dono della grazia divina.

L’immaginario escatologico è invece analizzato da Morand WIRTH, che ripercorre i numerosi riferimenti alla morte e all’aldilà presenti nei racconti dei sogni, rilevandone i punti di contatto con la concezione dei “novissimi” presente nella religiosità dell’Ottocento e la ricchezza di spunti pedagogici con cui don Bosco sa presentare ai suoi ragazzi la tensione vero il definitivo. Francesco MOSETTO offre poi un’accurata analisi delle citazioni bibliche presenti nel celebre sogno dei dieci diamanti con l’intento di mostrare il rapporto che esiste tra quella che può essere ritenuta un’illuminazione soprannaturale e il ricco thesaurus scritturistico, al quale don Bosco attingeva costantemente nella predicazione e negli interventi educativi, nella corrispondenza privata e negli scritti di indole catechetica o edificanti.

Particolare interesse ha l’approccio ai sogni di don Bosco proposto da Michal VOJTÁŠ alla luce delle sue competenze pedagogiche. Dopo essersi confrontato con il realismo funzionale di Braido e la prospettiva comunicativa di Stella, l’autore integra il loro approccio leggendo la narrazione dei sogni come atto educativo nel suo stesso darsi, così da cogliere il processo dinamico entro cui si colloca ed evidenziarne la storia degli effetti, immediati e remoti. Attingendo alle Cronachette dei primi salesiani, Vojtáš ricostruisce un ricco processo educativo-narrativo fatto d’interpretazione della situazione, accoglienza della chiamata e di opportune applicazioni pratiche.

Gli ultimi studi si pongono principalmente sul versante della recezione dei sogni don Bosco. Mario FISSORE esamina un caso molto interessante, sia sotto il profilo della tradizione del racconto sia sotto quello dell’utilizzo formativo: il caso di don Giulio Barberis, che ebbe un ruolo di primo piano nella registrazione e nella valorizzazione dei sogni, lasciando quattordici quaderni di appunti sui sogni e altro materiale, non ancora studiato. Fissore, lavorando sulle fonti, documenta lo sviluppo della trasmissione del cosiddetto sogno del nastro e di quello del pergolato di rose e l’utilizzo formativo che il Barberis ne fece nelle sue conferenze ai novizi, sviluppandone i ricchi stimoli spirituali e le implicanze ascetico-morali.

La storia degli effetti dei sogni di don Bosco va ovviamente ben al di là della prima generazione. In questo senso Francis GATTERRE, mettendo a frutto la sua lunga permanenza in Africa e la sua competenza di etnologo, rileva l’apporto che le tradizioni orali negro-africane possono offrire alla comprensione dell’esperienza onirica di don Bosco. Michele FERRERO, da parte sua, rilegge il messaggio apostolico e la forza ispiratrice dei sogni missionari del santo alla luce della sua esperienza di salesiano in Cina, con un contributo che ha il carattere della riflessione e della testimonianza. Infine Natale MAFFIOLI, esperto in storia dell’arte, documenta i tratti salienti dell’iconografia dei sogni di don Bosco, presentando alcune delle opere più significative che hanno tradotto in espressione artistica le sue visioni oniriche.

V. Il volume che presentiamo non ha certamente la pretesa di dire una parola risolutiva sul complesso fenomeno che studia. Esso s’inscrive in una ricerca già aperta e intende rilanciarla, consapevole che molto lavoro vi è ancora da fare sul tema. Anzitutto sulle fonti, per studiarle, ricostruire gli influssi reciproci, documentare le dipendenze e le integrazioni del testo, ampliare la conoscenza del contesto storico, della mentalità e dei processi attraverso cui i racconti dei sogni sono giunti a noi. Poi sulla catalogazione dei sogni: sono stati proposti molti criteri per tentare in qualche modo di restituire in forma ordinata la ricchezza del materiale a disposizione, che ha certamente bisogno di essere meglio inquadrato e organizzato. Infine sul nesso che sussiste tra il fenomeno dei sogni, l’esperienza spirituale e la sapienza educativa di don Bosco, in una lettura sempre più integrata del suo vissuto. Sarebbe un grande onore, per coloro che hanno partecipato a questa indagine, se i saggi raccolti in questo volume servissero a far progredire in tale direzione gli studi salesiani.

Giunti al termine del lavoro, chi ha promosso questa ricerca e ne firma la presentazione desidera esprimere la sincera gratitudine a tutti i colleghi che hanno accettato di mettersi in gioco in questa avventura, per la competenza e la passione dimostrate, per l’onestà intellettuale con cui hanno condiviso il proprio approccio e la viva cordialità con cui hanno arricchito il dibattito comune.

Offriamo questo lavoro ai confratelli, alle consorelle, ai membri della famiglia salesiana e a tutti coloro che sono interessati a conoscere in modo più approfondito il Santo dei giovani. Chi scrive ha avuto in mente e quotidianamente sotto gli occhi, in particolare, le giovani generazioni che si affacciano alla vita salesiana. È soprattutto per loro che ha pensato questa fatica, sperando che possa essere un buon pane spirituale con cui nutrire la comprensione del carisma.

“I sogni di don Bosco. Esperienza spirituale e sapienza educativa”, a cura di Andrea Bozzolo, Las – Roma, 2017, 608 pagine, 35 euro.  

 

NOTE  

1) PST2, 507  

2) M. FOUCAULT, Il sogno, Raffaello Cortina, Milano 2003, 43.  

3) Un particolare ringraziamento va a due colleghi che hanno partecipato al dibattito seminariale, ma il cui contributo per ragioni diverse non è confluito in questo volume: il prof. François-Marie Lethel, OCD, che ha tenuto una ricca relazione sulla consistente presenza di “sogni/visioni” nell’esperienza spirituale dei santi, e il prof. Antonio Dellagiulia, SDB, che ci ha informato in modo puntuale circa gli approcci contemporanei allo studio psicologico dei sogni  

Agnelli: quel vivace laboratorio di talenti

Si pubblica l’articolo uscito nell’edizione del 25 Gennaio 2018 di “Famiglia Cristiana” a cura di Lorenzo Montanaro che ben delinea i tratti peculiari della comunità dell’Agnelli a Torino con il suo frequentatissimo oratorio e la moltitudine di attività che spaziano dal cinema-teatro al polo formativo con scuole di diverso indirizzo fino alle tradizionali attività dell’oratorio alla “don bosco-maniera” per ragazzi in difficoltà e non solo con doposcuola, attività sportive, centro d’ascolto e di riunione per gruppi famiglie, scout, chierichetti, missionari e molto altro ancora.

Speciale Formazione: Orientamento, scuola, inserimento nel lavoro, sulle orme di Don Bosco

Si segnala l’approfondimento sulla Formazione Professionale Salesiana a cura della Redazione de “La Stampa-Torinosette” apparsa sul settimanale in data Venerdì 26 Gennaio 2018.

Orientamento, scuola, inserimento nel lavoro, sulle orme di Don Bosco

Il futuro professionale è qui, al CNOS-FAP: la sigla indica la formazione professionale salesiana in Italia. E’ la declinazione d’un sogno iniziato oltre 150 anni fa da Don Bosco che oggi, più che mai, si conferma efficace e vincente. Efficace perché tutte la fasi, dall’orientamento all’inserimento nel lavoro, vengono seguite e accompagnate. Vincente perché, grazie alle competenze dei formatori e alle attrezzature dei partner tecnologici, si preparano allievi con una formazione tecnica al passo con i tempi, subito spendibile nelle aziende del territorio che richiedono operatori specializzati con continuità. Roberto Cavaglià, direttore CFP Agnelli: «Abbiamo richieste da aziende metalmeccaniche per tecnici specializzati, in grado d’operare alle macchine a controllo numerico, che conoscano il disegno meccanico e l’uso del pc per fare Cad. Inoltre abbiamo una specializzazione nella saldocarpenteria e un accordo con l’Istituto Italiano di Saldatura». Ermanno Duò, direttore CFP Rebaudengo, ha lanciato una nuova specializzazione: «I carrozzieri si rivolgevano alle nostre sedi del Cuneese per avere ragazzi preparati: per questo, stiamo facendo uno sforzo lanciando una nuova specializzazione nel reparto carrozzeria, cambiata con l’avvento dell’elettronica». Anche il CFP Valdocco, quello storico, fondato da Don Bosco, s’è rinnovato: oltre alla grafica e al settore elettrico, ha avviato la ristorazione con corsi di panetteria, pasticceria, preparazione pasti. Il direttore Marco Gallo: «La vocazione turistica di Torino e le scelte dei Salesiani di Valdocco, orientate all’accoglienza dei pellegrini, ci fanno puntare sull’agroalimentare: stanno nascendo nuovi laboratori di cucina che ospiteranno il corso di preparazione pasti. I laboratori di panetteria e pasticceria sono invece attivi da oltre tre anni: hanno fornito a tanti opportunità di lavoro». Aggiunge: «Siamo partner della Fondazione Agroalimentare per il Piemonte che ha importanti accordi con l’Università del gusto di Pollenzo». Il CNOS-FAP attiva ogni anno corsi di qualifica triennale con la possibilità del quarto anno per il diploma professionale (per giovani in obbligo d’istruzione) e, poi, corsi di specializzazione. «Nella nostra formazione c’è anche un impegno che punta all’educazione globale dei giovani dice Carlo Vallero, direttore CFP San Benigno che il 3 febbraio ha l’ultimo open day per le iscrizioni -. Inoltre, offriamo servizi formativi per giovani, adulti disoccupati, occupati, persone con disabilità, italiani e stranieri, comunitari e non. Quest’anno i corsi di qualifica sono aperti a ragazzi e ragazze ma anche a giovani fino ai 24 anni, e le nostre segreterie sono disponibili per aiutare nell’iscrizione online». Info corsi: torino.cnosfap.net.

Violenza Giovanile: speciale a cura de La Voce e il Tempo

Sono ormai mesi in cui radio, TV e giornali registrano, in numero crescente, episodi di violenza riconducibili a gruppi di minorenni. La redazione de La Voce e Il Tempo ha realizzato un interessante focus sul tema della violenza giovanile attraverso le voci e le vite che animano gli oratori salesiani, le Pgs, la Cooperativa E.T., tutte realtà che cercano quotidianamente di risollevare le sorti di moltissimi ragazzi.

Ecco, ringraziando per la gentile concessione, la prima pagina del giornale La Voce e Il Tempo in edicola Domenica 28 Gennaio 2018.

Don Montanelli e i ragazzi di Falchera, don Tonino Borio e la parrocchia Stimmate di San Francesco in via Livorno e don Mauro Mergola e la comunità di Minori Stranieri Non Accompagnati in San Salvario.

A seguire, un approfondimento su violenza e minori con l’intervento del Procuratore dei Minori, Anna Maria Baldelli, don Domenico Ricca, cappellano del “Ferrante Aporti” e la garante regionale dell’infanzia, Rita Turina. 

 A cura di Marina LOMUNNO e Stefano DI LULLO.

IN CAMPO NELLE PERIFERIE – DA FALCHERA AL PARCO DORA A SAN SALVARIO È IMPONENTE L’IMPEGNO DEI CENTRI GIOVANILI ORATORIANI CONTRO IL DISAGIO E L’ABBANDONO SCOLASTICO CHE INTERESSANO SEMPRE PIÙ «NEET» ADOLESCENTI

Non chiamatele BABY GANG

In un anno trenta ragazzi di Falchera che avevano abbandonato la scuola, grazie all’accompagnamento dell’oratorio, si sono iscritti all’Istituto salesiano Rebaudengo. La rete di sacerdoti ed educatori, in sinergia con le famiglie e la scuola, segue passo passo il loro percorso formativo…Continua a leggere.

 

 

Sport e solidarietà possono essere gli antidoti contro bullismo e fragilità? In questa pagina una risposta dalle mondo delle Pgs e delle cooperative.

A cura di Marina Lomunno e Guido LAGUZZI

 

POLISPORTIVE SALESIANE – MASSIMILIANO MEZZO (A. MONTEROSA): IN CAMPO CON DON BOSCO
Il presidente Pgs: «in 50 anni di sport l’antidoto ai bulli»”

STRANIERI– BOOM DI VOLONTARI
“Minori soli in Piemonte oltre 500 tutori”

ANNIVERSARIO – LA COOPERATIVA SOCIALE NATA NEL MONDO SALESIANO COMPIE 30 ANNI DI ATTIVITÀ EDUCATIVE ACCANTO AI GIOVANI PIÙ FRAGILI
“E.T. con i ragazzi alla ricerca di senso”

Continua a leggere…

 

 

 

La Voce e il Tempo racconta la festa di don Bosco

Si riporta , ringranziando “La Voce e il Tempo”,  e la giornalista Marina Lomunno autrice dello speciale pubblicato.

 

Con il gennaio salesiano, che culminerà 31 con la festa liturgica di don Bosco, a Valdocco si è entrati nel vivo delle celebrazioni del 150°anniversario della consacrazione della Basilica Maria Ausiliatrice. Il 9 giugno 1868 don Bosco concludeva i lavori della Basilica, inaugurandola e consacrandola ufficialmente. Tra qualche mese saranno trascorsi 150 anni da quel giorno e a Valdocco di qui a giugno sono in programma una serie di appuntamenti culturali, spirituali e formativi. «Le celebrazioni della festa di don Bosco che quest’anno sono impreziosite dal 150° della consacrazione della Basilica» spiega il Rettore, don Cristian Besso «non sono semplicemente una commemorazione storica ma le varie iniziative che proponiamo vogliono essere un’occasione per riscoprire la fede che ha spinto 150 anni fa a costruire un edificio monumentale come la Basilica che don Bosco ha voluto intitolare a Maria Ausiliatrice. In questo anno vogliamo riappropriarci del signicato profondo della nostra fede mariana che spinge, stimola e provoca a un nuovo impegno di carità che, sull’esempio dell’Ausiliatrice,si china sugli ultimi, sui poveri, sui chi ha bisogno».

Le celebrazioni del gennaio salesiano iniziano il 18 alla pre- senza del il Rettor Maggiore don Ángel Fernández Artime che dà il via a Valdocco alla 36a edizione delle «Giornate di spiritualità della Famiglia Salesiana» in programma no a domenica 21. Sono attese 400 persone provenienti dalle opere salesiane dei 5 continenti chiamate a riettere sul tema della tradizionale strenna che ogni anno il Rettor Maggiore af da alla famiglia salesiana dal titolo: «Signore, dammi di quest’acqua’ (Gv 4,15): coltiviamo l’arte di ascoltare e di accompagnare». I partecipanti alle Giornate rietteranno sull’ascolto e l’accompagnamento dei giovani come atteggiamenti che gli educatori salesiani intendono approfondire e interpretare sempre meglio sull’esempio di don Bosco. Domenica 21 il Rettore Maggiore, a conclusione delle Giornate, presiede la Messa in basilica alle 9.30. Altro appuntamento signicativo, sabato 20 gennaio alle 21, sempre in Basilica, il concerto di canti mariani della corale «Basilica Maria Ausiliatrice» diretta da don Maurizio Palazzo dove, per l’occasione, viene presentato il restauro al grande organo ‘Tamburini’ composto da 3 mila canne, uno tra i più maestosi del nord Italia e noto nel panorama organistico europeo. Durante la serata suor Marisa Fasano e don Silvano Oni parleranno di don Bosco negli anni della costruzione della Basilica. Oltre alle numerose iniziative negli oratori salesiani torinesi (servizio pag 27), il 29 gennaio, ancora in Basilica, viene presentato il libro «I sogni di Don Bosco», curato da don Andrea Bozzolo, che raccoglie i contributi di venti studiosi, teologi e psicologi sul tema del sogno, centrale nella vita spirituale del santo dei giovani (recensione pag 13). In preparazione alla presentazione del volume, un appuntamento «curioso» presso il Bar della Basilica di Maria Ausiliatrice, mercoledì 24 gennaio, festa di san Francesco di Sales, patrono di salesiani: alle 8.15 don Bruno Ferrero, direttore del Bollettino Salesiano, intratterrà gli avventori che in quel momento stanno consumando caffè o cappuccino e croissant, con il racconto di uno dei sogni di don Bosco.

Marina LOMUNNO

Il gennaio salesiano – Avvenire (20/01/2018)

Nell’edizione di sabato 20 gennaio 2018, Avvenire ha pubblicato un articolo relativo agli appuntamenti del gennaio salesiano. Si riporta il testo è si ringrazia Marina Lomunno, autrice del pezzo.

Ha preso il via giovedì a Valdocco il “Gennaio salesiano” alla presenza del Rettor Maggiore don Ángel Fernández Artime che apre la 36a edizione delle
“Giornate di spiritualità della Famiglia salesiana” in programma fino a domani. Partecipano 400 persone provenienti dalle opere salesiane dei 5 continenti chiamate a riflettere sul tema della tradizionale strenna che ogni anno il Rettor Maggiore affida alla famiglia salesiana dal titolo «“Signore, dammi di quest’acqua” (Gv 4,15): coltiviamo l’arte di ascoltare e di accompagnare». I partecipanti rifletteranno sull’ascolto e l’accompagnamento dei giovani come atteggiamenti che gli educatori salesiani intendono approfondi- re e interpretare sull’esempio di don Bosco. Domani il Rettore Maggiore, a conclusione delle Giornate, presiede la Messa in Basilica alle 9.30. E con il “Gennaio salesiano”, che culminerà 31 con la festa liturgica di don Bosco, si è entrati nel vivo delle celebrazioni del 150° anniversario della consacrazione della Basilica Maria Ausiliatrice. Il 9 giugno 1868 don Bosco concludeva i lavori del Santuario, inaugurandolo ufficialmente.  A Valdocco sono in programma una serie di appuntamenti culturali, spirituali e formativi. «Le celebrazioni per il 150° della consacrazione – spiega il rettore don Cristian Besso – non sono semplicemente una commemorazione storica. Le iniziative che proponiamo vogliono essere un’occasione per riscoprire la fede che ha spinto 150 anni fa a costruire un edificio monumentale come la Basilica che don Bosco ha voluto intitolare a Maria Ausiliatrice. In quest’anno vogliamo riappropriarci del significato profondo della nostra fede mariana che spinge, stimola e provoca a un nuovo impegno di carità che, sull’esempio dell’Ausiliatrice, si china sugli ultimi, sui poveri, su chi ha bisogno».

 

Oggi alle 21 in Basilica il concerto della corale “Basilica Maria Ausiliatrice” durante il quale viene presentato il restauro al grande organo Tamburini composto da 3mila canne, tra i più maestosi del Nord Italia. Lunedì 29 gennaio, ancora in Basilica, la presentazione del libro I sogni di don Bosco, curato da don Andrea Bozzolo (ed. Las) che raccoglie i contributi di venti studiosi, teologi e psicologi sul tema del sogno, centrale nella vita spirituale del santo dei giovani.